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Dal 29 settembre al primo ottobre 2009 a Varese si è tenuto il sesto seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp (Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione) su temi che hanno spaziato dalla valutazione del rischio associato a particolari agenti, ai sistemi per la gestione della sicurezza sul lavoro, alla consulenza alle aziende in tema di prevenzione.
Uno degli interventi relativi alla prevenzione – pubblicato dall’Inail insieme agli altri atti del convegno – si è occupato degli errori umani descrivendo le principali tecniche di analisi del comportamento umano e indicando soluzioni e prevenzioni applicabili con l’obiettivo di migliorare la sicurezza in ambito lavorativo.
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Il fattore umano: come analizzare e prevenire gli errori
Dal 29 settembre al primo ottobre 2009 a Varese si è tenuto il sesto seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp (Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione) su temi che hanno spaziato dalla valutazione del rischio associato a particolari agenti, ai sistemi per la gestione della sicurezza sul lavoro, alla consulenza alle aziende in tema di prevenzione.
Uno degli interventi relativi alla prevenzione – pubblicato dall’Inail insieme agli altri atti del convegno – si è occupato degli errori umani descrivendo le principali tecniche di analisi del comportamento umano e indicando soluzioni e prevenzioni applicabili con l’obiettivo di migliorare la sicurezza in ambito lavorativo.
Stiamo parlando di “Il fattore umano: tecniche di analisi, soluzioni, prospettive”, un intervento a cura di P. Clerici, A. Guercio e N. Todaro.
Gli autori ricordano che “il progresso tecnologico ha spostato l’intervento umano da un diretto impegno manuale al controllo dei processi automatici della macchina” e, dunque, l’affidabilità delle macchine “si è proporzionalmente innalzata così come i sistemi di protezione”.
In questa situazione l’importanza di studiare il fattore umano “scaturisce dalla necessità di portare allo stesso livello di affidabilità l’operatore che deve condurre, sorvegliare e prendere decisioni relativamente alla macchina in una complessità dei sistemi produttivi e del numero dei singoli elementi che li compongono”.
Infatti “un’interazione tra lavoratore e fonte di pericolo (macchina, impianto, attrezzatura, ambiente di lavoro) non corretta a causa di errori dovuti a lacune cognitive e/o mancata percezione della situazione di pericolo, decisioni sbagliate e incomprensioni, decisioni corrette ma fallite, può causare un rischio per la salute e per la sicurezza dello stesso”: la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali è “possibile se esiste un adattamento e un equilibrio reciproci tra le componenti fondamentali di un sistema complesso costituito dall’uomo, dalla macchina e dall’ambiente”.
L’intervento ricorda che la “casistica relativa agli infortuni sul lavoro attribuisce al fattore umano una responsabilità predominante nella maggior parte degli infortuni, degli incidenti o dei quasi-incidenti”.
Spesso la ridotta efficacia delle misure di prevenzione nei luoghi di lavoro è dovuta proprio “alla mancanza di attribuzione della qualifica di ‘componente del sistema’ all’uomo ed all’organizzazione”.
L’errore umano – continuano gli autori – “avviene spesso a causa di una mancata percezione degli stessi rischi a livello individuale e/o dell’organizzazione” e la percezione del rischio è “un fenomeno cognitivo complesso” influenzato da diversi fattori: fattori sociali, comunicativi, culturali, …
L’accettabilità di un rischio non dipende solo da vincoli di legge, regolamenti o norme tecniche “ma anche da fattori non razionali connessi con la percezione dello stesso, la cultura, l’emotività, l’atteggiamento psicologico, le convinzioni politiche o l’esperienza del singolo e/o della collettività a cui appartiene. Essa dipende da considerazioni soggettive ed oggettive legate alla natura volontaria o involontaria del rischio, alla familiarità con la situazione, al numero di persone coinvolte in un eventuale evento dannoso, al tipo di evento, al valore che il singolo o la collettività attribuisce alla vita e all’immediatezza ed alla gravità delle conseguenze: maggiormente vicine all’evento e più gravi sono le conseguenze, maggiore è la percezione del rischio”.
L’intervento continua indicando come lo studio dell’errore umano stia avendo “un’applicazione sempre più ampia nel campo della prevenzione degli infortuni sul lavoro, associato alle tematiche del carico di lavoro mentale e dell’organizzazione del lavoro”.
In particolare nel campo della sicurezza sul lavoro “viene spesso invocato l’errore umano come generica chiave di interpretazione di molti incidenti, ma dagli studi sull’errore umano e sulle condizioni in cui si verifica si è visto come questo, nella maggior parte dei casi, sia in realtà un ‘errore organizzativo’, dove la componente umana agisce in seguito a una non adeguata progettazione della sua attività”.
Infatti le costrizioni organizzative “giocano un ruolo importante nell’induzione degli errori, in quanto sono in grado di ridurre la soglia di attenzione necessaria per svolgere le operazioni in sicurezza”.
Riguardo alla prevenzione e “partendo dal presupposto che condizioni organizzative che causano stress, affaticamento mentale o sottocarico mentale sono spesso propedeutiche al verificarsi di errori”, l’accurata “valutazione di queste condizioni nell’ambito dell’organizzazione del lavoro può aiutare a ridurre il rischio”.
Inoltre “si può intervenire sugli errori dovuti a conoscenze tramite una formazione adeguata, e verificando che le informazioni e l’addestramento forniti entrino a far parte del patrimonio culturale degli operatori: in questo modo essi saranno in grado di riconoscere le situazioni di rischio e le azioni da compiere per evitarlo”.
Riguardo agli errori dovuti a distrazioni “l’addestramento deve essere mirato a rendere gli operatori coscienti delle loro azioni, svolte spesso per abitudine, ma possono anche essere effettuati interventi che individuino le cause della mancata attenzione per correggerle (lavoro monotono, lavoro con scarsa necessità di attenzione), mentre nel caso di errori basati sulle regole, una costante supervisione di queste, l’aggiornamento e la diffusione delle informazioni sono metodi per evitare l’applicazione di procedure inadeguate o obsolete”.
Nel caso invece di violazioni coscienti delle regole o procedure, “l’analisi deve valutare le motivazioni alla base dell’errore, definendo se si tratta di una procedura comunque sicura, e che quindi può essere adottata in sicurezza riformulando le procedure previste, oppure se si tratta di una procedura insicura che non deve essere applicata, e in questo caso la valutazione dell’errore e delle sue motivazioni deve permettere di intraprendere azioni che evitino il ripetersi dell’errore (adeguata formazione alla sicurezza, ma anche interventi strutturali o organizzativi)”.
A tutte queste tipologie di interventi “sono applicabili le tecniche mirate ad indurre comportamenti di sicurezza, allo scopo di far si che i comportamenti in grado di limitare gli errori vengano acquisiti stabilmente” e, in questo senso, il documento affronta una breve disamina della Sicurezza basata sui comportamenti (Behavior Based Safety – BBS), “un protocollo scientifico basato sulle leggi del comportamento umano che fornisce tecniche e strumenti operativi per l'applicazione pratica in qualsiasi ambito lavorativo”.
In particolare “l’adozione di un metodo di implementazione della sicurezza sul lavoro basato sui comportamenti”, oltre a rispondere alle indicazioni e ai fini del Decreto legislativo 81/2008, “si integra perfettamente con sistemi di gestione della qualità e/o della sicurezza, in quanto anche questi si pongono l’obiettivo di incidere sull’organizzazione”.
L’intervento si conclude sottolineando che per rendere più efficaci le misure di prevenzione è necessario “non solo agire su macchine, impianti ed ambienti di lavoro, ma anche intervenire per diminuire il verificarsi di comportamenti caratterizzati da inosservanza di norme operative o regolamentari o comunque non conformi alle comuni pratiche di sicurezza, ed al tempo stesso incrementare comportamenti ‘positivi’ in relazione a tali ambiti”.
“Il fattore umano: tecniche di analisi, soluzioni, prospettive”, a cura di P. Clerici (INAIL – Direzione Regionale Liguria - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione), A. Guercio e N. Todaro (INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione), tratto dagli atti del sesto seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp (formato PDF, 176 kB).
Gli autori ricordano che “il progresso tecnologico ha spostato l’intervento umano da un diretto impegno manuale al controllo dei processi automatici della macchina” e, dunque, l’affidabilità delle macchine “si è proporzionalmente innalzata così come i sistemi di protezione”.
In questa situazione l’importanza di studiare il fattore umano “scaturisce dalla necessità di portare allo stesso livello di affidabilità l’operatore che deve condurre, sorvegliare e prendere decisioni relativamente alla macchina in una complessità dei sistemi produttivi e del numero dei singoli elementi che li compongono”.
Infatti “un’interazione tra lavoratore e fonte di pericolo (macchina, impianto, attrezzatura, ambiente di lavoro) non corretta a causa di errori dovuti a lacune cognitive e/o mancata percezione della situazione di pericolo, decisioni sbagliate e incomprensioni, decisioni corrette ma fallite, può causare un rischio per la salute e per la sicurezza dello stesso”: la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali è “possibile se esiste un adattamento e un equilibrio reciproci tra le componenti fondamentali di un sistema complesso costituito dall’uomo, dalla macchina e dall’ambiente”.
L’intervento ricorda che la “casistica relativa agli infortuni sul lavoro attribuisce al fattore umano una responsabilità predominante nella maggior parte degli infortuni, degli incidenti o dei quasi-incidenti”.
Spesso la ridotta efficacia delle misure di prevenzione nei luoghi di lavoro è dovuta proprio “alla mancanza di attribuzione della qualifica di ‘componente del sistema’ all’uomo ed all’organizzazione”.
L’errore umano – continuano gli autori – “avviene spesso a causa di una mancata percezione degli stessi rischi a livello individuale e/o dell’organizzazione” e la percezione del rischio è “un fenomeno cognitivo complesso” influenzato da diversi fattori: fattori sociali, comunicativi, culturali, …
L’accettabilità di un rischio non dipende solo da vincoli di legge, regolamenti o norme tecniche “ma anche da fattori non razionali connessi con la percezione dello stesso, la cultura, l’emotività, l’atteggiamento psicologico, le convinzioni politiche o l’esperienza del singolo e/o della collettività a cui appartiene. Essa dipende da considerazioni soggettive ed oggettive legate alla natura volontaria o involontaria del rischio, alla familiarità con la situazione, al numero di persone coinvolte in un eventuale evento dannoso, al tipo di evento, al valore che il singolo o la collettività attribuisce alla vita e all’immediatezza ed alla gravità delle conseguenze: maggiormente vicine all’evento e più gravi sono le conseguenze, maggiore è la percezione del rischio”.
L’intervento continua indicando come lo studio dell’errore umano stia avendo “un’applicazione sempre più ampia nel campo della prevenzione degli infortuni sul lavoro, associato alle tematiche del carico di lavoro mentale e dell’organizzazione del lavoro”.
In particolare nel campo della sicurezza sul lavoro “viene spesso invocato l’errore umano come generica chiave di interpretazione di molti incidenti, ma dagli studi sull’errore umano e sulle condizioni in cui si verifica si è visto come questo, nella maggior parte dei casi, sia in realtà un ‘errore organizzativo’, dove la componente umana agisce in seguito a una non adeguata progettazione della sua attività”.
Infatti le costrizioni organizzative “giocano un ruolo importante nell’induzione degli errori, in quanto sono in grado di ridurre la soglia di attenzione necessaria per svolgere le operazioni in sicurezza”.
Riguardo alla prevenzione e “partendo dal presupposto che condizioni organizzative che causano stress, affaticamento mentale o sottocarico mentale sono spesso propedeutiche al verificarsi di errori”, l’accurata “valutazione di queste condizioni nell’ambito dell’organizzazione del lavoro può aiutare a ridurre il rischio”.
Inoltre “si può intervenire sugli errori dovuti a conoscenze tramite una formazione adeguata, e verificando che le informazioni e l’addestramento forniti entrino a far parte del patrimonio culturale degli operatori: in questo modo essi saranno in grado di riconoscere le situazioni di rischio e le azioni da compiere per evitarlo”.
Riguardo agli errori dovuti a distrazioni “l’addestramento deve essere mirato a rendere gli operatori coscienti delle loro azioni, svolte spesso per abitudine, ma possono anche essere effettuati interventi che individuino le cause della mancata attenzione per correggerle (lavoro monotono, lavoro con scarsa necessità di attenzione), mentre nel caso di errori basati sulle regole, una costante supervisione di queste, l’aggiornamento e la diffusione delle informazioni sono metodi per evitare l’applicazione di procedure inadeguate o obsolete”.
Nel caso invece di violazioni coscienti delle regole o procedure, “l’analisi deve valutare le motivazioni alla base dell’errore, definendo se si tratta di una procedura comunque sicura, e che quindi può essere adottata in sicurezza riformulando le procedure previste, oppure se si tratta di una procedura insicura che non deve essere applicata, e in questo caso la valutazione dell’errore e delle sue motivazioni deve permettere di intraprendere azioni che evitino il ripetersi dell’errore (adeguata formazione alla sicurezza, ma anche interventi strutturali o organizzativi)”.
A tutte queste tipologie di interventi “sono applicabili le tecniche mirate ad indurre comportamenti di sicurezza, allo scopo di far si che i comportamenti in grado di limitare gli errori vengano acquisiti stabilmente” e, in questo senso, il documento affronta una breve disamina della Sicurezza basata sui comportamenti (Behavior Based Safety – BBS), “un protocollo scientifico basato sulle leggi del comportamento umano che fornisce tecniche e strumenti operativi per l'applicazione pratica in qualsiasi ambito lavorativo”.
In particolare “l’adozione di un metodo di implementazione della sicurezza sul lavoro basato sui comportamenti”, oltre a rispondere alle indicazioni e ai fini del Decreto legislativo 81/2008, “si integra perfettamente con sistemi di gestione della qualità e/o della sicurezza, in quanto anche questi si pongono l’obiettivo di incidere sull’organizzazione”.
L’intervento si conclude sottolineando che per rendere più efficaci le misure di prevenzione è necessario “non solo agire su macchine, impianti ed ambienti di lavoro, ma anche intervenire per diminuire il verificarsi di comportamenti caratterizzati da inosservanza di norme operative o regolamentari o comunque non conformi alle comuni pratiche di sicurezza, ed al tempo stesso incrementare comportamenti ‘positivi’ in relazione a tali ambiti”.
“Il fattore umano: tecniche di analisi, soluzioni, prospettive”, a cura di P. Clerici (INAIL – Direzione Regionale Liguria - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione), A. Guercio e N. Todaro (INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione), tratto dagli atti del sesto seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp (formato PDF, 176 kB).
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