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Imparare dagli errori: la stanchezza come causa di infortuni sul lavoro

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

09/02/2010

Esempi tratti dall’archivio Ispesl Infor.mo.: stanchezza, carico di lavoro, distrazione sono spesso causa di un gran numero di incidenti. Alcuni esempi relativi alle attività di autotrasporto e di manutenzione di attrezzature elettriche.

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Nelle ultime puntate di questa rubrica abbiamo parlato di autotrasporto individuando, laddove possibile, alcune cause di incidenti e infortuni nella conduzione di veicoli pesanti.
In molti casi abbiamo rilevato un problema legato alla distrazione che, intesa come calo di attenzione alla guida, è una delle principali cause d’incidente stradale.
Una distrazione che spesso è legata a doppio filo all’orario di lavoro, ai tempi di guida e di riposo, ai ritmi di lavoro e alla situazione psicofisica del conducente.

Certo è facile comprendere quanto sia pericoloso guidare un veicolo in un momento di stanchezza, con il rischio magari di chiudere gli occhi – bastano pochi istanti – al volante.
Forse non è altrettanto evidente il rischio che la stanchezza può portare in molte attività lavorative che non si svolgono necessariamente in strada e alla guida di un automezzo.
Abbiamo dunque deciso di sfogliare l’archivio di INFOR.MO. - strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi – alla ricerca di casi che mostrino come la stanchezza possa essere un fattore determinante nel provocare incidenti sul lavoro.


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I casi
Partiamo da un primo caso di incidente sulla strada avvenuto in un cantiere autostradale di montaggio e posa in opera di cartellonistica a segnalazione di una piazzola di sosta.
I lavoratori stanno predisponendo l'attrezzatura ed i materiali per il montaggio della segnaletica: uno di loro è in prossimità del guardrail, mentre un altro è poco distante, “in prossimità del casone dell'automezzo, intento a scaricare l'attrezzatura necessaria, dando le spalle alla corsia di traffico”.
Improvvisamente piomba su di loro una motrice: il conducente del veicolo ne ha perso il controllo a causa di un colpo di sonno.
Alcuni lavoratori del cantiere stradale sono centrati in pieno e uno muore sul colpo.
Le analisi successive rilevano che:
- “l'area ove stavano lavorando i due operai non risultava chiusa al traffico ed adeguatamente segnalata 150 metri prima del cantiere come previsto dal codice della strada per lavori in presenza di traffico”;
- il conducente dell'autocarro “aveva iniziato il viaggio all'una di notte, proseguendolo per 13,5 ore, sebbene con alcune ore di sosta”.

Un secondo caso di stanchezza, ma in un ambito lavorativo molto diverso: l'installazione e manutenzione di attrezzature elettriche ed elettroniche.
Un lavoratore viene chiamato per “lavori urgenti straordinari di riparazione e ripristino di una parte dell'impianto elettrico relativo al reparto frigorifero di una azienda agroalimentare con turni di lavorazione a ciclo continuo”.
La riparazione avviene in una piccola stanza, dove  sono collocati tutti i quadri elettrici, scarsamente illuminata.
Mentre il tecnico effettua dei collegamenti elettrici su “interruttori che erano stati isolati dalla rete in tensione e che si trovavano nella parte superiore del quadro elettrico”, cade una vite metallica nella parte bassa del quadro, posta a livello del terreno, che risulta “ancora collegata alla rete elettrica e per questo era rimasta chiusa da una portella imbullonata”.
Per scongiurare un cortocircuito il tecnico cerca di recuperare l'oggetto metallico: svita la portella di protezione e si sporge in avanti “per vedere meglio e cercare la vite caduta e nascosta dai cavi”. Ma si avvicina troppo alle parti attive dei terminali: la testa dell'infortunato tocca “due morsetti creando un ponte con tensione di corrente di 380 volts”: il decesso è  immediato.
L’incidente è avvenuto verso le 20: il tecnico, che si trovava da solo, lavorava da almeno 9 o 10 ore. E dunque la dimenticanza, riguardo al mancato isolamento dalla rete della parte bassa del quadro elettrico, è probabilmente dovuta alla stanchezza.

La prevenzione
Parlando di stanchezza in merito alla guida di un veicolo abbiamo già dato, per altri casi di infortuni, alcuni elementi di prevenzione.
Infatti se il sonno e la stanchezza sono tra i nemici più pericolosi per ogni guidatore, si può cercare di evitarli:
- mettendosi alla guida riposati;
- evitando di guidare per troppo tempo consecutivamente;
- ascoltando i segnali che il nostro corpo ci manda (come la difficoltà nel tenere aperti gli occhi);
- prendendo specifiche precauzioni: ad esempio evitare di mangiare troppo e di assumere alcolici.

Di stanchezza e carico mentale si parla inoltre nella norma ISO 10075, che recepisce  e traduce alcune norme europee .
La fatica mentale viene definita nella norma come “alterazione temporanea dell’efficienza funzionale mentale e fisica, condizionata dall’intensità, durata e andamento temporale dello strain mentale precedente” ed è da considerare fra i rischi da prevenire sul luogo di lavoro.
Inoltre si ricorda che una ridotta vigilanza, molto pericolosa specialmente quando viene accusata da operatori che svolgono attività a rischio elevato, può dipendere, a livello mentale, da una contraddizione fra richiesta continua di attenzione (ad es. per cogliere su un monitor eventuali segnali di malfunzionamento) e la poca variabilità o assenza di eventi che inducono noia, lentezza e sonnolenza.

Nella norma sono date anche indicazioni per ottimizzare il carico mentale in ambito lavorativo.
Il progetto di un’attività lavorativa deve partire dalle capacità di chi deve svolgerla: con “capacità” si intendono non solo conoscenze e competenze, ma anche il rispetto dei limiti naturali dell’uomo (fisici e mentali).
Inoltre bisogna:
- ricordare che l’intensità dell’impegno richiesto a un lavoratore è condizionata non solo dal tipo di attività assegnata ma anche dal tipo di attrezzature in uso e dalla qualità dell’ambiente fisico e organizzativo;
- tener conto della durata dell’esposizione al carico di lavoro.

In particolare per ridurre il carico mentale la norma indica che bisogna porre l’attenzione su alcuni aspetti:
- “la durata dell’attività lavorativa che chiama in causa la relazione esponenziale fra numero di ore lavorate e grado di affaticamento; la necessità di pause adeguate tra turni successivi, per consentire al lavoratore di recuperare gli effetti dell’affaticamento psicofisico. Inoltre, il problema delle pause andrà trattato in modo diverso se il lavoro è diurno piuttosto che notturno;
- i cambiamenti nelle attività lavorative nel senso che con l’automatizzazione dei compiti più ripetitivi, si può alleggerire il carico mentale con ricadute paragonabili a quelle che si ottengono attraverso intervalli e pause di riposo”.

    
Per consultare direttamente la presentazione dell’infortunio di cui ci siamo occupati, collegarsi a questa pagina per visualizzare le schede numero 1033 e 1243 (archivio INFOR.MO. incidenti 2005/2008).

 
Tiziano Menduto



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