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PuntoSicuro ha presentato il mese scorso un documento di prevenzione contro il rischio di asfissia conseguente alla presenza di gas inerti ( azoto, argon, elio,…), rischio aumentato dall’ambiguità del termine “gas inerti”, a volte chiamati anche “gas di sicurezza” (ad esempio quando sono usati per gli incendi). Malgrado questi nomi rassicuranti, questi gas non sono inoffensivi e gli incidenti dovuti alla presenza di gas inerti e carenza di ossigeno possono essere molto gravi, spesso fatali.
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Imparare dagli errori: presenza di gas inerti e carenza d'ossigeno
PuntoSicuro ha presentato il mese scorso un documento di prevenzione contro il rischio di asfissia conseguente alla presenza di gas inerti ( azoto, argon, elio,…), rischio aumentato dall’ambiguità del termine “gas inerti”, a volte chiamati anche “gas di sicurezza” (ad esempio quando sono usati per gli incendi). Malgrado questi nomi rassicuranti, questi gas non sono inoffensivi e gli incidenti dovuti alla presenza di gas inerti e carenza di ossigeno possono essere molto gravi, spesso fatali.
Per farci constatare la pericolosità dei gas inerti il documento, pubblicato da Assogastecnici e dal titolo “ Pericoli relativi ai gas inerti e alla carenza di ossigeno”, dedica una parte proprio alla presentazione di incidenti causati da carenza di ossigeno.
I casi
Il primo caso è relativo all’autista di un piccolo veicolo per la distribuzione di azoto liquido che esegue una consegna.
Arrivato alla sede del cliente, collega il flessibile di travaso ad un serbatoio ubicato in un seminterrato. Comincia il travaso quando un dipendente del cliente lo informa che attorno al serbatoio si sta formando una nuvola di vapore. L’autista interrompe il lavoro e si avvicina al serbatoio per investigare.
Una volta arrivato al fondo della scala sviene, ma fortunatamente è visto da un dipendente del cliente che riesce a indossare un respiratore, raggiungere l’infortunato e trascinarlo via.
In questo caso si tratta di un incidente sfiorato: l’autista riuscirà a riprendersi completamente.
Ma cosa era successo?
“Senza che l’autista se ne accorgesse, il disco di rottura del serbatoio si era rotto prima dell’inizio delle operazioni di riempimento” e, non appena era cominciato il travaso, era iniziata una fuga di azoto in prossimità del serbatoio.
Tra l’altro nel controllare la nuvola di gas l’autista non indossa il dispositivo portatile di monitoraggio dell’ossigeno che lo avrebbe avvisato della carenza di ossigeno.
Inoltre non solo il serbatoio si trovava in un seminterrato, ma “lo sfiato del dispositivo di sicurezza non era ubicato in una zona sicura”.
Un secondo caso è relativo invece all’installazione di un serbatoio di biossido di carbonio liquido.
Il serbatoio deve essere bonificato con aria, ma per errore il flessibile viene collegato all’azoto. Successivamente, per motivi ignoti, un dipendente di una ditta esterna entrerà con una scala nel serbatoio e morirà asfissiato. Proprio la mattina dell’incidente, “ai dipendenti era stato raccomandato di non entrare nel serbatoio prima che l’atmosfera non fosse stata controllata ufficialmente”.
Un terzo caso è relativo alla revisione di routine di un impianto di frazionamento aria: un tecnico della manutenzione è incaricato di sostituire l’elemento filtrante di un filtro dell’ossigeno liquido. Il tecnico sviene mentre lavora su un filtro che era stato bonificato con azoto. Cade a terra, probabilmente asfissiato dall’ azoto, e tutti i tentativi di rianimarlo falliscono.
Infine un caso relativo ad un operaio che deve eseguire saldature all’interno di un recipiente. Il recipiente è “tenuto sotto copertura di azoto”, ma viene ventilato con aria prima di iniziare i lavori.
Per sicurezza, si chiede al saldatore di usare un respiratore, ma un suo compagno di lavoro collega il flessibile al tubo dell’azoto invece che al tubo dell’aria e il saldatore muore asfissiato. L’incidente “si è verificato perché il punto di uscita dell’azoto non recava un’etichetta di identificazione e la connessione era quella di un normale flessibile dell’aria”.
Formazione e prevenzione
Abbiamo visto come i gas inerti possano essere pericolosi: sono per lo più inodori, incolori e insapori e dunque non facilmente rilevabili. Inoltre i gas inerti agiscono rapidamente e l’ asfissia avviene senza sintomi fisiologici premonitori che potrebbero allertare la vittima.
Vediamo alcune cause di carenza d’ossigeno e di rischio d’asfissia rilevate dal documento dell’Assogastecnici:
- “quando un litro di gas liquido (per esempio di azoto, argon o elio) evapora, dal litro di liquido si sviluppano circa 600 - 850 litri di gas. In mancanza di adeguata ventilazione tale enorme volume di gas può provocare molto rapidamente una carenza di ossigeno;
- in caso di fughe di gas diversi dall’ossigeno da tubature, bombole, recipienti, ecc., ci si deve sempre aspettare una carenza di ossigeno. Si devono effettuare controlli periodici per escludere la presenza di perdite. Non si deve entrare in spazi con ventilazione limitata o insufficiente (ad esempio, serbatoi) senza aver fatto l’analisi dell’area e aver avuto conferma che il luogo è sicuro, e senza previa emissione del permesso di lavoro;
- in caso di lavori da eseguirsi in prossimità delle aperture di ventilazione, tubi di sfiato o chiusini di accesso a recipienti, il personale deve essere preparato all’idea di incontrare un’atmosfera a basso o nullo tenore di ossigeno che fuoriesce dalle aperture;
- si avrà sempre una carenza di ossigeno quando si bonifica un impianto o un recipiente con azoto o un altro gas inerte”.
Il documento ricorda che i sensi umani non possono rilevare la carenza di ossigeno: sono necessari strumenti di misurazione che “danno un allarme sonoro o visivo basato sulla concentrazione di ossigeno e possono indicare il tenore di ossigeno presente”.
È evidente che questi strumenti devono sempre essere collaudati in aria esterna prima dell’uso e che, se in un ambiente è possibile la presenza di gas tossici o infiammabili, devono essere usati anche strumenti di misura specifici.
Infine qualche informazione sui dispositivi di respirazione da impiegare nelle “situazioni in cui ci si aspetta un insufficiente tenore di ossigeno e non vi si può ovviare per via di un’adeguata ventilazione”.
Ad esempio è bene sottolineare che le maschere a cartuccia, “utili in presenza di gas tossici (come ad esempio, ammoniaca, cloro, ecc.)”, sono inutili in queste situazioni.
Ecco i dispositivi di respirazione consigliati:
- “ autorespiratori con bombola di aria compressa;
- maschere integrali con respiratore collegato tramite flessibile ad una riserva di aria respirabile”.
Ricordando che:
- “si deve tener presente che quando si indossano questi apparati, specialmente con bombole piene d’aria, può risultare difficile entrare nei passi d'uomo”
- il collaudo periodico delle apparecchiature deve essere eseguito secondo la normativa nazionale in vigore;
- gli utilizzatori devono essere addestrati e devono esercitarsi regolarmente nell’uso dell’apparecchiatura”.
PuntoSicuro dedicherà un prossima puntata di “Imparare dagli errori” ai casi di rischio d’asfissia direttamente collegati ad attività in spazi confinati, con riferimento alle misure di emergenza, ai criteri e alle procedure di soccorso.
Assogastecnici, EIGA, “ Pericoli relativi ai gas inerti e alla carenza di ossigeno”, traduzione e adattamento del Documento EIGA Doc ICG 44/09/E, revisione del Doc ICG 44/00 (formato PDF, 1.10 MB).
Tiziano Menduto
I casi
Il primo caso è relativo all’autista di un piccolo veicolo per la distribuzione di azoto liquido che esegue una consegna.
Arrivato alla sede del cliente, collega il flessibile di travaso ad un serbatoio ubicato in un seminterrato. Comincia il travaso quando un dipendente del cliente lo informa che attorno al serbatoio si sta formando una nuvola di vapore. L’autista interrompe il lavoro e si avvicina al serbatoio per investigare.
Una volta arrivato al fondo della scala sviene, ma fortunatamente è visto da un dipendente del cliente che riesce a indossare un respiratore, raggiungere l’infortunato e trascinarlo via.
In questo caso si tratta di un incidente sfiorato: l’autista riuscirà a riprendersi completamente.
Ma cosa era successo?
“Senza che l’autista se ne accorgesse, il disco di rottura del serbatoio si era rotto prima dell’inizio delle operazioni di riempimento” e, non appena era cominciato il travaso, era iniziata una fuga di azoto in prossimità del serbatoio.
Tra l’altro nel controllare la nuvola di gas l’autista non indossa il dispositivo portatile di monitoraggio dell’ossigeno che lo avrebbe avvisato della carenza di ossigeno.
Inoltre non solo il serbatoio si trovava in un seminterrato, ma “lo sfiato del dispositivo di sicurezza non era ubicato in una zona sicura”.
Un secondo caso è relativo invece all’installazione di un serbatoio di biossido di carbonio liquido.
Il serbatoio deve essere bonificato con aria, ma per errore il flessibile viene collegato all’azoto. Successivamente, per motivi ignoti, un dipendente di una ditta esterna entrerà con una scala nel serbatoio e morirà asfissiato. Proprio la mattina dell’incidente, “ai dipendenti era stato raccomandato di non entrare nel serbatoio prima che l’atmosfera non fosse stata controllata ufficialmente”.
Un terzo caso è relativo alla revisione di routine di un impianto di frazionamento aria: un tecnico della manutenzione è incaricato di sostituire l’elemento filtrante di un filtro dell’ossigeno liquido. Il tecnico sviene mentre lavora su un filtro che era stato bonificato con azoto. Cade a terra, probabilmente asfissiato dall’ azoto, e tutti i tentativi di rianimarlo falliscono.
Infine un caso relativo ad un operaio che deve eseguire saldature all’interno di un recipiente. Il recipiente è “tenuto sotto copertura di azoto”, ma viene ventilato con aria prima di iniziare i lavori.
Per sicurezza, si chiede al saldatore di usare un respiratore, ma un suo compagno di lavoro collega il flessibile al tubo dell’azoto invece che al tubo dell’aria e il saldatore muore asfissiato. L’incidente “si è verificato perché il punto di uscita dell’azoto non recava un’etichetta di identificazione e la connessione era quella di un normale flessibile dell’aria”.
Formazione e prevenzione
Abbiamo visto come i gas inerti possano essere pericolosi: sono per lo più inodori, incolori e insapori e dunque non facilmente rilevabili. Inoltre i gas inerti agiscono rapidamente e l’ asfissia avviene senza sintomi fisiologici premonitori che potrebbero allertare la vittima.
Vediamo alcune cause di carenza d’ossigeno e di rischio d’asfissia rilevate dal documento dell’Assogastecnici:
- “quando un litro di gas liquido (per esempio di azoto, argon o elio) evapora, dal litro di liquido si sviluppano circa 600 - 850 litri di gas. In mancanza di adeguata ventilazione tale enorme volume di gas può provocare molto rapidamente una carenza di ossigeno;
- in caso di fughe di gas diversi dall’ossigeno da tubature, bombole, recipienti, ecc., ci si deve sempre aspettare una carenza di ossigeno. Si devono effettuare controlli periodici per escludere la presenza di perdite. Non si deve entrare in spazi con ventilazione limitata o insufficiente (ad esempio, serbatoi) senza aver fatto l’analisi dell’area e aver avuto conferma che il luogo è sicuro, e senza previa emissione del permesso di lavoro;
- in caso di lavori da eseguirsi in prossimità delle aperture di ventilazione, tubi di sfiato o chiusini di accesso a recipienti, il personale deve essere preparato all’idea di incontrare un’atmosfera a basso o nullo tenore di ossigeno che fuoriesce dalle aperture;
- si avrà sempre una carenza di ossigeno quando si bonifica un impianto o un recipiente con azoto o un altro gas inerte”.
Il documento ricorda che i sensi umani non possono rilevare la carenza di ossigeno: sono necessari strumenti di misurazione che “danno un allarme sonoro o visivo basato sulla concentrazione di ossigeno e possono indicare il tenore di ossigeno presente”.
È evidente che questi strumenti devono sempre essere collaudati in aria esterna prima dell’uso e che, se in un ambiente è possibile la presenza di gas tossici o infiammabili, devono essere usati anche strumenti di misura specifici.
Infine qualche informazione sui dispositivi di respirazione da impiegare nelle “situazioni in cui ci si aspetta un insufficiente tenore di ossigeno e non vi si può ovviare per via di un’adeguata ventilazione”.
Ad esempio è bene sottolineare che le maschere a cartuccia, “utili in presenza di gas tossici (come ad esempio, ammoniaca, cloro, ecc.)”, sono inutili in queste situazioni.
Ecco i dispositivi di respirazione consigliati:
- “ autorespiratori con bombola di aria compressa;
- maschere integrali con respiratore collegato tramite flessibile ad una riserva di aria respirabile”.
Ricordando che:
- “si deve tener presente che quando si indossano questi apparati, specialmente con bombole piene d’aria, può risultare difficile entrare nei passi d'uomo”
- il collaudo periodico delle apparecchiature deve essere eseguito secondo la normativa nazionale in vigore;
- gli utilizzatori devono essere addestrati e devono esercitarsi regolarmente nell’uso dell’apparecchiatura”.
PuntoSicuro dedicherà un prossima puntata di “Imparare dagli errori” ai casi di rischio d’asfissia direttamente collegati ad attività in spazi confinati, con riferimento alle misure di emergenza, ai criteri e alle procedure di soccorso.
Assogastecnici, EIGA, “ Pericoli relativi ai gas inerti e alla carenza di ossigeno”, traduzione e adattamento del Documento EIGA Doc ICG 44/09/E, revisione del Doc ICG 44/00 (formato PDF, 1.10 MB).
Tiziano Menduto
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