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Cassazione Sezione III Penale - Sentenza n. 1070 del 13 gennaio 2010 (U. P. 18 gennaio 2009) - Pres. Petti – Est. Sarno – P.M. Izzo - Ric. N. D. M.
Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it)
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La Cassazione sulle responsabilita' nei cantieri
Cassazione Sezione III Penale - Sentenza n. 1070 del 13 gennaio 2010 (U. P. 18 gennaio 2009) - Pres. Petti – Est. Sarno – P.M. Izzo - Ric. N. D. M.
Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it)
Breve e lapidaria questa sentenza della III Sezione della Corte di Cassazione penale dalla lettura della quale emerge che la presenza di una situazione di pericolo nei luoghi di lavoro è addebitabile oltre a chi l’ha determinata anche agli altri datori di lavoro che svolgono la loro attività in quel cantiere che hanno gli obblighi di prevenzione degli infortuni e che fanno correre il rischio stesso ai propri lavoratori dipendenti. In caso contrario, sostiene la Corte di Cassazione, verrebbe meno la funzione preventiva delle norme di sicurezza sul lavoro.
Il caso di cui alla sentenza riguarda la condanna di un datore di lavoro alla pena di euro 600,00 di ammenda per aver violato l’articolo 68, comma 1, del D.P.R. 7/1/1956 n. 164 per non avere adottato idonee precauzioni atte ad evitare la caduta accidentale delle persone da vani aperti in due edifici presso i quali erano in corso dei lavori edili.
Trattandosi di condanna alla pena dell'ammenda l’imputata ha fatto ricorso direttamente alla Corte di Cassazione lamentandosi per la mancata assoluzione e sostenendo che le aperture sprotette di cui alla contravvenzione erano state praticate non dalla stessa ma da altre ditte che lavoravano sul posto e più precisamente da una impresa di elettricisti.
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile ed infondato dalla Corte di Cassazione la quale ha sostenuto che l’articolo 68 del D.P.R. n. 164 del 1956, ora testualmente riprodotto nell’articolo 146 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, che ha abrogato il primo decreto, stabilisce al comma 1 che le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio.
“E’ evidente” sostiene la Sez. III, “che la finalità della disposizione in esame è quella di evitare che la mancanza dei necessari elementi di protezione determini la caduta accidentale di chiunque si trovi ad operare in cantiere” e “ciò che rileva è dunque l'oggettiva necessità che le aperture siano adeguatamente protette per scongiurare il rischio di cadute accidentali.
In conclusione la suprema Corte fa osservare e pone in evidenza che “la disposizione si rivolge anzitutto a chi pratica l'apertura ma è altresì evidente che ove non si sia in precedenza provveduto a predisporre le misure di prevenzione, a prescindere dalla responsabilità di chi ha in precedenza agito, l'onere di predisporre le opportune cautele si debba estendere anche alla ditta i cui dipendenti operino comunque nel cantiere venendo altrimenti meno la funzione preventiva della norma in questione”.
Corte di Cassazione - Sezione III Penale - Sentenza n. 1070 del 13 gennaio 2010 (U. P. 18 gennaio 2009) - Pres. Petti – Est. Sarno – P.M. Izzo - Ric. N. D. M. - Nel caso della presenza di rischi comuni in un cantiere l’obbligo di adottare misure di protezione atte ad evitare conseguenze dannose e’ a carico non solo di chi li ha determinati ma anche di coloro che li fanno correre ai propri lavoratori.
Il caso di cui alla sentenza riguarda la condanna di un datore di lavoro alla pena di euro 600,00 di ammenda per aver violato l’articolo 68, comma 1, del D.P.R. 7/1/1956 n. 164 per non avere adottato idonee precauzioni atte ad evitare la caduta accidentale delle persone da vani aperti in due edifici presso i quali erano in corso dei lavori edili.
Trattandosi di condanna alla pena dell'ammenda l’imputata ha fatto ricorso direttamente alla Corte di Cassazione lamentandosi per la mancata assoluzione e sostenendo che le aperture sprotette di cui alla contravvenzione erano state praticate non dalla stessa ma da altre ditte che lavoravano sul posto e più precisamente da una impresa di elettricisti.
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile ed infondato dalla Corte di Cassazione la quale ha sostenuto che l’articolo 68 del D.P.R. n. 164 del 1956, ora testualmente riprodotto nell’articolo 146 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, che ha abrogato il primo decreto, stabilisce al comma 1 che le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio.
“E’ evidente” sostiene la Sez. III, “che la finalità della disposizione in esame è quella di evitare che la mancanza dei necessari elementi di protezione determini la caduta accidentale di chiunque si trovi ad operare in cantiere” e “ciò che rileva è dunque l'oggettiva necessità che le aperture siano adeguatamente protette per scongiurare il rischio di cadute accidentali.
In conclusione la suprema Corte fa osservare e pone in evidenza che “la disposizione si rivolge anzitutto a chi pratica l'apertura ma è altresì evidente che ove non si sia in precedenza provveduto a predisporre le misure di prevenzione, a prescindere dalla responsabilità di chi ha in precedenza agito, l'onere di predisporre le opportune cautele si debba estendere anche alla ditta i cui dipendenti operino comunque nel cantiere venendo altrimenti meno la funzione preventiva della norma in questione”.
Corte di Cassazione - Sezione III Penale - Sentenza n. 1070 del 13 gennaio 2010 (U. P. 18 gennaio 2009) - Pres. Petti – Est. Sarno – P.M. Izzo - Ric. N. D. M. - Nel caso della presenza di rischi comuni in un cantiere l’obbligo di adottare misure di protezione atte ad evitare conseguenze dannose e’ a carico non solo di chi li ha determinati ma anche di coloro che li fanno correre ai propri lavoratori.
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