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L'utilizzo sicuro dei fitofarmaci in agricoltura

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Agricoltura

10/05/2010

Un documento della Regione Lombardia per la prevenzione dei rischi nei lavoratori che utilizzano prodotti fitosanitari in agricoltura: la valutazione del rischio chimico, le fasi di lavoro a rischio di esposizione. Prima parte.

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L'impiego di fitofarmaci, di prodotti fitosanitari in agricoltura comporta una serie di complesse problematiche in termini di sicurezza e di rischi per l’ambiente e per la salute degli operatori e dei consumatori.
Ai lavoratori i fitofarmaci possono causare danni in funzione sia della tossicità delle sostanze impiegate, che dei livelli di esposizione e di assorbimento attraverso le diverse vie di penetrazione nell’organismo (inalatoria e dermica).




Per facilitare la prevenzione in questo settore la Regione Lombardia ha approvato e diffuso – con Decreto della Direzione Generale della Sanità n. 4580 del 29 aprile 2010 - il documento dal titolo “Buona Pratica dell'Utilizzo dei Fitofarmaci in Agricoltura”.

Il documento, a cura del Laboratorio regionale di approfondimento “Agricoltura”, analizza in dettaglio “i diversi momenti di esposizione dell’operatore, inteso come agricoltore che effettua applicazioni (attività occasionale, nell’ambito di una serie complessa di compiti, con un impegno che in genere non supera le 15, massimo 20 giornate all’anno) nelle varie fasi di utilizzo”. E per ogni fase si forniscono specifiche indicazioni di buona pratica.

Nell’introduzione si indica che in questi anni le linee di cautela sviluppate in merito all’uso dei fitofarmaci “hanno portato da un lato al progressivo divieto, o a severe limitazioni, dell’uso delle sostanze e dei formulati più pericolosi, dall’altro a sviluppare tecniche di controllo delle infestanti più mirate e a minor impatto, quali la lotta integrata e soluzioni tecniche che ottimizzano l’uso dei prodotti”.
Infatti oggi è “quasi sempre possibile, in ogni scenario colturale, utilizzare prodotti a bassa tossicità, ed è comunque possibile farlo in massima sicurezza, evitando il rischio di effetti acuti e cronici sugli addetti, rispettando l’ambiente e garantendo il consumatore finale”.

Riguardo alla valutazione del rischio chimico si indica che in agricoltura non è realisticamente possibile effettuarla “tramite misurazioni dirette condotte in modo sistematico (azienda per azienda) per la variabilità delle condizioni ambientali e dei compiti, la molteplicità della mansioni e i costi relativamente elevati e la scarsa rappresentatività delle analisi”.
Esposizione e rischio “devono essere stimati con ragionevoli margini di affidabilità, anche in assenza di misurazioni, creando e applicando idonei algoritmi”.

Veniamo alla descrizione delle diverse fasi di lavoro a rischio di esposizione con indicazione delle misure di prevenzione applicabili.

Preparazione della miscela e carico del serbatoio
In questa fase c’è un “significativo rischio di esposizione anche attraverso l’apparato respiratorio, che deve essere adeguatamente protetto, oltre che attraverso la cute”. I fattori di rischio sono determinati da “quantità di prodotto utilizzata”, “concentrazione del prodotto e di prodotto nella miscela” e dal “numero di carichi effettuato e tipo di formulazione utilizzata (esempio: liquida, in granuli, in polvere, in sacchetti solubili)”.
Il rischio “è più alto per formulati in polvere, via via minore per liquidi e granulati e sostanzialmente assente in caso di uso di prodotti confezionati in sacchetti solubili”.
Norme di buona pratica: “scegliere i prodotti meno tossici, scegliere il tipo di formulato e le confezioni che causano minore dispersione e quindi esposizione, ridurre il numero di carichi e in generale la manipolazione, dotarsi di dispositivi di protezione adeguati e mantenerli in buone condizioni”.

Applicazione della miscela sulle colture
In questo caso il rischio “aumenta all’aumentare dell’altezza delle colture e/o all’aumentare della distanza tra la vegetazione da trattare e l’attrezzatura impiegata (barra irroratrice, atomizzatore, lancia ecc.)” e dipende anche dal tipo di strumentazione utilizzata e dalla superficie trattata. “L’esposizione può essere significativamente ridotta con l’impiego di macchinari più sicuri (esempio: trattore cabinato e condizionato), buon uso dei dispositivi di protezione, e attenzione alle procedure operative (esempio: non applicare controvento), nonché con l’impiego di macchinari dotati di sistemi atti a contenere il fenomeno della deriva (barre irroratrici con manichetta d’aria, ugelli antideriva) e perfettamente messi a punto e tarati”.
Norme di buona pratica: “garantire la manutenzione e la taratura periodica dell’irroratrice, per evitare operazioni improprie in campo. Utilizzare preferibilmente macchine irroratrici recenti dotate di serbatoi accessori di miscelazione e lavaggio mani, con sistemi di apertura automatica della barra, preferire un trattore cabinato e condizionato. Effettuare una periodica pulizia dei filtri. Impiegare dispositivi di protezione adeguati in funzione dell’attrezzatura a disposizione e dei formulati scelti”.

Regione Lombardia - Direzione Generale della Sanità - Decreto n. 4580 del 29 aprile 2010 - Buona Pratica dell'Utilizzo dei Fitofarmaci in Agricoltura.


Tiziano Menduto



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