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Le buone pratiche quali strumenti di integrazione dei sistemi di sicurezza
Una più efficace politica di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro non può che avvenire attraverso l’adozione di buone pratiche, finalizzate ad orientare i comportamenti dei datori di lavoro, dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati.
Le buone pratiche possono definirsi come esempi di innovazione riuscita, di procedure, di soluzioni, di servizi e processi che riescono ad imprimere un reale miglioramento nella gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in termini di efficacia, efficienza e sostenibilità.
Una buona pratica dovrebbe mostrare i passaggi e i metodi che possono essere sviluppati all’interno di un posto di lavoro o di una organizzazione per ridurre i rischi per la salute dei lavoratori.
Con tale termine ci si riferisce anche al processo di analisi per la esplicitazione e la condivisione di quegli elementi significativi, acquisiti attraverso l’esperienza, che possono essere trasferiti ad altri contesti. La molteplicità delle esperienze diventa, quindi, un valore aggiunto quando consente la messa in comune di modalità di approccio ai problemi e l’elaborazione e gestione dei progetti al fine di individuare soluzioni in un determinato contesto.
L’esperienza realizzata in un determinato ambito, grazie anche all’efficacia dei risultati raggiunti e alla risoluzione di particolari problemi, viene trasferita in diverse e più ampie realtà. La trasferibilità dell’esperienza diviene, così, misura dell’efficacia dell’esperienza stessa. La buona pratica, per essere riconosciuta come tale, deve, quindi, essere individuata, partecipata,
verificata, diffusa e resa applicabile in altre esperienze.
Il d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, ha definito compiutamente le c.d. buone prassi quali «soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica», adottate volontariamente e la cui finalità è quella di promuovere la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro.
Secondo un approccio integrato della valutazione e gestione dei rischi, indispensabile è la sinergia tra i diversi attori istituzionali della sicurezza del lavoro ai fini dello sviluppo di un sistema della prevenzione, mirato al contenimento del fenomeno infortunistico, con particolare riguardo a quei settori nei quali l’incidenza dello stesso mantiene livelli elevati. In tale contesto, le Regioni, insieme all’Inail, all’Ispesl e agli organismi paritetici, sono chiamate a svolgere un ruolo importante nella elaborazione, raccolta e diffusione delle buone prassi, perché queste risultino coerenti con le vigenti leggi e rispondano a criteri validi e innovativi da un punto di vista tecnologico. Si viene, così, incontro alle esigenze reali delle imprese, soprattutto di medie e piccole dimensioni, attraverso la predisposizione di un sistema integrato della prevenzione, fruibile da tutti coloro che sono coinvolti nella gestione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
La stessa diffusione delle buone prassi ha riscontri positivi nella politica prevenzionale delle imprese attraverso una riduzione degli infortuni e malattie professionali e dei relativi costi sociali, e una crescita della cultura della sicurezza.
L’organizzazione e la circolazione delle buone pratiche, utili a favorire la promozione e la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, ha come suo canale preferenziale il Sistema informatico nazionale per la prevenzione (SINP) e cioè una banca dati accessibile ai soggetti deputati alla gestione della salute e sicurezza all’interno dell’azienda. In tal modo le imprese possono avere una maggiore facilità di applicazione della normativa e delle moderne procedure in tema di buone prassi, oltre che la possibilità di monitorare continuamente la propria politica antinfortunistica. Così si favorisce una più ampia e aggiornata diffusione della cultura della sicurezza, insieme ad una maggiore interazione impresa/istituzioni. Tale sistema rappresenta, quindi, un’importante occasione di cooperazione tra le istituzioni nazionali e le parti sociali che operano nel campo della prevenzione, finalizzato a creare una rete necessaria per l’innalzamento globale dei livelli di tutela.
L’assetto istituzionale, fondato sull’organizzazione e circolazione delle informazioni, delle linee guida e delle buone pratiche, nasce dalla consapevolezza della necessaria conoscenza di informazioni e indicatori per definire priorità, per mirare azioni, per valutare risultati, ma anche
ai fini generali di informazione, comunicazione, socializzazione delle conoscenze ed educazione alla sicurezza e alla salute. Diventa importante prevedere comportamenti virtuosi, di buona pratica, e cioè soluzioni che migliorino le condizioni di lavoro, soprattutto in quei settori che difficilmente si prestano ad un approccio di tipo normativo. La tecnica legislativa utilizzata è quella della “derubricazione” di alcuni obblighi di legge – ad eccezione di quelli fondamentali e di natura organizzativa e comportamentale – a norme di buona prassi, prive di cogenza e a cui le parti aderiscono volontariamente.
Tale “conversione” ha come obiettivo quello di tenere conto delle innovazioni tecnologiche, organizzative e procedurali in materia di salute e sicurezza, innalzandone gli standard, ma tenendoli sganciati da norme di legge che necessitano di tempi lunghi per l’applicazione.
Il ruolo primario che ricoprono le buone prassi nell’ambito di un modello prevenzionistico si ravvisa in puntuali previsioni normative contenute nel d.lgs. n. 81/2008, anche alla luce del decreto correttivo n. 106/2009.
L’art. 35 del citato decreto prevede che nel corso delle riunioni periodiche indette nelle aziende e nelle unità produttive con più di 15 dipendenti – a cui partecipano il datore di lavoro o un suo rappresentante, il responsabile del servizio prevenzione e protezione dai rischi, il medico competente, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza – possano essere individuati: «a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali; b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro».
Ed ancora, la rilevanza che il decreto legislativo riconosce alle buone prassi si rinviene nell’art. 168, comma 3, ove è previsto che qualora le norme tecniche – quali criteri di riferimento per le finalità indicate nei commi precedenti – non siano applicabili, si «può fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida».
Il successivo art. 181 prevede, inoltre, che, nell’ambito della valutazione dei rischi di cui all’art.
28, il datore di lavoro, nella valutazione di tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici, debba far riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi al fine di adottare le più opportune misure di prevenzione e protezione.
Altrettanto importante, specie sul versante delle soluzioni organizzative e procedurali, è il contributo delle parti sociali, anche attraverso l’ausilio degli organismi paritetici di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81/2008, mediante accordi sindacali migliorativi e specificativi dei livelli stabiliti per legge. I continui rinvii contenuti nel d.lgs. n. 81/2008 alla contrattazione collettiva fanno sì che quest’ultima rafforzi e integri i livelli di protezione dei lavoratori, favorendo un miglioramento continuo delle condizioni di lavoro e di tutela dell’ambiente, attraverso una gestione preventiva e sistemica dei fattori di rischio.
Per questo motivo, abbiamo riportato nel bollettino Adapt una selezione di contratti collettivi, accordi locali e protocolli d’intesa (ordinati cronologicamente) accomunati dalla definizione, più o meno penetrante, di buone prassi condivise e partecipate in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
I sindacati contribuiscono a livello centrale e periferico all’elaborazione di progetti finalizzati a rafforzare la sicurezza sul lavoro come valore condiviso, a partire proprio dalla diffusione delle buone pratiche avendo come obiettivo quello della “incidentalità zero”. Si dà vita, così, a un sistema di governo per la promozione della cultura e delle azioni di prevenzione che agisca su forme di partecipazione anche all’interno delle stesse aziende, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, destinatarie di specifiche attenzioni rispetto alla semplificazione degli adempimenti meramente formali.
E ciò al fine di consentire la ricerca di strumenti e misure, come la valorizzazione di codici di condotta ed etici e buone prassi, finalizzati, tutti, al miglioramento dei livelli di tutela definiti normativamente, che rendano la garanzia della sicurezza in azienda non un obbligo cui adempiere, ma un obiettivo della buona gestione di una impresa.
Stefano Salvato
Scuola internazionale di Dottorato
in Diritto delle relazioni di lavoro
Adapt – Fondazione Marco Biagi
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Fonte: www.adapt.it.
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