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Pellet radioattivo: valutazione dei rischi per la popolazione
L'Università degli Studi di Pavia ha condotto un'indagine radiometrica e prodotto alcune considerazioni riguardo la questione del pellet radioattivo contenute nel documento “Pellet radioattivo. Indagine radiometrica e considerazioni di radioprotezione”.
Lo studio, pubblicato sul sito dell'Area Ambiente e Sicurezza dell'Ateneo pavese, ha avuto lo scopo di fornire agli interessati una prima valutazione dei rischi a cui sono stati esposti gli individui della popolazione che ha fatto uso del pellet contaminato.
Pellet radioattivo. Indagine radiometrica e considerazioni di radioprotezione.
Nel mese di giugno 2009, su segnalazione degli organi di stampa nazionali, è emerso il problema di presunte contaminazioni radioattive di matrici di pellet per stufe domestiche, in particolare per la regione Valle d’Aosta. Le prime informazioni riguardavano la presenza dell’isotopo artificiale 137Cs sia nel pellet sia nelle sue ceneri di combustione. In collaborazione con il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Pavia, si è condotta un’indagine radiometrica avente per oggetto la misura della contaminazione radioattiva del pellet e delle sue ceneri, valutando anche la dose efficace potenziale per gli individui della popolazione maggiormente esposti al rischio radiologico.
L’indagine radiometrica è stata condotta per mezzo di spettrometria gamma ad alta risoluzione; sono state analizzate alcune marche del prodotto disponibili sul territorio pavese e in particolare la marca “Naturkraft Premium 6 mm” che ha dato il via alle prime segnalazioni degli organi di stampa nella città di Aosta.
Per l’analisi sono di interesse i valori di attività specifica in Bq/kg per il radionuclide 137Cs e l’indagine circa la presenza del radionuclide gemello 134Cs, di stessa provenienza (eventi nucleari, es. Chernobyl). In Tabella-1 si riporta l’esito delle misurazioni condotte dal 15 al 30 giugno 2009.
[...]
Il valore di dose valutato non costituisce in alcun modo un pericolo per la popolazione perché trascurabile rispetto al fondo naturale di radiazione (mediamente 2-3 mSv/anno in Italia). Inoltre, la normativa vigente - D.Lgs. 230/95 e s.m.i., Allegato I - afferma che una pratica può essere considerata priva di rilevanza radiologica, quando la dose efficace a cui si prevede sia esposto un qualsiasi individuo della popolazione, che non mette in atto misure di prevenzione e protezione, sia pari o inferiore a 10 μSv/anno.
La valutazione di dose calcolata è comunque sovrastimata perché:
• ciascuna delle ipotesi di computo è conservativa;
• basata sull’attività specifica di 40000 Bq/kg, circa 23 volte superiore a quanto misurato direttamente;
• ottenuta ipotizzando una concentrazione di cenere in aria per manipolazione pari a circa 1963 mg/m3, molto superiore a quella raccomandata dagli organismi internazionali ACGIH, NIOSH, UE, da qualche mg/m3 ad una decina di mg/m3, per non essere esposti ai rischi acuti dovuti alla presenza della sola cenere non radioattiva.
Questi effetti acuti sono generalmente quelli a carico dell’apparato respiratorio e degli occhi: mal di gola, tosse, sensazione di bruciore, difficoltà respiratoria, arrossamento e lesioni agli occhi. Pertanto, l’esposizione ad una concentrazione di cenere in aria corrispondente al valore valutato di dose efficace impegnata per inalazione, comporterebbe gravi danni da effetti acuti non dovuti alla presenza di radioattività. In altri termini, la protezione del sistema respiratorio e degli occhi dagli effetti acuti della cenere non radioattiva, nonché il fatto di non voler sporcare eccessivamente i locali di cenere, assicura la protezione della salute, via inalazione, dalla radioattività in essa contenuta.
Il documento integrale “Pellet radioattivo. Indagine radiometrica e considerazioni di radioprotezione” del Dott. Sergio Manera e dell' Ing. Dante Milani, Università degli Studi di Pavia.
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Rispondi Autore: Lorenzo - likes: 0 | 12/10/2021 (19:23:30) |
volevo sottolineare che le conclusioni dello studio sono a dir poco fuorvianti per la determinazione del reale rischio: si chiude infatti asserendo che il rischio è da considerarsi sovrastimato in quanto la quantità complessiva di cenere respirata è generalmente infinitesimale, pertanto le componenti del rischio legate alla radioattività della cenere sono minime. Questo ragionamento avrebbe senso se il decadimento del cesio 137 e del cesio 134 fosse di tipo alfa, come quella del gas radon per capirci, cioè emissione di particelle alfa che non riescono a penetrare la cute e che comporta danni alla salute solo per respirazione (danni al polmone per impatti interi all'organo). Peccato che i due isotopi di Cs abbiano decadimento gamma e beta a cascata, e che anche stare ad una minima distanza dal pellet e dalla cenere -quindi dalla stufa- causa una esposizione ben diversa alle radiazioni, dato che nemmeno un muro di cemento armato di spessore normale può arrestare i fotoni gamma, al massimo le particelle beta. |