Sicurezza e salute sul lavoro nell’esposizione a polveri di legno
PuntoSicuro continua la pubblicazione dei documenti prodotti nel 2010 dalla Regione Lombardia in relazione al Piano regionale 2008-2010 “Promozione della sicurezza e salute negli ambienti di lavoro” e con il contributo del Laboratorio "Tumori Professionali".
Dopo aver presentato il vademecum dedicato allo stampaggio di plastica e quello relativo allo stampaggio della gomma, ci soffermiamo ora sul “Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute con le polveri di legno”.
Il documento si occupa del complesso dei rischi per la sicurezza e la salute presenti in relazione all’esposizione a polveri di legno con particolare riferimento alla gestione del rischio da agenti chimici pericolosi e da agenti cancerogeni.
Riguardo invece alla gestione dei rischi per la sicurezza, dall’analisi degli infortuni del settore “risulta che gli infortuni legati direttamente agli agenti chimici ‘polveri di legno’ costituiscono nel complesso una quota non trascurabile del totale, oltre che mostrarsi a volte di non modesta gravità”.
In particolare le lesioni principali “derivano da proiezioni di materiale (schegge o polvere), e quindi risultano ferite ed emorragie; particolarmente colpiti sono gli occhi dove vi è la possibilità di lesioni da corpo estraneo di lieve entità (polvere) o con esiti molto gravi o permanenti (schegge)”. Inoltre “tra le sedi maggiormente interessate dagli eventi infortunistici si trovano anche le dita e la mano, gli arti superiori e le relative articolazioni”.
Il documento ricorda che, in alcune operazioni di manutenzione o in specifiche fasi lavorative, vengono “spesso impropriamente utilizzati ancora oggi getti di aria compressa; tale pratica, oltre a costituire azione facilitante all’introduzione nell’albero respiratorio della polvere di legno, comporta la possibilità di andare incontro ad eventi infortunistici da proiezione di particolato”.
Gestione del rischio da agenti chimici pericolosi
Il legno non può essere considerato come biologicamente inerte: bisogna ad esempio fare particolare attenzione alla “presenza di numerose sostanze chimiche che accompagnano naturalmente la parte fibrosa (senza considerare le varie sostanze utilizzate come additivi, ecc.)”.
Se il rischio dipende dal tipo di attività di lavorazione che si prende in considerazione e dalla composizione della materia prima, è inoltre “opportuno tenere ben presente non solo i diversi legni, ma anche le sostanze che sono state utilizzate come additivi nelle prime fasi (preservanti, anti UV, stabilizzanti, ed altri), che costituiscono parte integrante del materiale legnoso o che sono state applicate nelle fasi terminali (trattamenti superficiali)”.
In questo senso “il rischio legato all’esposizione professionale riguarda principalmente l’industria di seconda lavorazione, più che quella delle prime fasi della filiera”.
Il vademecum indica che “dal punto di vista degli effetti tossici di rilievo appaiono tutte le particelle che hanno una dimensione tale da potere arrivare quantomeno alle cavità nasali (frazione inalabile)”. Inoltre la movimentazione del pezzo “può comportare anche necessità di contatto cutaneo ripetuto: l’azione di compressione meccanica della cute, abbinata all’alterazione del normale stato del film idrolipidico protettivo (legato anche alle proprietà igroscopiche della polvere di legno) od anche a microabrasioni da sfregamento, possono costituire sinergie di rilievo per possibili effetti avversi sulla salute della pelle dell’operatore”.
Il meccanismo d’azione è su base irritativa oltre che allergica e nel documento è presente un elenco di essenze sensibilizzanti per contatto cutaneo.
Si ricorda poi che per le sostanze chimiche “il datore di lavoro deve valutare sia i rischi per la sicurezza sia i rischi per la salute dei lavoratori”. I contenuti minimi del Documento di Valutazione del rischio da agenti chimici sono ricavabili all’art. 223 del Decreto legislativo 81/2008.
Benché il Testo Unico (art. 232) stabilisca che la “responsabilità della valutazione di rischio irrilevante sia a carico del Datore di Lavoro, considerando la specificità del comparto, si ritiene che il giudizio di rischio irrilevante non possa essere assunto in presenza di una delle seguenti condizioni:
- presenza di sostanze/essenze sensibilizzanti;
- assenza di sufficiente aerazione naturale o forzata dell’ambiente in relazione alla concentrazione delle macchine operatrici ed alla cubatura degli ambienti;
- assenza di dispositivi di aspirazione localizzata nelle zone di sviluppo di inquinanti”.
Gestione del rischio da agenti cancerogeni
Al di là dell’accertata cancerogenicità di alcune essenze, “sicuramente da considerare nella valutazione delle materie prime utilizzate per una corretta analisi del rischio da agenti chimici”, l’esposizione a polvere di legno è “in generale sospettata di effetti cancerogeni”.
L’Unione Europea, in accordo con il parere espresso dall’International Agency for Research on Cancer (IARC), inserisce tra le “lavorazioni considerate esponenti ad azione cancerogena anche quella del legno, ed in particolare quella di legni duri” (nel documento è presentato un elenco non esaustivo di tali legni).
Nell’industria del legno non è sempre tecnicamente possibile la sostituzione nel ciclo produttivo delle materie prime, classificate come cancerogene o pericolose per l’uomo, con altre meno pericolose” o realizzare con buoni risultati un “ciclo chiuso”. In questi casi il datore di lavoro deve “provvedere affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile e comunque al di sotto dei Valori Limite di Esposizione (VLE)”.
In particolare per le polveri di legno duro il limite - indicato nell’Allegato XLIII del Testo Unico - è “attualmente di 5 mg/m3 riferito ad un periodo di 8 ore ed alla frazione inalabile; viene inoltre precisato che qualora le polveri di legno duro siano mescolate con altre polveri di legno il valore si deve intendere riferito a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione, indipendentemente dalla durezza”.
Per individuare misure appropriate ed efficaci, è necessaria la “valutazione del livello di esposizione dei lavoratori all’agente cancerogeno o pericoloso, tenendo conto anche del possibile assorbimento cutaneo”. Questo tuttavia non significa che “per avere una stima dell’esposizione si debba misurare in ogni caso: i prelievi sull’ambiente sono da effettuarsi, nel rispetto delle buone pratiche dell’igiene industriale, ogni volta che questo sia tecnicamente possibile ed utile al fine di valutare l’entità dell’esposizione”.
Misure tecniche di prevenzione del rischio chimico e cancerogeno
Per minimizzare la dispersione delle polveri che si possono originare dalle lavorazioni meccaniche è necessario “portare a termine una corretta progettazione dell’impianto di aspirazione, seguita da regolare e idonea manutenzione, ed una corretta pulizia degli ambienti”.
Rimandando i nostri lettori alla lettura completa del documento, ci soffermiamo sulle indicazioni operative specifiche per favorire l’efficienza degli impianti d’aspirazione, da cui “dipende essenzialmente il rispetto dei valori limite di esposizione”:
- “tutti i punti di lavoro devono essere aspirati;
- laddove ci siano fasi lavorative polverose e non aspirate (es. levigature a banco, ecc.), seppure saltuarie, devono essere isolate;
- è essenziale che i singoli punti di aspirazione siano sezionati con serrande di intercettazione affinché funzionino solo quando il corrispondente impianto di lavorazione è in funzione;
- periodicamente vanno effettuati interventi di manutenzione e di controllo dell’efficienza secondo le indicazioni del costruttore;
- esistono impianti già dotati di pressostato differenziale, con possibilità di controllo in continuo della situazione ed eventuale pulizia automatica dei filtri. In alternativa è possibile periodicamente (al massimo ogni sei mesi) misurare con anemometro la velocità dell’aria, preferibilmente nella sezione del condotto;
- è fondamentale che vengano formalizzate e idoneamente diffuse istruzioni relative alle procedure di pulizia e manutenzione delle macchine e/o degli impianti, compresi i documenti comprovanti l’avvenuta manutenzione. I documenti si intendono correttamente compilati quando fanno esplicito riferimento alle parti di macchina interessate dall’intervento e alla tipologia dello stesso”.
Infine, in riferimento ai mezzi per limitare il contatto dei lavoratori con la polvere, è “opportuno ricordare alcuni obblighi fondamentali cui è tenuto il datore di lavoro:
- “fornire al lavoratore idonei indumenti protettivi da riporre in modo separato dagli abiti civili;
- fornire dispositivi di protezione delle vie aeree per lo svolgimento di operazioni particolarmente polverose;
- predisporre il divieto di assumere cibi e bevande sul posto di lavoro”.
L’indice del vademecum della Regione Lombardia:
1.0 Premessa
2.0 Materiali e tecnologia
2.1 Materiali
2.2 Legno industriale
2.3 Principali tecnologie di lavorazione
2.4 Logistica d’impianto
3.0 Gestione dei rischi per la sicurezza
3.1 Ambiente di lavoro e movimentazione materiali
4.0 Gestione del rischio da agenti chimici pericolosi
4.1 Indirizzi per la redazione del documento di valutazione
4.2 Le misurazioni
5.0 Gestione del rischio da agenti cancerogeni
5.1 Indirizzi per la redazione del documento di valutazione
6.0 L’esperienza PPTP-legno
6.1 Utilizzo di modello previsionale per la stima dell’esposizione
7.0 Misure tecniche di prevenzione del rischio chimico e cancerogeno
8.0 Gestione di altri rischi
8.1 Movimentazione manuale dei carichi
8.2 Movimentazione dei carichi con macchine
8.3 Incendio ed esplosione
9.0 Sorveglianza sanitaria
Allegati
Allegato 1: Valutazione esposizione a polveri di legno
Allegato 2: Bibliografia
Regione Lombardia - Gruppo di lavoro regionale coordinato da Saretto Gianni, Bertani Gianfranco, Macchi Luigi - Unità Organizzativa Prevenzione, Tutela Sanitaria e Veterinaria, Direzione Generale Sanità - Marzo 2010 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute con le polveri di legno.
Tiziano Menduto
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