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Stress e lavoro: analisi del fenomeno e interventi di prevenzione

Disponibili gli atti del convegno “Stress ed attività lavorativa” che si è tenuto a Monza in aprile. La risposta individuale allo stress, l’importanza degli aspetti soggettivi, esempi pratici di prevenzione nei trasporti e nella sanità. Seconda parte.

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Il 4 aprile 2009 si è tenuto a Monza il convegno “Stress ed attività lavorativa”, un convegno nato con l’intento di mettere a fuoco le conoscenze scientifiche attuali, gli approfondimenti metodologici, le esperienze applicative ed alcuni esempi di soluzioni operative in merito allo stress lavorativo.
Di questo convegno sono stati recentemente pubblicati gli abstract relativi agli interventi e alcuni filmati visionabili previa registrazione, sul sito dell’Associazione per la Sicurezza dei Lavoratori dell’Edilizia (ASLE-RLST).
Dopo una puntata dedicata agli interventi relativi alla valutazione del rischio stress lavoro correlato, continuiamo a presentare i contributi del convegno che consideriamo utili per i nostri lettori.

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Focalizzando questa nuova presentazione di interventi sull’elemento “stress”, partiamo dal contributo “Modalitá di risposta individuale allo stress” a cura di Maria Grazia Cassitto (Stress e Disadattamento Lavorativo - Clinica del Lavoro “L. Devoto” - Fondazione Policlinico, Mangiagalli, Regina Elena – Milano).
Si parte dal testo dell´accordo europeo quadro firmato l´8 ottobre 2004 dalle quattro maggiori organizzazioni europee di lavoratori ed imprenditori.
Secondo questo testo lo stress è uno stato di malessere “che si manifesta con sintomi fisici, psichici o sociali legati all’incapacità delle persone di colmare uno scarto tra i loro bisogni e le loro aspettative e la loro attività lavorativa”, ma “non è una malattia”, anche se “una esposizione prolungata allo stress può diminuire l´efficienza lavorativa e causare problemi di salute”.
Secondo l’autrice per definire e analizzare meglio questo stato di malessere si possono adottare quattro livelli di osservazione del fenomeno:
- “i dati riportati in letteratura;
- la sintomatologia soggettiva;
- le disfunzionalità comportamentali osservabili;
- le alterazioni della performance occupazionali e/o sociali”.
 
Un’analisi dei fattori di stress in una tipologia particolare di attività si ha invece con l’intervento “Stress nel settore autotrasporti tra pregiudizio e realtà“ che raccoglie materiali di Alessandra Ferranti e Simonetta Spada (USSD Psicologia Clinica OORR Bergamo).
Se nell’Unione Europea ogni anno muoiono per incidenti stradali circa 800 autisti, “solo in Italia si stimano circa 200 infortuni mortali”.
Di fronte a questo scenario poco rassicurante e con fini di prevenzione del rischio sono nati in questi anni diversi progetti; in particolare uno “Studio del profilo di personalità su un campione di ottanta autisti del settore autotrasporti” le cui finalità specifiche sono:
- individuare e segnalare le situazioni di significativa vulnerabilità psicologica;
- mappare la situazione attuale discriminando tra i fattori percepiti come fonte di stress e i fattori protettivi;
- sensibilizzare le aziende ad interventi di prevenzione;
- segnalare agli autisti un interesse circa i loro vissuti e aspettative connesse al lavoro.
I risultati riportati dalla relatrice sono parziali perché il progetto è ancora in corso.
Comunque “ad oggi le situazioni di vulnerabilità psicologica evidenziate sono state sette” e diviene sempre più evidente “l’importanza di un’azione di Sorveglianza Sanitaria integrata, che si prenda cura del lavoratore in tutta la sua complessità” e dunque di “un’azione di prevenzione allo stress che coinvolga le aziende”.
 
Se poi l’intervento “Eziogenesi organizzativa dello stress” di R. Vaccani (SDA Bocconi) parte dalla constatazione generale di quanto il fenomeno dello stress abbia dei labili confini spaziotemporali legati, ad esempio, a precarietà, mobilità estrema, non prevedibilità dei fenomeni (contenendo inoltre una importante dimensione soggettiva), il contributo “Stress lavorativo nei lavoratori della Sanità: valutazione dei benefici a breve-medio termine di un corso di formazione effettuato su vasta scala in ambito ospedaliero” – di Veronica Viganò (Ambulatorio per la Valutazione e il Controllo dello Stress Lavorativo – A.O. San Gerardo, Monza -Università degli Studi di Milano-Bicocca) – torna a sottolineare le problematiche della prevenzione in un settore lavorativo specifico.
In particolare Viganò presenta la valutazione dell’efficacia di un intervento formativo, denominato “Evoluzione e Valorizzazione del potenziale personale e di team”, che ha coinvolto 300 dipendenti dell’Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza.
I risultati rilevano la presenza di un “effetto significativo dell’intervento sugli indicatori di benessere psicologico e di risorse psicologiche”.
Si registra inoltre un “decremento dei livelli di distress psicologico percepito e, viceversa, un incremento nei livelli di risorse psicologiche nel gruppo sperimentale”.
Dunque specifiche attività formative in ambito aziendale sono in grado di favorire la mobilitazione di risorse rilevanti “per la percezione globale di benessere e per far fronte efficacemente agli stressors ambientali”.
 
Infine in “Inquadramento dello stress lavorativo per la valutazione e la gestione del rischio” - intervento di G. Costa (Dipartimento di Medicina del Lavoro Università di Milano e Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano) - si ritorna a parlare in generale di stress lavorativo ricordando che questo “rappresenta il prodotto dell’interazione dinamica fra la persona e il contesto organizzativo e sociale in cui lavora, costituendo la risultante del rapporto (distorto) tra le sollecitazioni imposte dal compito/ruolo e le capacità dell’operatore (in termini di “risposta” psico-fisiologica, comportamentale, operativa) a farvi fronte”.
In riferimento a quanto disposto dal Decreto legislativo 81/2008, il medico competente è chiamato a dare il suo contributo alla valutazione e gestione di tale rischio insieme alle altre figure individuate dalla legge; ma se è “chiaro che una determinata attività lavorativa può comportare un rischio maggiore rispetto ad altre”, anche sulla base dei dati di letteratura, il rischio va “comunque verificato e valutato in relazione alle peculiari condizioni presenti sia in riferimento all’organizzazione del lavoro che alle caratteristiche delle persone coinvolte (ad es. età, sesso, salute)”.
Spesso infatti “risultano determinanti gli aspetti ‘soggettivi’ e ‘qualitativi’ rispetto a quelli ‘oggettivi’ e ‘quantitativi’; quindi i modelli tradizionali di valutazione del rischio, in termini di causa-effetto, non sono meccanicamente applicabili in tale contesto, in quanto l’effetto sulla salute può essere principalmente condizionato da fattori ‘intercorrenti’ relativi alle singole persone”.
In questo senso la valutazione del rischio a livello collettivo può sì avvalersi di metodi di analisi e di strumenti di indagine validati e standardizzati, ad esempio check-list predisposte in relazione alle specifiche situazioni di lavoro, ma è “necessario documentare eventuali indicatori di effetto sia di tipo soggettivo che oggettivo, che possono riguardare sia le condizioni psico-fisiche della persona che la prestazione lavorativa”.
Il medico competente potrà offrire, assieme ad altre figure professionali, la sua specifica competenza “per l’individuazione delle più appropriate azioni di carattere preventivo e/o correttivo da mettere in atto, e nella successiva verifica della loro efficacia, mediante il riscontro epidemiologico delle condizioni di benessere e salute dei lavoratori”.
Le misure di prevenzione dovranno orientarsi in diverse direzioni e, in particolare, “da un lato, su interventi relativi alla configurazione dei compiti e alle condizioni di lavoro delle persone” e, dall’altro, a fornire un adeguato supporto in termini di informazione/fomazione e di counselling nonché su appropriati interventi di tipo riabilitativo.
 
 
 
“Modalitá di risposta individuale allo stress”.
ABSTRACT (formato PDF, 46 kB).
 
“Stress nel settore autotrasporti tra pregiudizio e realtà“.
ABSTRACT (formato PDF, 52 kB).
 
“Eziogenesi organizzativa dello stress”.
 
“Stress lavorativo nei lavoratori della Sanità: valutazione dei benefici a breve-medio termine di un corso di formazione effettuato su vasta scala in ambito ospedaliero”.
ABSTRACT (formato PDF, 53 kB).
 
“Inquadramento dello stress lavorativo per la valutazione e la gestione del rischio”.
ABSTRACT (formato PDF,  kB).
 
  
Tiziano Menduto

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Rispondi Autore: Franco - likes: 0
07/05/2009 (08:55)
Buongiorno,
ho recentemente partecipato come dipendente 'analizzato', ad una rilevazione/valutazione del rischio stress lavoro-correlato.
La mia percezione, è che la premessa, o meglio l'ideologia prevalente su cui si fondano queste valutazioni sia che, comunque, è il singolo a costituire la variabile principale dell'eventuale problema.
Sarebbe come dire che la causa degli infortuni e dei morti sul lavoro, è da imputarsi ad una generica incompetenza del lavoratore.
Per tornare allo stress, problemi quali l'organizzazione caotica del lavoro, l'ambiguità più o meno interessata nell'affidamento di mansioni e responsabilità, l'incapacità di chiarire la causa degli errori, una gerarchia fondata esclusivamente sul desiderio di affermazione più che su una necessità di organizzazione, orari di lavoro eccessivi e dilatati su tutta la giornata dell'individuo e mi fermo qui, sono strutturali dell'ambiente di lavoro, o causati dal dipendente, magari al più basso livello?
Il rischio, alto, è quello che per l'interesse di qualcuno, il lavoratore sia individuato quale causa dei problemi e non soggetto destinatario di tutele preventive.
Rispondi Autore: Paolo MITRI - likes: 0
08/05/2009 (11:52)
Non capisco perchè tra le risposte non è stata inserito una riguardante la maggiore sensibilità, organizzazione ed applicazione della sicurezza in azienda dal datore di lavoro in giùSaluti
Paolo MITRI
RSPP Gruppo Bofrost*Italia Spa

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