Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Sulla mancata richiesta ai VVF del collaudo obbligatorio di un impianto
Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it).
Dalla lettura di questa sentenza della Corte di Cassazione Penale emerge un’interessante principio in base al quale, in materia di prevenzione incendi ed ai fini della determinazione delle aziende che devono essere sottoposte al collaudo da parte dei Vigili del Fuoco, esiste una continuità normativa fra le disposizioni di cui al D.P.R. 27/4/1955 n. 547, contenente le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, notoriamente abrogato dal D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e le disposizioni attuali in materia di prevenzione incendi di cui al D. Lgs. 8/3/2006 n. 139, contenente il “Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco”. Discende, quindi, di conseguenza che continua ad avere vigenza il D.P.R. 28/5/1959 n. 689 il quale, con riferimento alle disposizioni dettate dall’art. 36 dello stesso D.P.R. n. 547/1955, aveva individuato ed elencato in due apposite tabelle A e B quelle aziende e lavorazioni nelle quali si producono, si impegnano, si sviluppano e si detengono prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti (art. 36 lettera a) e quelle aziende e lavorazioni che per dimensione, ubicazioni ed altre ragioni presentano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità dei lavoratori (art. 36 lettera b) che sono soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando del Corpo dei Vigili del Fuoco.
L’attività oggetto della sentenza in esame e posta all’attenzione della Corte di Cassazione in questa sentenza era quella relativa alla installazione in un'area aziendale di un impianto di distribuzione carburanti per uso privato. Per tale attività non era stata richiesta ai Vigili de Fuoco la preventiva visita di collaudo per cui il responsabile legale della società, per conto della quale era stato installato l’impianto stesso, è stato condannato dal Tribunale alla pena di euro 1.000,00 d'ammenda. Il Tribunale, infatti, ha ritenuto che l'azienda rappresentata dall’imputato rientrasse tra le aziende tenute a sottoporre a visita di collaudo l'impianto de quo, ai sensi degli articoli 36 e 37 del D.P. R. n. 547 del 1955 e della tabella A allegata al D. P. R. 689 del 1959.
L’imputato ha ritenuto di far ricorso alla Corte di Cassazione sostenendo che le tabelle A e B del D. P. R. n. 689/1959 elencano delle tipologie di attività imprenditoriali tra le quali non era compresa quella edile svolta dalla sua società per cui l'apertura di un distributore di carburanti all'interno della sua azienda era un fatto non previsto come reato dalla legge per cui chiedeva l’annullamento della sentenza.
La Corte di Cassazione ha però rigettato il ricorso ritenendolo infondato. La stessa ha fatto osservare che in materia di prevenzione incendi le aziende e le lavorazioni indicate nelle tabelle A e B approvate con il D.P.R. n. 689/1959, contenente la determinazione delle aziende e delle lavorazioni soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando dei vigili del fuoco sono assoggettate al rilascio del certificato di prevenzione incendi ed in difetto del quale è configurabile il reato previsto dagli articoli 36 e 37 del D.P.R. n. 547/1955.
“Con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2008” prosegue la Suprema Corte “il sopraindicato decreto è stato abrogato ma la fattispecie criminosa è oggi prevista dal Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n. 139, articolo 16 richiamato dall'articolo 46 (Prevenzione incendi) del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 per ribadire la sua perdurante vigenza anche a seguito dell'abrogazione del decreto n. 547 del 1955”.
Secondo la stessa Corte di Cassazione “sussiste, quindi continuità normativa tra la fattispecie criminosa abrogata e quella inserita nel vigente decreto n. 139 stante che per entrambe opera la disposizione, in tema di lavorazioni pericolose, che ritiene sufficiente per l'assoggettamento al controllo dei vigili del fuoco che nell'azienda o lavorazione si detengano o si impieghino prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti”.
In applicazione del sopraindicato assetto normativo, quindi, la Sez. III ha pertanto ritenuta corretta la decisione del Tribunale e la configurabilità del reato, considerato che l'azienda, di cui l'imputato era legale rappresentante e nel cui ambito era stato istallato un impianto di distribuzione carburanti a uso privato costituito da una colonnina e da un serbatoio metallico della capacità di circa 5.650 litri e contenente circa 1.000 litri di gasolio per autotrazione, era tra quelle assoggettate, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo dei Vigili del Fuoco ai sensi del D. P. R. n. 689/1959 la quale comprende appunto al n. 11 della tabella A i "depositi, magazzini e rivendite di benzina, petrolio, oli minerali e altri prodotti idrocarburanti infiammabili o combustibili, per quantità superiori a 500 kg".
“E' quindi, irrilevante”, ha concluso la Sez. III, “ai fini della configurabilità del reato, la tipologia dell'attività (edile, nella specie) svolta dall'impresa il cui legale rappresentante è tenuto al rispetto della normativa sulla prevenzione incendi in relazione alla detenzione di prodotti infiammabili”.
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.
Pubblica un commento
Rispondi Autore: dr.Luigi Filippo von Mehlem - likes: 0 | 28/09/2009 (08:37) |
Giustissimo ed indiscutibile , tuttavia come si può pensare di applicare Leggi e normative di oltre 50 anni orsono , allorché gran parte degli impianti tecnologici attuali neppure esisteva e quindi neppure poteva essere catalogato. In particolare i sempre in crescendo sistemi di parcheggio automatico e meccanizzato che dal punto di vista semantico ma anche sostanziale non rispondono neppure , come pervicacemente ancora sostenuto , al D.M. 1.1.1986 in quanto non sono autosili che prevedono vetture che si recano al posto assegnato o a caso ivi condotte dal conducente , ma vere e proprie Macchine che rispndono alla specifica Direttiva. Qualcuno potrebbe intervenire in merito e sanare una situazione perdurante d'incertezza ) |