Sentenza n. 38914: il RLS e la condanna in Cassazione
Una delle sentenze della Cassazione sicuramente più citate e commentate in questi anni, per lo meno per quanto riguarda il tema della salute e sicurezza sul lavoro, è la sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, del 25 settembre 2023, n. 38914. Sentenza che ha stimolato anche diverse riflessioni sulla responsabilità dei vari attori aziendali riguardo le misure di sicurezza adottate o mancanti.
Per tornare a parlarne pubblichiamo oggi un contributo di un nostro lettore, Valerio Frioni, docente nella scuola superiore statale di secondo grado e da anni RSPP, consulente e formatore. Il contributo si intitola “Il RLS e la sentenza di condanna in Cassazione”.
Il RLS e la sentenza di condanna in Cassazione
Introduzione
La sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, del 25 settembre 2023, n. 38914 ha aperto dibattiti e polemiche sul senso della pronuncia di condanna ma anche sul ruolo stesso del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).
Nel caso in esame, il datore di lavoro è stato condannato per omicidio colposo per aver consentito che un lavoratore, assunto con mansione di impiegato, operasse da “magazziniere”, senza aver ricevuto formazione-addestramento all’uso del carrello elevatore, ma in modo nuovo, la sentenza ha ribadito la responsabilità penale del RLS per «cooperazione nel delitto colposo».
A tal proposito si vogliono svolgere alcune considerazioni, non certo innovative, per esplicitare dubbi e perplessità suscitate dalla sentenza citata.
Differenze tra RSPP ed RLS
Il RSPP presenta un profilo da tecnico ben formato, competente, esperto in materia di sicurezza e salute sul lavoro, tanto da avere un incarico fiduciario e retribuito da parte del datore di lavoro, mentre lo stesso non può dirsi per il RLS che affronta, senza dubbio, una formazione, ma non tale da renderlo un tecnico esperto e per il quale è immaginabile, una dimenticanza o una non conoscenza approfondita di cognizioni tecniche e/o giuridiche di settore.
Si individuano quindi due grandi differenze tra un RSPP ed un RLS:
- il primo ha una competenza professionale specifica, insomma, un “super” esperto del settore, conoscitore degli aspetti tecnici, giuridici e perché “no” gestionali nell’ambito sicurezza sul lavoro;
- lo stesso RSPP (ma non il RLS) viene retribuito specificatamente dal datore di lavoro proprio per operare nell’individuazione dei rischi lavorativi e delle misure di prevenzione e protezione da potenziali danni all’integrità psico-fisica dei lavoratori.
Il datore di lavoro si affida alla professionalità del RSPP per affrontare e governare le problematiche aziendali sul tema, nei limiti previsti dall’art. 33 del d.lgs. 81/08.
Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza non è una figura dedicata alla gestione della sicurezza, trattandosi di un lavoratore con funzioni di rappresentanza; si aggiunga che la sua elezione non è vincolata al possesso di titoli di studio “certificati” o di un profilo culturale rispondente a requisiti specifici.
L’assenza di sanzioni previste in modo diretto dal d.lgs. 81/08 per il RSPP non impedisce possibili giudizi di colpevolezza su di esso (nei casi individuati dalla Corte di Cassazione).
Questa argomentazione non sembra riproducibile per il RLS in forza degli elementi prima proposti, ovvero la mancanza di una professionalità specifica e di compiti da ottemperare nonché l’assenza di retribuzione.
Il ruolo consultivo
Si segnala un episodio di condanna del datore di lavoro per omicidio colposo (Cassazione 16 ottobre 2020, n. 28726) nel quale il RLS non viene coinvolto, indicando la sentenza, la specificazione che i rappresentanti sindacali avevano segnalato “la criticità delle movimentazioni delle travi di lunghezza superiore a 10 metri”.
Lo stesso caso della pronuncia n. 28726 dimostra, al contrario, che pur in presenza di segnalazioni dei rappresentanti sindacali, il datore di lavoro ha continuato a gestire un’attività critica in modo inopportuno.
Pertanto, tornando alla sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, del 25 settembre 2023, n. 38914, non si comprende il nesso causale tra il comportamento del RLS e la morte dell’operaio, non potendosi dimostrare che le eventuali proposte del rappresentante dei lavoratori al datore di lavoro sarebbero state adottate e che avrebbero potuto essere utili ad evitare l’incidente.
L’attribuzione art. 50 comma 1 lettera (o) del d.lgs 81/08
Dalle discussioni effettuate a valle della sentenza oggetto di discussione, non è mai emersa la chiamata in causa della seguente attribuzione del RLS (art. 50, comma 1, lettera (o)):
- “può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro”.
In senso generale si potrebbe far ricadere il caso dell’infortunio mortale (affrontato nella sentenza 38914) in una sorta di inidoneità delle misure preventive (vedi la mancanza di formazione ed addestramento), pertanto i Giudici che, nei vari gradi di giudizio, hanno lavorato sul caso, avrebbero potuto rilevare la mancanza di un “esposto o segnalazione” alle autorità competenti, da parte del RLS, per sollecitare un intervento esterno in mancanza di una corretta gestione da parte del datore di lavoro.
Questo argomento non è stato posto dai Giudici (da quanto si è potuto leggere), si potrebbe chiedere legittimamente il perché?
Secondo quanto disposto dalla sentenza il RLS può essere condannato per non aver effettuato delle segnalazioni scritte al datore di lavoro con bassa probabilità di efficacia delle stesse, mentre non si chiede che venga fatto ricorso alle autorità competenti (così come previsto) per risolvere in modo sicuramente più efficace la criticità rilevata.
Si segnala un approccio quantomeno contraddittorio, da questo punto di vista.
Perché nella sentenza della Corte di Cassazione 16 ottobre 2020, n. 28726 non si è preteso dai rappresentanti sindacali, non una semplice segnalazione (del tutto inascoltata visti gli eventi) ma un più efficace ricorso ad un’autorità competente?
Se l’indirizzo della Corte di Cassazione fosse in futuro quello di coinvolgere gli RLS in giudizi di colpevolezza per «cooperazione nel delitto colposo», in casi simili a quello della sentenza n. 38914 (e ragionevolmente se ne possono rintracciare molti di casi), sembra poco completo l’approccio se non si include anche l’attribuzione indicata nell’art. 50 comma 1 lettera (o) tra le eventuali mancanze “imputabili” al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Incidente mortale di Luana D’Orazio
È rimasto nella memoria collettiva il dramma legato alla morte di Luana D'Orazio, operaia di 22 anni, deceduta mentre lavorava all'orditoio di un’azienda tessile a Montemurlo (Prato), il 3 maggio del 2021.
Dai dati desunti dai mezzi di informazione, è noto che l’organizzazione operava in un sito industriale di duemila metri quadrati con sette orditoi e trenta dipendenti.
Le limitate dimensioni aziendali e le dinamiche relazionali tra dipendenti fanno ritenere che la circostanza di un orditoio operante nel reparto di produzione, con dispositivi di protezione dal contatto con organi in movimento, by-passati o comunque non operativi, fosse a conoscenza delle maestranze e quindi anche del loro rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
È stata indagata questa circostanza?
Potenziale responsabilità del lavoratore
Utilizzando in modo semplice e consequenziale, il ragionamento espresso dalla sentenza n. 38914 della Corte di Cassazione, si potrebbe in futuro argomentare che uno stesso lavoratore dipendente, non eletto RLS, potrebbe essere chiamato in causa per «cooperazione nel delitto colposo».
Facendo riferimento all’art. 20 (Obblighi dei lavoratori) del d.lgs. 81/08, in particolare al comma 1, comma 2 lettera a) (“I lavoratori devono in particolare: contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”) e lettera e) (“segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi……..nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza….”), si possono reperire elementi per coinvolgere un “semplice” lavoratore in un procedimento penale, in caso di accadimenti letali come quello occorso nel caso discusso dalla sentenza in questione.
Si potrebbe chiedere, in modo provocatorio, se i colleghi del lavoratore deceduto abbiano ottemperato agli obblighi previsti dall’articolo 20, e se questo sia stato documentato con segnalazioni scritte e circostanziate.
Quali conseguenze per il futuro
Se, si spera di essere smentiti, si procedesse nella direzione indicata dalla sentenza n. 38914 della Cassazione, il rischio potrebbe essere quello di pervenire ad un “non senso” sociale ed umano, per il quale una norma volta alla tutela dell’integrità psico-fisica dei lavoratori, quali soggetti deboli nel rapporto con la controparte imprenditoriale, vengano chiamati in causa in prima persona o tramite i loro rappresentanti (che altro non sono che lavoratori), in giudizi di colpevolezza “in cooperazione” con il datore di lavoro, per errori, mancanze o carenze gestionali, imputabili a quest’ultimo.
Bibliografia
- Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni.
- Frascheri C. (2023), “RLS e sentenza di Cassazione n. 38914: nota di analisi”, pubblicato sul sito internet PuntoSicuro, 19/10/2023.
- Galli G (2020)0, “Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”, EPC Editore, 2020.
- Gallo M. (2018), “Presentazione Rapporto AIFOS 2018 – Obiettivo sicurezza: la collaborazione tra RSPP, RLS e medico competente”, intervento convegno CNEL, 2018.
- Guariniello R. (2023), “RLS tra TUSL e codice penale dopo la condanna in Cassazione”, pubblicato su rivista Igiene & Sicurezza del Lavoro 12/2023.
- Pascucci P. (2023), “Per un dibattito sulla responsabilità penale del RLS”, pubblicato sulla rivista Diritto della sicurezza sul lavoro, 2/2023.
Valerio Frioni
Scarica la sentenza citata nell’articolo:
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Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0 | 15/01/2025 (06:33:43) |
Penso sia opportuno dare un'occhiata sia alla sentenza di I grado del Tribunale di Trani che a quella della Corte di Appello di Bari. Aiutano molto a capire perché si è arrivati a questa pronuncia e perché il difensore abbia incentrato il ricorso solo su una delle due funzioni rivestite dal soggetto citato. |
Autore: Giancarlo Giannone | 15/01/2025 (09:27:46) |
Purtroppo la Cassazione non ha menzionato il fatto, non trascurabile, che il soggetto oltre che RLS era anche componente del CdA. Dopo questa sentenza, che è bene ricordare che è la prima che si esprime in questo modo, dopo migliaia di altre sentenze contrarie, molti RLS, giustamente secondo me, hanno rinunciato alla nomina, venendo a mancare una figura importantissima nell'economia della sicurezza sui luoghi di lavoro |
Autore: carmelo catanoso | 15/01/2025 (19:46:55) |
A pag. 20 della sentenza di Appello la Corte Territoriale scrive: ... cooperazione colposa nella condotta omissiva posta in essere dal legale rappresentante dell'azienda, rivestendo lo S. non solo il ruolo di RLS ma anche di membro del Consiglio di Amministrazione. A mio parere, quello che ha pesato nelle decisioni dei Giudici di prime cure e di Appello, è stato il fatto che il S. fosse membro del CdA. Ovviamente, essendo indifendibile la posizione in Cassazione come membro del CdA, il difensore ha incentrato il ricorso solo sul ruolo di RLS cercando di dimostrare un "errores in iudicando". Certo è che le motivazioni della Suprema Corte potevano essere meglio spiegate. |
Autore: Andrea Rotella | 15/01/2025 (07:49:34) |
Sia a Trani che a Bari le cose sono andate come dici tu e la cooperazione colposa è stata attribuita in ragione della commistione nella stessa persona del ruolo di RLS e di membro del CdA. Ma non così nella sentenza di terzo grado. In quella circostanza la Cassazione ribadisce in più riprese che la persona è condannata per aver cooperato al verificarsi dell'evento nella sua qualità di RLS (l'appartenenza al CdA non viene nemmeno menzionata). Questa sentenza, ritengo, arrivi a conclusioni giuste con motivazioni errate. Il problema è che, non solo crea un precedente, ma contribuisce a generare entropia in un settore già di per sé soggetto a interpretazioni isteriche. |
Rispondi Autore: Carlo Timillero - likes: 0 | 15/01/2025 (12:19:08) |
Su quella sentenza si è già detto tutto al tempo. Non mi pare che l'articolo porti qualcosa di nuovo. Io continuo a pensare che la Cassazione, con un'interpretazione estrema e che non condivido, abbia voluto penalizzare esattamente la figura del RLS. Ma è il compito della Cassazione porsi come momento di interpretazione ....... Una rondine non fa primavera. In ogni caso effetti positivi ce ne sono stati: si è aperta un a discussione sul ruolo le competenze e, soprattutto, il modo di esercitarli da parte dei RLS. E credo ce ne fosse bisogno.... |
Rispondi Autore: Lu a - likes: 0 | 18/01/2025 (08:02:27) |
Come già da me affermato piu volte anche su questa testata, la condanba del RLS è stata praticamente confermata dalla Cassazione nella sua qualita di, appunto, RLS e non di membro del CDA (quindi concordo col Sig. Rotella). Il discorso della cooperazione colposa, dal punto di vista logico- giuridico mi sembra anche stare in piedi in quanto se il RLS avesse segnalato il problema vi sarebbe stata almeno una possibilità che qualcuno dei responsabili intervenisse (almeno in teoria). La responsabilità del RLS, non essendo un professionista della sicurezza, dovrebbe essere collegata alle competenze, il RLS che nulla dice sull'uso di un macchinario senza carter e organi in movimento e quindi con evidentissimo pericolo, credo sia poco difendibile..... Altri discorso quando un pericolo può essere rilevato solo avendo compenze specifiche (che dovrebbero essere tipiche del RSPP). Dal punto di vista sostanziale penso si sia voluto dare un segnale per limitare quella enormità (termine importante ma che nella realtà potrebbe risultare addirittura diminutivo) a tutti quei RLS di comodo che nulla fanno a favore della tutela dei propri rappresentati. |
Autore: Marco A. | 20/01/2025 (08:06:27) |
Non sembra essere così, in una sentenza conta ciò che è scritto ed anche ciò che non lo è e non citando nella stessa il ruolo di componente del CdA la Corte sembra aver espresso un concetto giusto in modo errato. E, purtroppo, pur comprendendo e condividendone il senso, non sembra "stare in piedi" proprio per quanto scrive: "dare una possibilità" non concretizza un nesso causale. Paradossalmente, parrebbe più ragionevole (giuridicamente) un'imputabilità per l'art. 20 - dove vi è un obbligo - che non per le omesse facoltà di cui all'art. 50. |
Rispondi Autore: Luca - likes: 0 | 18/01/2025 (08:08:34) |
Riscrivo l'ultima frase, purtroppo il piccolo schermo del cellulare mi ha fatto commettere non pochi errori. "Dal punto di vista sostanziale penso si sia voluto dare un segnale per limitare quella enormità (termine importante ma che nella realtà potrebbe risultare addirittura diminutivo) di imprese in cui i RLS risultano essere di comodo e che nulla fanno a favore della tutela dei propri rappresentati. |
Rispondi Autore: Marco Masoni - likes: 0 | 21/01/2025 (10:54:17) |
Non concordo con la tesi dell'autore, per le seguenti motivazioni: 1 - dal 1956 la normativa individua i soggetti con responsabilità sulla sicurezza che sono : datore di lavoro, dirigente, preposto, lavoratore. 2 - nessuno di questi sogggetti può esimersi dal rispetto degli obblighi a lui attribuiti. 3 - la sicurezza è il risultato del lavoro di tutte le parti interessate, la mancanza di questo fondamentale principio è una delle cause della situazione attuale. Pertanto è corretto che la responsabilità di un evento debba essere estesa a tutti coloro che con il loro comportamento abbiamo concorso all'evento stesso (compresi i lavoratori), ciascuno per la propria specifica area di responsabilità. |