Come individuare il dirigente in materia di sicurezza: i criteri
Il D.Lgs.81/08 prevede che il documento di valutazione dei rischi debba contenere (anche) “l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri” (art.28 c.2 lett.d) D.Lgs.81/08).
In caso di implementazione da parte dell’azienda del sistema previsto dal D.Lgs.231/01, poi, “il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio […]” (art.30 c.3 D.Lgs.81/08).
Nelle motivazioni della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione sul caso Thyssenkrupp ( Cassazione. Penale, Sezioni Unite, 18 settembre 2014 n.38343), la Corte ha collegato - con un ragionamento richiamato costantemente anche dalle successive e più recenti pronunce - la posizione del “garante” in materia di salute e sicurezza dei lavoratori (es. datore di lavoro, dirigente, preposto, delegato…) con la gestione del rischio, o meglio con le singole “sfere” o “aree” di gestione dello stesso.
In tal senso, secondo la Corte, le “distinte sfere di responsabilità gestionale” vanno separate le une dalle altre in quanto “conformano e limitano l’imputazione penale dell’evento al soggetto che viene ritenuto “gestore” del rischio. Allora, si può dire in breve, garante è il soggetto che gestisce il rischio.”
E’ dunque importante ricostruire tali posizioni di garanzia, laddove “ruoli, competenze e poteri segnano le diverse sfere di responsabilità gestionale ed al contempo definiscono la concreta conformazione, la latitudine delle posizioni di garanzia, la sfera di rischio che deve essere governata.”
E per identificare tali ruoli, competenze e poteri occorre partire proprio dalla norma richiamata all’inizio di questo contributo e dunque da quella che la Cassazione chiama la “mappa dei poteri”, ovvero il documento di valutazione dei rischi.
Infatti - sottolineano le Sezioni Unite della Suprema Corte - “un’importante indicazione normativa per individuare in concreto i diversi ruoli deriva dall’art.28, relativo alla valutazione dei rischi ed al documento sulla sicurezza, che costituisce una sorta di statuto della sicurezza aziendale”, il quale “deve contenere la valutazione dei rischi, l’individuazione di misure di prevenzione e protezione, l’individuazione delle procedure, nonché dei ruoli che vi devono provvedere, affidati a soggetti muniti di adeguate competenze e poteri.
Si tratta quindi di una sorta di mappa dei poteri e delle responsabilità cui ognuno dovrebbe poter accedere per acquisire le informazioni pertinenti.”
Con riferimento al datore di lavoro, al dirigente e al preposto - chiarisce ancora la Corte - “la sfera di responsabilità organizzativa e giuridica così delineata è per così dire originaria.” In particolare, “essa è generata dall’investitura formale o dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garanti” (vedasi l’art.299 D.Lgs.81/08).
Tale punto di partenza impone anzitutto di sgombrare il campo da equivoci.
Ad esempio, come precisa ancora la sentenza su richiamata, “è diffusa l’opinione (e la si rinviene spesso negli atti giudiziari) che i poteri e le responsabilità del dirigente e del preposto nascano necessariamente da una delega. Al contrario, le figure dei garanti hanno una originaria sfera di responsabilità che non ha bisogno di deleghe per essere operante, ma deriva direttamente dall’investitura o dal fatto.
La delega è invece qualcosa di diverso: essa, nei limiti in cui è consentita dalla legge, opera la traslazione dal delegante al delegato di poteri e responsabilità che sono proprie del delegante medesimo. Questi, per così dire, si libera di poteri e responsabilità che vengono assunti a titolo derivativo dal delegato.”
Fatta tale premessa, approfondiamo a questo punto più specificamente i criteri di individuazione della figura del dirigente alla luce della normativa e di ulteriori sentenze della Cassazione (di cui si riportano le massime).
Anzitutto dobbiamo partire dall’art.2 del D.Lgs.81/08, che definisce tale soggetto quale “persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa” (art.2 c.1 lett.d) D.Lgs.81/08).
Tale definizione va letta unitamente al criterio contenuto nell’art.299 (di cui si è già detto richiamando le parole della Cassazione in merito), secondo cui “le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e) gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.”
Ciò che caratterizza la figura del dirigente, pertanto, accanto ai poteri individuati nella relativa definizione, sono le seguenti attività: attuazione delle direttive del datore di lavoro, organizzazione dell’attività lavorativa e vigilanza sulla medesima.
In attuazione di tale quadro normativo, la giurisprudenza della Suprema Corte (che qui si riassume in sintesi senza pretese di esaustività) ha affermato che:
1) “ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità […] del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 1° agosto 2016 n.33630);
2) “il dirigente costituisce il livello di responsabilità intermedio: è colui che attua le direttive del datore di lavoro, organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa, in virtù di competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli.
Il dirigente, dunque, ai sensi della normativa richiamata, nell’ambito del suo elevato ruolo nell’organizzazione delle attività, è tenuto a cooperare con il datore di lavoro nell’assicurare l’osservanza della disciplina legale nel suo complesso; e, quindi, nell’attuazione degli adempimenti che l’ordinamento demanda al datore di lavoro. Tale ruolo, naturalmente, è conformato ai poteri gestionali di cui dispone concretamente.
Ciò che rileva, quindi, non è solo e non tanto la qualifica astratta, ma anche e soprattutto la funzione assegnata e svolta” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 15 maggio 2019 n.20817);
3) “la veste di dirigente non comporta necessariamente poteri di spesa; e fonda autonomamente la veste di garante per la sicurezza nell’ambito della sfera di responsabilità gestionale attribuita allo stesso dirigente” ( Cassazione Penale, Sez. IV, 12 novembre 2008 n.42136);
4) “come il datore di lavoro, anche il dirigente ed il preposto sono indubbiamente destinatari diretti (iure proprio) delle norme antinfortunistiche, prescindendo da una eventuale “delega di funzioni” conferita dal datore di lavoro.
Certamente quella del dirigente è un livello di responsabilità intermedio: tale soggetto non porta le responsabilità inerenti alle scelte gestionali generali, ma ha poteri posti ad un livello inferiore, solitamente rapportati anche all’effettivo potere di spesa (cfr. in tal senso, Sez.4, 8 aprile 2008, De Santis ed altri, che, intervenuta sulla figura dei “dirigenti”, ha definito tali quei dipendenti che hanno il compito di impartire ordini ed esercitare la necessaria vigilanza, in conformità alle scelte di politica d’impresa adottate dagli organi di vertice che formano la volontà dell’ente; essi rappresentano, dunque, l’alter ego del datore di lavoro, nell’ambito delle competenze loro attribuite e nei limiti dei poteri decisionali e di spesa loro conferiti)” ( Cassazione Penale, Sez. IV, 11 marzo 2013 n.11492);
5) “Non può parlarsi di delega di funzioni prevenzionistiche quando si tratti, come nel caso che occupa, della nomina di un responsabile di servizio [qui servizio ingegneristico, n.d.r.]; ovvero di un atto che concretizza l’articolazione organizzativa aziendale. Non vale a mutare tale natura il fatto che si faccia riferimento al compimento delle attività correlate al ruolo (studio ed organizzazione dei metodi di produzione; progettazione esecutiva e installazione, realizzazione e messa in marcia delle attrezzature e dei macchinari di serie per nuovi prodotti/processi e modifiche) “nel rispetto di tutte le norme infortunistiche”.
Si tratta di una locuzione che non ha altro significato che il richiamo del nominato al rispetto delle norme antinfortunistiche (e quindi un momento degli obblighi già posti dalla legge); laddove la delega di funzioni prevenzionistiche richiede l’individuazione dei compiti di natura specificamente prevenzionistica che vengono trasferiti in forza della stessa. Per quanto tale requisito non sia esplicitamente preso in considerazione neppure dall’art.16 d.lgs. n.81/2008, la dottrina non dubita della necessità di siffatta specificazione. Ed invero, si tratta di un requisito ontologico della delega, giacché in sua assenza non sarebbe possibile neppure operare quel giudizio di idoneità e di adeguatezza delle risorse decisionali e finanziarie messe a disposizione del ‘delegato’, che è stato individuato esso pure quale requisito essenziale di una valida delega sin da quando la giurisprudenza ha preso a predicarne la rilevanza ai fini del giudizio di responsabilità penale” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 11 marzo 2013 n.11442);
6) “al dirigente aziendale spetta iure proprio l’obbligo penale di apprestare le idonee misure di sicurezza, a prescindere dalla delega di funzioni (la cui finalità è essenzialmente quella di escludere, per le funzioni delegate, la responsabilità penale del datore di lavoro); come si desume dallo stesso tenore dell’art.1 comma 4 bis del d.lgs.626 del 1994, introdotto dalla l. n.242 del 1996, e dalla giurisprudenza di legittimità formatasi su detto articolo (Sez.4, sent.n.19712 del 03/02/2009, Guanella ed altri, Rv.243637), secondo una impostazione espressamente recepita anche dalla novella del 2008 (che all’art.18 fa specifico riferimento agli obblighi del datore di lavoro e del dirigente, evidenziando per l’appunto la fonte iure proprio dell’obbligo del dirigente)” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 11 aprile 2017 n.18153);
7) “in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del dirigente il sinistro (come quello di cui trattasi) collegato al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa (cfr. sez. 4, n. 24136 del 06/05/2016, Rv. 266853). E la figura del dirigente si identifica nel soggetto che “in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’Incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa” (art. 2, lett. d, D.lgs. 81/2008). Al dirigente è, pertanto, rimesso l’onere di organizzare in modo adeguato e sicuro le strutture e i mezzi messi a disposizione dal datore di lavoro, a prescindere da eventuali poteri di spesa (cfr. sez.4, n.49821 del 23/11/2012)” (Cassazione Penale, Sez.IV, 2 dicembre 2016 n.51537);
8) per un esempio, infine, di qualificazione di un soggetto quale dirigente di fatto, vedasiCassazione Penale, Sez.IV, 15 maggio 2019 n.20837, in cui l’imputato “è stato considerato a ragione dirigente di fatto, in quanto presente costantemente in cantiere e deputato a stabilire gli orari di lavoro degli autisti: egli attuava le direttive del fratello [datore di lavoro, n.d.r.] in sua assenza ed affidava al X.S. [vittima dell’infortunio causato da un colpo di sonno, n.d.r.] gli orari più massacranti, nonostante quest’ultimo avesse fatto presente di sentirsi stanco, con ciò violando la precisa prescrizione normativa oggetto di incolpazione (art.18 del d.Lgs.n.81/2008) secondo cui i datori di lavoro ed i dirigenti, nell’affidare i compiti ai lavoratori, debbono tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute ed alla sicurezza” (per un approfondimento sul caso, si rinvia alla pronuncia integrale).
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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Rispondi Autore: Avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 25/07/2023 (10:34:14) |
Un inquadramento eccellente della figura del dirigente per la sicurezza, il garante organizzativo della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. |
Rispondi Autore: Renato Fantini - likes: 0 | 26/07/2023 (14:30:14) |
Articolo molto interessante. A mio avviso sarebbe importante, vista la responsabilità del dirigente di fatto, a prescindere dalla delega, capire nel caso segnali la necessità di interventi sugli impianti al di fuori dei suoi poteri di spesa e questi non vengano autorizzati, in caso di infortunio su chi andrebbe a ricadere la responsabilità? Se dovesse comunque ricadere sul dirigente di fatto come potrebbe questi cautelarsi, sia per se stesso, sia per una responsabilità "morale" nei confronti dei suoi sottoposti? |