Cosa è un “luogo di lavoro” ai fini dell’applicazione del D.Lgs. 81/2008
Il cliente di una farmacia, nell’uscire dal locale dell’esercizio, è scivolato sulla soglia di marmo e cadendo ha subito delle lesioni. È questa la dinamica dell’infortunio per il quale è stato contestato al titolare della farmacia di non avere adottato tutte le misure necessarie per evitare che la soglia fosse sdrucciolevole e, in particolare, per non avere apposto sulla stessa le opportune e doverose strisce antiscivolo, né adeguatamente segnalata la sua presenza, contravvenendo all'obbligo di adottare tutte le cautele per rendere sicuro il luogo di lavoro. Il Tribunale ha comunque escluso che l’evento fosse da addebitare al titolare avendo lo stesso adottata un'idonea forma di cautela per garantire la sicurezza anche alle persone che vi accedevano, predisponendo degli zerbini in corrispondenza dell’ingresso.
La Corte di Cassazione, nel raccogliere il ricorso presentato dalla parte civile, ha trovato l’occasione di ribadire ancora una volta quanto già sostenuto in precedenti sue sentenze e cioè che nella nozione di " luogo di lavoro", rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa. Di conseguenza, essendo il locale della farmacia da considerarsi come luogo di lavoro per la semplice considerazione che al momento del fatto stavano svolgendo la loro attività lavorativa il titolare e il figlio, anche lui farmacista, la Corte suprema ha ritenuto che fossero applicabili le norme antinfortunistiche, che sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, di talché, ove in tali luoghi si verifichino, a danno di un terzo, i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista, tra siffatta violazione e l'evento dannoso, un legame causale e la norma violata miri a prevenire l’evento verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico.
Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni.
Il Tribunale ha assolto il titolare di una farmacia, dal reato di cui all'art. 590, cod. pen. ipotizzato ai danni di un cliente, il quale aveva riportato delle lesioni uscendo dalla farmacia per essere scivolato sulla soglia di marmo. Allo stesso era stato imputato di non avere adottato tutte le misure necessarie per evitare che la soglia fosse sdrucciolevole e, in particolare, per non avere apposto sulla stessa le opportune e doverose strisce antiscivolo, né adeguatamente segnalato la sua presenza, contravvenendo all'obbligo di adottare tutte le cautele per rendere sicuro il luogo di lavoro.
Il giudice del merito, in particolare, riassunta la base fattuale emersa dall'istruzione, aveva ritenuto accertata la caduta, ma non la dinamica di essa, non avendo i farmacisti presenti osservato la scena perché entrambi di spalle, e aveva escluso comunque che l'evento fosse addebitabile al titolare della farmacia: costui, infatti, aveva adottato un'idonea forma di cautela per garantire la sicurezza dei luoghi anche alle persone che vi accedevano, avendo predisposto due zerbini prima e dopo l'ingresso, allo scopo di asciugare le scarpe. Il Tribunale aveva, inoltre, osservato che le posizionate fotocellule consentivano l'apertura della porta solo quando una persona vi si trovava davanti, cosicché l'apertura non era neppure immediata, difettando, sul piano controfattuale, la prova che l'apposizione delle strisce anti scivolo (presidio la cui mancanza era addebitata all’imputato) avrebbe scongiurato l'evento. Sotto altro profilo, poi, aveva ravvisato una condotta imprudente della persona offesa, la quale, nonostante la pioggia, aveva per sua stessa ammissione accelerato il passo all'uscita.
La difesa della parte civile ha proposto ricorso, affidato ad alcune motivazioni. La stessa si è innanzitutto lamentata per il fatto che il Tribunale, applicandosi le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro anche a tutela dei terzi che vi accedano, aveva confermata l'assenza del presidio e, al contempo, ritenuto che lo stesso fosse inutile, per la presenza dei due zerbini, anche se un teste, socio nell'impresa familiare della farmacia, aveva affermato che i tappeti avevano la funzione di evitare che i clienti sporcassero il pavimento entrando nei locali dell'esercizio. Il Tribunale, secondo la difesa altresì, aveva errato a ravvisare una condotta imprudente della persona offesa, la quale, nonostante la pioggia, aveva accelerato il passo o fatto uno scatto verso l’uscita non avendo alcun elemento confermato tale condotta e avendo invece impresso solo una piccola accelerazione al proprio passo, senza alcun risultato poiché la porta scorrevole si apriva solo dopo che la persona vi si trovava vicino.
La difesa, infine, come altra motivazione, ha dedotto violazione di legge quanto alla valutazione del comportamento della persona offesa che, anche ove imprudente, non ha comportato un esonero di responsabilità in capo al titolare della posizione di garanzia.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione ha ritenuto che il ricorso della parte civile meritasse di essere accolto. La stessa, quanto al contenuto delle censure, ha premesso che, nella specie, si è proceduto per lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme antinfortunistiche, stante il chiaro riferimento alle stesse contenuto nell'imputazione, essendo emerso che, nella farmacia teatro dell'incidente, erano certamente presenti, per svolgere la propria attività lavorativa, sia l’imputato che il figlio, anch'egli farmacista, come emerso dall'istruttoria e riconosciuto dallo stesso Tribunale.
La suprema Corte ha quindi chiarito che, nella nozione di "luogo di lavoro", rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa, così come già sostenuto dalla stessa Corte di legittimità in precedenti sue sentenze, fra le quali ha citato la sentenza n. 45316 del 7 novembre 2019 della Sezione penale feriale, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo " La nozione di luogo di lavoro ai fini dell’applicazione del Decreto 81", e rientri altresì ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività.
Pertanto, ha sostenuto la Sezione IV, la farmacia presso la quale è avvenuto l'evento deve considerarsi luogo di lavoro per la semplice considerazione che vi si svolgeva attività lavorativa, al momento del fatto essendosi certamente trovati al suo interno il titolare e il figlio, dipendente della stessa, come precisato dallo stesso Tribunale nella sentenza impugnata. Con la conseguenza che, rispetto ad essa, trovano applicazione le norme antinfortunistiche, che, ha ricordato, sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa, di talché, ove in tali luoghi si verifichino, a danno del terzo, i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista, tra siffatta violazione e l'evento dannoso, un legame causale e la norma violata miri a prevenire verificatosi, e sempre che la presenza del soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico.
Nel caso in esame, ha così aggiunto la Sezione IV, la regola cautelare violata va individuata nelle norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e, segnatamente, nell'allegato IV al Testo Unico n. 81/2008, la parte ricorrente ha censurato la valutazione condotta dal giudice, il quale ha ritenuto provato che il cliente, nell'occorso, era scivolato sulla soglia di marmo della farmacia, ma senza che l'accaduto fosse rimproverabile al titolare della farmacia. Orbene, il par. 1.3.2. dell'allegato IV al Testo Unico n. 81/2008 espressamente stabilisce che i pavimenti dei locali di lavoro devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli nonché esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi. Nella specie, era incontestato e pure ritenuto in sentenza che la soglia di marmo apposta all'ingresso della farmacia era priva di strisce antiscivolo. A fronte della affermata assenza dello specifico presidio di sicurezza, il Tribunale ha escluso la penale responsabilità del titolare della farmacia, per violazione della specifica norma cautelare indicata, ritenendo, da un lato, che la regola cautelare fosse stata comunque osservata mediante la semplice predisposizione di due zerbini, prima e oltre la soglia, quindi attraverso un comportamento equipollente rispetto a quello espressamente indicato dalla norma; dall'altro, che la persona offesa aveva tenuto un comportamento imprudente, escluso altresì la prova che la presenza del presidio mancante fosse idonea a scongiurare l'evento.
Questo incedere argomentativo è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione errato in diritto.
Il Tribunale ha operato, secondo la Sezione IV, una riscrittura della regola cautelare, della cui violazione si discute che ha, invero, ha un contenuto assai chiaro e preciso e va individuata proprio nella necessaria installazione, sui luoghi di lavoro, di pavimenti che abbiano intrinseche caratteristiche che ne scongiurino la scivolosità. Sicché, non può ritenersi equipollente la presenza di due zerbini che, per loro attitudine e per quanto emerso dalla stessa istruttoria, avevano la diversa funzione di consentire l'asciugatura delle scarpe bagnate, ma non quella di trasformare le caratteristiche di quel tipo di pavimento, ovviando alla scivolosità di una soglia di marmo.
Con riferimento poi al comportamento imprudente del cliente nell'occorso per avere accelerato bruscamente il passo all'atto di uscire dalla farmacia, proprio a causa della pioggia, il Tribunale, secondo la Corte di Cassazione, non ha chiarito intanto a che titolo è stato considerato il comportamento della persona offesa, tenendo presente che, in base al dettato normativo, il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il nesso eziologico tra azione/omissione ed evento (art. 41 comma 1 cod. pen.), potendo al più la disattenzione o l'imprudenza della vittima rilevare ai fini di un eventuale concorso di colpa, con riflessi sull'eventuale liquidazione del danno, ma non anche sulla condotta attribuita al gestore dello specifico rischio.
Né il Tribunale, secondo la suprema Corte, ha affermato che il comportamento della persona offesa, nell'occorso, era stato abnorme o tale da aver introdotto un rischio del tutto eccentrico rispetto a quello collegato alle norme cautelari violate così da interrompere il collegamento eziologico tra condotta ed evento, del comportamento abnorme o eccentrico del lavoratore (ma i principi possono valere anche per i terzi che, come sopra chiarito, ricevono analoga tutela in campo antinfortunistico, nei limiti sopra precisati). Nella specie la condotta del cliente, per avere idoneità interruttiva del nesso di causa tra la violazione della specifica regola cautelare e la sua caduta, avrebbe dovuto tradursi in un comportamento del tutto eccentrico rispetto all'utilizzo della soglia di marmo, ma ciò non può ricavarsi dalla semplice accelerazione del passo in un giorno di pioggia, o da una generica imprudenza o sbadataggine dell'avventore di turno, eventi del tutto prevedibili e per nulla eccentrici rispetto al rischio che il soggetto titolare dell'esercizio luogo di lavoro è chiamato a gestire.
Per quanto sopra detto la Corte di Cassazione ha annullata la sentenza ai soli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Gerardo Porreca
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Rispondi Autore: Fabio - likes: 0 | 11/12/2024 (16:59:03) |
a me questa interpretazione sembra eccessiva. Allora per estensione la spiaggia e lo specchio di mare antistante la stessa di uno stabilimento balneare diventa luogo di lavoro solo perche vi lavorano bagnini ed assistenti bagnanti e quindi asfaltiamo tutte le battigie delle spiagge. Anche l'aspetto della prevalenza è a mio modo di vedere interpretato al contrario. Mentre è comprensibile che un terzo soggetto autorizzato e deputato ad entrare in una fabbrica goda delle tutele degli stessi lavoratori, con questo concetto diventa luogo di lavoro un intero centro commerciale e quindi soggetto a tutti i dettami del dlgs 81 solo perché vi operano in numero strettamente minore gli addetti alle pulizie. in ultima analisi un infortunio sul lavoro è classificabile tale se esistono 3 condizioni: la lesione, la causa violenta e l'occasione di lavoro, ed in questo caso l'occasione di lavoro è totalmente assente. |
Autore: paolo | 14/12/2024 (10:04:08) |
Oramai sappiamo come funzione in Italia e cosa pensano gli esimi magistrati Italiani, il DDL ha sempre e comunque torto, addirittura deve prevedere l'evento imponderabile e la disobbedienza del lavoratore... ergo tutte le procedure Aziendali frutto di tanto lavoro e analisi lavorative se ne vanno a ramengo; sia nella Azienda dove lavoro e sentendo tanti miei colleghi si evince che la stragrande maggioranza degli infortuni nelle fabbriche è dovuta alla negligenza dei Lavoratori ... e già... però il DDL deve vigilare e quindi è cmq colpevole .. una autentica FOLLIA !! ci vuole un coraggio da leone e un pizzico di follia per aprire una attività in Italia, fino a quando il legislatore non renderà ad ogniuno la responsabilità delle proprie azioni e non metterà mano all'attuale striminzito art. 20 gli infortuni sul lavoro non caleranno MAI !!. Mio parere personale! |