Il preposto e il dirigente non sono figure create da una delega
Torno ancora una volta su quest’argomento, che ho già trattato anche incidentalmente in numerosi miei approfondimenti su temi specifici, perché nella mia attività di formazione e più in generale di divulgazione mi trovo spesso a constatare che si tratta di una questione sulla quale vi sono ancora molti fraintendimenti.
Riscontro infatti che ancora troppo spesso - anche se meno di frequente rispetto a tanti anni fa - si confondono i ruoli di preposto e di dirigente (ai sensi delle rispettive definizioni contenute nell’art.2 D.Lgs.81/08) con la figura del delegato (ai sensi dell’art.16 del medesimo decreto).
Questo fraintendimento di base, nei casi in cui sussiste ovviamente, conduce inevitabilmente a conseguenze applicative da un lato dannose sotto il profilo organizzativo e dall’altro potenzialmente rilevanti sotto il profilo penale nonché civile.
Facciamo qualche esempio in tal senso.
La sovrapposizione in ambo i sensi tra la figura del dirigente e quella del delegato può portare - quale effetto patologico e in violazione delle norme di legge - ad includere nella platea dei destinatari di un corso per dirigenti organizzato da un’azienda X solo coloro che hanno ricevuto una vera e propria delega di funzioni dal datore di lavoro, escludendo tutta una serie di altri soggetti rientranti a pieno titolo nella definizione di “dirigenti” ai sensi dell’art.2 D.Lgs.81/08.
In questo esempio, accadrà che tale erroneo inquadramento di partenza condurrà ad una applicazione minimalista e riduttiva dell’obbligo formativo rivolto ai dirigenti sotto il profilo della quantità di soggetti che devono (e hanno il diritto di) essere formati come tali. E, quindi, ad omissioni penalmente rilevanti che vanno invece scongiurate.
Sotto questo profilo, non mancano in giurisprudenza i richiami da parte della Cassazione all’obbligo penalmente sanzionato del datore di lavoro di formare “tutti i dipendenti”, ivi compresi i dirigenti e i preposti.
In tal senso, infatti, la Corte ha ricordato anche qualche anno fa che “il datore di lavoro deve adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento, ai sensi del combinato disposto degli artt.18, 36 e 37 D.L.vo 81/2008, nei confronti di tutti i dipendenti, ivi compresi quelli aventi un ruolo dirigenziale o comunque sovraordinato, in modo che costoro siano perfettamente informati dei rischi per la salute e la sicurezza connessi all’attività dell’impresa, alle macchine, alle sostanze e agli impianti in uso.
E l’art.37 citato, in tema di formazione dei lavoratori, stabilisce proprio, tra l’altro, al 7 comma che il datore di lavoro deve assicurare anche ai dirigenti e preposti “un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono: a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; b) definizione e individuazione dei fattori di rischio; c) valutazione dei rischi; d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione.” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 23 maggio 2017 n.25550).
E ancora, tornando agli esempi dei fraintendimenti di cui sopra, si sprecano i casi in cui si sente parlare - erroneamente - del preposto come di un soggetto avente una “delega” per la vigilanza (volendosi per lo più intendere “incarico”, come si deduce dai contesti in cui tale termine viene utilizzato), confondendo così, impropriamente, l’obbligo a titolo originario del preposto di sovrintendere e vigilare con un obbligo frutto di un trasferimento di funzioni ad hoc.
Sulla base della mia personale esperienza, questo fraintendimento di fondo è legato a diversi fattori. Ne elenco alcuni in via non esaustiva, dal momento che molti altri (di natura anche culturale) potrebbero essere aggiunti alla lista.
Sommariamente:
1) la difficoltà di cogliere la differenza “sostanziale” e tutt’altro che solo formalistica tra obblighi gravanti su una persona a titolo originario e a titolo derivativo (v. oltre);
2) la difficoltà di applicare correttamente i criteri di individuazione della figura del dirigente (vedasi su questo: “Come individuare il dirigente in materia di sicurezza: i criteri”, pubblicato su Puntosicuro del 25 luglio 2023 n.5439) e di quella del preposto (vedasi su questo: “La qualificazione del preposto: criteri di individuazione ed esempi”, pubblicato su Puntosicuro del 13 novembre 2019 n.4580);
3) una certa ritrosia di fatto, riscontrabile talvolta e per motivi diversi, nel riconoscere a tutti i soggetti che ricoprono le posizioni di garanzia rispettivamente di dirigente e di preposto i propri ruoli, con l’effetto però di incorrere così nell’omissione di obblighi (ad es. quello penalmente sanzionato di individuare i preposti ai sensi dell’art.18 c.1 lett.b-bis) D.Lgs.81/08 etc.) e nell’eventuale mancato adempimento di obbligazioni civilistiche (si pensi ad esempio alla norma, contenuta nella disposizione appena citata, secondo cui “i contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo”);
4) Un uso talvolta atecnico del termine “delega”, riscontrabile purtroppo non solo nel linguaggio colloquiale.
Un esempio per tutti.
In Cassazione Penale, Sez.IV, 11 marzo 2013 n.11442, viene fotografata una situazione in cui “la Corte di Appello, dal canto suo, nel ricordare il verbale del 18.5.1999 con il quale il C. era stato nominato responsabile del servizio di ingegneria industriale e progettazione, parla sì di ‘delega attribuita al C.’, ma lo fa in senso ‘atecnico’, come dimostra il fatto che la Corte distrettuale ha subito dopo affermato che quella non valeva ad escludere che il D. rimanesse esonerato dall’obbligo di garanzia nella qualità di direttore dello stabilimento “che gli imponeva la predisposizione di misure antinfortunistiche in relazione a tutti i macchinari presenti in azienda (non esclusi i prototipi, come, invece, pare ritenere il Difensore)”. Detto altrimenti, si è giustapposta la ‘delega’ al mantenimento in capo al D., datore di lavoro, degli obblighi prevenzionistici concernenti i macchinari.”
A questo punto, senza soffermarci oltre sull’aspetto patologico della questione, cerchiamo di fare chiarezza sul modo corretto di procedere.
Anzitutto occorre partire da questa domanda (che rappresenta a mio parere il nodo della questione): cosa si intende quando si dice, in linguaggio giuridico, che il preposto e il dirigente sono “ruoli diretti” o - concetto analogo a quello - soggetti su cui gravano “obblighi diretti”?
Essenzialmente ciò vuol dire che si tratta di figure a cui la legge stessa attribuisce in maniera diretta (e quindi senza la necessità di una delega da parte del datore di lavoro) una posizione di garanzia, con i correlati obblighi giuridici e le eventuali responsabilità, in quanto soggetti rientranti nelle definizioni rispettivamente di preposto e di dirigente contenute nell’art.2 del D.Lgs.81/08.
E qui sta la fondamentale differenza con la figura del soggetto delegato.
Se il preposto e il dirigente, destinatari di obblighi direttamente provenienti dalla legge, sono da considerarsi obbligati a titolo originario in virtù della “investitura formale” (tipicamente, ad esempio, l’incarico aziendale che comporta incombenze organizzative in capo al dirigente e di coordinamento e supervisione in capo al preposto) o in virtù dell’esercizio in concreto di poteri direttivi (concetti entrambi previsti dall’art.299 D.Lgs.81/08), il soggetto delegato riceve invece, accettando espressamente la delega stessa, uno o più obblighi che si trasferiscono a lui a titolo derivativo (o derivato) e che erano detenuti a titolo originario dal datore di lavoro.
E ciò conduce alla seguente sintesi: “come il datore di lavoro, anche il dirigente ed il preposto sono indubbiamente destinatari diretti (iure proprio) delle norme antinfortunistiche, prescindendo da una eventuale “delega di funzioni” conferita dal datore di lavoro.” ( Cassazione Penale, Sez. IV, 11 marzo 2013 n.11492.)
I passaggi logici di questo ragionamento sono ripercorsi dalle motivazioni della nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione sul caso Thyssenkrupp ( Cassazione Penale, Sezioni Unite, 18 settembre 2014 n.38343).
In tale pronuncia la Corte, nell’identificare tali posizioni di garanzia, chiarisce che “di grande interesse è l’art.299: l’acquisizione della veste di garante può aver luogo per effetto di una formale investitura, ma anche a seguito dell’esercizio in concreto di poteri giuridici riferiti alle diverse figure.” Dunque, “la sfera di responsabilità organizzativa e giuridica così delineata è per così dire originaria. Essa è generata dall’investitura formale o dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garanti.”
Ma quando si parla di “investitura formale” non bisogna confondersi.
La Suprema Corte infatti, con questa sentenza ai cui principi si è conformata anche la giurisprudenza successiva, precisa che “è diffusa l’opinione (e la si rinviene spesso negli atti giudiziari) che i poteri e le responsabilità del dirigente e del preposto nascano necessariamente da una delega. Al contrario, le figure dei garanti hanno una originaria sfera di responsabilità che non ha bisogno di deleghe per essere operante, ma deriva direttamente dall’investitura o dal fatto.”
In tal senso, “la delega è invece qualcosa di diverso: essa, nei limiti in cui è consentita dalla legge, opera la traslazione dal delegante al delegato di poteri e responsabilità che sono proprie del delegante medesimo. Questi, per così dire, si libera di poteri e responsabilità che vengono assunti a titolo derivativo dal delegato.”
In conclusione, il ruolo di preposto, così come quello di dirigente, deriva direttamente dalla legge mentre il ruolo di delegato si produce a seguito del trasferimento di funzioni da parte del datore di lavoro mediante un atto apposito che è appunto la delega di funzioni ai sensi dell’art.16 D.Lgs.81/08.
Avere consapevolezza della distinzione tra soggetti aventi obblighi diretti (“iure proprio”) e soggetto/i delegato/i dal datore di lavoro permette di impostare un corretto sistema organizzativo aziendale, tenendo conto del principio secondo cui “ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo (così questa Sez.4, n.22606 del 4/4/2017, Minguzzi, Rv.269972)” e ricordando “come debbano ascriversi alle scelte gestionali di fondo la individuazione dei collaboratori quali il preposto alla sicurezza e il controllo sul suo operato.” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 8 giugno 2021 n.22262).
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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Rispondi Autore: Dani Mass - likes: 0 | 18/10/2023 (08:09:31) |
Articolo davvero interessante, complimenti |
Rispondi Autore: Alberto Valloggia - likes: 0 | 18/10/2023 (08:21:51) |
Concetto tanto semplice, ma che, purtroppo, ancora a distanza di anni, si fa davvero fatica a far comprendere. Se ci pensiamo, anche il legislatore, per quanto concerne ad es. il Preposto, inserendo all'art. 18, c.1, lett. b-bis) la possibilità di corrispondere un emolumento per lo svolgimento delle proprie attività, crea probabilmente un ulteriore elemento di confondimento, quasi come se i compiti del preposto non fossero ope legis, ma a discrezione di specifico incarico, quando anche i muri hanno capito che tale funzione è propria per il semplice fatto di avere un ruolo di preminenza rispetto ai colleghi, determinato da quello che il preposto effettivamente svolge nel quotidiano. La "famigerata" individuazione (obbligo del DL) è ancora malamente intesa come incarico e non come riconoscimento di uno status. |
Rispondi Autore: Massimo Zucchiatti - likes: 0 | 19/10/2023 (09:00:26) |
Concordo ogni parola e virgola di Valloggia. |
Rispondi Autore: Franco Rossi - likes: 0 | 21/10/2023 (09:46:40) |
Mi sembra che l'ignoranza continui, malgrado le tue costanti spiegazioni! Basta leggere questa recente sentenza (che mi sembra veramente interessante): Cassazione Penale, Sez. 4, 02 ottobre 2023, n. 39697 "Lavoratore investito dal vapore ad alta pressione fuoriuscito dalla valvola non messa in sicurezza". Ciao e buon weekend. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 04/11/2023 (10:59:06) |
Un conto è il punto di vista di chi dopo un reato, infortunio sul lavoro, è obbligato dal codice penale a cercare e punire il colpevole, e queste sono esclusivamente le autorità competenti. Cosa completamente diversa è l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro, che come afferma la Cassazione da tanti anni, o lo adempie in prima persona o lo fa NOMINANDO un preposto. Nomina obbligatoria dal 21 dicembre 2023. Il preposto di fatto NON è di competenza del datore di lavoro, ma degli Upg, della procura, del giudice. Per il dirigente il discorso è analogo, ma non esiste l'obbligo di nomina. Perciò può essere nominato, e se si vuole conferirgli anche un potere di spesa delegato. |