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Il RSPP: un consulente del DDL con l’obbligo di assolvere ai propri doveri

Il RSPP: un consulente del DDL con l’obbligo di assolvere ai propri doveri
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

02/12/2024

Il RSPP, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si dovessero verificare per effetto della violazione dei suoi doveri di sicurezza.

 

Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. Una affermazione questa che la Corte suprema ha avuto già modo di fare in precedenti espressioni e fin dal recepimento delle direttive europee in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

 

In questa circostanza l’accusa al responsabile del servizio di prevenzione e protezione ( RSPP) era stata mossa, in particolare, per avere omesso di segnalare nel documento di valutazione dei rischi (DVR) dallo stesso redatto l'esistenza in un parco di un pozzo non idoneamente coperto nel quale un minore era caduto, perdendo la vita, durante una gara di orienteering in svolgimento nel parco stesso. Avendo l’imputato basata la sua difesa sul fatto che l'evento lesivo in argomento aveva riguardato un terzo estraneo non identificabile come fisiologico destinatario della tutela prevenzionistica e che non si era concretizzato nell’accaduto un rischio lavorativo nonché sulla osservazione in base alla quale la posizione del RSPP è finalizzata al coordinamento del servizio di prevenzione e protezione e non è quindi gravata dall'obbligo di individuare e segnalare le lacune attinenti all'adempimento dei doveri posti in capo al datore di lavoro, la suprema Corte, richiamando anche sue precedenti espressioni, ha ricordato che la figura del RSPP è si un consulente del datore di lavoro ma ha l’obbligo giuridico di collaborare con lo stesso nell’individuare i rischi e valutare le misure da adottare per eliminarli o ridurli al minimo possibile e che le norme antinfortunistiche sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa, di talché, ove in tali luoghi si verifichino, a danno del terzo, i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista, tra siffatta violazione e l'evento dannoso, un legame causale e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi.

 

Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni.

La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, emessa con rito abbreviato, ha ridotto per quanto qui rileva la pena irrogata a un responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), confermando nel resto la declaratoria di responsabilità del medesimo per il reato di omicidio colposo in danno di un minore, aggravato dalla violazione della normativa prevenzionistica. Veniva accertato in particolare, che lo stesso, responsabile del servizio di prevenzione e protezione per un parco, aveva omesso di segnalare nel DVR da lui redatto l'esistenza di un pozzo nel parco e lo stato di vetustà e inidoneità della sua copertura, pozzo nel quale il minore. era caduto, perdendo la vita, durante una gara di orienteering.

 

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Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando una violazione di legge, per avere la Corte distrettuale ritenuto che l'inosservanza del punto 1.5.14.1 dell'allegato IV del D. Lgs. n. 81/2008 fosse stata di per sé sufficiente ad integrare l'aggravante antinfortunistica anche nel caso di specie, in cui l'evento lesivo aveva riguardato un terzo estraneo non identificabile come fisiologico destinatario della tutela prevenzionistica, non essendosi concretizzato un rischio lavorativo. La difesa aveva lamentata altresì una violazione di legge, per avere la sentenza affermato che la corretta segnalazione del rischio di caduta nel pozzo da parte dell'imputato, titolare della posizione di garanzia, avrebbe potuto impedire l'evento lesivo, nonostante la posizione del RSPP fosse finalizzata al coordinamento del servizio di prevenzione e protezione e non sia gravata dall'obbligo di individuare e segnalare le lacune attinenti all'adempimento dei doveri posti in capo al datore di lavoro.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.

Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato.

Con riferimento al primo motivo, con il quale era stato contestata la sussistenza dell'aggravante prevenzionistica, la Corte suprema ha precisato che la lamentela non era stata confrontata con le articolate argomentazioni della sentenza impugnata, le quali avevano considerato plurimi elementi per affermare la configurabilità dell'aggravante in questione, avuto riguardo: all'analoga situazione di rischio in cui il minore si era trovato rispetto alla norma prevenzionistica (esposizione del terzo al medesimo rischio lavorativo); alla concretizzazione del medesimo rischio lavorativo nei confronti del terzo; a quanto previsto nel Documento di Valutazione dei Rischi ( DVR), nel quale era stato fatto cenno al fatto che i rischi ivi contemplati potessero riguardare anche i visitatori del parco, proprio come avvenuto nel caso di specie.

 

La censura è stata del resto considerata priva di pregio anche in punto di diritto, laddove non aveva considerato che, ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante del "fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro", è necessario che venga violata una regola cautelare volta a eliminare o ridurre lo specifico rischio, derivante dallo svolgimento di attività lavorativa, di morte o lesioni in danno dei lavoratori o di terzi esposti alla medesima situazione di rischio e pertanto assimilabili ai lavoratori, e che l'evento sia concretizzazione di tale rischio "lavorativo", non essendo all'uopo sufficiente che lo stesso si verifichi in occasione dello svolgimento di un'attività lavorativa. È indubbio, insomma, a parere della suprema Corte, che le norme antinfortunistiche siano dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa, per cui, ove in tali luoghi si dovessero verificare, a danno di un terzo, i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista, tra siffatta violazione e l'evento dannoso, un legame causale e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico.

 

Nel caso in esame, ha così proseguito la Sez. IV, era stato insindacabilmente appurato che l'imputato aveva del tutto omesso di segnalare, nel DVR da lui redatto, il pericolo di caduta costituito dalla presenza del pozzo in pessimo stato di manutenzione, pozzo collocato in una zona del parco oggetto di attività lavorativa e liberamente accessibile e fruibile dalla collettività, in quanto stabilmente destinata ad area ricreativa di gioco da parte dei coordinatori del centro estivo parrocchiale. È stato inoltre accertato che nessun segnale o cartello era stato apposto in prossimità del pozzo al fine di segnalare il divieto di avvicinamento e accesso al pozzo e il pericolo di caduta, con la conseguenza che l'infortunio si era verificato in ragione di tale grave e colposa omissione.

 

Anche la seconda motivazione è stata ritenuta manifestamente infondata, atteso che corrisponde ad un costante insegnamento della Corte regolatrice l'affermazione secondo cui il responsabile del servizio di prevenzione e protezione può essere ritenuto responsabile, anche in concorso con il datore di lavoro, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione abbia fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione. Del resto, ha precisato ancora la suprema Corte, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri citando come precedente preso a riferimento quanto sostenuto dalla stessa Corte suprema nella sentenza n. 11708 del 18 marzo 2019 della stessa Sezione IV, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ Sulla responsabilità del RSPP per infortunio da errato DVR".

 

Al rigetto del ricorso è quindi conseguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili nel giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 10.000 euro, oltre accessori come per legge.

 

Gerardo Porreca

 

 

 

Corte di Cassazione Sezione IV penale - Sentenza n. 42483 del 20 novembre 2024 (u. p. 23 ottobre 2024) -  Pres. Piccialli  – Est. Ranaldi – Ric. omissis.  - Il RSPP, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si dovessero verificare per effetto della violazione dei suoi doveri di sicurezza.

 






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Rispondi Autore: Dr. Ing. Antonella Lucia Faiella , qualificata Sicurezza sul Lavoro della Confindustria e del CEPAS - likes: 0
02/12/2024 (07:05:18)
Ritengo specificare che oltre ad errata consulenza dell' RSPP per quanto in rispetto al suo incarico, per lo stesso incarico dovrebbe incorrere nel reato per colpa professionale se nelle errate valutazioni fatte sulla sicurezza c'è l' aggravante dell' errore professionale rispondente al suo titolo di studio e professionale.
Rispondi Autore: Ronni - likes: 0
02/12/2024 (08:05:06)
Magari ci aggiungerei anche la pena di morte così chiudiamo il cerchio !!!!! Ma per favore. Tutti "leoni da tastiera".
Rispondi Autore: raffaele scalese - likes: 0
02/12/2024 (08:05:09)
Buon giorno,
PREMESSO che non mi piace commentare le sentenze di Cassazione sia perchè non ne ho la capacità giuridica e sia perchè. per definizione sono "definitive".
PREMESSO che, come RSPP di lunga data, sono conscio che una sottovalutazione, una svista, una disattenzione, una non conoscenza di una situazione che magari si è verificata DOPO i sopralluoghi canonici e periodici PUO' capitare a TUTTI e perciò nessuno deve atteggiarsi a "maestro" vorrei fare una riflessione nella speranza di suscitare un dibattito.

Ma i ricorsi in Cassazione, quando palesemente inutili dal punto di vista giuridico, ove NON concordati al fine di arrivare alla prescrizione, (di esempi anche di altissimo livello per il passato ne abbiamo visti tantissimi ed anche riusciti...) è giusto che li paghi il SOLO il soccombente che magari si è fidato del consiglio dell'avvocato ??

Rispondi Autore: Fausto Pane - likes: 0
02/12/2024 (18:38:46)
Buonasera,
Quel pozzo l'avranno visto in dieci, almeno, in quelle condizioni.
Preposti, lavoratori, cittadini, amministratori.
In tanti avranno pensato: e se ci cadesse dentro qualcuno?
Condannato l'RSPP . La cassazione, ogni tanto, scrive pezzi di leggi che non passano in Parlamento. La qual cosa mi sembra un po' incostituzionale. Ma tan'té: il legislatore non può mica prevedere tutto!
Trovato chi paga, fatta giustizia. La vicenda del Liceo Darwin ci insegna che l'RSPP deve anche avere la vista a raggi X. Questa vicenda ci insegna che all'RSPP non DEVE SFUGGIRE NULLA, nulla. Ma il Datore di Lavoro, i dirigenti, i preposti, i lavoratori, che ruolo hanno avuto nella vicenda? Zero?... Mah?
Fausto Pane
Rispondi Autore: davide - likes: 0
03/12/2024 (10:52:33)
Con questo criterio il DVR diventa un mattone (ancor di più) illeggibile. la colpa è di chi non ha segnalato col cartello.
Rispondi Autore: Massimo Tedone - likes: 0
03/12/2024 (23:48:15)
Premesso che l'errore ci può stare sempre e comunque e dato per certo che, benché l'umano sia la macchina perfetta, non siamo ancora dotati di intelligenza artificiale capace di correggerci immediatamente; mi viene da pensare che, a parte l'RSPP nessun altro ha letto alcun documento: cioè, come al solito, giusto o sbagliato che possa essere, un DVR o altri documenti restano la classica "lettera morta" tenuta in un classificatore o in un cassetto perché può venire utile....mah!
Rispondi Autore: Mario T. - likes: 0
04/12/2024 (09:10:28)
Scusate ma a me sembra assurdo. La legge parla chiaro e dice che l'individuazione e la redazione del DVR sta in capo al datore di lavoro che si avvale della consulenza dell'RSPP, tra l'altro scelto da lui medesimo. Quindi la responsabilità è del datore di lavoro che magari conosceva anch'esso l'esistenza del pozzo.
Altra perplessità sulla presenza di terze persone che ricadono sotto la responsabilità dell'RSPP che diventa addirittura il responsabile di tutto ciò che si muove e non solo dei lavoratori.
Finisco nel dire che la legge dice che l'RSPP è responsabile e quindi punibile soltanto se omette gravi mancanze o sbaglia valutazione inducendo il Datore di Lavoro all'errore mentre per tutto il resto non ha responsabilità e ribadisco che il DVR lo redige il solo Datore di Lavoro.
In questa sentenza si riscrive il D.lgs 81/08
Rispondi Autore: MarioT - likes: 0
07/12/2024 (10:01:24)
Allora credo debbano modificare la.legge e fare chiarezza.
Per adesso l'Rspp fa solo consulenza e tutta la responsabilità ricade sul DL che valuta, redige, firma il DVR e soprattutto sceglie il proprio RSPP e quindi se sbaglia scelta la colpa è solo sua come nelle aziende quando sxelgono i manager.
Rispondi Autore: Alessandro - likes: 0
07/12/2024 (21:29:47)
Il mestiere dell’RSPP sta diventando sempre più complesso.
Certo che il DdL sarà stato parimenti condannato, vero che quel pozzo, non si tratta di un rischio specifico e complicato, sarà stato visto da molti… e l’omessa segnalazione di Preposto e lavoratori?

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