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La carente analisi e vigilanza sui rischi di cantiere da parte del CSE

La carente analisi e vigilanza sui rischi di cantiere da parte del CSE
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

07/06/2021

Il coordinatore per la sicurezza ricopre una posizione di garanzia che si affianca a quella di altri soggetti destinatari delle norme antinfortunistiche e può rispondere con essi per infortunio nel caso di carente analisi dei rischi presenti in cantiere.

Certo il coordinatore per la sicurezza è una di quelle figure, assieme al datore di lavoro e al responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che ricorre più frequentemente alla Corte di Cassazione per fare annullare una condanna subita nei due primi gradi di giudizio in quanto ritenuto responsabile dell’infortunio di uno o più lavoratori accaduto nel cantiere presso il quale svolge la propria attività e sottoposto quindi alla sua “alta vigilanza”. Ed è proprio una carenza di vigilanza quella che ha portato la suprema Corte a rigettare in questa circostanza il ricorso presentato da un coordinatore che a supporto del suo ricorso aveva addotto delle motivazioni tra l’altro poco convincenti.

 

L’infortunio di cui alla sentenza in esame era accaduto in un cantiere durante alcuni lavori in quota effettuati a mezzo di una piattaforma di lavoro elevabile (PLE) posizionata in vicinanza di una linea elettrica aerea a media tensione nel corso dei quali un lavoratore era rimasto mortalmente folgorato a seguito del contatto dell’attrezzatura con la linea stessa. Per la individuazione delle responsabilità per quanto accaduto nel cantiere la Cassazione ha richiamata l’applicazione di un criterio già precedentemente evidenziato (per ultimo nella sentenza n. 14179 del 15 aprile 2021 della stessa Sez. IV commentata nell’articolo “ L’area di rischio di competenza del CSE e delle imprese”) secondo cui per determinare una posizione di garanzia occorre prima inquadrare la natura del rischio e verificare in concreto se fosse riconducibile all'interferenza fra l'opera di più imprese oppure se essa fosse inerente invece all'esclusiva attività della singola impresa. Secondo quanto previsto nel punto 2.2. dell’allegato XV del D. Lgs. n. 81/2008 nel PSC vanno individuati, analizzati e valutati i rischi e vanno individuate le misure per eliminarli o ridurli al minimo in relazione all’area del cantiere, alla organizzazione del cantiere, alle lavorazioni in esso eseguite e alle interferenze e fra i rischi legati alle caratteristiche dell’area di cantiere al punto 2.2.1. è stato esplicitamente indicato il rischio dovuto alla presenza nell’area stessa di linee aeree e e condutture sotterranee.

 

Correttamente quindi, secondo la suprema Corte, i giudici di merito avevano tratto, attraverso pronunce conformi ben argomentate, le necessarie conseguenze in punto di responsabilità del coordinatore per la sicurezza, coinvolto nel processo causale da cui ha tratto origine l'infortunio, in relazione alle gravi omissioni dell'attività di controllo e coordinamento che doveva essere effettuata sia prima dell'inizio dei lavori che nei momenti topici delle lavorazioni, avendo l'imputato omesso la specifica indicazione e valutazione dell'area di rischio connessa alla presenza della linea ad alta tensione, alla concreta distanza dalla posizione operativa, all'utilizzo in prossimità della linea elettrica dell'elevatore e alla presenza di lavoratori in nero, privi di una specifica formazione e informazione.

 

Il ricorrente, nel redigere il piano, in definitiva secondo la Suprema Corte, non aveva tenuto conto delle specifiche lavorazioni nel cantiere, ed in specie non ha congruamente evidenziato la presenza dell’elettrodotto passante sopra la proprietà, se non genericamente, mentre avrebbe dovuto specificatamente evidenziare, proprio con riferimento a tale rischio, quali fossero state le concrete modalità operative da adottare per evitare problemi di sicurezza. Il Tribunale prima e poi la Corte territoriale inoltre avevano nell’occasione messo in evidenza che il CSE avrebbe dovuto vigilare sulla presenza in cantiere di soggetti non qualificati, avendo avuto contezza dell'intenzione di far lavorare personale non formato. Ove tali cautele fossero state adottate (vigilanza attiva e piano per la sicurezza specifico), ha così concluso la Cassazione, il rischio di infortuni sarebbe stato prevedibilmente limitato.

 

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Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso per cassazione

La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha rideterminata la pena a un anno di reclusione, confermando nel resto l'affermazione di responsabilità penale di un coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione, imputato del reato contestato di cui agli artt. 589 comma 2, 113, 40 comma 2 cod. pen. per avere per colpa, in cooperazione con il legale rappresentate di una società, del titolare e gestore di fatto di un’impresa esecutrice e direttore tecnico di cantiere e del legale rappresentante della stessa impresa (per i quali si è proceduto separatamente) in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, causato la morte di un operaio, a seguito del contatto con una linea elettrica area a media tensione con parti attive non protette o comunque non sufficientemente protette e non a distanza di sicurezza, mentre si trovava nel cestello di una piattaforma area elevabile per effettuare alcuni lavori non elettrici in quota.

 

In particolare il coordinatore era stato condannato per aver consentito che l'operaio, che lavorava in nero, privo di adeguata e specifica formazione e sprovvisto delle necessarie attrezzature di sicurezza, svolgesse attività lavorativa all'interno di un cantiere in allestimento presso una azienda con il compito anche di collocare parapetti metallici lungo il perimetro della copertura del capannone aziendale nonostante in prossimità vi fosse una linea elettrica attiva e comunque non sufficientemente protetta e ad una distanza inferiore ai limiti di legge e senza che fossero state adottate misure organizzative di protezione individuali. I Giudici di merito avevano evidenziato  profili di colpa generica e specifica a carico del coordinatore in fase di progettazione ed esecuzione dell'opera e degli altri imputati sulla base degli accertamenti svolti dal Nucleo tutela dei Carabinieri e della competente Agenzia Tutela Salute (ATS).

 

Era risultato, inoltre, che la piattaforma di lavoro elevabile utilizzata per la realizzazione dei parapetti metallici e dei lavori di lattoneria sui bordi della copertura del capannone era stata posizionata in uno spazio di cinque metri, tra la linea elettrica e il bordo della copertura, e che ciò, stante l'ingombro del macchinario, aveva costretto i lavoratori a operare ad una distanza dalla linea elettrica inferiore ai 3.5 metri previsti come distanza minima dall'art 83 del D. Lgs n. 81/2008. Era risultato altresì che il Piano di sicurezza e coordinamento, comunicato alle imprese, conteneva un'analisi dei rischi standardizzata, priva di valutazioni in concreto del grave rischio di elettrocuzione, riferito allo specifico contesto lavorativo nel quale i lavoratori operavano proprio in adiacenza ai cavi ad alta tensione.

 

I Giudici di merito avevano evidenziato concordemente, in definitiva, l'omessa previsione e individuazione nel PSC, di competenza dell'imputato, di modalità operative per la esecuzione sicura dei lavori in fase di montaggio dell'opera e allestimento del cantiere ed inoltre la mancanza di un efficace e preventivo controllo e coordinamento tra le ditte operanti nel cantiere essendo stati fatti, dopo l'inizio dei lavori, solo un unico incontro e solo richiami generici sul rischio senza nessun tipo di coordinamento effettivo sull'aspetto sicurezza, sui rischi specifici né contestazioni formali in relazione alla presenza di lavoratori in nero.

 

Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione l’imputato deducendo alcune motivazioni. Lo stesso ha precisato che si era opposto alla presenza del lavoratore infortunato in cantiere, intimandogli di non farsi più vedere e che, essendo un soggetto in nero, doveva considerarsi terzo estraneo; ha sostenuto altresì che non spetta al coordinatore per la sicurezza la vigilanza circa l'osservanza del rispetto del PSC da parte delle imprese esecutrici e che, se le sue direttive fossero state eseguite, l'evento non si sarebbe verificato. Si è lamentato ancora per il fatto che non era stata evidenziata la corresponsabilità del lavoratore deceduto che era salito in quota in adiacenza con la linea elettrica e la rilevanza causale esclusiva dei comportamenti delle ditte operanti nel cantiere.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione. Con riferimento al comportamento imprudente del lavoratore, ritenuta quale causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento, la suprema Corte ha precisato che lo stesso, secondo i principi giuridici enucleati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, rileva nel momento in cui la sua condotta si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è «interruttivo» non perché «eccezionale» ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare. In tema di rapporto di causalità, ai sensi dell'art. 41, terzo comma, cod. pen., il nesso di causalità non resta escluso comunque dal fatto altrui, cioè quando l'evento è dovuto anche all'imprudenza di un terzo o dello stesso offeso, poiché il fatto umano, involontario o volontario, realizza anch'esso un fattore causale, al pari degli altri fattori accidentali o naturali.

 

La giurisprudenza di legittimità, ha aggiunto la Sez. IV, è ferma nel sostenere che non possa discutersi di responsabilità (o anche solo di corresponsabilità) del lavoratore per l'infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle criticità. Le disposizioni antinfortunistiche perseguono, infatti, il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli.

 

E' stata invece correttamente considerata nella individuazione del determinismo causale, la condotta omissiva da parte dell'imputato delle doverose misure di prevenzione, facenti capo al coordinatore per la sicurezza, per avere redatto un PSC generico definito "burocratizzato", in cui non era stato tenuto conto delle specifiche lavorazioni che dovevano essere effettuate nel cantiere e dei rischi connessi all'istallazione delle paratie metalliche in prossimità dei cavi ad alta tensione; senza prevedere alcuna specifica attività di coordinamento tra le ditte operanti né un controllo sulle modalità di sicurezza di cui anche il POS era carente; senza adottare specifici e formali provvedimenti a fronte della presenza di lavoratori in nero e non qualificati ai quali peraltro erano stati affidati lavori essenziali per la realizzazione dell'opera, caratterizzati da un alta esposizione a rischio.

 

Con riferimento poi all’attività del coordinatore per la sicurezza la suprema Corte ha ribadito che il nuovo sistema di sicurezza aziendale di cui al D. Lgs. n. 81/2008 si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi e tale logica guida anche la gestione dei rischi in caso di affidamento dei lavori a più imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno dell'azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dei cantieri temporanei o mobili. Nei cantieri temporanei o mobili in cui sia prevista la presenza (anche se non contemporanea) di più imprese esecutrici, ha ricordato la Sez. IV, il committente, nella fase preliminare di progettazione dell'opera, deve nominare il coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione dell'opera (CSP), figura investita dell'obbligo di predisporre il PSC (Piano di Sicurezza e Coordinamento), costituito da una relazione tecnica e da dettagliate prescrizioni correlate alla complessità dell'opera da realizzare oltre che alle eventuali fasi critiche del processo attuativo; prescrizioni idonee a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (art. 91, co. 1, lett. a) D. Lgs 81/08), fondamentale per la corretta gestione prevenzionale e antinfortunistica di tutte le fasi lavorative. Il CSE è chiamato inoltre a verificare scrupolosamente l'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) di ciascuna impresa, sia in rapporto al PSC che in rapporto ai lavori da eseguirsi, potendo sospendere le singole avvenuti adeguamenti effettuati dalle lavorazioni fino alla verifica degli imprese interessate.

 

Il coordinatore per la sicurezza in particolare, ha così proseguito la Sez. IV, ricopre una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica (datori di lavoro, dirigenti, preposti), a lui essendo attribuiti compiti di realizzazione del piano prevenzionistico tendente proprio a regolare il rischio interferenziale, anche in relazione al susseguirsi di lavorazioni affidate ad imprese che non operino contemporaneamente. E' chiaro che al coordinatore per l'esecuzione spettano compiti di "alta vigilanza", che attengono alla generale configurazione delle lavorazioni e, quindi, non la puntuale e stringente vigilanza momento per momento, demandata alle figure operative ma il controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori.

 

Il CSE deve inoltre segnalare al committente, ha ancora sottolineato la suprema Corte, previa contestazione scritta all'impresa o ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni antinfortunistiche; e, nei casi di pericolo grave ed imminente, sospendere le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate. Di indubbio rilievo è la puntualizzazione che il controllo sul rispetto delle previsioni del piano non può essere meramente formale, ma va svolto in concreto, secondo modalità che derivano dalla conformazione delle lavorazioni; essenziale è che alla previsione della cautela segua un'attività di verifica della sua attuazione, della quale devono darsi cura le imprese esecutrici.

 

I Giudici di merito, ha sottolineato la Corte di Cassazione, avevano tratto, attraverso pronunce conformi ben argomentate, le necessarie conseguenze in punto di responsabilità in relazione ai plurimi comportamenti omissivi addebitabili anche al coordinatore coinvolto nel processo causale da cui ha tratto origine l'infortunio e in relazione alle gravi omissioni dell'attività di controllo e coordinamento che doveva essere effettuata sia prima dell'inizio dei lavori che nei momenti topici delle lavorazioni, avendo lo stesso omesso la specifica indicazione e valutazione dell'area di rischio connessa alla presenza della linea ad alta tensione, alla concreta distanza dalla posizione operativa, all'utilizzo in prossimità della linea elettrica dell'elevatore e alla presenza di lavoratori al nero, privi di una specifica formazione e informazione.

 

Il ricorrente, in definitiva, nel redigere il piano non ha tenuto conto delle specifiche lavorazioni nel cantiere ed in particolare non ha congruamente evidenziato la presenza di elettrodotti passanti sopra la proprietà, se non genericamente, mentre avrebbe dovuto, proprio con riferimento a tale rischio, specificamente evidenziare quali fossero le concrete modalità operative da adottare per evitare problemi di sicurezza. In più il Tribunale prima e poi la Corte territoriale avevano messo in evidenza che lo stesso avrebbe dovuto vigilare sulla presenza in cantiere di soggetti non qualificati, avendo avuto contezza dell'intenzione di far lavorare personale non formato. Ove tali cautele fossero state adottate, pertanto, il rischio di infortuni sarebbe stato prevedibilmente limitato.

 

Al rigetto del ricorso è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

 

Gerardo Porreca

  

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 20810 del 26 maggio 2021 (u.p. 5 maggio 2021) - Pres. Di Salvo – Est. Ferranti - Ric. R.O..  - Il coordinatore per la sicurezza ricopre una posizione di garanzia che si affianca a quella di altri soggetti destinatari delle norme antinfortunistiche e può rispondere con essi per un infortunio nel caso di una carente analisi dei rischi presenti in cantiere.




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Rispondi Autore: fausto pane - likes: 0
07/06/2021 (15:22:20)
Buongiorno.
Sarebbe interessante sapere se il CSE sia stato l'unico soggetto sanzionato in quel contesto (a quanto pare parecchio fuori legge....)
Il DATORE DI LAVORO dell'impresa che impiegava i lavoratori in nero, che fine ha fatto?
Il COMMITTENTE: primo soggetto di garanzia della sicurezza e della salute nel corso dei lavori dell'opera da LUI commissionata, avrà patteggiato?
Un RESPONSABILE DEI LAVORI, ci sara stato? Sapeva, non sapeva?
Un PREPOSTO: c'era, non c'era?
Letta così, la sentenza non fa una piega. Certo capire come sono stati 'trattati' anche gli altri soggetti coinvolti, sarebbe ancor più interessante...
Fausto Pane
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
07/06/2021 (21:08:12)
C'è anche il 113 cp e cioè "Cooperazione nel delitto colposo" (terzo rigo del par. "Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso per cassazione").
Quindi vuol dire che ci sono stati altri soggetti coinvolti nel procedimento giudiziario.
Probabilmente, non sono arrivati in Cassazione ma si sono fermati alle condanne in primo grado non facendo ricorso in appello.
Rispondi Autore: Gerardo Porreca - likes: 0
22/06/2021 (09:14:10)
Come ha acutamente osservato Carmelo Catanoso con la sua solita precisione e attenzione è chiaro che per l’infortunio di cui alla sentenza sono state individuati più responsabili ognuno per la sua competenza e per i quali si è proceduto separatamente, come indicato del resto nella sentenza stessa. I miei commenti sono incentrati in genere sulla posizione di garanzia delle figure più significative di ogni procedimento a seconda dell’accaduto e sono finalizzate a mettere in evidenza le massime e i principi di diritto che ne derivano e che sono stati applicati. La corresponsabilità di altre figure non alleggerisce comunque quella di un imputato. Secondo un insegnamento che ci perviene dalla stessa Corte di Cassazione, infatti, “in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela per cui una omessa cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno di essi”.

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