COVID-19 e Regione Veneto: il manuale per la riapertura delle attività
Venezia, 5 Mag – Non c’è dubbio che una delle Regioni che in questi mesi di emergenza COVID-19 ha prodotto più documenti, costantemente aggiornati, sulla salute dei lavoratori negli ambienti di lavoro non sanitari, è la Regione Veneto.
E in relazione alla nuova Fase 2, relativa alle riaperture di molte attività, la Regione Veneto ha realizzato, a partire dalle precedenti “ Indicazioni operative”, che noi abbiamo presentato in diversi aggiornamenti, un vero e proprio manuale destinato prioritariamente a tutti soggetti con ruoli e responsabilità in tema di tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Il nuovo documento “Nuovo coronavirus (SARS-CoV-2). Indicazioni operative per la tutela della salute negli ambienti di lavoro non sanitari - Manuale per la riapertura delle attività produttive” (versione 11 del 29 aprile 2020) è elaborato, come per le altre versioni, dall’Area Sanità e Sociale - Direzione Prevenzione, Sicurezza alimentare, Veterinaria – della Regione. E fornisce indicazioni operative finalizzate a “supportare tutte le attività produttive a garantire misure per la tutela della salute dei lavoratori: sia aziende che non hanno mai sospeso l’attività, sia aziende che si apprestano a ripartire al termine del lockdown, secondo le disposizioni dei provvedimenti governativi, per consentire loro una ripresa delle attività in sicurezza”.
Si indica poi che nel manuale, le previsioni del protocollo nazionale approvato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020 “sono state ulteriormente approfondite per fornire indirizzi applicativi pratici. L’attuazione delle misure indicate, ritenute appropriate per garantire un adeguato livello di protezione dei lavoratori, comporta l’adempimento da parte delle imprese degli obblighi per la riapertura o per la continuazione delle rispettive attività”.
Per ulteriori e più dettagliati “indirizzi operativi specifici per i principali settori di attività (agricoltura, agriturismo, edilizia, manifatturiero, commercio, logistica, ristorazione, servizi alla persona)”, il manuale rimanda ai documenti “in corso di pubblicazione prodotti da INAIL e Conferenza delle Regioni e Province Autonome, finalizzati a offrire alle imprese un valido – e unico per tutto il territorio nazionale – strumento di declinazione e applicazione del Protocollo siglato a livello nazionale”.
L’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:
- L’individuazione del COVID manager
- La definizione di un piano di intervento
- La rilevazione della temperatura e il distanziamento tra le persone
L’individuazione del COVID manager
Riprendiamo, innanzitutto, riguardo agli indirizzi generali del documento, quanto indicato sulla figura del COVID Manager.
Si sottolinea che anche per l’attuazione delle misure di prevenzione dal contagio SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro “rimangono confermati ruoli e responsabilità previsti dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”, tuttavia per ogni azienda potrà essere individuato dal datore di lavoro un referente unico – il COVID Manager – “con funzioni di coordinatore per l’attuazione delle misure di prevenzione e controllo e con funzioni di punto di contatto per le strutture del Sistema Sanitario Regionale”.
Tale referente – continua il manuale – “deve essere individuato tra i soggetti componenti la rete aziendale della prevenzione ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, verosimilmente nella figura del Datore di Lavoro stesso (soprattutto per le micro- e piccole aziende) o del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), o comunque tra i soggetti aventi poteri organizzativi e direzionali. Rimane confermata in capo a dirigenti e preposti di ciascuna organizzazione aziendale, in sinergia con il comitato previsto dal protocollo nazionale di regolamentazione, la vigilanza e la sorveglianza dell’attuazione delle misure di prevenzione, sulla base dei compiti e delle attribuzioni di ciascuno come ripartiti dal datore di lavoro”.
Si precisa poi che per i settori dotati di Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriali (RLST), quali l’artigianato, “la verifica dell’attuazione avverrà in base alle procedure previste dai rispettivi comitati paritetici di riferimento”.
La definizione di un piano di intervento
Il manuale indica che “per la pianificazione, l’attuazione e la verifica periodica delle azioni necessarie per la riapertura delle attività produttive, anche al fine di adattare le misure di prevenzione al contesto specifico e alle esigenze delle singole realtà, o di integrare tali misure con soluzioni di pari efficacia o più incisive, si ritiene opportuno formalizzare un piano di intervento, predisposto dal Datore di Lavoro in collaborazione con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e con il Medico Competente, sentiti i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS/RLST), se eletti/nominati, adottando un approccio graduale nell’individuazione e nell’attuazione delle misure di prevenzione, basato sia sul profilo del lavoratore (o soggetto a questi equiparato), sia sul contesto di esposizione”.
Questo piano di intervento “può coincidere con le procedure o istruzioni operative già adottate (purchè opportunamente integrate), così come può costituire un addendum connesso al contesto emergenziale del documento di valutazione dei rischi redatto ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”.
All’interno del piano “dovranno essere individuate le attività e i lavoratori che riprenderanno primariamente, in un’ottica di riapertura graduale, in base alle valutazioni del Datore di Lavoro, supportato dai soggetti della rete aziendale della prevenzione sopra indicati, e tenendo in considerazione le priorità aziendali e il rispetto della sicurezza dei lavoratori secondo le indicazioni del presente manuale. Per le attività produttive che sono rimaste operative durante la fase di lockdown, conformemente alle previsioni dei provvedimenti governativi, le procedure/istruzioni operative già in essere dovranno essere aggiornate” secondo le previsioni presenti nel manuale (si ricorda che nella Regione con tali indicazioni destinate in particolar modo alla Fase 2, “si intendono superate, qualora incompatibili, le misure raccomandate nelle versioni precedenti”).
Si indica poi, come già segnalato nelle precedenti versioni delle “indicazioni operative”, che il rischio associato all’esposizione a SARS-CoV-2 “rappresenta un rischio biologico generico. Pertanto, in tale scenario, in cui prevalgono esigenze di tutela della salute pubblica, non si ritiene giustificato l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi in relazione a tale rischio, se non in ambienti di lavoro sanitario o socio-sanitario, esclusi dal campo di applicazione del presente documento, o comunque qualora il rischio di infezione da SARS-CoV-2 sia un rischio di natura professionale, legato allo svolgimento dell’attività lavorativa, aggiuntivo e differente rispetto al rischio generico per la popolazione generale”.
Una nota integrativa del manuale è rivolta alle ditte individuali e alle imprese a conduzione familiare. Si indica che in considerazione della specificità di tali organizzazioni “l’individuazione del ‘COVID Manager’ e la formalizzazione di un piano di intervento da allegare al documento di valutazione dei rischi non si ritengono obbligatorie; può comunque essere utile redigere un sintetico documento operativo per l’attuazione delle misure di prevenzione associate alla diffusione del coronavirus SARS-CoV-2”.
La rilevazione della temperatura e il distanziamento tra le persone
Riguardo all’attuazione delle indicazioni operative ci soffermiamo, in particolare, sulla rilevazione della temperatura corporea e sul distanziamento tra le persone.
Si indica che la rilevazione della temperatura corporea “costituisce una delle misure più efficaci per evitare l’accesso di soggetti sintomatici e prevenire possibili contatti a rischio. Pertanto, prima dell’accesso al luogo di lavoro, il personale (lavoratori, fornitori, trasportatori, lavoratori autonomi, lavoratori di imprese appaltatrici, visitatori e altri utenti esterni, anche occasionali) potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea, ricorrendo prioritariamente a strumenti di misurazione a distanza, con modalità dettagliate e regolamentate in ogni singola organizzazione aziendale, anche relativamente all’utilizzo di idonei dispositivi di protezione individuale per l’addetto alla rilevazione”. E in caso di temperatura >37.5 °C “non potrà essere consentito l’accesso ai luoghi di lavoro. Le persone in tali condizioni saranno momentaneamente isolate e fornite di mascherina, non dovranno recarsi al Pronto Soccorso né nelle infermerie di sede, e dovranno essere indirizzate al proprio Medico di Medicina Generale”.
Si precisa poi che “è consentito identificare l’interessato e registrare il superamento della soglia di temperatura corporea individuata (37.5 °C) solo qualora sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali. Si ritiene altresì che la temperatura corporea possa essere verificata anche attraverso acquisizione di idonea dichiarazione o altre modalità probatorie relative allo stato di salute fornite dai medesimi soggetti”.
Si segnala poi che “l’ingresso in azienda di lavoratori già risultati positivi all’infezione da SARS-CoV-2 dovrà essere preceduto da una preventiva comunicazione avente ad oggetto la certificazione medica da cui risulti l’avvenuta negativizzazione del tampone naso-faringeo, rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza”.
Sono presenti due diverse note integrative:
- per le micro- e piccole imprese, per le ditte individuali e per le imprese a conduzione familiare: “nelle micro- e piccole imprese, nelle ditte individuali e nelle imprese a conduzione familiare, in considerazione del numero esiguo di persone e del rapporto talvolta di familiarità dei lavoratori presenti, la verifica della temperatura corporea in ingresso può essere sostituita da una dichiarazione (anche verbale) relativa allo stato di salute generale e all’assenza di sintomi simil-influenzali quali febbre, tosse o difficoltà respiratoria, nonché da adeguati interventi informativi”;
- per il settore dell’edilizia: “il datore di lavoro dell’impresa affidataria, di concerto con il Committente/Responsabile dei lavori e con il Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, dovrà definire le modalità di rilevazione della temperatura prima dell’ingresso in cantiere o negli uffici”.
Riportiamo poi qualche indicazione sul distanziamento tra le persone.
Si ricorda che la principale misura organizzativa per il contenimento del contagio dal virus SARS-CoV-2 “è il mantenimento della distanza interpersonale di almeno 1 metro (criterio di distanza “droplet”) nelle postazioni di lavoro, garantendo comunque, in assenza di separazioni fisiche o con materiali, una superficie di 4 m2/persona”.
E per dare attuazione a tale misura “il Datore di Lavoro riorganizza gli spazi di lavoro, compatibilmente con la natura dei processi produttivi e regolamenta l’accesso a spazi comuni, spogliatoi, servizi igienici, spazi destinati alla ristorazione (es. mense), allo svago o simili (es. aree relax, sala caffè, aree fumatori), limitando il numero di presenze contemporanee, il tempo di permanenza massima e dando in ogni caso disposizioni di rispettare il “criterio di distanza droplet” (almeno 1 metro di separazione)”.
Per il settore dell’edilizia si indica che “nelle attività che di norma implicano la presenza contemporanea di lavoratori di più imprese (ad esempio nel caso dei cantieri edili) devono essere previste modalità di distanziamento operativo, tra le quali l’alternanza delle imprese nello stesso spazio lavorativo da pianificare a cura del Coordinatore per l’esecuzione dei lavori”.
Concludiamo rimandando alla lettura delle varie indicazioni operative contenute nel manuale. Infatti si sottolinea che “la ripresa delle attività produttive, dei servizi alle imprese e alla persona, può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione”. E nel documento queste condizioni sono illustrate in 10 punti, integrati, come abbiamo visto, da eventuali soluzioni specifiche applicabili ai singoli contesti produttivi:
- Pulizia, decontaminazione e aerazione degli ambienti di lavoro.
- Informazione ai lavoratori e a tutti i frequentatori dell’azienda.
- Limitazione delle occasioni di contatto.
- Rilevazione della temperatura corporea.
- Distanziamento tra le persone.
- Igiene delle mani e delle secrezioni respiratorie.
- Dispositivi di protezione individuale.
- Uso razionale e giustificato dei test di screening.
- Gestione degli eventuali casi positivi.
- Ruolo del Medico competente.
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Regione Veneto, Area Sanità e Sociale - Direzione Prevenzione, Sicurezza alimentare, Veterinaria, “ Nuovo coronavirus (SARS-CoV-2). Indicazioni operative per la tutela della salute negli ambienti di lavoro non sanitari - Manuale per la riapertura delle attività produttive”, versione 11 del 29 aprile 2020 (formato PDF, 407 kB).
Scarica la normativa di riferimento:
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Rispondi Autore: Lui che sa - likes: 0 | 06/05/2020 (15:08:26) |
Altra smentita del Dubini-pensiero. |