Le criticità e gli aspetti da chiarire dell’alternanza scuola-lavoro
Brescia, 14 Apr – L’ alternanza scuola-lavoro è una importante metodologia didattica che favorisce e valorizza un più stretto collegamento tra scuola e mondo del lavoro e permette di sperimentare processi di apprendimento attivi, anche con riferimento al tema della prevenzione di infortuni e malattie professionali.
Ricordiamo infatti che il D.Lgs. 81/2008 indica che al lavoratore, come definito all’articolo 2, è equiparato (...) ‘il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18 della Legge 24 giugno 1997, n.196, e di cui a specifiche disposizioni delle Leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l’allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione’.
Tuttavia riguardo a questa metodologia didattica, introdotta già nel 2003 (legge 28 marzo 2003 n. 53), ma con una continua evoluzione normativa, si sono evidenziate alcune aree grigie, alcuni aspetti ancora da perfezionare sul piano delle tutele e degli aspetti di natura organizzativa e gestionale.
Per mettere in rilevo queste criticità abbiamo intervistato Cinzia Frascheri, giuslavorista e Responsabile nazionale Cisl Salute e Sicurezza sul Lavoro.
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
Cerchiamo innanzitutto di far comprendere ai nostri lettori cosa sia l’alternanza scuola lavoro, quanti studenti/aziende riguarda e perché sia importante per la promozione della cultura della prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro…
Cinzia Frascheri: “L’alternanza scuola-lavoro si inserisce nel quadro del più ampio progetto denominato «La Buona scuola», regolato dalla Legge n.107 del 13 luglio 2015. Se è attraverso questa legge che sono state definite le modalità e gli strumenti per l’avvio e lo svolgimento, così come anche le risorse economiche per la realizzazione, il percorso legislativo per giungere a tale traguardo lo si deve far partire almeno dal 2003, con la legge delega n.53, quindi circa dodici anni prima.
Volendo sintetizzare in cosa consiste il progetto di alternanza scuola-lavoro, si può correttamente dire che è una metodologia formativa che pone in essere il collegamento tra le istituzioni scolastiche e il mondo del lavoro su di una base di reciproca partecipazione attiva, chiamando le realtà lavorative ad interagire e collaborare con il progetto formativo dello studente. Un’opportunità, quindi, fondamentale per i giovani in formazione potendo conoscere il lavoro, le sue regole e la sua organizzazione, dall’interno di un progetto formativo specifico per ciascuno di loro. Non dimenticando che, secondo la normativa prevenzionale, gli allievi in alternanza scuola-lavoro, pur non divenendo titolari di alcuna forma di rapporto di lavoro, sono equiparati ai lavoratori e, quindi, titolari di tutele antinfortunistiche, dalle quali ne discendono diritti, ma anche obblighi.
Considerata l’emanazione della Legge 107, solo nel luglio 2015, l’avvio in modo strutturato ed omogeneo delle attività di alternanza scuola-lavoro è coincisa con l’a.s. 2015-2016, nel quale sono stati previsti, in forma obbligatoria, percorsi per allievi del terzo anno, ai quali si andranno ad aggiungere, nel corso di quest’anno, gli allievi del quarto e, nell’anno prossimo, quelli del quinto anno.
Senza alcuna differenziazione tra le annualità scolastiche, l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro è stata prevista per una durata complessiva di almeno 400 ore per gli istituti tecnici e professionali e di almeno 200 ore per i licei. Un obbligo di rilevante ampiezza e trasversalità che, interessando tutte le scuole secondarie di secondo livello, ha raggiunto nello scorso anno scolastico, prendendo a riferimento il solo dato relativo alle classi terze direttamente chiamate al rispetto dell’obbligo normativo, 455.062 studenti, di cui 227.308 dei licei, 140.699 degli istituti tecnici, 87.055 degli istituti professionali. Numeri che nei prossimi anni sono destinati a crescere, quando si arriverà a regime con tutto il triennio impegnato (stimando di giungere a circa 1.500.000 ragazzi)”.
In quali realtà lavorative è previsto si possa svolgere l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro ?
C.F.: “L’esperienza di alternanza scuola-lavoro può essere svolta in strutture identificate come “ospitanti”, secondo quanto disposto dalla Legge 107/2015 (che ha ampliato le possibilità già previste), appartenenti ad una molteplicità di mondi occupazionali, tali da offrire, almeno sul piano potenziale, un’ampia e ricca gamma di opportunità.
Indicate le imprese, le associazioni di rappresentanza, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, gli enti pubblici e privati, inclusi quelli del terzo settore, dal 2015 sono state previste anche strutture, quali : gli ordini professionali, i musei, gli istituti pubblici e privati operanti nei settori del patrimonio e delle attività culturali, artistiche e musicali, gli enti che svolgono attività afferenti al patrimonio ambientale e di promozione sportiva, riconosciuti dal CONI.
Va considerato che alla struttura ospitante, una volta maturata l’intenzione di voler offrire l’opportunità di un’esperienza di alternanza scuola-lavoro, vengono richiesti una serie di adempimenti procedurali e garanzie strutturali ed organizzative, necessari”.
Nell’alternanza scuola lavoro sono importanti due tipologie di tutor, interni e esterni. Chi svolge queste funzioni? Con quali competenze e responsabilità?
C.F.: “Ad accompagnare nel percorso di alternanza scuola-lavoro gli studenti, sono state previste espressamente due figure ritenute strategiche : il docente tutor interno e il tutor formativo esterno. Rispettivamente il primo deve essere individuato dall’istituzione scolastica, mentre il secondo dalla struttura ospitante.
Pur considerando, difatti, importanti anche altre figure, od organismi, sono i tutor, interno ed esterno, ad essere indispensabili e vincolanti per lo svolgimento del progetto.
La funzione che si richiede debba essere svolta dal tutor interno, docente in possesso di titoli documentali e certificabili, è prioritariamente quella di elaborare, di concerto con il tutor esterno, il percorso formativo personalizzato per lo studente che deve andare in alternanza scuola-lavoro. Sul piano dell’assistenza, invece, il suo ruolo, di fondamentale guida e affiancamento, condiviso con il tutor esterno, si esplica nel garantire il corretto svolgimento delle attività, l’aiuto in caso di eventuali criticità che dovessero sorgere nel corso dell’esperienza, ma anche il collegamento, sul piano informativo, con gli organi collegiali della scuola e con il dirigente scolastico, con il quale è chiamato a redigere la scheda di valutazione riferita alla/e strutture ospitanti.
Al tutor esterno, invece, oltre a costituire l’interfaccia permanente del tutor interno e, di conseguenza, figura anch’essa chiamata a svolgere una funzione di supporto durante il percorso dello studente (di natura, però, differente dal tutor interno, tenuto conto che può essere svolta anche da figura non interna alla realtà lavorativa), è richiesta un’attività di maggior concretezza e vicinanza con lo studente: dovendogli garantire la facilità nell’inserimento nella realtà nella quale è previsto debba svolgere il proprio percorso di alternanza (di cui ignora concretamente tutto), così come anche le informazioni e formazione specifiche sui rischi presenti nel luogo e nell’attività prevista dal progetto formativo, delineato di concerto con il tutor interno.
I due tutor, per i quali si richiedono competenze diversificate che coprono, sia la parte didattica (dove quello interno è più favorito), sia la parte professionale (dove è quello esterno ad essere più pronto), devono possedere entrambi un bagaglio di capacità in materia educativa, che di esplica in aspetti metodologici, progettuali, procedurali, tutti finalizzati al raggiungimento di quegli obiettivi specifici delineati per ciascun studente.
E’ per questo che, non individuato il numero e rapporto tra tutor e studenti, dovranno essere verificate le esigenze per poter stabilire di quanti tutor interni ed esterni vi è bisogno per l’intero gruppo di studenti in alternanza; un dato che dovrà essere indicato in maniera specifica e che avrà una sua rilevanza, di sicuro sul piano della più alta qualità del piano formativo e, quindi, della sua maggior adeguatezza nel coniugare aspettative e opportunità per ciascun allievo, ma, non meno, considerato il tema, per quanto concerne gli aspetti di tutela della salute e sicurezza sul lavoro”.
Gli studenti che partecipano al percorso di alternanza come sono considerati a livello di tutele in materia di salute e sicurezza? Fa riferimento a questi studenti il D. Lgs. 81/2008?
C.F.: “L'alternanza scuola-lavoro, come ho detto, è una metodologia didattica, che si svolge sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica, nell’ambito della quale i giovani che partecipano a tale particolare esperienza formativa non mutano la loro posizione giuridica, confermando quella di studente. Al contempo, però, visto il loro concreto impiego nell’attività lavorativa, non quindi da meri visitatori delle strutture ospitanti, è riconosciuta a loro la piena equiparazione ai lavoratori.
Tale equiparazione non trova la propria base giuridica nelle disposizioni introdotte dal quadro regolativo del progetto denominato “La Buona scuola”, ma nel DLGS 81 del 2008 s.m., nel quale, in modo chiaro, all’art.2, comma 1, lett. a), si precisa tale condizione, che li porta ad essere soggetti alle disposizioni e procedure previste, nei termini e limiti dell’attività svolta, così come del contesto e delle condizioni di rischio a cui dovessero risultare esposti”.
L’evoluzione di questa metodologia presenta, ancora oggi, delle aree grigie, degli aspetti che non sono chiari o che devono essere perfezionati, in particolare in tema di tutele antinfortunistiche ?
C.F.: “Si, proprio così. Se, difatti, per quanto concerne l’assicurazione INAIL, contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, è vincolante che sia la scuola a stipulare la polizza (potendo essere oggetto di accordo, in convenzione, esclusivamente in capo a quale delle due parti far ricadere l’onere economico), diverso è, ad esempio, per due aspetti di grande rilevo come la formazione e la sorveglianza sanitaria.
Posto che gli allievi, nella loro equiparazione a lavoratori, hanno diritto ad una formazione generale e ad una specifica, la ripartizione di responsabilità nel garantirla, a favore di quest’ultimi, ha registrato un cambiamento determinante, passando da quanto stabilito nell’Accordo Stato-Regioni del 2011, n.221, a quanto disposto oggi, dal recente Accordo Stato-Regioni del 2016, n.128.
Se nel primo, infatti, prendendo a riferimento i lavoratori in somministrazione, si prevedeva (correttamente) che la formazione generale fosse erogata dal somministratore e quella specifica dall’utilizzatore, nell’attuale Accordo, nel quale si prevede un cambio di rotta (per nulla convincente), viene posto in capo ai somministratori l’onere (o anche solo la possibilità) dello svolgimento dell’intero percorso formativo (parte generale e parte specifica) a favore dei lavoratori somministrati, attribuendo così la decisione ad un accordo basato su di una mera ripartizione di adempimenti e relativi oneri.
Nel progetto di alternanza scuola-lavoro, equiparabile come condizione, nello specifico, al lavoro in somministrazione, tenuto conto delle soluzioni medesime indicate, la formazione generale e specifica degli studenti, può, quindi, anche in questo caso, essere svolta dalle scuole o dalle strutture ospitanti, secondo un mero criterio di accordo in convenzione che stabilirà chi si caricherà l’onere, economico ed organizzativo. Lontani, purtroppo, anche in caso di formazione svolta in modo adeguato ed approfondito, da quell’impostazione primaria di valore che riteneva (giustamente) necessario il rapporto stretto e diretto tra formazione specifica e valutazione dei rischi del contesto nel quale il lavoratore (o studente in alternanza) è chiamato a svolgere la sua attività, anche in una cornice privilegiata di metodologia didattica, qual è l’alternanza scuola-lavoro, dove anche in questo caso i costi sembrano prevalere sull’affermazione della cultura della prevenzione e, forse, anche sulla garanzia di una tutela adeguata.
Dal contenuto diverso, ma secondo lo stesso principio, anche la sorveglianza sanitaria è rientrata tra gli obblighi per i quali, lasciandosi alle spalle criteri di più alto valore e garanzia di tutela, come l’obbligo di svolgere la visita medica di idoneità, da parte del medico competente della realtà lavorativa che accoglie il lavoratore “esterno”, si è passati a lasciare la piena libertà di poter assolvere all’obbligo da parte dell’una o dell’altra realtà, nel caso specifico, la scuola o la struttura ospitante. Riducendo, in effetti, anche in questo caso, un elemento di tutela a mero onere economico ed organizzativo, da ripartirsi, mediante accordo da formalizzare con la convenzione, si è consentito ai medici competenti della struttura scolastica, di effettuare le visite di idoneità agli studenti in alternanza, potendone prevedere, perfino, una validità a copertura triennale, come se i giovani, specie in tempo di crescita e mutamento psico-fisico, qual è il periodo dell’adolescenza, nel corso dei tre anni di svolgimento del percorso di alternanza, rimanessero uguali.
Superando le perplessità sui termini e le modalità di gestione degli obblighi di assicurazione, formazione e sorveglianza sanitaria, in tema di salute e sicurezza sul lavoro, relativi all’esperienza di alternanza, riconoscendo, comunque, il merito alla manualistica ufficiale di aver ampiamente illustrato i temi e le possibili soluzioni, alla luce della normativa di riferimento, a costituire problematiche aperte di non facile soluzione, sono le conseguenze di natura organizzativa (che non possono trovare una soluzione solo nell’attribuire l’onere dei costi all’una o l’altra parte), che l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro sta determinando nei contesti lavorativi che si sono resi disponibili a divenire strutture ospitanti. Questioni aperte che, anche forse non immediatamente tracciate in tutti gli ambiti lavorativi, stanno già producendo conseguenze ed effetti dal potenziale di rischio e di responsabilità, alti”.
Come devono affrontare le aziende la presenza degli studenti nei luoghi di lavoro? I vari attori della sicurezza aziendale (RSPP, RLS, …) hanno gli strumenti e la conoscenza normativa adeguata?
C.F.: “L’inserimento dello studente in alternanza scuola-lavoro, all’interno di un contesto lavorativo, seppur regolato e definito mediante convenzione tra istituzione scolastica e struttura ospitante e specifico progetto formativo, richiede necessariamente, sia perché equiparato a lavoratore, sia in quanto previsto per tutte le «prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente», un aggiornamento del documento di valutazione dei rischi (DVR); nel quale dovranno essere individuati ed analizzati i rischi ai quali lo studente potrà essere esposto, sulla base delle attività che andrà a svolgere e in considerazione dei luoghi di lavoro nei quali si troverà a transitare, tenendo in particolare attenzione i fattori trasversali dell’età e del genere (art.28, comma 1, DLGS 81/2008 s.m.).
In ragione di questo, la figura dell’RSPP non può non essere centrale nell’intero progetto di alternanza scuola-lavoro dello studente, non potendo essere considerata una figura aggiuntiva, di cui il tutor esterno può avvalersi, quando quest’ultimo non presidi personalmente le competenze in materia di salute e sicurezza.
In nessuna situazione, difatti, tali figure possono essere considerate sovrapponibili, al di là delle reciproche competenze. Certo sarà possibile ipotizzare che un RSPP venga individuato, dalla struttura ospitante, per il ruolo di tutor esterno (in caso di possesso di quelle competenze metodologiche, didattiche e progettuali, proprie di tale figura), unendo così le due funzioni, ma non potendo esaurire nella figura del tutor esterno i compiti propri dell’RSPP, chiamato a svolgere quanto previsto dal DLGS 81/2008 s.m., anche per l’alternanza scuola-lavoro, essendo poi, comunque, una figura con una formazione specifica professionalizzante.
Nella complessiva valutazione del rischio che dovrà essere fatta, pertanto, l’RSPP dovrà, tra l’altro, considerare tutti gli aspetti relativi all’interazione che avverrà tra lo studente in alternanza e la popolazione lavorativa della struttura ospitante. Elementi che seppur non rientranti nel progetto formativo, condiviso fra i due tutor (interno ed esterno), non potranno essere trascurati sul piano della tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Per questo dovrà essere anche curata l’informativa rivolta ai lavoratori, finalizzata al far sapere e rendere consapevoli della presenza nella struttura ospitante (o in alcune parti di questa), di studenti in alternanza scuola-lavoro.
L’integrazione, poi, del DVR con gli aspetti relativi alle singole esperienze di alternanza scuola-lavoro, richiederà lo svolgimento della consultazione dell’RLS/RLST, fase conseguente alla previa informativa che il datore di lavoro dovrà dare, a partire già solo dall’iscrizione dell’azienda nel Registro delle imprese, a seguito dell’intenzione di offrirsi come struttura ospitante, in sede di riunione periodica.
In questo senso, importante sarà anche l’attenzione ai dispositivi di protezione individuale (DPI) e al ruolo di chi andrà ad affiancare il giovane durante la sua esperienza nel contesto lavorativo.
Nel primo caso, a fronte del diritto dello studente, in quanto parificato ad un lavoratore, di ricevere adeguati DPI, sarà fondamentale porre attenzione a quanto disposto nel DLGS 81 del 2008 s.m., in particolare all’art.76, comma 2, nel quale è previsto che il DPI non solo debba essere adeguato ai rischi da prevenire e alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro, ma anche alle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore, ed essere adattabile all’utilizzatore. Elementi non secondari nel momento in cui si devono considerare le diverse morfologie che, mediamente, i giovani hanno in rapporto agli adulti, ancor più se riferite al genere femminile.
Nel secondo caso, sarà importante farsi carico da parte dell’RSPP del problema del determinarsi, sul campo, di eventuali posizioni di garanzia di preposto, nei termini della definizione che il DLGS 81 del 2008 ne dà all’art.2, comma 1, lett. e), riferite a quei lavoratori (quando non già preposti, formalmente incaricati), chiamati ad un affiancamento operativo dello studente che, come sappiamo, seppur privi di adeguata formazione e conferimento di incarico come preposti, potrebbero vedere su di loro altresì gravare la responsabilità prevista in capo a tale figura (ai sensi dell’art.299 – principio di effettività).
A suo parere come si potrebbe migliorare l’organizzazione dell’alternanza scuola lavoro per renderlo un percorso più sicuro e più efficace nel promuovere l’attenzione ad una prevenzione reale e non solo formale nei luoghi di lavoro?
C.F.: “Riconoscendo senz’altro il grande valore dell’aver reso concreta l’alternanza scuola-lavoro e l’averla estesa a tutti gli studenti del triennio delle scuole secondarie di secondo grado, è prioritario oggi che, in tempi brevi, si vadano a perfezionare tutti i passaggi, non tanto sul piano didattico e metodologico (dove già quanto previsto risponde a criteri di valore), ma sul piano delle tutele e degli aspetti di natura organizzativa e gestionale interna alle realtà lavorative, soprattutto per gli effetti che si possono determinare nel campo della salute e sicurezza sul lavoro.
Perché evitare, in questo caso, qualsiasi accadimento negativo, non è solo un obiettivo da perseguire per il buon esito dell’operazione, ma prioritariamente per garantire la più ampia tutela dei nostri ragazzi, anche in prospettiva futura, considerato che saranno i lavoratori di domani”.
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Rispondi Autore: Alessandra Coppola - likes: 0 | 14/04/2017 (08:58:55) |
Articolo molto interessante e ben scritto. La mia personale esperienza, da RSPP di mestiere e mamma di un adolescente rientrante nel progetto di alternanza posso dire che non solo ci sono ancora molte zone grigie, ma c'è molta impreparazione da parte di tutti i soggetti. Si tratta di un vero e proprio scontro culturale tra il pubblico (scuola) che si sente autoreferenziato e per niente consapevole dei reali rischi cui sottopone gli studenti, manda allo sbaraglio solo per fleggare un obbligo imposto. Dall'altro il mondo del lavoro (più delle volte privato) che "accoglie" gli studenti solo per favore un "favore" ma che poi o li "parcheggia" da qualche parte - venendo meno così allo scopo del progetto di alternanza - o li "utilizza" senza alcuna tutela dal punto di vista normativo. Tanto per capirsi a me hanno chiesto di firmare un'autorizzazione in cui non solo si faceva ancora riferimento al Dlgs 626 (ignoranza della scuola) ma si diceva che il ragazzo era stato informato (nemmeno formato..) sui rischi dell'ente CHE SARA' SUCCESSIVAMNTE INDICATO!!!! (io ovviamente ho cambiato il riferimento di legge e il tempo del verbo portandolo al futuro...ma nessuno se ne è accorto visto che l'anno successivo mi hanno sottoposto lo stesso ciclostilato.) L'ente in cui poi è andato non ha fatto alcuna formazione sulla sicurezza... saluti. |
Rispondi Autore: Samuela Guglielmi - likes: 0 | 15/04/2017 (10:22:07) |
interessante articolo che approfondisce un argomento di cui si parla poco e male. Ritengo che tra qualche anno ci si pentirà di aver imboccato questa via ma purtroppo accadrà solo quando sentiremo parlare di questi ragazzi nelle statistiche degli infortuni e delle malattie professionali. Ho l'impressione che le scuole stiano gestendo la cosa non estrema superficialità e i datori di lavoro non si rendano conto dei rischi. |