2018: è sempre più tragico il bilancio delle vittime del lavoro
Purtroppo ce lo aspettavamo, anzi lo temevamo. Già dai primi mesi del 2018 avevamo assistito impotenti ad un drammatico crescendo delle morti sul lavoro: all’inizio sembrava una crescita moderata e quindi potenzialmente recuperabile nel corso dell’anno, ma già nel bilancio dei primi otto mesi si registrava un aumento del 4,5%, salito poi a +8,5% in quello del mese successivo per toccare quota +9,4% ad ottobre e + 9,9% nel mese di novembre.
Una corsa al rialzo che non si è interrotta nemmeno nell’ultimo mese dell’anno e ha chiuso con un bilancio annuo complessivo ancora più pesante dei precedenti. Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’INAIL nell’intero anno 2018 sono state infatti 1.133, 104 in più rispetto alle 1.029 denunciate nel 2017, vale a dire una crescita annua del 10,1%.
In pratica, più di 3 morti al giorno compresi ferie e festivi.
Un peso notevole in questa triste contabilità spetta sicuramente alla lunga catena di quelli che tecnicamente vengono denominati “incidenti plurimi”.
A partire dalla tragedia del 25 gennaio scorso, quando il treno regionale Milano-Cremona uscì dai binari causando tre morti e cinquanta feriti, passando per il crollo del ponte Morandi a Genova (15 lavoratori morti oltre i molti civili) e gli incidenti stradali in Puglia in cui hanno perso la vita 16 braccianti extracomunitari, sino ad arrivare alle quattro persone travolte da una frana in una condotta fognaria a Isola Capo Rizzuto in Calabria ed ai sette lavoratori coinvolti in tre incidenti stradali nel Lazio e in Lombardia. A questi si sono aggiunti, negli ultimi mesi, altri quattro operai deceduti in Puglia: due edili precipitati da una piattaforma nel corso dei lavori di ristrutturazione di uno stabile a Taranto e altri due lavoratori morti nell’esplosione di una fabbrica di fuochi d’artificio nel comune di Arnesano, in provincia di Lecce. Per citare solo i casi più eclatanti.
Da un’analisi più dettagliata dei dati diffusi dall’INAIL, emergono alcuni aspetti molto preoccupanti riguardo le morti sul lavoro:
- l’incremento dei morti rilevato nel confronto tra il 2017 e il 2018 riguarda sia i casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 746 a 786 (+5,4%), sia soprattutto quelli occorsi in itinere che segnano un aumento pari al 22,6% (da 283 a 347);
- l’aumento è legato prevalentemente alla componente maschile, con 102 casi mortali in più (da 927 a 1.029), mentre le donne registrano un aumento di soli due decessi (da 102 a 104);
- da sottolineare come la metà delle morti sul lavoro abbia coinvolto lavoratori anziani di età compresa tra i 50 e i 69 anni, con un incremento tra i due periodi di 85 casi (da 487 a 572); in aumento anche i decessi che hanno riguardato le fasce giovanili di età fino a 19 anni (da 13 a 21 casi mortali) e quella tra i 25 e i 39 anni (da 184 a 218);
- a livello territoriale i maggiori incrementi infortunistici si registrano nelle regioni più industrializzate e produttive del Nord: in particolare al Nordovest va il triste primato delle morti sul lavoro, con un aumento di ben 47 unità (da 258 a 305) pari a +18,2%, seguito dal Nordest con 24 casi in più (da 249 a 273) pari a +9,6%;
- anche i settori che fanno registrare i maggiori aumenti sono quelli legati alle attività industriali che, in questo senso, sono più sensibili ai segnali di una pur modesta ripresa produttiva, come le Costruzioni (+21), i Trasporti (+18), i Servizi alle imprese (+26) e l’Industria manifatturiera in generale (+3); per contro, tra i settori in diminuzione spicca il caso dell’Agricoltura, che prosegue nella sua tendenza storica al ribasso (-10 decessi).
“Si tratta – ha commentato Franco Bettoni, Presidente nazionale ANMIL – di un bilancio drammatico, non degno di un Paese che vuole definirsi civile. La lunga serie di tragedie che in questo anno hanno insanguinato le più svariate aree del Paese ci rendono ancora più fermi nella nostra convinzione che la sicurezza e la salvaguardia della vita umana sono figli diretti della prevenzione: la mancanza di verifiche tecniche nella costruzione e manutenzione delle infrastrutture, la carenza di ispezioni e controlli nei luoghi di lavoro e la scarsa adozione di misure collettive e individuali di protezione, stanno generando una situazione di fronte alla quale non è possibile restare indifferenti. È evidente che dieci anni di “Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro” non hanno prodotto i risultati che tutti avevamo auspicato.
Ed è ancora più doloroso - ha concluso Bettoni - riscontrare che a pagare i costi umani più pesanti della mancata sicurezza siano ancora i lavoratori più giovani, vittime innocenti di un sistema di lavoro sempre più precario ed insicuro, e gli anziani che, dopo lunghi decenni di lavoro pesante e spesso molto usurante, vedono ancora lontano il sospirato traguardo di una meritata pensione.”
Per quanto riguarda gli altri aspetti del fenomeno infortunistico, le statistiche relative al bilancio consuntivo 2018 mostrano anch’esse segnali tutt’altro che positivi.
Le denunce di infortunio sul lavoro, nel loro complesso, presentate all’INAIL nel 2018 sono state 641.261, in aumento dello 0,9% rispetto alle 635.433 del 2017 (quasi 6.000 casi in più); le caratteristiche demografiche, territoriali e settoriali di questi eventi infortunistici risultano sostanzialmente in linea con la casistica dei casi mortali appena descritta.
Anche le denunce di malattia professionale protocollate dall’INAIL nel 2018 - dopo la diminuzione registrata nel corso del 2017, che sembrava aver segnato un’inversione di tendenza rispetto al forte e costante aumento di tutto il decennio precedente - sono tornate ad aumentare. Allo scorso 31 dicembre, infatti, l’incremento si è attestato al +2,5%, pari a quasi 1.500 casi in più rispetto all’anno precedente (da 58.129 a 59.585 casi denunciati). La crescita delle tecnopatie risulta anche questa volta trainata esclusivamente dalle patologie dell’apparato muscolo scheletrico e del sistema nervoso (in particolare Sindromi del tunnel carpale), che rappresentano ormai più del 70% delle denunce presentate.
Dott. Franco D'Amico
Coordinatore dei servizi statistico-informativi ANMIL
Fonte: ANMIL
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Rispondi Autore: giammario baldoni - likes: 0 | 07/02/2019 (07:04:36) |
L'unico modi di abbattere gli infortuni è la foramazione. Formazione fatta secondo i canoni di serietà e non per riempire le aule e fare business. Troppe scuole di formazione non attrezzate. Pochi controlli di qualità nelle scuole.di foramazione Troppe organizzazioni, che con la scusa di essere a diffusione nazionale creano rappresentanze sul territorio senza verificarne l'efficenza. Troppi finanziamenti che creano irregolarità. Potrei perseguire all'infinito. sono convinto che se non torniamo ad una qualità non andiamo da nessuna parte. |
Rispondi Autore: Ernesto Cabrini - likes: 0 | 07/02/2019 (08:55:38) |
Ritornare alla formazione tramite l'apprendistato quello serio con insegnanti all'altezza del compito loro assegnato e insistere sulla pratica operativa e tralasciare( in parte) l'insegnamento teorico. |
Rispondi Autore: Ernesto Cabrini - likes: 0 | 07/02/2019 (09:14:06) |
Caro presidente Bettoni ,sarebbe buna cosa rifare l'indagine sugli orari e giorni dove più frequentemente succedono gli infortuni. Indagine già fatta da A.N.M.I.L. molti anni orsono; E quanti di questi infortuni capitano a lavoratori costretti al nero. |
Rispondi Autore: Davide Cen - likes: 0 | 07/02/2019 (09:40:39) |
Bn giorno. Davide, Rls da 8 anni, operaio. Tutto vero. Vorrei far notare cmq come i nostri colleghi abbiano sempre e comunque comportamenti superficiali e indifferenti rispetto la formazione che ricevono. Io comincerei da lì. Dalla testa dei lavoratori che pensano che "no, a me non succederà mai. Io sto attento". Iniziamo a correggere questo. Grazie dell'attenzione. |
Rispondi Autore: fausto franceschetti - likes: 0 | 07/02/2019 (19:47:12) |
Questa affermazione mi sembra un pò dettata dallo sconforto : "È evidente che dieci anni di “Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro” non hanno prodotto i risultati che tutti avevamo auspicato." Come si fa ad arrivare a pensare che la causa dell'aumento degli infortuni stia nel documento che definisce le regole ?? E' come dire che se aumentano i furti la colpa è nella legge che li punisce !! |
Rispondi Autore: Maddalena Fusco - likes: 0 | 08/02/2019 (10:01:34) |
Indubbiamente sono dati allarmanti. In ogni caso diventa indispensabile analizzarli in maniera relativa e non assoluta. Mi spiego meglio: bisogna andare a verificare l'andamento della disoccupazione tra il 2017 e il 2018; forse c'è anche stato nel frattempo un aumento rilevante del numero degli occupati a tempo determinato e/o indeterminato. Senza questo dettaglio importante qualsiasi analisi fatta su infortuni/malattie professionali diventa assolutamente incompleta e non obiettiva |
Rispondi Autore: Livio D'Acuti - likes: 0 | 08/02/2019 (16:47:22) |
Tutto vero: formazione, indagini su orari e giorni con maggiore frequenza degli infortuni, lavorare "sulla testa dei lavoratori", ognuno di noi ha la propria ricetta. Personalmente, dopo più di 35 anni passati in una azienda di produzione di proprietà di una multinazionale estera ed altri 7 in un'azienda di servizi di proprietà di una multinazionale italiana, sono ancora convinto che il problema nasce dalla sensibilità del management, a partire dalla sua posizione apicale. E sono altresì convinto che in carenza (vorrei quasi dire in assenza) di un controllo da parte delle strutture statali, che negli anni sono state sempre più indebolite numericamente di tecnici e di personale esperto, il fenomeno degli infortuni non tenderà mai a diminuire. Con buona pace della statistica che serve solo a far piangere sul latte versato. |