Nuove indicazioni regionali per la valutazione dei rischi da Covid-19
Frosinone, 30 Mar – Stanno ormai moltiplicandosi in queste settimane le ordinanze, le circolari, le note prodotte da Regioni e aziende sanitarie locali in materia di contenimento e prevenzione dei rischi biologici correlati al nuovo coronavirus.
E, come era ipotizzabile, a livello locale le indicazioni fornite, anche in relazione alla continua evoluzione del contagio epidemico, non sono sempre le stesse; ad esempio in relazione alla necessità, o meno, per le aziende ancora attive, di operare un aggiornamento della valutazione dei rischi.
Ricordiamo le indicazioni della Regione Emilia-Romagna, presentate nei giorni scorsi dal nostro giornale e relative al territorio della provincia di Rimini e della provincia di Piacenza. Indicazioni che sono state raccolte in una nuova ordinanza:
Nell’ordinanza si indica che “in ragione delle motivazioni di emergenza sanitaria espresse in premessa, è disposta la sospensione di tutte le attività produttive di beni e servizi da parte di persone fisiche e aziende sul territorio delle Province di Piacenza e di Rimini ad esclusione di:
a) (…);
b) attività produttive di beni con accertate esigenze di produzione finale e di spedizione di prodotti giacenti in magazzino, a condizione che operino esclusivamente attraverso l’attuazione di idonei protocolli organizzativi e operativi aziendali, previa redazione di specifici documenti di valutazione del rischio ai sensi del D.Lgs. n.81/2008 che prevedano misure di prevenzione del contagio” (nell’ordinanza si riportano alcune possibili misure di contagio).
Ricordiamo che la Regione Emilia-Romagna ha anche pubblicato le risposte alle “ domande frequenti sulle disposizioni per i territori delle province di Rimini e Piacenza”, con riferimento al Decreto del Presidente della Giunta regionale n. 48 del 24 marzo 2020.
Riportiamo, a proposito di DVR, che in risposta alla quinta domanda, che chiede come dimostrare “l’adozione del protocollo operativo e organizzativo previa redazione di uno specifico documento di valutazione del rischio ai sensi del D.Lgs, n.81/2008”, si indica che la dimostrazione “è tutta di natura documentale. L’azienda deve, dunque, essere in grado di dimostrare di avere aggiornato il proprio documento di valutazione del rischio prevedendo le misure di prevenzione del contagio con i requisiti minimi contenuti ai punti 1,2 e 3 dell’ordinanza n. 48 /2020”.
Un’altra recente presa di posizione in questo senso è dell’ ASL Frosinone nella Regione Lazio che ha pubblicato il documento “Prime indicazioni per le Aziende non sanitarie attive sul territorio della ASL del SSR”. Segnaliamo, inoltre, che è stato pubblicato un documento equivalente anche dall’ ASL Rieti.
L’articolo affronta i seguenti argomenti:
- Le indicazioni per il datore di lavoro
- Le indicazioni per lavoratori e preposti
- Le indicazioni per il medico competente
Le indicazioni per il datore di lavoro
L’ASL di Frosinone ricorda che l’epidemia di COVID-19 è “un’emergenza di sanità pubblica verso la quale anche il mondo del lavoro deve adottare le misure di prevenzione e protezione dettate dalle Autorità sanitarie locali sulla base dei decreti del Ministero della Salute, della Regione Lazio e Presidenza del Consiglio dei Ministri”.
E attraverso il documento “si ritiene utile e necessario assicurare il puntuale rispetto delle le indicazioni del DPCM 11/03/2020 ART. 7 lettera a), b, c)” e del “ Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 14 marzo.
Partiamo dalle indicazioni per il datore di lavoro.
Si indica che come prima misura “il datore di lavoro deve:
- ridurre la presenza dei lavoratori sul luogo di lavoro limitandola alle attività indispensabili alla produzione, assicurando un piano di turnazione dei dipendenti dedicati alla produzione con l’obiettivo di diminuire al massimo i contatti e creare gruppi autonomi, distinti e riconoscibili.
- aggiornare, in collaborazione con il Medico Competente aziendale, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ed il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, il documento di valutazione dei rischi (DVR) per quanto riguarda la protezione dall’infezione da COVID.19 dei lavoratori che proseguono l’attività e solo per i rischi specifici connessi alla peculiarità dello svolgimento dell’attività lavorativa, ovvero laddove vi sia un pericolo di contagio da COVID-19 aggiuntivo e differente da quello della popolazione in generale
- provvedere a mettere in campo misure tese ad assicurare la salubrità degli ambienti di lavoro e alla fornitura al personale di DPI idonei secondo anche quanto riportato all’art. 7, lettera d) del DPCM 11/03/2020, e per quanto previsto dal titolo X-Esposizione ad agenti biologici- del D.Lgs 81/08, in seguito all’aggiornamento della valutazione del rischio
- portare adeguatamente ed efficacemente a conoscenza dei lavoratori interessati dettagliate informazioni sui rischi specifici da coronavirus esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
- portare adeguatamente ed efficacemente a conoscenza dei lavoratori interessati dettagliate informazioni sulle misure di prevenzione e protezione previste per effettuare l’intervento lavorativo adottate in relazione alla propria attività.
- verificare e monitorare la completa attuazione delle misure previste ed adottate, aggiornandole ulteriormente e tempestivamente nei casi previsti dalle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonchè in seguito all’emanazione di ulteriori disposizioni da parte degli organi nazionali e regionali in merito alla gestione del rischio da esposizione a coronavirus
- laddove necessario, aggiornare la formazione e l’informazione rispetto al rischio biologico e alle misure di prevenzione adottate utilizzando modalità a distanza.
- nelle situazioni lavorative in cui non si ravvisa un pericolo di contagio aggiuntivo e differente rispetto alla popolazione generale risulta fondamentale adottare le precauzioni già note e diffuse dal ministero della Salute e dai DPCM, in particolare dal DPCM del 11/03/2020 (art. 1 commi 7 e 8) e dal protocollo condiviso del 14/03/2020, declinandole alla specificità dei luoghi e delle attività lavorative e in particolare qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza impersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è necessario l’utilizzo di DPI conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie.
- deve prevedere in tutte le realtà lavorative il contingentamento dell’accesso agli spazi comuni quali mense, spogliatoi, aree fumatori, distributori di bevande e la gestione degli accessi dall’esterno secondo le indicazioni del protocollo di intesa del 14 marzo 2020.
- deve assicurare la pulizia e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago
- per le attività di formazione, informazione ed addestramento periodico deve provvedere a che sia effettuata con modalità a distanza o rinviata. Andrà valutata nei singoli casi la formazione, l’informazione e l’addestramento dei neo assunti o dei soggetti sottoposti a cambio di mansione utilizzando le modalità a distanza
- per quanto riguarda i datori di lavoro ed i dirigenti, gli stessi sono tenuti all’osservanza degli obblighi generali, applicati alla situazione in atto, previsti dall’art.18 del D.Lgs 81/08 e di quanto previsto nei Titoli successivi al I”.
Le indicazioni per lavoratori e preposti
Il documento poi riporta indicazioni per i lavoratori e preposti segnalando che valgono, per la specificità della funzione, le indicazioni richiamate nel “ Protocollo condiviso” del 14 marzo 2020 “oltre che le raccomandazioni della popolazione generale di seguire le buone prassi igieniche per la prevenzione delle malattie a trasmissione respiratoria affisse nei luoghi di lavoro”.
I lavoratori – continua il documento dell’ASL Frosinone - sono poi “tenuti all’osservanza degli obblighi generali, applicati alla situazione in atto, previsti dagli artt. 19 e 20 del D.Lgs 81/08”.
Le indicazioni per il medico competente
Concludiamo riportando le indicazioni per il medico competente.
Si segnala che la sorveglianza sanitaria effettuata dai Medici Competenti “deve essere svolta adottando tutte le misure per il contenimento della diffusione del contagio da COVID-19, nel rispetto delle indicazioni fornite dal protocollo condiviso del 14/03/2020, dall’ordinanza n.Z00003 del 06/03/2020 del Presidente della Regione Lazio e dalla Nota Regionale prot. 0223253.del 13-03-2020”.
In particolare l’attività da parte del medico competente (M.C.):
- “deve proseguire e le visite andranno effettuate in idonei ambulatori adottando modalità che evitino situazioni di esposizione a rischio di contagio (ad esemplificazione affollamento in sala d’attesa, sanificazione degli ambienti sanitari e non sanitari, così come delle strumentazioni, distanze di sicurezza con il paziente, DPI) secondo quanto indicato dalle circolari del Ministero della Salute per i professionisti medici.
- deve assicurare le visite a carattere di urgenza previste dall’art. 41, a titolo esemplificativo:
- visite preassuntive/preventive
- per cambio mansione
- al rientro dopo 60 gg di malattia
- visite straordinarie su richiesta del lavoratore (particolare attenzione ai soggetti ipersuscettibili)
- alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti,
- per le visite periodiche di casi specifici, a giudizio del M.C., secondo il principio che …” la situazione sanitaria del lavoratore risulta conosciuta dal Medico Competente” (cfr nell’Interpello n. 8/2013 del 24/10/2013):
- vale quanto previsto dalla nota regionale prot. 0223253.del 13-03
- laddove il Medico Competente, previa adeguata valutazione degli accertamenti ritenuti necessari (tenendo conto di specifiche situazioni cliniche del lavoratore) decida di effettuare tali visite, le stesse andranno effettuate in idonei ambulatori adottando modalità che evitino situazioni di esposizione a rischio di contagio (ad esemplificazione affollamento in sala d’attesa, sanificazione degli ambienti sanitari e non sanitari, così come delle strumentazioni, distanze di sicurezza con il paziente, DPI) secondo quanto indicato dalle circolari del Ministero della Salute per i professionisti medici.
- Qualora il M.C. ravvisi la necessità di differire l’esecuzione di tali visite periodiche (comprensive degli accertamenti clinici e strumentali da effettuare) rispetto alle scadenze già previste, tenuto sempre conto della necessità di contenimento di diffusione del contagio dell’epidemia in atto, può concordare con il Datore di Lavoro tale differimento per un tempo congruo a quello indicato dal DPCM 9 marzo 2020 (3 aprile 2020)”.
Si sottolinea poi che i medici competenti sono tenuti all’osservanza degli obblighi generali, applicati alla situazione in atto, previsti dal D.Lgs 81/2008.
Rimandiamo, infine, alla lettura integrale del documento dell’ASL di Frosinone che riporta i principali riferimenti normativi in materia COVID-19.
Scarica i documenti da cui è tratto l'articolo:
ASL Frosinone, Regione Lazio “ Prime indicazioni per le Aziende non sanitarie attive sul territorio della ASL del SSR” (formato PDF, 187 kB).
ASL Rieti, Regione Lazio “ Prime indicazioni per le Aziende non sanitarie attive sul territorio della ASL del SSR” (formato PDF, 1.48 MB).
Scarica la normativa di riferimento:
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Rispondi Autore: Brunello Camparada - likes: 0 | 30/03/2020 (11:05:32) |
Visto che molti sostengono che occorre aggiornare il DVR (e, penso, anche il PSC), chiedo ad uno qualsiasi dei sostenitori di farmi un esempio di aggiornamento. Se aggiornare vuol dire ricopiare i decreti usciti, non ci siamo: il DVR e il PSC non devono essere una copiatura delle norme di legge. Se aggiornare vuol dire modificare e aggiustare, in senso più restrittivo, non ci siamo perche' solo un virologo (non il medico competente) puo' dare eventuali indicazioni. Se aggiornare vuol dire modificare e aggiustare in maniera piu' blanda, non ci siamo perche' non possiamo alleggerire le norme di legge. Insomma, mi piacerebbe vedere un esempio concreto di aggiornamento per il coronavirus. |
Autore: Francesco Addriso | 30/03/2020 (15:47:43) |
Buongiorno, sostituire le manopole apertura acqua fredda e calda ai lavelli dei WC aziendali con il sistema a pedale. Asciugamani elettrico ad aria calda. Possono essere considerati una variante al DVR, un miglioramento stante la situazione del rischio contagio subentrato. O no? |
Rispondi Autore: Carlo Timillero - likes: 0 | 30/03/2020 (11:43:52) |
I nodi vengono al pettine. Chi, per negare la necessità di aggiornare il DVR, si appoggiava sulle prese di posizione di alcune regioni ora deve prendere atto che altre la pensano in maniera diversa. E il dibattito si riapre. Premesso che in questa fase l'ultimo problema che mi porrei è quello del DVR provo a dare un contributo . A mio avviso tutta la discussione, da quando è partita l'emergenza, nasce da un' interpretazione estremamente formale del processo di valutazione dei rischi. La valutazione dei rischi deve riguardare tutti i rischi e il DVR non è che la cristallizzazione della valutazione in un determinato momento, una fotografia. La valutazione è un processo dinamico e va aggiornata man mano che le condizioni cambiano. E il DVR dovrebbe stare al passo con il dinamismo della valutazione. E' il tema della gestione del cambiamento, certamente conosciuto da chi si occupa di sistemi di gestione. Il problema, caso mai, è di quanto sia complesso, e oneroso per l'azienda, il processo di valutazione del rischio COVID e l'aggiornamento del DVR. Assecondando la linea di chi sostiene essere il COVID un rischio sociale la valutazione, e la formalizzazione nel DVr, saranno semplicissime. Del tipo " in data x, ho affrontato il problema COVID e l'ho affrontato riferendomi ai protocolli dettati dalle autorità". Posso eventualmente fare riferimento a protocolli diversi. Ma il riferimento ai protocolli diversi sarebbe la conferma della necessità di "peronalizzare" la valutazione rispetto all'azienda. Un ultimo stimolo: pur essendo il COVID un rischio sociale, per la sua gestione all'interno dell'azienda permane la funzione di garanzia del DDL? Probabilmente questo è il vero problema |
Rispondi Autore: Andrea RSPP - likes: 0 | 30/03/2020 (13:17:26) |
è ovvio che la responsabilità dell'applicazione del protocollo di sicurezza e quindi la garanzia sia in capo al datore di lavoro. Non è sufficiente essere nell'elenco delle attività non sospese per poter continuare a lavorare, è obbligatorio mettere in atto tutte le misure di prevenzione previste dal protocollo. Quindi il datore di lavoro deve valutare l'impatto nella propria azienda e adeguarsi alle misure di protezione necessarie (ergo fare una valutazione dei rischi). E dimostrare tutto (ergo aggiornare il DVR) |
Autore: Francesco Addriso | 30/03/2020 (16:16:57) |
Buongiorno, idem come risposta avv. Rolando Dubini. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 30/03/2020 (15:54:37) |
Perfetto Andrea. Il buonsenso avanza inesorabilmente. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 1 | 30/03/2020 (18:05:04) |
Premesso che qui c'è una Regione che fa riferimento a due province e la ASL di Frosinone (questa però scrive " … laddove vi sia un pericolo di contagio da COVID-19 AGGIUNTIVO E DIFFERENTE DA QUELLO DELLA POPOLAZIONE IN GENERALE", e' un mese che continuo a ripetere che la discussione non è su come chiamare il documento con cui attuo quanto imposto con il Protocollo dalle norme di Igiene Pubblica (sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale), ma la sua concreta e completa applicazione contestualizzandolo alle specificità dell'azienda. L'etichetta che metto sopra questo documento non conta nulla. Da un mese cerco di farmi capire da Dubini riguardo il fatto che il formale aggiornamento del DVR non è dovuto per questo rischio generico ANCHE per le aziende che NON fanno uso deliberato di agenti biologici e che NON svolgono attività di cui all'allegato XLIV (a queste si riferisce la ASL di Frosinone, come le Regioni Veneto, Umbria, Marche, ecc.). Perché continuo a ripetere questo? Perché, in caso contrario, considerando qualunque tipo di rischio come rischio professionale, creeremmo una prassi e un pericolosissimo e gravissimo precedente in quanto allargheremmo a tutto l'insieme dei rischi non professionali, l'obbligo di valutazione con la conseguenza di essere coinvolti nei procedimenti penali come RSPP e CSP/CSE a causa di eventi le cui cause sono i rischi non professionali. Se passasse questo approccio, come RSPP, dovrei valutare rischi che: - non nascono all’interno dell’organizzazione del lavoro aziendale; - non sono prevenibili e controllabili dall'organizzazione; - non sono legati alla mansione espletata ed alla relativa attività lavorativa; - non si ha possibilità di incidere sulla probabilità del loro manifestarsi. Il "TUTTI I RISCHI" dell'art. 28, checché ne dica Dubini e il suo mentore, sono TUTTI I RISCHI PROFESSIONALI e non altri. |
Rispondi Autore: Andrea Quaranta - likes: 0 | 30/03/2020 (18:24:04) |
Come più volte oramai detto, il 99% degli enti e dei massimi esperti in tale materia, hanno compiutamente espresso la non necessita' di aggiornare alcun documento! E' chiaro che chi si oppone a tale buonsenso non conosce bene e fino in fondo la materia. Non aggiornare, ad esempio, il dvr non comporta la non necessita di adottare procedure informative per il superamento di tale rischio! Basta solo e semplicemente definire, in accordo con le varie figure aziendali, criteri atti a ridurre il rischio in atto! |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 04/04/2020 (17:17:19) |
l fatto che l'INAIL, ente notoriamente con le casse piene rispetto all'INPS, abbia deciso di coprire economicamente il costo delle assenze per contagio da COVID-19 anche categorie di lavoratori come quelli indicati, non vuol automaticamente dire che i loro datori di lavoro abbiamo l'obbligo di "aggiornare il DVR". I loro datori di lavoro, hanno sempre l'obbligo di applicare il protocollo contestualizzandolo alle specificità dell'azienda le cui misure forniscono le vere misure di tutela della loro salute e non perdere tempo con gli aspetti formali. Inoltre, come scritto nella Circolare: "Nell’attuale situazione pandemica, l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico. Per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus. Lo stesso principio si applica anche ad altre categorie che operano in costante contatto con l’utenza, come i lavoratori impiegati in front-office e alla cassa, gli addetti alle vendite/banconisti, il personale non sanitario degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, e gli operatori del trasporto infermi. In base alle istruzioni per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, la tutela assicurativa si estende, infatti, anche alle ipotesi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti problematica. Ne discende che, ove l’episodio che ha determinato il contagio non sia noto o non possa essere provato dal lavoratore, né si può comunque presumere che il contagio si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro elemento che in tal senso deponga, l’accertamento medico-legale seguirà l’ordinaria procedura privilegiando essenzialmente i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale". Mi pare che quanto scrive l'INAIL sia chiaro. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 04/04/2020 (19:16:12) |
I rischi presenti durante l'attività lavorativa vanno tutti valutati senza eccezione alcuna. La Cassazione non ha mai distinto i rischi tra quelli da valutare e altri da non valutare. Viceversa ha sempre ribadito che tutti i rischi va no valutati. Se la eccezioni. Cassazione Penale, Sez. 4, 03 maggio 2019, n. 18323 Il datore di lavoro ha dunque l'obbligo giuridico di analizzare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.lgs.n.81/2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Lo strumento della adeguata valutazione dei rischi è un documento che il datore di lavoro deve elaborare con il massimo grado di specificità, restandone egli garante: l'essenzialità di tale documento deriva con evidenza dal fatto che, senza la piena consapevolezza di tutti i rischi per la sicurezza, non è possibile una adeguata politica antinfortunistica (Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini e altri, Rv. 248943). E ciò perché in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo deve essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell'omissione all'evento che si è concretamente verificato [Sez.4, n. 8622 del 04/12/2009 (dep. 03/03/2010), Giovannini, Rv. 246498] |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 05/04/2020 (10:59:16) |
Ricomincia con il copia-incolla di pronunce della Cassazione che non c'entrano nulla con quello che sta succedendo oggi. Invece di copia-incollare sentenze, perché non spieghi cosa era successo nel caso che presenti? Per chi legge, la storia è questa. L'azienda usava un prodotto infiammabile (diluente) senza aver valutato il rischio d'incendio ed esplosione e un operatore si era messo ad usare il cannello ossiacetilenico sul contenitore di questo prodotto. Si può mai usare una pronuncia del genere estendendola al caso del Covid-19? Il diluente era usato nel processo produttivo dell'azienda e l'operatore eseguiva una specifica attività vista la sua mansione di saldatore. Più rischio professionale di questo dove lo troviamo? Ritornando sull'oggetto del discorso, qui parliamo di "Rischi Professionali" e cioè a rischi per i lavoratori presenti nell’espletamento della loro normale attività lavorativa nella specifica mansione . Il rischio da COVID-19 è un "Rischio Professionale" per alcune categorie di lavoratori e per queste il DVR deve essere aggiornato integrando in esso le misure decise dalle Autorità Pubbliche. Per altre categorie di lavoratori è "Rischio generico", come ampiamente chiarito dai tanti provvedimenti legislativi emanati in questi ultimi 45 giorni. La valutazione del rischio da COVID-19, l'ha già fatta l'Autorità Pubblica indicandoci le misure da adottare nelle aziende. Si tratta di norme di Igiene Pubblica che sono sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale con la conseguenza che l'autonomia del datore di lavoro nella individuazione delle misure, viene meno e si deve attenere a queste. Quindi, dovrà applicarle contestualizzandole alle specificità. Non c'è alcun bisogno di aggiornare formalmente il DVR per le aziende per cui il rischio biologico non è un "Rischio Professionale". Se la tesi tua e di pochi altri fosse corretta, allora perché in passato non è stato mai valutato il rischio da influenza stagionale che, ogni anno, fa, per cause dirette, circa 400 morti/anno e per cause indirette, quasi 10.000 ? Non ve ne siete mai accorti? Questi erano morti di serie B? Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 05/04/2020 (11:02:07) |
ABC della Sicurezza sul lavoro Rischio generico: è rappresentato da un situazione di pericolo che grava in eguale misura sul lavoratore intento alla propria opera come su ogni altro individuo (ad esempio rischio che ci sia un terremoto). Rischio generico aggravato: è quello che incombe su ogni cittadino ma grava in misura maggiore, per frequenza o entità, su coloro che disimpegnano determinate attività lavorative (ad esempio, la cassiera del supermercato durante la pandemia Covid-19). Rischio specifico: è quello strettamente inerente alle condizioni fisiche di determinate attività lavorative e incombe in modo esclusivo o nettamente preponderante su coloro che esplicano mansioni peculiari. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 05/04/2020 (17:50:14) |
Continua con il copia - incolla di definizioni ampiamente conosciute da chi ha un minimo di competenza. La questione che continui a non capire è che in una pandemia, la valutazione anche per la cassiera, la farmacista, la portinaia, il muratore, l'autista di bus, il saldatore, ecc., l'ha già fatta l'Autorità Sanitaria e ci ha imposto quali misure adottare. Il datore di lavoro di questi lavoratori deve adattare il Protocollo contestualizzandolo alle proprie specificità. Il concetto è semplice, semplice……... Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 05/04/2020 (20:32:42) |
È obbligatorio vellutate i rischi generici aggravato di natura sanitaria (Commissione Interpelli) Con Interpello n.11/2016 il Ministero del Lavoro fornisce una precisazione in merito all’art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008 che prevede, per il datore di lavoro, l’obbligo di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari ed adottare, conseguentemente, le misure di prevenzione e protezione che reputi idonee allo scopo. In particolare, la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 05/04/2020 (20:45:46) |
Dubini, questo l'hai già scritto una settimana fa e ti è stato spiegato che quell'interpello riguarda il caso particolare di coloro che vengono inviati per lavoro in aree geografiche a rischio. Stavolta ti re-incollo quanto già scritto. Allora, l'Interpello n° 11/2016 era stato proposto dalla UIL Trasporti: "La UILTRASPORTI ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione relativamente alla sussistenza dell’obbligo, in capo al datore di lavoro, di considerare, nell’ambito della valutazione dei rischi, anche i rischi legati alla situazione ambientale (soprattutto nei paesi esteri) per il personale navigante delle compagnie aeree. In particolare, l’istante chiede di sapere: “… se nell’obbligo giuridico in capo al datore di lavoro della valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza con la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi (DVR), così come disciplinato dagli artt. 15, 17 e 28 del D.Lgs. n. 81/2008 sia ricompresa anche la valutazione della situazione ambientale e di sicurezza intesa anche come security, in particolare in paesi esteri ma non solo, legata a titolo esemplificativo ma non esaustivo ad eventi di natura geo politica, atti criminali di terzi, belligeranza e più in generale di tutti quei fattori potenzialmente pericolosi per l’integrità psicofisica dagli equipaggi nei luoghi (tipicamente aeroporti, alberghi, percorso da e per gli stessi e loro immediate vicinanze) dove il personale navigante si trovi ad operare/alloggiare quando comandati in servizio”. La risposta era stata la seguente: "Sulla base di quanto espresso in premessa, la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta." Come si vede, appare evidente che l'aggravamento del rischio è dovuto ad una situazione specifica in un determinato contesto geografico in cui un lavoratore è inviato per svolgere l'attività. Per questo motivo il DVR lo devo aggiornare prevedendo le misure per tutelare l'integrità psicofisica di un equipaggio inviato in un Paese a rischio guerra, attentato, epidemia, ecc. (ma questo l'avevo già spiegato nei precedenti post). Una pandemia, invece, permea tutti gli ambienti di lavoro e di vita e, per questo, il rischio è considerato "rischio generico". In merito a ciò che afferma colui a cui si ispira Dubini, va ricordato che il "rischio Corona Virus" non si manifesta SOLO durante il lavoro ma è presente anche negli ambienti di vita proprio perché si è davanti ad una pandemia. Questa è la differenza sostanziale tra l'inviare i lavoratori in un particolare contesto ambientale dove c'è il virus e c'è SOLO lì e avere una pandemia diffusa a livello mondiale dove il rischio di contagio è diffuso ovunque e cioè sia negli ambienti di lavoro che in quelli di vita. Non è difficile da capire. Pertanto, negli ambienti di lavoro delle aziende (aziende che NON fanno uso deliberato di agenti biologici e in allegato XLIV), senza toccare il DVR che riguarda i rischi professionali, si deve tassativamente contestualizzare il Protocollo alle specificità dell'azienda per garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Ricordo, infine, che l'Interpello era stato fatto a seguito di ciò che era successo ai dipendenti della Bonatti rapiti in Libia tra il luglio 2015 e il marzo 2016. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 06/04/2020 (10:00:13) |
Come scrive con acuta intelligenza giuridica su Giustizia Civile il professor Francesco Bacchini, "occorre sottolineare, per un verso, che il Protocollo d'intesa non ha rango di fonte di legge, nemmeno secondaria, rappresentando tutt'al più una regolamentazione cosiddetta di soft law e, per altro verso, che tali obblighi nemmeno discendono dalla suddetta già intervenuta decretazione (sulla quale molte parole potrebbero spendersi, ma non è questa la sede, in termini di rilevante distinzione tra raccomandazione e/o promozione e prescrizione, tra obbligo e relativa sanzione e persuasione e assenza di sanzione, tra norma e provvedimento). Pertanto, la natura di obbligo giuridico dei citati adempimenti in capo al datore di lavoro appare derivare dall'art. 2087 c.c., nonché dall'obbligo di valutare, a norma dell'art. 28, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008 (innanzi, TUSL), tutti i rischi che espongono i dipendenti a pericoli per la loro salute e sicurezza, eliminandoli o, comunque, riducendone per quanto possibile l'esposizione, incluso il rischio biologico da Covid-19 all'interno dei luoghi di lavoro (ex art. 266 TUSL) giacché, da un lato, il Covid-19 è definito “rischio biologico generico” nell'incipit del Protocollo d'intesa e, dall'altro, nell'allegato XLVI del TUSL è presente, fra gli altri, anche il Coronaviridae, ossia l'aggregazione (o famiglia) di virus i cui componenti sono noti come “coronavirus”. Infatti, sebbene il tenore letterale dell'art. 267 TUSL possa indurre a non ritenerlo applicabile alla fattispecie in discussione, la quale non riguarda aspetti ambientali connessi all'uso delle specifiche sostanze nelle lavorazioni proprie del processo produttivo, tuttavia, in virtù di un'interpretazione estensiva della norma in esame, non pare possibile escluderne l'applicabilità anche in relazione alla diffusione del coronavirus, soprattutto nel caso in cui sussista la probabilità di contagio all'interno dell'azienda". |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 06/04/2020 (17:42:27) |
Dice Bacchini: "Infatti, sebbene il tenore letterale dell'art. 267 TUSL possa indurre a non ritenerlo applicabile alla fattispecie in discussione, la quale non riguarda aspetti ambientali connessi all'uso delle specifiche sostanze nelle lavorazioni proprie del processo produttivo, tuttavia, in virtù di un'INTERPRETAZIONE ESTENSIVA della norma in esame, non pare possibile escluderne l'applicabilità anche in relazione alla diffusione del coronavirus, soprattutto nel caso in cui sussista la probabilità di contagio all'interno dell'azienda". Ci sono altre interpretazioni che dicono il contrario: Pascucci, Lepore, Fantini, Pelusi, Regione Veneto, Marche, Umbria, ecc., ecc. Quindi, la prendiamo per quella che è: una interpretazione estensiva …….. peraltro anche facilmente smontabile se il discriminante è inteso essere rappresentato dall'allegato XLVI dove vi è l'elenco degli agenti biologici suddivisi tra batteri e virus …….. visto che la famiglia dei Coronaviridae si presenta alla porta ogni autunno con un suo rappresentante. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 06/04/2020 (18:21:23) |
Mi preme sottolineare con forza che nell’individuazione e prevenzione dei potenziali pericoli per la salute (“rischi generici aggravati” come definiti nell’Interpello n. 11/2016 ai sensi art.12, D.Lgs. n. 81/08 e s.m.i.) si devono considerare molteplici fattori quali: località geografica, contesti macroclimatici complessi e relativa stagionalità, qualità delle infrastrutture, agenti fisici, agenti chimici, agenti biologici e agenti psicosociali. Per impostare le linee di azione e stabilire gli strumenti preventivi, il Datore di Lavoro, l’RSPP ed il Medico Competente devono effettuare un’attenta valutazione del rischio e conseguenti azioni di prevenzione e protezione come normato dal D.Lgs. n. 81/08 e s.m.i. attraverso il Titolo X, rischio biologico, art. 278 Informazione sulle malattie che possono essere contratte e art. 279 Prevenzione e controllo. Questo vale non solo per l'attuale pandemia da polmonite interstiziale Covid-19, ma anche per le influenze stagionali. D'ora in poi le larghissime omissioni della valutazione del rischio biologico non saranno mai più tollerabili. Mi sono capitate in cantiere aziende che sostengono la tesi balzana della necessità di non aggiornare il DVR al rischio Covid-19. Il Committente ha chiesto loro una dichiarazione scritta firmata da datore di lavoro ed RSPP nella quale dichiarino sotto la loro responsabilità che non aggiornano il DVR al rischio Covid-19 ... |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 06/04/2020 (19:39:16) |
Dubini, non siamo in Uganda dove c'è una epidemia di dengue che c'è lì e solo lì. Quindi, se io per lavoro vengo mandato in Uganda, il mio datore di lavoro deve attuare tutto ciò che deve essere fatto per tutelarmi: valutare il rischio dell'epidemia, profilassi da seguire, informazione, misure organizzative, ecc.. A questo si riferisce l'Interpello che continui a copia-incollare senza comprenderne il contesto a cui si riferisce ed i contenuti. Se invece sono in Italia, e non lavoro in un ambiente sanitario o in una azienda di cui all'allegato XLIV, il rischio di contrarre il virus è lo stesso sia dentro che fuori casa che al lavoro. Questo ci hanno detto le Autorità Pubbliche. E' un concetto semplice da comprendere. Poi, il legislatore Dubini ha stabilito che d'ora in poi, anche le influenze non saranno tollerate e diverranno parte integrante del DVR. Ne prendiamo atto …. ma mi domando: - il morbillo? - la varicella? - la rosolia? - la gastroenterite? E ……. Tutte con un R ben più alto di 3,8 (Covid 19) come il morbillo che è 18. In merito alle aziende, quelle con cui ho a che fare io invece sono state apprezzate dal committente per la procedura che hanno scritto e messo in atto per l'applicazione contestualizzata del Protocollo. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 06/04/2020 (21:43:31) |
È interessante osservare che gli enti di certificazione dei sistemi di gestione della sicurezza (ISO 45001) non hanno alcun dubbio sull'obbligo inderogabile di aggiornare la valutazione dei rischi al rischio biologico Covid-19. Ovviamente gli escamotages per evitare gli obblighi di legge non hanno mai molte prospettive. "VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO Monitoraggio biologico per la tutela della salute dei lavoratori SCENARIO A seguito del propagarsi dell'epidemia di COVID-19, tutti i datori di lavoro e gli RSPP hanno dovuto aggiornare o effettuare una valutazione del rischio biologico o aggiornare le misure di prevenzione e protezione specifiche. In un ambiente di lavoro possono essere presenti differenti agenti biologici responsabili di infezioni o allergie. Le manifestazioni cliniche possono presentarsi con diversa intensità in relazione a diversi fattori, anche sinergici, tra i quali le condizioni ambientali e la suscettibilità individuale. Attualmente gli scenari espositivi sono divisi in due categorie: uso deliberato di agenti biologici ed esposizione potenziale. Il datore di lavoro deve tutelare la salute dei lavoratori valutando tutti i rischi, compreso quello biologico. Per far fronte a tale dovere, il D.lgs. 81/08 (All. XLVI) fornisce gli strumenti per l’identificazione, valutazione, gestione e controllo del rischio. Bureau Veritas Nexta" |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 13/04/2020 (10:51:54) |
Abbiamo un nuovo legislatore: un ente di certificazione. Raccomando, invece, una lettura dell'art. 2 comma 10 del DPCM 10 aprile 2020. "Le imprese le cui attività non sono sospese RISPETTANO I CONTENUTI DEL PROTOCOLLO condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 14 marzo 2020 fra Governo e Parti Sociali". Le conclusioni, ammesso che non lo fossero anche prima, visto che le norme di Igiene Pubblica sono sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale, ora dovrebbero essere chiare a tutti. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 13/04/2020 (10:55:15) |
Poi, magari, la redazione ci spiega perché ha tagliato gli altri commenti postati dopo il 6 aprile. Grazie. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 13/04/2020 (10:56:12) |
Il RSPP ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa (incluso quello sanitario) e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, Cassazione Penale Sezioni Unite sentenza n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri Il RSPP, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. |