Movimentazione manuale dei pazienti: microergonomia e macroergonomia
Milano, 18 Feb – Sappiamo che nelle strutture sanitarie, anche con riferimento alle residenze sanitarie assistite (RSA), molti infortuni sono legati alla movimentazione manuale dei pazienti (MPP). E tale movimentazione, in assenza di idonei strumenti e buone prassi, può favorire negli operatori l’insorgenza di lesioni dorso-lombari.
A questo proposito cosa può fare l’ergonomia per la riduzione del rischio? E come è possibile applicare la micro e la macroergonomia in un’azienda ospedaliera?
Per fornire qualche risposta ci soffermiamo su un intervento al seminario “ Evoluzione del rischio da movimentazione pazienti dal 1999 al 2017: un nuovo dossier Ambiente e Lavoro” che si è tenuto a Milano il 15 febbraio 2019 e che ha ricordato non solo i fattori di rischio dell’ operatore sanitario ma anche alcuni aspetti correlati alla norma tecnica ISO 12296 “Ergonomics – Manual handling of people in the healthcare sector” del 2012.
Nell’articolo ci soffermiamo sui seguenti argomenti:
- Cosa è la microergonomia e la macroergonomia
- La microergonomia applicata alla riduzione del rischio da MMP
- Dall’approccio micro all’approccio macroergonomico
Cosa è la microergonomia e la macroergonomia
L’intervento “ Micro e macroergonomia per la riduzione del rischio in una grande azienda ospedaliera”, a cura di Rosa Manno ( Fond. IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico - UOC Medicina del lavoro), ci permette di avere qualche utile indicazione sull’applicazione dell’ergonomia.
Nell’intervento si indica che la microergonomia riguarda la “progettazione e valutazione dell’interazione uomo-ambiente-prodotto all’interno di uno specifico contesto”. E la macroergonomia riguarda l’interazione tra organizzazione e uomo.
In particolare Hendrick (IEA) “definisce la macroergonomia come approccio socio-tecnico al progetto organizzativo, ai sistemi di lavoro, ai rapporti uomo-macchina e uomo-ambiente”. Con la macroergonomia si mette “al centro dei processi di cambiamento i soggetti, sottolineando l’importanza dell’interrelazione tra tecnologia e aspetti sociali”.
La microergonomia applicata alla riduzione del rischio da MMP
L’intervento si sofferma poi sulla microergonomia applicata alla riduzione del rischio da MMP in una grande azienda ospedaliera:
- “Valutazione del rischio in una specifica realtà assistenziale
- Identificare le criticità presenti
- Formulare piani di intervento mirati nel breve-medio e lungo termine
- Individuare le attrezzature necessarie tenendo presente le barriere all’utilizzo es.
- Attrezzatura di difficile utilizzo
- Avversione dei pazienti all’attrezzatura
- Eccessivo tempo di utilizzo
- Numericamente insufficienti
- Carente formazione
- Costi/Benefici”.
E, con riferimento anche alla ISO Technical Report 12296 del 2012, per la scelta della attrezzatura bisogna “tenere presente:
- tipologia di paziente da movimentare
- movimentazioni che vengono abitualmente effettuate
- frequenza di movimentazione
- organizzazione del lavoro
- caratteristiche degli ambienti di lavoro”.
Sono riportate nell’intervento diverse schede esemplificative (scheda scelta ausili, proposta di nuove attrezzature, approvvigionamento e formazione, …)
Il documento si sofferma poi sui “requisiti ergonomici di base di una attrezzatura:
- Sicurezza per operatore e paziente
- Basso sforzo fisico applicato
- Confort per il paziente
- Semplicità di utilizzo”.
Questo sono invece i requisiti ergonomici specifici:
- “adeguatezza alla funzione da svolgere
- adeguatezza ai pazienti abitualmente presenti
- adeguatezza all’ambiente in cui si utilizza l’attrezzatura”.
Sono poi riportate le fasi per approvvigionamento/utilizzo ausili attrezzature e alcune schede di valutazione dei requisiti ergonomici.
Riprendiamo dalle slide lo stralcio di un esempio di scheda di verifica dei requisiti ergonomici:
Sono poi riportati alcuni esempi di istruzioni operative che presentano una descrizione dettagliata della prassi dell’esecuzione di un’azione con i seguenti obiettivi:
- “Standardizzare un comportamento in relazione ad un’attività evitando personalizzazioni
- Chiarezza nella definizione del tipo di movimentazione e per quale tipologia di paziente viene utilizzata l’attrezzatura
- Trasparenza dei ruoli degli attori a monte e a valle del processo (chi fa che cosa nelle diverse fasi)
- Rende partecipe il gruppo di lavoro di quali siano le modalità operative meno sovraccaricanti
- Efficienza: la conoscenza delle azioni permette di migliorare i processi
- Efficacia: riduzione del sovraccarico biomeccanico per l’operatore
- Sicurezza: migliora le condizioni di lavoro
- Migliora la qualità dell’assistenza
- Facilita l’inserimento dei nuovi assunti
- è uno strumento importante per la gestione documentale e di comunicazione interna all’azienda”.
Rimandiamo alla lettura integrale delle slide che riportano ulteriori indicazioni e sottolineiamo che la relatrice ricorda che, tuttavia l’approccio microergonomico non è vincente. Come passare ad un approccio macroergonomico?
Dall’approccio micro all’approccio macroergonomico
Una parte dell’intervento è dedicato al passaggio dalla microergonomia alla macroergonomia applicata alla riduzione del rischio da movimentazione manuale dei pazienti in una grande azienda ospedaliera:
- “istituire un team di interlocutori per la gestione del rischio da MMP
- programmare gli incontri del team a cadenze stabilite
- conoscere i servizi e le strutture che si occupano del processo
- conoscere le fasi da seguire nel tempo in relazione agli specifici
- conoscere le modalità di comunicazione da mettere in atto”.
E il team di interlocutori da istituire con atto formale è costituito da:
- “Componente direzione strategica (Direttore Sanitario, Direttore delle Professioni Sanitarie)
- RSPP
- M.C.
- Back Care Advisor
- RLS
- Responsabile/componente ufficio Approvvigionamento”.
Questi alcuni obiettivi da raggiungere indicati nella relazione:
- “Aggiornare il DVR rispetto alle azioni di miglioramento attuate”
- Completamento/ripristino/ forniture attrezzature
- Formazione permanente”
- Verifica degli interventi messi in atto:
- riduzione del rischio
- utilizzo attrezzature
- riduzione assenze per malattia specifica”.
In definitiva gestendo il rischio specifico e con un team attivo è possibile gestire meglio le risorse umane con ridotte capacità lavorative, recuperare professionalità, ridurre i giorni di assenza e gli infortuni, ridurre i costi e migliorare la qualità dell’assistenza.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
“ Micro e macroergonomia per la riduzione del rischio in una grande azienda ospedaliera”, a cura di Rosa Manno (Fond. IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico-UOC Medicina del lavoro), intervento al convegno “Evoluzione del rischio da movimentazione pazienti dal 1999 al 2017: un nuovo dossier Ambiente e Lavoro” (formato PDF, 1.09 MB).
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Rispondi Autore: itaca - likes: 0 | 18/02/2020 (09:29:35) |
Elementi, dalla mia esperienza in case di riposo, fondamentali, sono le indicazioni e l'attività dei fisioterapisti che lavorano nelle strutture e sono i titolati, almeno in fvg, a decidere per quali utenti utilizzare gli ausili per la mmp (sollevatori, telini, ecc..). Il loro focus è l'utente, che va movimentato in sicurezza ma soprattutto per il quale va mantenuta l'autonomia residua...mentre il focus del SPP è costituito dalla salute e dalla sicurezza del lavoratore. Le due cose non vanno sempre di pari in passo. Di questa interazione non sempre lineare e concordante gli esperti, anche del gruppo di Milano dell'EPM, non parlano mai. E io trovo invece sia l'elemento più complicato... Per quanto ci riguarda i dirigenti sono disponibili all'acquisto di ausili, all'effettuazione della formazione, della verifica dell'efficacia, dell'addestramento, delle misure organizzative necessarie a limitare il rischio, a volte anche di investimenti importanti per la modifica degli spazi, ma la convergenza delle due logiche di cui sopra invece è ancora lontana. Nel team di interlocutori di cui parla l'articolo deve assolutamente far parte questa figura. |