La valutazione dei rischi e il DVR ai tempi del Coronavirus
Mentre mi accingo a scrivere quanto segue, nella mia posta elettronica continuano ad arrivare messaggi che mi rammentano la necessità di procedere alla valutazione del rischio ed alla redazione del DVR riguardo il Corona Virus (SARS-Cov-2), proponendo pacchetti di aggiornamento software o modelli di DVR da personalizzare con prezzi che vanno dai 50,00 ai 250,00 euro + IVA.
Ovviamente, davanti a tali proposte, viene cinicamente immediato pensare che <<più che quanta gente ci muore per la mancanza di sicurezza, dovremmo chiederci quanta gente ci campa>> anche e soprattutto speculando, in un momento come questo.
Del resto, a proposito di speculazioni, basta andare su un qualunque sito di vendita on line per vedere a che prezzi astronomici sono arrivate le mascherine ed i flaconcini di amuchina (aspettiamo con fiducia che qualche Procura si muova al riguardo).
Nei vari gruppi tematici di discussione presenti sul web e frequentati da noi tecnici, visto il citato bombardamento a cui siamo sottoposti, l’argomento principe è quello della sussistenza o meno dell’obbligo di valutazione del rischio da Corona Virus.
Come al solito si sono formate due correnti di pensiero.
Quanto segue è l’opinione di chi scrive e come tale non deve essere presa come un dogma così come non deve essere presa come un dogma l’opinione opposta anche se proveniente da chi opera, ad esempio, in posizioni direttive di un organo di vigilanza visto che, al dogma dell’infallibilità, sembra stia rinunciando anche il Papa.
L’opinione di chi scrive deriva da un fatto incontrovertibile e cioè che i rischi che devono essere oggetto della valutazione dei rischi e del conseguente DVR, sono i rischi professionali e cioè i rischi per la SSL a cui è esposto un lavoratore nell’espletamento della sua attività lavorativa nella specifica mansione all’interno dell’organizzazione aziendale.
Per averne conferma basta, ad esempio, leggere la definizione di Prevenzione (art. 2 comma 1, lett. n) del D. Lgs. n° 81/2008) e quella di Servizio di Prevenzione e Protezione dai Rischi (art. 2 comma 1, lett. l) del D. Lgs. n° 81/2008).
Conseguentemente, il riferimento a <<tutti i rischi>> poi citati all’art. 15 ed all’art. 28 comma 1 del citato decreto non può che far riferimento ai rischi professionali endogeni all’organizzazione aziendale.
A questo punto ci si deve domandare se il rischio biologico da Corona Virus sia o no un rischio professionale.
La risposta non può che essere: dipende….
Certamente è un rischio professionale per coloro che, operando in una organizzazione aziendale, espletano una mansione che determina un incremento dell’entità del rischio rispetto al resto della popolazione o ad altri lavoratori perché, anche se non nasce all’interno dell’organizzazione aziendale, l’aumento dell’entità del rischio è legata alla mansione espletata nella specifica attività lavorativa.
Altrettanto certo è che non è un rischio professionale per coloro che, operando in una organizzazione aziendale, espletano una mansione che non determina un innalzamento dell’entità del rischio rispetto al resto della popolazione. In questo secondo caso, siamo di fronte a un rischio esogeno perché non nasce all’interno dell’organizzazione aziendale, non è prevenibile dal datore di lavoro e non è legato alla mansione espletata ed alla relativa attività lavorativa.
Nel primo caso, ci rientrano, ad esempio, coloro che operano all’interno delle strutture sanitarie come coloro che stanno studiando il virus.
Ci rientrano anche quelle categorie di lavoratori che svolgono le attività indicate all’Allegato XLIV al D. Lgs. n° 81/2008 [1]; qui pur non essendoci la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, esiste un rischio di esposizione ad essi.
Si è di fronte, quindi, ad attività lavorative in cui è possibile il contatto con agenti biologici; queste aziende hanno l’obbligo di procedere alla valutazione del rischio da agenti biologici e aggiornare, quando necessario, la stessa in quanto, la probabilità per il proprio personale di contrarre una qualunque infezione, è palesemente maggiore a causa della specifica attività svolta.
Nel secondo caso, ci rientrano tutti gli altri….ed è su questi che oggi si sta facendo una grandissima confusione ponendoli sullo stesso piano di coloro che rientrano nel primo caso.
Il fatto innegabile è che, ad oggi, ci sia un rischio di contagio.
Contagio che può avvenire sia sul posto di lavoro che in altri ambienti di vita.
Chi sostiene che tale rischio debba essere valutato, ad esempio, dal datore di lavoro di un’azienda metalmeccanica alla stregua di tutti gli altri rischi aggiornando il DVR, fa riferimento, oltre ai già citati artt. 15 e 28 del decreto, anche a:
- Interpello 19841 del 25/10/2016;
- Circolare del Ministero della Salute n° 3190 del 03/02/2020;
- Circolare del Ministero della Salute n° 5443 del 22/02/2020.
Vediamo cosa dicono questi tre provvedimenti.
L’Interpello n° 19841 del 25/10/2016 riguardava la risposta al quesito relativo alla valutazione dei rischi ambientali e sicurezza del posto di lavoro del personale navigante delle compagnie aeree.
Si chiedeva <<… se nell’obbligo giuridico in capo al datore di lavoro della valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza con la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi (DVR), così come disciplinato dagli artt. 15, 17 e 28 del D.Lgs. n. 81/2008 sia ricompresa anche la valutazione della situazione ambientale e di sicurezza intesa anche come security, in particolare in paesi esteri ma non solo, legata a titolo esemplificativo ma non esaustivo ad eventi di natura geo politica, atti criminali di terzi, belligeranza e più in generale di tutti quei fattori potenzialmente pericolosi per l’integrità psicofisica dagli equipaggi nei luoghi (tipicamente aeroporti, alberghi, percorso da e per gli stessi e loro immediate vicinanze) dove il personale navigante si trovi ad operare/alloggiare quando comandati in servizio>>.
Appare chiaro che qui si stia parlando di personale che opera nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro (Compagnia Aerea) e che tali rischi si concretizzino durante l’espletamento della specifica mansione: piloti e assistenti di volo.
Qui la prestazione lavorativa è caratterizzata da modalità di svolgimento imposte dal datore di lavoro della Compagnia Aerea con la conseguenza che tutto ciò che accade nel corso della stessa deve essere considerato come verificatosi in attività di lavoro, in quanto accessorio alla stessa e ad essa funzionalmente connesso, e ciò dal momento in cui l’attività ha inizio e fino al momento della sua conclusione.
Quindi, il rischio di essere coinvolti in eventi come quelli citati ma anche al contagio di una qualche infezione, deriva direttamente dallo svolgimento della mansione che prevede anche i viaggi in questi Paesi a rischio. Infatti, è ben diverso sbarcare al Charles de Gaulle di Parigi rispetto all’aeroporto Hassan Djamous di N'Djamena (CIAD) e da qui recarsi in hotel o atterrare al Bangoka di Kisangani in Congo.
Di conseguenza, è ovvio che il datore di lavoro debba preoccuparsi di individuare i pericoli, valutare i rischi ed adottare le conseguenti misure organizzative e procedurali.
Certo questa non è una novità e non lo è sicuramente per il rischio di contagio da malaria, febbre gialla, ecc. Basti pensare a tutto il personale delle aziende che da decenni si reca per lavoro in queste aree a rischio con la preventiva profilassi antimalarica e le varie vaccinazioni da fare.
Comunque, la Commissione Interpelli, allo specifico quesito, aveva risposto come segue:
<<… la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta>>.
Il <<rischio generico aggravato>> a cui rimandano coloro ritengono necessaria la valutazione del rischio contagio per tutte le aziende senza distinzione alcuna, è definito come quel rischio << la cui maggiore gravità deriva dalla stessa attività espletata che richiede al lavoratore di esporsi maggiormente a determinati fattori di rischio>>.
Appare chiaro, pertanto, che i contenuti di tale Interpello non possono essere certo utilizzati per sostenere l’obbligo di valutazione dei rischi da Corona Virus per le aziende industriali, ecc., in quanto lavorare in uno stabilimento industriale non aumenta il rischio rispetto al resto della popolazione visto che il rischio di contrarre il virus è lo stesso sia dentro che fuori l’azienda, a meno che non si pensi che le interazioni tra persone possano avvenire solo all’interno di questa e i lavoratori, appena usciti dal proprio luogo di lavoro, conducano un’esistenza monacale in un eremo modello “ora et labora”?
Oppure si pensa che la maggiore gravità derivi dal dover uscire di casa per recarsi al posto di lavoro?
In questa ipotesi dovremmo pensare che il personale, quando è in casa, conviva con altri soggetti che, come lui, conducono un’esistenza monacale o siano affetti da agorafobia senza alcun contatto con altre persone esterne al nucleo familiare ristretto.
Passiamo adesso all’altro provvedimento i cui contenuti sono portati a sostegno della tesi dell’obbligo di valutazione del rischio da contagio per tutte le aziende indiscriminatamente.
La Circolare del Ministero della Salute n° 3190 del 03/02/2020 ha per oggetto <<Indicazioni per gli operatori dei servizi/esercizi a contatto con il pubblico>> ed è diretta a ben identificati soggetti.
A pag. 3 della Circolare è testualmente riportato:
<< Pertanto, ad esclusione degli operatori sanitari, si ritiene sufficiente adottare le comuni misure preventive della diffusione delle malattie trasmesse per via respiratoria, e in particolare:
- lavarsi frequentemente le mani;
- porre attenzione all’igiene delle superfici;
- evitare i contratti stretti e protratti con persone con sintomi simil influenzali.
- adottare ogni ulteriore misura di prevenzione dettata dal datore di lavoro.>>
Qui vengono fornite delle indicazioni solo per il personale che è a diretto contatto con il pubblico e cioè una ben precisa categoria di lavoratori.
Questa Circolare era stata pubblicata quando in Italia non era stata accertata la presenza del virus.
Il 22 febbraio scorso è stata pubblicata la Circolare del Ministero della Salute n° 5443. Questa Circolare ha per oggetto <<COVID-2019. Nuove indicazioni e chiarimenti>> ed è stata pubblicata dopo l’accertata presenza del virus in Italia. Essa è diretta a ben identificati soggetti e fornisce una serie di indicazioni tra cui quella riguardante le modalità di <<Pulizia degli ambienti non sanitari>> raccomandando l’utilizzo di DPI: filtrante respiratorio FFP2 o FFP3, protezione facciale, guanti monouso, camice monouso impermeabile a maniche lunghe (seguire le misure indicate per la rimozione in sicurezza dei DPI (svestizione) - dopo l’uso, i DPI monouso vanno smaltiti come materiale potenzialmente infetto).
Anche i richiami a queste Circolari non appaiono validi per giustificare la richiesta di valutazione del rischio e redazione del DVR per le aziende industriali, ecc. a causa di una potenziale esposizione al contagio da Corona Virus.
Del resto, i fautori della necessità di valutazione del rischio biologico e aggiornamento del DVR dovrebbero ricordare che questo rischio, inteso come rischio indiretto per il personale e cioè non derivante da un uso deliberato di agenti biologici, doveva già essere affrontato nel DVR ove potenzialmente presente nell’espletamento dell’attività lavorativa: si pensi, ad esempio, al personale addetto alla manutenzione dei sistemi di depurazione delle acque reflue (vedasi Allegato XLIV).
Ovviamente ciò non vuol dire che le aziende non debbano preoccuparsi del problema ma tutt’altro visto, quantomeno, l’art. 18 comma 1, lett. i) del D. Lgs. n° 81/2008 riguardante gli obblighi informativi a carico del datore di lavoro.
Pertanto, ogni azienda, con il supporto del proprio Medico Competente (MC), dovrà emanare una serie di disposizioni volte a ridurre la possibilità di contagio per il proprio personale, seguendo le indicazioni fornite dalle Autorità Sanitarie.
Vediamo un esempio di quali possano essere tali disposizioni:
- vietare al personale di recarsi all’interno delle Aree Rosse in Italia ed effettuare trasferte di lavoro in Cina, in Corea del Sud, a Macao, a Taipei e ad Hong Kong;
- raccomandare al proprio personale di non effettuare trasferte internazionali e nazionali, con l’unica eccezione di quelle indispensabili per garantire la continuità operativa aziendale;
- sospendere i corsi di formazione e gli eventi aziendali, nonché la partecipazione a convegni o ad altri eventi esterni;
- effettuare le riunioni aziendali di lavoro in videoconferenza, limitando il più possibile quelle con partecipazione fisica diretta;
- per il personale residente o domiciliato nelle Aree Rosse, l’attività lavorativa sarà svolta in modalità smart working fino a che le autorità pubbliche manterranno lo stato di isolamento;
- attività lavorativa svolta in modalità smart working anche per il personale operante in sedi dove si è venuti a conoscenza di un contatto diretto avvenuto anche in ambito extra lavorativo tra una persona della sede e persona risultata contagiata;
- sospendere gli incontri in presenza con i clienti o fornitori spostandoli sui sistemi di videoconferenza;
- nel caso in cui gli incontri in presenza siano assolutamente indispensabili con i clienti o i fornitori, il personale di questi deve:
- non essere residente o domiciliato all’interno delle Aree Rosse;
- non essere stato in contatto diretto con una persona affetta dal Corona Virus;
- non abbia ricevuto comunicazione da parte delle Autorità Sanitarie in merito ad un suo contatto diretto con una persona contagiata dal Corona Virus;
- non abbia recentemente fatto viaggi da e per la Cina, Corea del Sud, Hong Kong, Taipei e Macao;
- non abbia conviventi che abbiano recentemente fatto viaggi da e per la Cina, Corea del Sud, Hong Kong, Taipei e Macao;
- saranno intensificate, mediante l’impiego di prodotti efficaci, le attività di sanificazione e igienizzazione dei luoghi di aggregazione e transito di personale quali la mensa, gli spogliatoi, le aree di somministrazione di bevande e snack, l’infermeria, ecc.;
- in prossimità della mensa aziendale e dei distributori di bevande e snack, saranno installati distributori di gel igienizzanti per mani;
- il personale deputato alla distribuzione di cibo in mensa sarà dotato di idoneo equipaggiamento protettivo, provvisto di mascherina con filtro e guanti monouso;
- attuare le seguenti misure di igiene per evitare le infezioni delle vie respiratorie:
- lavarsi le mani;
- coprire le vie aeree quando si tossisce e starnutisce;
- cestinare i fazzolettini di carta, una volta utilizzati;
- porre particolare attenzione all’igiene delle superfici;
- evitare contatti stretti con persone con sintomi simil-influenzali.
adottare queste accortezze anche nel proprio ambito familiare.
- nel caso in cui si fosse affetti da sindrome influenzale rimanere a casa e consultare il medico di famiglia attenendosi a quanto previsto dalle Autorità Sanitarie;
- nel caso di sindrome influenzale con conclamate difficoltà respiratorie, non recarsi al Pronto Soccorso ma chiamare il numero emergenza 112 e seguirne le istruzioni;
- informare tempestivamente l’azienda qualora si avesse il sospetto di essere entrati in contatto, anche indirettamente, con persone che manifestino i sintomi di infezione respiratoria (febbre, tosse, difficoltà respiratorie);
- tenersi aggiornati consultando periodicamente i siti del Ministero della Salute e dell’Assessorato alla Sanità della propria Regione nonché del proprio comune di residenza.
Questo elenco di misure organizzative e procedurali, volte a prevenire il contagio e la diffusione dello stesso, sono quelle diffuse dalle Autorità Sanitarie. La loro concreta applicazione, ad esempio, in un’azienda metalmeccanica o elettronica o …, è più che sufficiente per soddisfare quanto richiesto per ridurre al minimo la possibilità di contagio.
Pertanto, quale è il valore aggiunto derivante dal procedere ad una specifica valutazione del rischio dell’agente biologico Corona Virus (fatta da chi e come?) ed all’integrazione dell’esistente DVR, facendo ripartire, tra l’altro, il solito loop con data certa o firma congiunta di Datore di lavoro, RSPP, MC e RLS su questo documento?
Quello che conta non sono forse le azioni messe in atto dalle aziende, in funzione delle proprie attività secondo quanto richiesto dalle Autorità Sanitarie, per prevenire il contagio e la sua diffusione?
Se queste considerazioni possono sembrare logiche, evidentemente non lo sono per coloro che sapientemente hanno interesse a mantenere alto il clamore ed il livello di attenzione suscitato dal Corona Virus, veicolando le interpretazioni più integral-talebane, in quanto ne hanno fatto uno specifico business oppure per semplice autoreferenzialità e spacciano tale scelta come sistema per preservare le aziende da eventuali azioni da parte degli enti di vigilanza.
Comunque, è importante sostenere con forza che, escluse le attività citate dove il rischio è di tipo professionale, non sussista l’obbligo formale di aggiornamento del DVR proprio per evitare che, una volta passato questo periodo, ci siano funzionari degli enti di vigilanza che vadano a contestare alle aziende il mancato aggiornamento del DVR in riferimento a quello che per loro (solo per loro) è il “rischio biologico da Corona Virus”, infischiandosene delle azioni concretamente attuate dall’azienda ed indicate dalle Autorità Sanitarie che, invece, sono l’evidenza dell’attenzione del datore di lavoro verso la tutela della salute dei propri collaboratori.
Vale la pena di chiudere questo intervento, prendendo a prestito ed adattandolo alla situazione attuale, quello che, un grande conoscitore degli italiani (A. Manzoni), scrisse quasi duecento anni:
<<Il buon senso c’è …. ma se ne sta nascosto per paura del senso comune!>>.
Carmelo G. Catanoso
Ingegnere Consulente di Direzione
[1] Art. 271 comma 4: Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell’Allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrino che l’attuazione di tali misure non è necessaria.
All. XLIV: Elenco esemplificativo di attività lavorative che possono comportare la presenza di agenti biologici
1. Attività in industrie alimentari.
2. Attività nell’agricoltura.
3. Attività nelle quali vi è contatto con gli animali e/o con prodotti di origine animale.
4. Attività nei servizi sanitari, comprese le unità di isolamento e post mortem.
5. Attività nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica.
6. Attività impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti.
7. Attività negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.
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Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 27/02/2020 (07:21:31) |
Preciso e puntuale come sempre. Concordo su tutto. Ottimo lavoro! Finalmente qualcuno che dice le cose come stanno davvero. Grazie. GG. |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 27/02/2020 (07:33:28) |
Era fondamentale chiarire i reali obblighi, perché tutta questa storia potrebbe creare un pericoloso precedente e quindi per evitare che quando tutto sarà finito (spero presto) a qualcuno non venga l'idea di sanzionare le aziende non professionalmente esposte che non avevano provveduto ad aggiornare il capitoletto del rischio biologico ai tempi del coronavirus. Grazie ancora Carmelo. G. |
Rispondi Autore: Gianluca Tomei - likes: 0 | 27/02/2020 (07:35:58) |
Non si può che concordare. Ottime considerazioni, di buon senso. |
Rispondi Autore: Giuseppe Elisetti - likes: 0 | 27/02/2020 (07:56:13) |
Finalmente delle considerazioni razionali e assolutamente condivisibili!Grazie. |
Rispondi Autore: Riccardo borghetto - likes: 0 | 27/02/2020 (08:39:35) |
Ottimo articolo e condivisibile. Siamo sulla stessa linea di pensiero. |
Rispondi Autore: giulia ponticelli - likes: 0 | 27/02/2020 (08:50:31) |
grazie, ottimo articolo, prezioso per "difendersi" da ottusi in cerca di una cavillo. |
Rispondi Autore: Roberto Bruno - likes: 0 | 27/02/2020 (08:57:49) |
Rimane il dubbio non tanto sulle attività industriali e produttive, ma su quelle commerciali, con afflusso di visitatori esterni/Clienti (negozi e simili). In questo caso il rischio è connaturato alla tipologia di attività, non prevedibile da parte del DL, ma che nelle attuali situazioni sono soggette ad un aumento del rischio rispetto alle altre tipologie lavorative, pur non essendo incluse nell'allegato XLIV |
Autore: jean | 17/05/2020 (01:28:59) |
salve Roberto! io sinceramente(come la maggioranza dei miei colleghi) non ho ancora la certezza se devo oppure no far firmare qualche modulo alla mia dipendente ,tanto piu' se devo aggiornare il dvr! data odierna 17/05/2020 grazie mille per la risposta. |
Rispondi Autore: Maurizio Ferrari - likes: 0 | 27/02/2020 (09:10:32) |
Ottimo! Finalmente qualcuno che dice le cose come stanno; |
Rispondi Autore: Giancarlo Lora - likes: 0 | 27/02/2020 (09:34:19) |
grazie! Finalmente un chiarimento esaustivo e razionale in un contesto in cui la psicosi del virus fa saltare ogni barlume di lucidità e serietà! |
Rispondi Autore: Michele - likes: 0 | 27/02/2020 (09:38:53) |
FINALMENTE ... anche se ancora una volta fra i commenti si palesano gli integral-talebani che vogliono chiudere i centri commerciali, i negozi e tutte le attività a contatto con il pubblico ... saranno stati monaci di clausura o aspirano ad esserlo? ... o semplicemente dove aver provato la carriera di comici in TV vogliono diventare famosi cavalcando l'onda del virus come massimi esperti? |
Autore: Roberto | 27/02/2020 (09:51:23) |
Nessun integral-talebano, anzi, sono lieto che i negozi siano aperti e tali restino fino ad indicazione ministeriale diversa. Evidentemente non sono stato in grado di far comprendere il punto. I negozi aperti, ma l'articola identifica una particolare tipologia di attività, quella industirale/produttiva, l'allegato XLIV ne esplicita altre, ma nel mezzo c'è una serie di attività che si trovano nel limbo. A me sembra che come sempre la distinzione in bianco o nero sia la cosa più integralista che esista... |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 27/02/2020 (09:57:15) |
Il potenziale contatto con i clienti in un negozio non è differente dal potenziale contatto con le persone negli ambienti di vita come in un bus, in un metro, in una stazione, al bar con gli amici, alla partita di calcetto, ecc.. E' sufficiente, in un negozio aperto al pubblico, attuare le misure consigliate dalle Autorità Pubbliche ed ampiamente note per ridurre al minimo il rischio di contagio. |
Autore: Roberto Bruno | 27/02/2020 (10:15:38) |
Ecco un confronto costruttivo, grazie. Sicuramente sono da applicare le buone prassi ministeriali, ed alcune raccomandazioni di igiene. Resto dubbioso sulla durata dell'esposizione: i lavoratori sono esposti per 8 ore continuative, al contrario della popolazione normale che ha una durata dell'esposizione differente. Ciò detto, confronto utile per delle riflessioni |
Rispondi Autore: Andrea RSPP - likes: 0 | 27/02/2020 (10:06:57) |
Sono pienamente d'accordo con l'ing. Catanoso: a mio avviso il datore di lavoro in questo caso deve solo rispettare l’adozione delle cautele previste dalla pubblica autorità e dal Ministero della salute. Piccole cose, ma necessarie, doverose e utili. |
Rispondi Autore: michele - likes: 0 | 27/02/2020 (10:20:50) |
X Roberto ... non mi riferivo a te, ma ad un integral-talebano che ha l'abitudine di scrivere e poi sparire quando qualcuno lo contraddice; è un esimio fine parlatore che come scrivevo soffre di mancanza di popolarità e ci prova in tutti i modi ad ottenerla, anche andando in TV a fare il "cinese"; per il resto sono pienamente d'accordo con l'ing. catanoso sia per quanto scrive nell'articolo che nei suoi successivi commenti |
Autore: Roberto Bruno | 27/02/2020 (10:56:22) |
Grazie mille |
Rispondi Autore: Claudio Stellato - likes: 0 | 27/02/2020 (10:59:54) |
Ottimo articolo. Il mio personale pensiero va a chi ogni giorno è costretto, per ragioni lavorative, a stare in contatto diretto con il pubblico. In questo caso, da RSPP esterno, mi preoccupo di fare una valutazione preventiva per nulla speculativa che miri ad informare maggiormente i lavoratori esposti secondo le indicazioni sia dell'OMS che ISS. Per cui gli speculatori emergono come tali e vanno considerati come tali ed evitati come il SARS-COV-2. |
Rispondi Autore: Maria - likes: 0 | 27/02/2020 (11:06:40) |
Le precauzioni sono tutte giuste. Forse la cosa più corretta sarebbe evitare di andare in visita alle persone più a rischio, cioè gli anziani. Se non indispensabile evitiamo di portargli il contagio in casa, senza che lo vivano come un abbandono naturalmente. Perchè se io che per lavoro sono in giro, lo posso prendere senza avere problemi, nel momento in cui vado a trovare mia madre che ha 83 anni potrei contagiarla e lei potrebbe invece avere seri problemi. Quindi io personalmente sto limitando questi contatti al minimo indispensabile, chiamandola invece più volte del solito al telefono. |
Rispondi Autore: Carlo Timillero - likes: 0 | 27/02/2020 (11:11:38) |
Porto un contributo partendo da un dato oggettivo. L'influenza "normale" genera numeri di malati e di morti clamorosamente superiore ai numeri di cui si sta parlando per il Coronavirus. A chi è mai venuto in mente di valutare il rischio biologico derivante dall'esposizione stagionale al virus dell'influenza? Perchè il problema si pone solo oggi? Perchè nessun datore di lavoro ha reso obbligatoria la vaccinazione antitetanica? ( non oso immaginare le reazioni dei no-vax!) Io credo ci si trovi di fronte a un problema di salute pubblica dove i comportamenti preventivi obbligatori vengono identificati dalle autorità. E' nell'interesse dell'azienda ( meno contagi, meno assenze, meno costi - funziona anche per l'influenza normale!) diffondere i comportamenti preventivi, se ritiene il caso potenziandoli e rendendoli obbligatori nell'ambito aziendale. In questo caso attivando la sorveglianza sul corretto adempimento. |
Rispondi Autore: taitas - likes: 0 | 27/02/2020 (11:21:16) |
Grazie per il prezioso contributo e congratulazioni per l'argomentazione delle tesi a sostegno del "buon senso". Probabilmente la sovraesposizione mediatica ha contribuito a influenzare emotivamente tutti gli addetti ai lavori! |
Rispondi Autore: Giuseppe Scarpino - likes: 0 | 27/02/2020 (11:39:46) |
Interessante riflessione. Mi sembra la prima e forse l'unica su questa lunghezza d'onda. Condivisibile! Grazie ing. Catanoso. |
Rispondi Autore: Cristiano Princi - likes: 0 | 27/02/2020 (12:56:40) |
Come sempre accade in situazioni in cui viene paventato un rischio per la salute, c'è sempre qualcuno che cerca di speculare. Soprattutto, quando si può far leva su obblighi di legge travisati a proprio beneficio. La vicenda SARS-CoV-2 ha messo in luce come opera chi, invece della salute dei lavoratori pensa a produrre "carta" a favore delle proprie casse. La ringrazio per aver finalmente fatto chiarezza, nella speranza che il suo articolo abbia la maggior diffusione possibile. |
Rispondi Autore: Brunello Camparada - likes: 0 | 27/02/2020 (13:51:03) |
Condivido pienamente quanto scritto dall'ing. Catanoso, applicabile anche ai cantieri. |
Rispondi Autore: gpalmisano - likes: 0 | 27/02/2020 (17:21:37) |
ottimo contributo come sempre. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 28/02/2020 (11:01:58) |
La valutazione del rischio biologico deliberato, potenziale, occasionale Non esiste solo il rischio biologico deliberato, ma anche quello occasionale e potenziale: D. Lgs.n. 81/2008 - Art. 266- 1. Le norme del presente Titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici. Il concetto di "rischio professionale" non solo è estraneo alla disciplina degli agenti biologici l, che non lo nomina mai, ma neppure è presente nelle deduzioni di cui all'art. 2 del D.Lgs.81/2008, che parla invece di rischio nell'ambiente di lavoro, concetto enormemente più ampio e tutelante per il lavoratore del rachitico concetto di rischio professionale Il rischio biologico va inquadrato ai sensi dell’articolo 271: il datore di lavoro è tenuto a valutare i rischi per la salute derivanti dall’esposizione agli agenti biologici presenti nell’ambiente di lavoro. Il rischio biologico può essere sia deliberato (ovvero gli agenti biologici sono introdotti o presenti in maniera deliberata nell’ambito del ciclo produttivo) sia potenziale od occasionale. Sulla base degli esiti della valutazione è poi tenuto a porre in atto le misure necessarie a ridurre o eliminare, se possibile, l’esposizione agli agenti potenzialmente patogeni. Per la valutazione del rischio l’articolo 28 comma 2) lettera a) D.Lgs. n. 81/2008 dispone che “la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione”. Come è obbligatorio valutare il rischio biologico del dipendente mandato a lavorare all'estero, la stessa cosa va fatta quando il dipendente lavora in Italia. Ne più ne meno. Ancora una volta il minimalismo prevenzionistica è il nemico numero uno della piena tutela dell'integrità psicofisica dei lavoratori e delle lavoratrici |
Autore: Gaetano | 17/04/2020 (00:02:16) |
Poveri noi! |
Autore: Riccardo Raviolo | 28/02/2020 (13:22:11) |
Avvocato Dubini "Art. 266. Campo di applicazione 1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici." Ergo, se non c'é rischio biologico proprio dell'attivitá lavorativa non valuto nulla. Perché se fosse vero quello che Lei sostiene allora il comma 1 sarebbe stato: "Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative". Stop. Mi dica, avvocato, quanti dvr ha fatto aggiornare ai suoi clienti l'anno scorso per l'influenza? Come Le hanno fatto notare più volte con competenza esiste il comma 4 dell'art 271, quindi ci si rimette alle indicazioni del Ministero o di Organismi superiori. NB: l vizio di bloccare le persone che la pensano diversamente da Lei nei gruppi professionali denota una enorme coda di paglia, poca attitudine al confronto e una assoluta maleducazione. NB2: Si scrive "né...né". Buona giornata |
Autore: gaetano | 20/03/2020 (17:02:45) |
Avvocato alcune volte tornare indietro sui propri passi è più onorevole che continuare ad andare avanti su un errore di valutazione del passato. Ci siamo capitati tutti ma l'importante è capire quando si sta sbagliando. Ogni giorno esce un nuovo articolo, una nuova norma regionale, un nuovo parere interpretativo, che vanno nella direzione opposta alla sua. Ma le sarà venuti un dubbio? Non voglio essere offensivo ma semplicemente ragionare. Poi come ha già fatto mi può anche bannare, ma non mi sembra un comportamento costruttivo. Saluti. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 28/02/2020 (11:13:13) |
Ringrazio tutti e, in particolare, l'avv. Timillero per la riflessione sulla normale influenza e la vaccinazione antitetanica: Ricordo che nello stesso periodo del 2019 (gennaio - febbraio), l'influenza stagionale ha fatto più di 60 morti per le complicanze sopravvenute. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 28/02/2020 (11:24:00) |
Per Dubini. Siamo in democrazia e ognuno può pensarla come gli pare. Cosa sia un rischio professionale e cosa non lo sia è chiaro. Un rischio che interessa TUTTA la popolazione non è un rischio professionale ma un rischio per la Salute Pubblica e su cui le competenze, come stabilito dalla Legge, sono delle Autorità Pubbliche. Come datore di lavoro che non fa uso deliberato di agenti biologici o non rientra tra le aziende citate nell'allegato XILV, si deve attenere a quanto imposto dalle Autorità Pubbliche, senza se e senza ma. Stammi bene ed occhio al Corona Virus! |
Rispondi Autore: Marco Grossi - likes: 0 | 28/02/2020 (14:33:21) |
Grazie Ing. Catanoso per il suo chiarimento. Per Carlo Timillero. Faccio notare che in verità esistono dei datori di lavoro in carne ed ossa che nell’ambito dei loro DVR hanno ritenuto opportuno prendere in considerazione l’esposizione stagionale dei loro lavoratori al virus dell’influenza. Anche nella pubblicazione INAIL “Il rischio biologico nei luoghi di lavoro”, edizione 2011, sono state proposte delle schede informative riferite ad una serie di attività non rientranti tra quelle che effettuano un utilizzo deliberato o indicate nell’allegato XLIV del D.Lgs. 81/2008, nelle quali si annovera il virus influenzale tra i fattori di rischio biologico. Ad esempio viene proposto di considerare il rischio influenzale per: asili nido e scuole, aeroporti, uffici in genere. Gli autori della pubblicazione INAIL di cui sopra nel contempo “calcano un po’ la mano” nelle premesse al documento sottolineando: “l’importanza della valutazione e della prevenzione (…) mettendo in evidenza il rischio biologico nei più svariati ambienti di lavoro”. Forse introducono un po’ di confusione in merito al fatto che ci si trovi di fronte ad un obbligo o ad un’opportunità? Sono delle schede informative, sicuramente utili, ma abbiamo capito che ciò non significa sia sempre obbligatorio per tutte le attività prendere in considerazione questo rischio esogeno nell’ambito del proprio DVR. Obbligo od opportunità? Dipende… Grazie a tutti per la straordinaria occasione di confronto. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 28/02/2020 (14:37:28) |
Tutti, tutti, ma proprio tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori vanno valutati. Il D. Lgs. 81/2008 art. 28 c. 1 prevede l'obbligo di valutare TUTTI i rischi sul lavoro, NESSUNO ESCLUSO. Non esiste alcun limite definitorio o concettuale ai rischi che il datore di lavoro deve valutare e prevenire durante il lavoro che affida al lavoratore. Da notare che non si tratta solo dei c.d. rischi "professionali", concetto non previsto nelle definizioni di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 81/2008, ma anche rischi legati al genere, all'età, alla tipologia contrattuale, proprio perché il rischio lavorativo non ha né limiti ne confini. E dunque anche rischio sismico, rischio aggressione, rischio epidemia ecc |
Autore: Riccardo Ravioll | 28/02/2020 (15:18:48) |
Suppongo quindi, caro avvocato, che lei faccia valutare anche lo sbarco degli alieni belligeranti, no? É un rischio anche quello e le dice TUTTI i rischi, non solo quelli professionali... Poi all'art 2, comma 1, trovo scritto: "l) «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione >>>dai rischi professionali per i lavoratori; |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 28/02/2020 (17:08:09) |
E' inutile perdere tempo a replicare e, quindi, questo sarà il mio ultimo intervento, non volendo fare polemica. C'è già stato l'avv. Timillero, anche lui un penalista, che ha già detto come stanno le cose. Quindi, ognuno decida come reputa meglio opportuno fare. Il rischio professionale è citato più volte nel decreto nella definizione di prevenzione, in quella di SPP, ecc.. Se nella definizione di prevenzione si parla di rischi professionali mi pare chiaro che "tutti i rischi" citati all'art. 28 da valutare non possono essere che quelli professionali e quelli esplicitamente previsti come il rischio derivante dalle differenze di genere, stress LC, differenza di genere, d'età, ecc.. In caso contrario si amplierebbe ingiustificatamente l'area di responsabilità, richiedendo al datore di lavoro una condotta penalmente inesigibile. Quindi, alluvioni, trombe d'aria, terremoti ecc., devono essere presi in considerazione dal datore di lavoro ma nell'ambito della gestione delle emergenze come fanno nel resto del mondo conosciuto, non essendo frutto della propria organizzazione di lavoro e non potendo lui incidere sulle probabilità di previsione, di controllo, ecc., di questi fenomeni. Quindi, tornando a noi, per le aziende che fanno uso deliberato di rischi biologici e quelle dell'allegato XLIV, sussiste l'obbligo di aggiornamento del DVR vista la comparsa del Corona Virus. Per le altre, il datore di lavoro deve dare al proprio personale le indicazioni (citate nel mio articolo più le altre che riterrà opportune) fornite dalle Autorità Pubbliche che sono le uniche competenti quando c'è un problema di salute pubblica. Per averne conferma, basta andare a leggere cosa scrivono alcuni siti delle ASL/USSL/ATS al riguardo come, ad esempio, quelle del Veneto. Dalla zona "arancione" di Lodi, è tutto. Buona serata. |
Rispondi Autore: Claudio Marinangeli - likes: 0 | 28/02/2020 (17:27:18) |
E con questo articolo, che condivido anche nei toni, amen! Grazie Carmelo. |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 28/02/2020 (17:44:25) |
Il DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE SPISAL dell'ULSS9 Regione Veneto ha appena riportato indicazioni utili e a mio avviso ulteriormente chiarificatrici della questione. I passaggi fondamentali: - è sufficiente adottare le comuni misure preventive della diffusione delle malattie trasmesse per via respiratoria - Considerata la eccezionalità della situazione si raccomanda di attenersi ESCLUSIVAMENTE alle disposizioni provenienti da FONTI ISTITUZIONALI. Indicazioni o adempimenti rivolti ai datori di lavoro, provenienti da soggetti privati non istituzionali, che non trovano riscontro in fonti ufficiali, vanno valutati con particolare attenzione. Quindi, per chi non ha rischi biologici di natura professionale, non deve inventare nulla, DEVE RISPETTARE LE INDICAZIONI DEL MINISTERO e non c'è alcuna necessità di provvedere all'aggiornamento del DVR! A chi parla di "tutti, TUTTI, proprio TUTTI!" invito con garbo ed esclusivo spirito umanitario, visto che ognuno è libero di creare le proprie idee come vuole, di rileggersi bene quanto ha scritto Carmelo Catanoso sia nell'articolo che negli ulteriori interventi qui nei commenti. |
Rispondi Autore: Lino Emilio Ceruti - likes: 0 | 28/02/2020 (22:04:41) |
A me piace andare su cose concrete quindi chiedo lumi a chi concorda sull'obbligo di aggiornare il DVR a seguito dell’inaspettata visita in Italia del COVID-2019. Non ci piove che le aziende di cui all'All. XLIV nelle quali i propri dipendenti hanno, durante le loro mansioni il rischio biologico, lo devono trattare nel DVR. Si può affermare che è corretta l’affermazione che dice “gli agenti biologici, professionalmente utilizzati e trattati in azienda sono conosciuti”. Direi di sì. Ulteriormente si può affermare che è altrettanto corretta l’affermazione che dice: "i rischi a cui gli operatori possono essere soggetti durante le ore lavorative, sono conosciuti" Non vedrei ostacoli a dire di sì. E, ancora, può essere ulteriormente considerata corretta l’ultima affermazione che dice: "nella Valutazione dei Rischi gli agenti biologici sono analizzati ed eliminati o ridotti a termini accettabili… anzi, no… numerosi di questi rischi non possono essere solamente ridotti ma, addirittura, eliminati" Chi potrebbe dire di no? E tutto questo si può fare: si possono individuare, si possono analizzare, si possono eliminare (eccezionalmente ridurre) i rischi che potrebbero influire negativamente sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori. Si può fare perché questi agenti biologici SONO CONOSCIUTI e c'è un'ampia letteratura che aiuta il DdL, il MC, il RSPP, il RLS/RLST (il Consulente -quello che sa lavorare in modo professionale-) tanto che, una volta inserite le prescrizioni/procedure nel DVR, la loro osservanza risulta sufficiente ed efficiente per la salvaguardia della salute e della sicurezza degli operatori. Ci piove, invece, (eccome se ci piove) sul Coronavirus. Si evidenzia in modo importante nelle numerose (quotidiane) dichiarazioni da parte di vari "esperti virologi” (e non) con le opposte interpretazioni sul “cosa sia” e il “cosa fare” nei confronti del COVID-2019. Ottimo modo per ottenere, in conseguenza e a cascata, le più svariate e fantasiose confusionarie interpretazioni. Le Figure deputate alla salvaguardia della salute e sicurezza dei lavoratori hanno bisogno di "certezze" che fino a questo momento non ci sono. E chi se ne impippa se questo virus arrivato tra capo e collo dopo l’81/08 risulta presumibilmente… interpretativamente… presente o no nelle pagine interne di un Decreto di 12 anni fa !!! Quello che conta, nella pratica e non solo in quella, è “cosa” e “come” il DdL si deve attivare per evitare un “qualcosa” che ancora nessuno sa certificare quanto durerà e quali danni potrà singolarmente e complessivamente fare. - La “cosa” e il “come”, in modo autonomo, li può fare secondo le proprie conoscenze sullo specifico problema ? Qualcuno mi può aiutare elencandomele (se ne ha) ? - La “cosa” e il “come”, in modo autonomo, li può fare secondo le conoscenze sullo specifico problema dei suoi ausiliari (RSPP, RLS/RLST) ? Anche in questo caso, qualcuno sarebbe così cortese da elencarmele (se ne hanno) ? - La “cosa” e il “come”, in modo autonomo, li può fare secondo le conoscenze sullo specifico problema del suo MC ? Abbiate pazienza ma pure in questo caso, qualcuno sarebbe così cortese da elencarmi queste conoscenze (sicuramente maggiori di altre Figure) visto che Scienziati e Ricercatori passano da un’interpretazione “A” a quella “Z” passando il giorno dopo a varianti piuttosto importanti ? - La “cosa” e il “come”, in modo autonomo, li può fare secondo le conoscenze sullo specifico problema di quei Consulenti che, improvvisamente, sfornano "indicazioni", "avvertimenti", "precauzioni", "obblighi normativi" rappresentandosi come Angeli Custodi consulenziali deputati a proteggere le spalle (guarda un po’ in che posizione !!!) dei confusi DdL ? Oppure, concordando con Carmelo Catanoso, questi DdL (ovviamente escludendo quelli di cui all’All. XLIV) si devono affidare, visto che non c’è altro al momento, alle indicazioni emanate dagli ORGANI ISTITUZIONALI che illustrano (stavolta in modo leggibile, comprensibile…) le prescrizioni/procedure adatte per evitare il diffondersi del contagio ? A me pare opportuno sottolineare che le prescrizioni/procedure emanate dall’Autorità Istituzionale, non hanno l’obbiettivo di eliminare/ridurre il rischio dell’agente biologico che tenta di "intrufolarsi" nei lavoratori causando, poi, danni (cosa che il DdL al di fuori dell’All. XLIV avrebbe l’obbligo di trattare all’interno del suo DVR) bensì “solo” quelle di evitare il propagarsi del contagio sull'intera popolazione sita anche al di fuori degli ambienti di lavoro. Ecco, sarei grato se qualche "anima buona" nei sostenitori dell’obbligo di variazione del DVR a causa del Coronavirus, mi potesse fornire concretamente le soluzioni ai dubbi che ho sopra espresso. |
Rispondi Autore: Lino Emilio Ceruti - likes: 0 | 28/02/2020 (22:17:39) |
A completezza dell'intervento. A me farebbe piacere sapere, ovviamente da chi sostiene l'obbligo della variazione del DVR, qual'è la "fonte" che mi indica "cosa" e "come" il DdL deve attivarsi per essere certo di ottemperare ai suoi obblighi prevenzioni. In fin della fiera: - è il DdL da solo ? - sono i suoi ausiliari da soli ? (RSPP, RLS/RLST, MC?) - sono i suoi consulenti ? - sono gli scienziati/ricercatori ? (se sì, quali?) - sono gli Organismi Istituzionali ? - Altri ? |
Rispondi Autore: giuseppe martino - likes: 0 | 29/02/2020 (10:28:38) |
Sono sulla styessa lunghezza d'onda dell'ing. Catanoso, di R. Raviolo e di C. Timillero. Mi limito inoltre a ricordare un aspetto tutt'altro che banale: un lavoratore è tale dal momento in cui si reca al posto di lavoro fino al momento in cui ne esce alla fine della giornata lavorativa; di conseguenza, calcolando le ore lavorative effettive in relazione al complesso ore annuali (ed è sufficiente fare un semplice calcolo "della massaia"), un lavoratore è tale per meno di un quarto del tempo, mentre per oltre tre quarti del tempo è un libero cittadino... |
Rispondi Autore: Stefano - likes: 0 | 29/02/2020 (23:09:04) |
Buona sera, volevo sapere se anche le scuole, primarie e secondarie sono tenute ad aggiornare il DVR per il rischio biologico da coronavirus. Grazie |
Rispondi Autore: Verrillo Filippo - likes: 0 | 01/03/2020 (10:44:35) |
Concordo pienamente con l’articolo dell’Ing. Catanoso, evitiamo di aggiungere altra confusione ed allarmismo a quella creata dai molti tuttologi e speculatori. Atteniamoci alle indicazioni fornite dalle fonti Ufficiali. |
Rispondi Autore: ALBERTO PAGANO - likes: 0 | 02/03/2020 (08:07:58) |
Concordo pienamente ! |
Rispondi Autore: lui che sa - likes: 0 | 02/03/2020 (08:21:32) |
L'avv. Dubini è lo stesso avvocato che scrive che è un obbligo valutare nel DVR i mancati infortuni ? Se la risposta è si, sono ancora più convinto che il CORONA VIRUS non vada trattato in un dvr in quanto non rischio specifico. Poi se si vuole aggiungere una sezione "influenza" e dire " ci si attiene alle disposizioni ministeriali" ben venga. |
Rispondi Autore: Roberto - likes: 0 | 02/03/2020 (09:49:32) |
magari potrebbe risultare utile rileggere l'art 29......La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali. Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. |
Rispondi Autore: Roberto - likes: 0 | 02/03/2020 (10:03:40) |
cosa succede se un dipendente di una metalmeccanica di ammala o addirittura muore di corona virus ? chi va in galera ? saluti Roberto |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 02/03/2020 (10:54:39) |
Per Roberto. Chi va in galera se un dipendente di una metalmeccanica si ammala e muore di Corona Virus? Il datore di lavoro se non si è attenuto a quanto imposto dalle Autorità Sanitarie. L'Igiene Pubblica è quella che prevale, rispetto alla Igiene Occupazionale, in caso di epidemie come queste del Corona Virus. In merito a quando si debba aggiornare il DVR, vale sempre il solito concetto: l'azienda che usa deliberatamente agenti biologici o che svolge le attività di cui all'allegato XLIV, deve aggiornare il DVR. Le altre si devono attenere a quanto previsto dalle Autorità Sanitarie. Il DVR si rielabora solo se compaiono nuovi rischi professionali e cioè rischi aggravati dalle particolarità del lavoro. Quindi per un infermiere dell'Ospedale di Codogno, il Corona Virus è un rischio professionale. Per un metalmeccanico, no. La sua esposizione al Corona Virus è come quella di un cittadino che va a fare la spesa al supermercato. La VdR la fa in continuo l'Autorità Sanitaria. Ciò non vuol dire che il metalmeccanico deve schiattare come fai intendere tu. Il datore di lavoro si deve adeguare alle misure previste dall'Autorità Sanitaria ed applicarle compiutamente per le proprie specificità. Se non lo farà, ne risponderà penalmente e civilmente. |
Autore: Roberto | 02/03/2020 (11:02:50) |
Ciao i miei post erano provocatori. Tu sei stato chiaro ........ condivido tutto. |
Rispondi Autore: Carmelo Macchiarella - likes: 0 | 02/03/2020 (11:56:31) |
grazie ingegnere Catanoso, sempre chiaro preciso e professionale, d'altronde cosa mi posso aspettare da uno che si chiama Carmelo. |
Rispondi Autore: ivano pozzoli - likes: 0 | 02/03/2020 (16:22:21) |
complimenti per l'articolo di cui condivido totalmente il contenuto e l'approccio rispetto al tema DVR e relativo aggiornamento. Speriamo solo che anche le varie ATS o auditor di terza parte (che auspico non si attacchino a un emergenza nazionale per propinare non conformita o affini) ragionino su questa lunghezza d'onda perche ad oggi sicuramente sono piu' importanti le azioni implementate che le 4 righe da mettere in un DVR anche sesembra siamo in pochi a pensarla cosi. |
Rispondi Autore: francesca - likes: 1 | 03/03/2020 (10:15:37) |
Articolo molto interessante. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 03/03/2020 (11:10:49) |
Anche AIAS e Assolombarda la pensano allo stesso modo. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 04/03/2020 (18:44:16) |
ATS Insubria - Como e Varese - Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria UU.OO.CC. Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro 15. IL DATORE DI LAVORO DEVE NECESSARIAMENTE AGGIORNARE LA VALUTAZIONE DEI RISCHI IN SEGUITO ALLA DIFFUSIONE DEL COVID-19? Il Datore di Lavoro deve fornire informazioni ai lavoratori, anche mediante redazione di informative (o utilizzando opuscoli a disposizione, come quello redatto dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità, che indica i 10 comportamenti da adottare per prevenire la diffusione del virus) e adottare precauzioni utili a prevenire l’affollamento e/o situazioni di potenziale contagio. Il documento di valutazione dei rischi dovrà essere aggiornato solo per i rischi specifici connessi alla peculiarità dello svolgimento dell’attività lavorativa, ovvero laddove vi sia un pericolo di contagio da COVID-19 aggiuntivo e differente da quello della popolazione in generale. Diversamente risulta fondamentale adottare le precauzioni già note e diffuse dal ministero della Salute, declinandole alla specificità dei luoghi e delle attività lavorative. Il dettaglio sul sito dell'ATS Insubria. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 04/03/2020 (18:49:35) |
Esattamente Pericolo aggiuntivo è ad esempio quello della cassiera del supermercato costretta per molte ore di fila ad entrare in contatto con miriadi di persone potenzialmente contagiose. Oppure quello degli impiegati dell'ufficio accettazione di una struttura sanitaria. Comunque queste ATS /ASL che si preoccupano di fermare chi pensa di aggiornare i DVR mi suona stranissimo, vorrei vedere se hanno aggiornato I LORIO DVR, visto che nel loro caso non possono certo dirsi esenti da rischi biologici ... |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 06/03/2020 (16:24:59) |
Indicazioni della Regione Marche. Aziende nelle quali l’esposizione a COVID-19, potenziale o in atto, non è connaturata alla tipologia dell’attività svolta e presenta gli stessi determinanti di rischio presenti nella popolazione generale. Rappresenta la situazione della stragrande maggioranza dei comparti lavorativi (ad eccezione delle attività menzionate al punto precedente) ovvero casi in cui i determinanti del rischio da COVID-19 sono, per i lavoratori, sovrapponibili a quelli della popolazione generale: il rischio biologico da COVID-19 è quindi riconducibile al concetto di rischio generico e vanno semplicemente applicate e rispettate tutte le disposizioni di prevenzione e protezione stabilite con norme e direttive ad hoc in sede nazionale e regionale, valide per le collettività umane ai fini di contenere la diffusione del virus. |
Rispondi Autore: Avv Rolando Dubini - likes: 0 | 06/03/2020 (17:31:53) |
Se occorre o meno aggiornare o valutare il rischio da agente biologico virale lo decide chi è competente in materia di rischio biologico lavorativo perché ha la necessaria competenza professionale in materia. E in quasi tutte le aziende questo soggetto qualificato è il Medico Competente, non certo chi conosce il rischio biologico per sentito dire. Dopo di che l'obbligo di valutare il rischio è un obbligo del datore di lavoro, non della Regione |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 08/03/2020 (14:14:46) |
Valutare il rischio biologico da agenti virali La situazione è sempre più grave. Ora tutta la Lombardia e molte provincie sono zona rossa. Gli spostamenti non sono più consentiti se non per comprovate ragioni lavorative, DPCM 7 marzo 2020, e quindi il datore di lavoro deve documentare le esigenze e deve giustificare nel DVR per quale motivo espone i lavoratori al rischio contagio consentendo i loro spostamenti per lavoro. |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 10/03/2020 (08:26:01) |
No, mi spiace. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 10/03/2020 (12:48:38) |
Col divieto di spostamento per la popolazione generale, e viceversa l'autorizzazione per chi ha invece comprovate ragioni lavorative per muoversi, il rischio da esposizione virale coronavirus è diventato un rischio professionale per tutti i lavoratori. Col DPCM 9 marzo 2020, che ha esteso a tutto il territorio italiano la normativa relativa alle zone controllate (ex zone rosse), non vi è più il minimo dubbio che chi lavora ha ora un rischio aggiuntivo e maggiorato rispetto alla popolazione non lavorativa di fatto obbligata a restare a casa se non ha giustificati motivi dettati da oggettive necessità per spostarsi. E dunque obbligo di valutare nel DVR il rischio biologico virale da coronavirus. |
Rispondi Autore: dpedone - likes: 0 | 11/03/2020 (13:38:18) |
un dubbio: il medico competente di azienda ospedaliera prevede nel protocollo esami x accertare la presenza di patologie infettive frequenti che possono danneggiare l’interessato ma anche terzi, tipo i markers dell epatite B e C , test di Mantoux, Quantiferon e Rx al torace....al bisogno, per escludere che il lavoratore ne sia portatore e infetti appunto colleghi e degenti. Questo mi fa pensare se oggi sia necessario, con il nuovo agente infettivo e ampliamento diffuso si debba passare, almeno nelle nuove assunzioni, a escludere il contagio al momento dell assunzione....magari facendo anche un semplice tampone....sbaglio? grazie. daniela |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 11/03/2020 (14:29:28) |
Sempre per aggiungere contributi per i colleghi che leggono, anche a seguito del DPCM 09/03/2020, sul NON OBBLIGO di aggiornamento DVR, se non nei casi previsti Stavolta, in aggiunta alle altre, si esprime la ASL Umbria 2, proprio a seguito del DPCM 09/03/2020: INDICAZIONI PER IL DATORE DI LAVORO (E SUOI COLLABORATORI): il nuovo Coronavirus responsabile del COVID-19 rientra nella classe dei Coronaviridae elencata tra gli agenti biologici dell’Allegato XLVI del D.Lgs. 81/08, con attuale classificazione in gruppo 2. Per le aziende nelle quali esiste a priori un rischio biologico di tipo professionale, per uso deliberato di agenti biologici e/o un rischio biologico di tipo professionale connaturato alla tipologia dell’attività svolta, è ipotizzabile che il Datore di Lavoro debba verificare se nella Valutazione dei Rischi ex art. 271 del D.Lgs. 81/08, le misure di prevenzione e protezione già adottate risultino adeguate o meno ai fini del controllo dell’esposizione a SARS-CoV-2 e della sua trasmissione. Nella stragrande maggioranza dei comparti lavorativi l’esposizione a SARS-CoV-2, potenziale o in atto, non è connaturata alla tipologia dell’attività svolta: il rischio biologico da SARS-CoV-2 è quindi riconducibile al concetto di rischio generico e vanno semplicemente applicate e rispettate tutte le disposizioni di prevenzione e protezione stabilite con norme e direttive ad hoc in sede nazionale e regionale, valide per la popolazione generale ai fini del contenimento della diffusione del virus. Informazione/Formazione: Le attività di formazione, informazione e addestramento, in relazione anche a quanto affermato nel DPCM dell’08/03/2020 e s.m.i., sono rimandate sino ad emergenza terminata a meno di non operare con modalità a distanza. Analoghe considerazioni per le abilitazioni con periodicità di rinnovo normate ed in scadenza. Per approfondimenti, andare direttamente all'articolo presente sulla pagina USLUMBRIA2.it e cliccare la sezione NEWS |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 14/03/2020 (12:45:19) |
Stamattina è stato pubblicato il PROTOCOLLO CONDIVISO DI REGOLAMENTAZIONE PER IL CONTENIMENTO DELLA DIFFUSIONE DEL COVID – 19 che ha il seguente incipit. "L’obiettivo del presente protocollo condiviso di regolamentazione è fornire indicazioni operative finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare l’epidemia di COVID-19. Il COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione. Il presente protocollo contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria." Mi sembrano chiare tre cose: 1) le Autorità considerano il rischio da Corona Virus un rischio generico e non un rischio specifico e neanche un rischio generico aggravato (per il significato basta andare sul sito dell'INAIL e leggerselo); 2) le norme di Igiene Pubblica, in caso di una epidemia/pandemia sono sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale e, quindi, nelle aziende non sanitarie, come previsto nel Protocollo, si applicano queste adattate alle specificità dell'azienda senza aver necessità di aggiornare nulla di quanto previsto dalle norme di Igiene Occupazionale. 3) le norme stabilite dal protocollo vanno applicate alle specificità di ogni azienda senza se e senza ma; se l'azienda non è in grado di applicarle per garantire la tutela della salute dei propri lavoratori, l'aziende deve chiudere. Il resto sono solo chiacchiere. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 16/03/2020 (16:06:17) |
Si è pronunciata anche l'AIDII (Associazione Igienisti Industriali) con una specifica comunicazione. Non sono opinionisti ed il contributo è molto interessante. In particolare, a pag. 4 si dice Aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR): Nella maggioranza dei comparti lavorativi l’esposizione a SARS-CoV-2, potenziale o in atto, non è connaturata alla tipologia dell’attività svolta: il rischio biologico da SARS-CoV-2 è quindi riconducibile al concetto di rischio generico; pertanto vanno sempre, e a maggior ragione, applicate e rispettate tutte le disposizioni di prevenzione e protezione stabilite con norme e direttive ad hoc in sede nazionale e regionale, valide per la popolazione generale ai fini del contenimento della diffusione del virus. Per le aziende nelle quali esiste a priori un rischio biologico di tipo professionale, per uso deliberato di agenti biologici e/o un rischio biologico di tipo professionale connaturato alla tipologia dell’attività svolta, è ipotizzabile che il Datore di Lavoro debba verificare se nella Valutazione dei Rischi ex art. 271 del D.Lgs. 81/08, le misure di prevenzione e protezione già adottate risultino sufficientemente adeguate o meno ai fini del controllo dell’esposizione a SARS-CoV-2 e della sua trasmissione. Il SARS-CoV-2 rientra nella classe dei Coronaviridae elencata tra gli agenti biologici dell’Allegato XLVI del D.Lgs. 81/08, con attuale classificazione in gruppo 2. |
Rispondi Autore: Gianmarco Montagna - likes: 0 | 20/03/2020 (19:48:18) |
Chiedo scusa, ma non ho capito quasi nulla dell'ultimo intervento, nel quale vengono mescolati, senza distinzioni, riferimenti a normative italiane e francesi (queste ultime, oltre tutto, tradotte in maniera non corretta, perchė le definizioni delle norme francesi sono simili ma non uguali a quelle italiane). Comunque mi sfugge la tesi finale: forse si afferma che il DVR di tutte le aziende italiane va aggiornato in base alle leggi francesi, che parlano di un documento diverso dal nostro DVR? Letto così, mi sembra un "gioco di prestigio" di cui si vede il trucco... |
Rispondi Autore: Alessandro Delena - likes: 0 | 20/03/2020 (21:33:50) |
Wow adesso ci siamo spostati in Francia, siamo su puntosicuró! Ma dai... |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 21/03/2020 (12:32:15) |
Torno a ripetere per l'ennesima volta. Qui nessuno sta dicendo che i lavoratori non devono essere tutelati con l'applicazione di quanto previsto dai vari DPCM e dal Protocollo adattandolo alle specificità della singola azienda. Qui si sta dicendo che quando i rischi di una pandemia sono generici, chi valuta e il rischio e determina le conseguenti misure, non è il datore di lavoro ma l'Autorità Pubblica con norme d'emergenza di Igiene Pubblica. E' così in tutto il mondo. Il rischio da epidemia/pandemia è un rischio specifico e un rischio generico aggravato per alcune ben definite categorie di lavoratori. E' così in tutto il mondo. Quello che è importante, quindi, non è perdersi dietro adempimenti formali ma attuare interventi sostanziali e concreti come indicato dalle Autorità Pubbliche. Poi capisco che ci sia gente che intraveda il business durante e soprattutto post pandemia .... ma ciò, eticamente e professionalmente, non mi interessa. |
Rispondi Autore: Maria Alessandra Tomasi - likes: 0 | 21/03/2020 (17:21:03) |
Se serve, ma so che non serve, complimenti all'ing. Catanoso, in modo particolare per l'ultima frase del suo commento di oggi ! In un momento così traumatico e complesso per tutti abbiamo bisogno di chiarezza, concretezza, etica e professionalità. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 22/03/2020 (09:36:15) |
E qual è la novità? Le industrie alimentari (vedi allegato XLIV) e le industrie farmaceutiche citate nell'ordinanza (vedi anche quanto detto ieri da Conte) avevano già l'obbligo del DVR dal rischio biologico e, quindi, di aggiornarlo come già detto nel mio articolo del 27 febbraio scorso. Poi, nell'ordinanza riguardante il solo territorio di Rimini, si ribadisce che l'operatività di questa tipologia di aziende è consentita previa adozione di specifici protocolli operativi a valle dell'aggiornamento del DVR. Aggiornamento che già doveva essere stato effettuato da questa tipologia di aziende fin da quando era stata proclamata la situazione d'emergenza in Italia, visto che ciò era già espressamente previsto dal D. Lgs. n° 81/2008. P.S.. avrebbero fatto meglio, visto che hanno voluto fissare un nuovo distanziamento interpersonale, a utilizzare quanto previsto quanto consigliato dal CDC di Atlanta e cioè 6 ft (poco più di 1,80 mt). |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 22/03/2020 (20:47:29) |
Quando si cita una fonte, la si deve citare correttamente e non "a pezzi" e "a convenienza". Direttiva 89/391/CEE Articolo 1 - Oggetto 1. La presente direttiva ha lo scopo di attuare misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. 2. A tal fine, essa comprende principi generali relativi alla prevenzione dei RISCHI PROFESSIONALI e alla protezione della sicurezza e della salute, all'eliminazione dei fattori di rischio e di incidente, all'informazione, alla consultazione, alla partecipazione equilibrata conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, alla formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, nonché direttive generali per l'attuazione dei principi generali precitati. Articolo 6 Obblighi generali dei datori di lavoro 1. Nel quadro delle proprie responsabilità il datore di lavoro prende le misure necessarie per la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, comprese le attività di prevenzione dei RISCHI PROFESSIONALI, d'informazione e di formazione, nonché l'approntamento di un'organizzazione e dei mezzi necessari. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 24/03/2020 (12:37:13) |
La valutazione dei rischi per tutelare la salute e la sicurezza di lavoratrici e lavoratori da TUTTI i rischi presenti nell'ambito dell'organizzazione del datore di lavoro (incluso ovviamente il contagio da Coronavirus) di cui al Testo Unico di Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. n. 81/2008): Art. 2 comma 1 lettera "q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza". Art. 2 comma 1 lett. "o) «salute»: stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità". |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 24/03/2020 (16:47:40) |
TUTTI I RISCHI ma solo se PROFESSIONALI. Come al solito si dimentica, ma non è una novità, di citare altri articoli del D. Lgs. n° 81/2008: - Art. 2 comma 1, lett. n) del D. Lgs. n° 81/2008 Prevenzione Il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i RISCHI PROFESSIONALI nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno. - Art. 2 comma 1, lett. l) del D. Lgs. n° 81/2008 Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi Insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai RISCHI PROFESSIONALI per i lavoratori. Il contagio da Corona Virus è un rischio professionale quello per chi lavora in aziende che fanno uso deliberato di agenti biologici e quelle che svolgono attività elencate il allegato XLIV. Queste devono aggiornare il loro DVR con il rischio da Corona Virus. Per tutte le altre aziende rischio da Corona Virus è un rischio generico come ampiamente chiarito anche nell'Incipit del Protocollo del 14/03/2020, perché comune a tutto il resto della popolazione. In tempi di emergenza, le norme di Igiene Pubblica sono sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale. Le Autorità Sanitarie hanno già fatto la valutazione di questo rischio generico e definito tutte le misure da attuare nel citato Protocollo. I datori di lavoro devono applicare, in funzione delle specificità della propria azienda, questo Protocollo. Nel caso non l'applicassero, ne risponderanno in base all'art. 650 cp e, nei casi peggiori, con l'art. 438 cp. In conclusione, ciò che conta è la puntuale e completa applicazione del Protocollo con una sua proceduralizzazione e non fare carta concorrendo alla deforestazione dell'Amazzonia. Di questa idea lo sono: - le Autorità come le Regioni (Veneto, Marche, Umbria, ecc.); - giuristi di fama come il prof. Pascucci dell'UniUrbino, il prof. Lepore (UniRoma), l'avv. Fantini (già del MinLavoro), ecc. Basta fare una ricerca sul web per trovare i loro pareri. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 24/03/2020 (20:38:02) |
Condivido la saggia riflessione di Daniele Ranieri. Nell’immediato, la questione sul Dvr appare più formale che sostanziale. Trovandoci, si spera, di fronte a una emergenza temporanea, la cosa essenziale da fare è agire con efficacia. Emanando misure chiare e coerenti. Dove poi vadano scritte, in questa situazione, non sembra essere un fattore decisivo. Qualcuno, però, tenta di approfittarne per riesumare interpretazioni superate. La più rilevante sostiene che si possa escludere il Dvr dal trattamento dell’emergenza in corso per il fatto che questo documento è dedicato ai “rischi professionali”, restringendo il campo di questi alle sole mansioni e ai compiti legati alla produzione aziendale. La valutazione dei rischi, secondo l’art. 28 del D.Lgs. 81/2008, prevede però l’analisi di “TUTTI I RISCHI”, non solo quelli inerenti la produzione (che sono ovviamente quelli più diffusi e rilevanti), ma di tutti quelli presenti dentro “l’organizzazione aziendale”. Quei rischi nei quali il lavoratore non incorrerebbe, o nei quali avrebbe meno probabilità d’incorrere, se non lavorasse. Tra questi rischi ne esiste una famiglia denominata “rischi generici aggravati dal lavoro”. In sostanza chiunque può cadere da qualsiasi scala (rischio generico), ma un lavoratore che per svolgere la sua mansione sia costretto a salirle e scenderle diverse volte, magari pressato dall’urgenza di portare a termine il suo compito, ha una probabilità di cadere più alta di altri (il rischio è quindi aggravato dal contesto lavorativo). Questa famiglia di rischi è normalmente inserita nella valutazione dei rischi. Un terremoto, la caduta di un fulmine, una epidemia virale, un atto terroristico, una rapina e tanti altri avvenimenti rientrano in questa definizione? Certamente sì, se il lavoro è tale da comportare l’aggravamento delle possibilità d’incontrare uno di questi eventi o di aumentarne il grado di danno rispetto alla popolazione genericamente intesa. L’elemento è sempre dato, da una parte dall’aumento della probabilità e del danno, dall’altra dalla “costrittività” dei lavoratori, che non hanno la stessa possibilità del resto della popolazione di sottrarsi ai rischi presenti “nell’ambito dell’organizzazione in cui prestano la propria attività” (art. 2 lett. q). Qualche spiritoso, non mancano mai, può dire: “Ma allora anche il rischio che cada un meteorite va valutato dal DdL”. Spiritoso, ma poco preparato. Il rischio, quello generico, per essere valutato e inserito nel Dvr, deve avere “l’aggravante” data dal contesto lavorativo. Il meteorite, che, com’è noto, ha già probabilità remote di arrivare sul pianeta Terra, può cadere su tutti, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo sia esso un deserto, speriamo, o addosso a una casa o una fabbrica. Non c’è nulla che nell’attività lavorativa possa rendere più probabile che cada in un punto piuttosto che in un altro. Inoltre, non esiste nulla di “tecnicamente possibile” per eliminare o ridurre il rischio. Non è così per i terremoti di cui, per esempio, esiste una mappa delle località a rischio, oltre a vari altri elementi che possono aiutare a prevedere e a ridurre il danno. Attraverso l’obbligo di costruzione antisismica, ad esempio, una particolare attenzione alle procedure di evacuazione, una diversa preparazione delle squadre di emergenza e primo soccorso rispetto al rischio specifico, una informazione e preparazione dei lavoratori (il Giappone è spesso citato come esempio). Stessa cosa vale se l’imprenditore colloca un lavoratore in locale completamente interrato in una zona a forte presenza di gas radon, o con temperature esterne stabilmente oltre i 30° (ma potrei dire vicino a una fonte inquinate, rumorosa). Il rischio che queste condizioni aggravino il rischio per la salute del lavoratore ci sono e vanno misurate, anche se non sono legate alla sua specifica professione e attività lavorativa. D’altronde l’art.28 è di una chiarezza lampante. È evidente che se il legislatore avesse voluto ridurre la valutazione dei rischi ai soli rischi professionali l’avrebbe scritto esplicitamente e non avrebbe scritto “tutti i rischi” e basta. Dirò di più. L’Italia provò a restringere l’area dei rischi nel D.Lgs. 626/1994 all’art. 4. Il primo comma prevedeva: Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari. Fino al 2008 il rischio stress, pur correlato al lavoro, non non veniva considerato un rischio professionale e per questo motivo non veniva valutato. Nel 2001 l’Italia venne condannata, proprio su questo punto, dalla Corte di Giustizia europea, e dovette modificare l’articolo che così venne accolto nel D.Lgs. 81/2008. Ora, nel citato art. 28, l’elencazione dei punti quali le attrezzature ecc. viene preceduta da un ANCHE. Come dire: non solo. E poi si ribadisce che deve riguardare TUTTI i rischi riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori, dizione ripetuta in più punti della normativa senza alcuna specifica, che viene invece aggiunta per quanto riguarda, per esempio, l’attività del servizio di prevenzione. Questa si occupa di una parte della valutazione, essendo un’altra demandata ad altre figure, quali il medico competente e se necessario altre figure esterne. Torniamo all’oggi. Sarebbe logico inserire il rischio biologico causato dal Covid-19 nel complesso procedimento di valutazione-adozione di misure di programmazione-monitoraggio dell’efficacia, cioè in quel processo con cui si arriva alla stesura e alle modifiche successive del Documento di Valutazione dei Rischi. All’interno di quella “valutazione globale” prevista dalle norme. Considerando anche quanto scritto nel Titolo X del Testo Unico. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 24/03/2020 (21:04:17) |
Puoi condividere tutte le opinioni che vuoi. Il discorso non cambia. Poi tu e Ranieri andatevi a rileggere il punto 13 della Sentenza della Corte di Giustizia CE, Sez. 5, 15 novembre 2001 - C-49/00 dove potrete trovare scritto: 13. Inoltre, è importante precisare che i RISCHI PROFESSIONALI che devono essere oggetto di una valutazione da parte dei datori di lavoro non sono stabiliti una volta per tutte, ma si evolvono costantemente in funzione, in particolare, del progressivo sviluppo delle condizioni di lavoro e delle ricerche scientifiche in materia di RISCHI PROFESSIONALI. Il problema era che con il 626, recepimento della direttiva 89/391/CEE, avevano circoscritto solo ai rischi derivanti dalle attrezzature di lavoro e dalle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute. Palesemente lo Stato italiano non poteva circoscrivere a queste sole tipologie di rischi professionali la valutazione. Per questo l'Italia era stata giustamente condannata. Quindi ci troviamo con il parere di un sindacalista e di un avvocato. Li rispetto ma non li condivido. Io condivido i pareri dei giuristi che ho già citato prima (Pascucci, Lepore, Fantini, Pelusi, ecc.) e quello che hanno detto le Autorità sanitarie delle Regioni come il Veneto, le Marche, l'Umbria, ecc. Comunque, finita l'emergenza potrai offrire il tuo supporto legale, a tutti i lavoratori che, avendo contratto la COVID-19, decideranno di far causa alle aziende. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 25/03/2020 (10:23:55) |
Obbligatorio il DVR rischio biologico Covid19 (art. 271 DLgs 81/2008) La consapevolezza dell'obbligo inderogabile di valutare il rischio biologico da Coronavirus ai sensi dell'art. 271 DLgs 81/2008 (DVR) cresce inesorabilmente. Come è logico che sia. È indiscutibile che nelle attività essenziali autorizzate dal governo il datore di lavoro deve valutare esattamente il rischio per decidere se l'attività può proseguire o deve comunque essere interrotta per l'impossibilità tecnica di garantire adeguata protezione dei lavoratori durante l'attività lavorativa svolta nell'interesse dell'imprenditore dal gravissimo rischio di contagio virale in atto. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 25/03/2020 (17:33:07) |
Niente da fare. Non si capisce che la concreta e completa applicazione del Protocollo alle specificità dell'azienda, secondo quanto imposto dalle norme di Igiene Pubblica, declinandolo in funzione delle particolarità della stessa, è proprio quello che chiedono le Autorità Sanitarie per tutelare i lavoratori. adesso aspettiamoci l'ennesimo copia-incolla per ricominciare il loop. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 25/03/2020 (18:05:09) |
Desidererei che Dubini mi spiegasse quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure declinate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa. Il motivo per cui sto continuando a replicare non è perché ce l'ho con Dubini ma perché non voglio che diventi prassi considerare i rischi esogeni, quale una pandemia da Corona Virus, come rischi professionali. Che tal rischio sia un "Rischio generico" l'ha detto anche il Governo nell'incipit del Protocollo. L'hanno detto varie Regioni: Veneto, Umbria, Marche, ecc. L'hanno detto chi ne sa molto ma molto più di me in campo giuridico come il Prof. Pascucci, il prof. Lepore, il prof. Pelusi, l'avv. Fantini, ecc. Tutti documenti che si trovano sul web. Le norme per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro riguardano tutti i rischi professionali e non tutti i rischi indiscriminatamente. In caso contrario, se passasse l'idea che qualunque tipo di rischio non professionale debba essere preso in considerazione, tutti noi RSPP e CSP/CSE, ci troveremmo ad essere coinvolti in concorso per i delitti di cui agli art. 589 e 590 cp con l'aggravante, ad esempio, di: - non aver segnalato, quale RSPP di un'azienda di San Donato Milanese, il rischio di caduta di un aereo in fase di atterraggio a Linate (qualcuno mi dica quale misura dovrebbe adottare il datore di lavoro); - non aver valutato, quale CSP e CSE, il rischio di caduta di alberi in cantiere a causa di una improvvisa tromba d'aria. Ecco perché è importante ribadire quale sia la tipologia di rischi di cui ci dobbiamo preoccupare e considerare i rischi non professionali come rischi da gestire nell'ambito delle emergenze. Questo è quello che avviene ovunque. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 25/03/2020 (20:16:49) |
Coronavirus e tutela dei lavoratori Anna D'Antuono Tralasciando gli ambienti di lavoro in cui l’esposizione al COVID-19 è specifica (ambito sanitario, pronto soccorso, reparti malattie infettive, addetti alla sicurezza aeroportuale, addetti delle forze dell’ordine in aree oggetto di focolai, addetti dei laboratori di analisi, …) per cui il rischio è "professionale", occorre tutelare chi lavora negli ambienti di lavoro “in cui l’esposizione all’agente biologico è di tipo generico, e pertanto non rientra nel rischio specifico” (ambienti industriali, civili, scuole, terziario, grande e piccola distribuzione, attività commerciali, della ristorazione, trasporti, etc…). In questi casi il Datore di Lavoro ai sensi del D.Lgs. 81/2008 “ha già valutato il rischio biologico e sicuramente avrà presente nel documento di valutazione una sezione per il cosiddetto “Rischio Biologico Generico”. Col divieto di spostamento per la popolazione e l'autorizzazione per chi ha invece comprovate ragioni lavorative per muoversi, il rischio da esposizione virale coronavirus a nostro parere è diventato un rischio professionale per tutti i lavoratori. E dunque obbligo di valutare nel DVR il rischio biologico virale da coronavirus. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 26/03/2020 (10:55:36) |
Questo è il parere di una Avvocato che si occupa di tutela dei consumatori per l'ADUC. Non ho dubbi che sia una bravissima professionista nel suo settore dove avrà vinto molte battaglie per la tutela di noi consumatori. Penso, però, che i pareri del prof. Pascucci, del prof. Lepore, dell'avv. Fantini, del prof. Pelusi, ecc., abbiano ben altro peso trattandosi di esperti del settore. Settore che, invece, non è quello dell'avv. D'Antuono. Intanto aspetto che Dubini, invece di fare i copia - incolla presi qua e là, mi risponda alla domanda che gli ho fatto su quale sia la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure declinate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 26/03/2020 (11:44:51) |
Solo l'attenta lettura del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 consente di far luce sull'obbligo inderogabile di valutare il rischio da agente biologico Coronavirus-Covid-19. Invito tutti ad una attenta rilettura che consente di individuare tale obbligo giuridico senza dubbio alcuno, In questo caso di gravissima emergenza sanitaria e lavorativa il metodo spannometrico è i pregiudizi estranei alla lettera della norma di diritto vigente non aiutano. Una cosa è certa in modo assoluto, fare la valutazione del rischio da coronavirus non viola nessuna legge. Lo stesso non può dire chi non la predispone. Oltretutto il DVR ha il vantaggio della data certa opponibile a chiunque. per il resto vale aurea saggezza giuridica romana: de minimis non curat praetor . I fondamenti legali della valutazione di tutti i rischi professionali e di tutti i rischi generici aggravati dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa Art. 2 – Definizioni - D.Lgs. n. 81/2008 “q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività [rischi professionali e rischi generici aggravati dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa n.d.r.], finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza; n) «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno; o) «salute»: stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”. Art. 28 - Oggetto della valutazione dei rischi3 - D.Lgs. n. 81/2008 1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) [valutazione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività], anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o delle miscele chimiche impiegate, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori [rischi professionali e rischi generici aggravati dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa n.d.r.], ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro e i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall’articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo. Articolo 271 - Valutazione del rischio [da esposizone ad agenti biologici] - D.Lgs. n. 81/2008 1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare: a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’ALLEGATO XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all’articolo 268, commi 1 e 2; b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte; c) dei potenziali effetti allergici e tossici; d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta; e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio; f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati. 2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente Titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative. 3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata. 4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell’ALLEGATO XLIV [esemplificativo significa che le attività dell’esempio prevedono sicuramente l’esposizione non deliberata ad agenti biologici, ma significativa, e che poi è onere di ogni singolo datore di lavoro valutare se la sua attività preveda tale rischio al di là di detto elenco n.d.r ], che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi [dunque non solo rischi professionali, ma anche i rischi generici aggravati dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa n.d.r.], il datore di lavoro può prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali misure non è necessaria. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 26/03/2020 (15:44:28) |
E mica risponde alla domanda. Continua con il copia-incolla. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 26/03/2020 (18:04:55) |
André Berni e Andrea Reghelin hanno sviluppato un ragionamento di grande interesse, che invito tutti a considerare con grande attenzione. Il rischio epidemico è un rischio lavorativo? E’ cioè di pertinenza del datore di lavoro? Il motivo del contendere, che è dibattuto da tutti gli esperti del settore, chi per ambito chi per pertinenza, è se il rischio epidemico a cui stiamo assistendo in questi giorni debba intendersi come rischio lavorativo correlato ad una mansione e sia di pertinenza o responsabilità o meno del Datore di Lavoro con il supporto del Medico Competente e del RSPP. Senza voler tediare, la materia del rischio biologico fa riferimento a tre grandi scenari di rischio: 1) il primo caso è quello dell’uso deliberato dell’agente biologico; pensiamo ad un laboratorio in cui si sta cercando di isolare il virus per ricercare un possibile vaccino ( in questo caso la materia è disciplinata dal’ All. XLVI del d.lgs. 81/08); 2) il secondo caso è quello del cosiddetto rischio generico aggravato, o rischio da esposizione potenziale, nel caso in cui in funzione della mansione e del luogo di lavoro, il lavoratore sia esposto ad un aggravamento del rischio; si pensi nel caso ad un operatore ecologico in area di quarantena (rischio generico aggravato All. XLIV del d.lgs. 81/08; 3) Il terzo caso è il cosiddetto rischio da esposizione occasionale caratterizzato dal fatto che gli agenti biologici si possono trovare in tutti gli ambienti di lavoro così come in qualsiasi altro contesto, a prescindere dalla mansione di lavoro e dalle condizioni ambientali. Quali sono gli adempimenti per le organizzazioni? La questione aperta è se le organizzazioni che devono farsi promotrici di iniziative in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, si debbano limitare a trasferire le disposizioni ministeriali e le ordinanze, se debbano predisporre e redigere procedure operative di lavoro, se debbano fare formazione e informazione o se debbano prendersi in carico una vera e propria valutazione dei rischi per determinare, in funzione del luogo di lavoro e della mansione, le misure di mitigazione idonee. Quello di cui vogliamo parlare è dell’approccio metodologico rispetto ad uno scenario di emergenza e di come la valutazione del rischio, obbligo formale o mero adempimento, nella prassi odierna dagli stessi addetti al mestiere sia visto molto spesso come burocrazia, fastidiosa formalizzazione, inutile appendice. ... se dovessimo ricercare un tema che ci appassiona nel grande contenitore normativo del Testo Unico della Sicurezza, certamente lo troveremmo nell’art. 28 del D.lgs. 81/08. Nell’art. 28 del D.lgs. 81/08 a nostro avviso c’è quella che dovrebbe essere la vera filosofia di una valutazione dei rischi: “b) l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione dei rischi; c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri”. Opportunità, necessità, o obbligo, il messaggio che vogliamo trasferire è che solo attraverso una valutazione ponderata al contesto, adeguata alle scelte strategiche aziendali si possano adottare le giuste procedure organizzative e gli adeguati piani di miglioramento, senza reazioni istintive, scelte emotive, o reazioni passive all’ adempimento. Il focus deve essere posto sulla ricerca della miglior tutela possibile per i lavoratori Ci piacerebbe che la discussione fosse riportata su un tema maggiormente comprensibile ai più, che è l’individuazione del modo più efficace per tutelare nel miglior modo possibile i lavoratori. Indipendentemente dall’esistenza di un obbligo giuridico di aggiornare il DVR (che noi pensiamo tra l’altro sussistente), da questo documento partono i processi di prevenzione dei lavoratori. L’aggiornamento di questo documento testimonia la continua attenzione del datore di lavoro sui nuovi rischi che fattori endogeni ed esogeni (come nel caso del Corona Virus) si introducono nell’organizzazione. Ma soprattutto da questo documento si origina la pianificazione delle misure di prevenzione a protezione dei lavoratori, le procedure di sicurezza e l’adozione di dispositivi di protezione collettiva e individuale. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 26/03/2020 (18:42:47) |
Non ho dubbi che l'avv. Reghelin sia un esperto, come risulta dal profilo sul web, di consulenza legale direzionale nell’ambito della gestione degli aspetti legali dell’Information and Communication Technology (ICT law) e di 231 (che è ormai un contenitore enorme di reati fattispecie). Personalmente, però, mi attengo a quanto detto da chi si occupa, da giuslavorista, del problema da decenni e cioè dal Prof. Pascucci, dal Prof. Lepore, dall'avv. Fantini e dal Prof. Pelusi, ecc.. Detto questo, se quel che conta è la tutela della salute dei lavoratori, l'adozione del Protocollo (per le aziende che non fanno uso deliberato di agenti biologici e non comprese nell'allegato XLIV) e la sua declinazione in funzione delle specificità della singola azienda, permette di raggiungere tale obiettivo. Per declinare il Protocollo si può usare una procedura operativa che preciserà come questo sarà messo concretamente in atto. Una procedura di questo tipo può essere strutturata come segue (contenuti non esaustivi): 1. Introduzione 2. Prevenzione del rischio da contagio 2.1 Interventi volti a contenere il rischio da contagio 2.1.1 Creazione task force aziendale 2.1.2 Informazione alle persone 2.1.3 Riduzione numero persone 2.1.4 Organizzazione aree di lavoro 2.1.5 Sanificazione delle aree di lavoro 3. Procedura di gestione in caso di positività ai test 3.1 Individuazione di casi sospetti in azienda 3.2 Attuazione misure indicate dalle Autorità 3.3 Misure immediate d’intervento 4. Messa conoscenza della procedura alle parti interessate Allegati Informativa Ingresso azienda – Istruzioni lavaggio mani - Informativa presso distributori automatici – Ingresso mensa - Informativa presso timbratrice - Spogliatoi, ecc. Fare questo concretamente e non solo sulla carta, e te lo chiedo per l'ennesima volta visto che non hai mai voluto rispondere, non permette di garantire la tutela della salute e della sicurezza del lavoro dei lavoratori? Allargare ai rischi NON PROFESSIONALI l'obbligo di valutazione e redazione del DVR comporta una estensione ingiustificata di quanto previsto fin dal 1989 con la Direttiva 89/391/CEE, una condotta penalmente inesigibile a carico del datore di lavoro e dei suoi collaboratori e un potenziale coinvolgimento, da parte di Procure in vena di protagonismo, di quei RSPP e CSP/CSE che non abbiano tenuto conto dei rischi non professionali. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 26/03/2020 (21:41:55) |
Le aporie del prof. Pascucci Non si capisce per quale motivo si deve valutare il rischio pandemia quando si manda il proprio dipendente all'estero, e viceversa non si dovrebbe fare la valutazione del rischio da pandemia quando si costringe il lavoratore ad andare al lavoro in Italia, anziché stare a casa, che è l'unica misura di prevenzione del contagio dettata da tutte le autorità competenti. |
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0 | 26/03/2020 (22:37:44) |
Perché, anche se sto a casa, con una pandemia, il contagio me lo posso beccare lo stesso visto che non sono chiuso dentro 24h su 24 né io e né i miei parenti ed esco per andare a comprarmi da mangiare, per andare al tabacchino, per andare in farmacia, per accompagnare mia madre per fare la dialisi, ecc. Quando invece devo andare in Tanzania per lavorare ad una diga, in un territorio dove c'è una epidemia di dengue, io sono esposto ad un rischio generico aggravato proprio perché mi stanno inviando in un posto particolare dove solo in quel posto c'è il dengue e non ovunque come c'è oggi in Italia il Corona Virus. È più chiaro così? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 27/03/2020 (02:27:45) |
Paragonare il rischio di contrarre il virus stando a casa con il rischio di chi va a lavorare per ore dà l'idea di cosa significhi metodo spannometrico. IL RISCHIO SANITARIO COME RISCHIO GENERICO AGGRAVATO CHE DETERMINA L'OBBLIGO DI EFFETTUARE LA VALUTAZIONE DEI RISCHI Commissione per gli Interpelli (ARTICOLO 12 DEL DECRETO LEGISLATIVO 9 APRILE 2008, N. 81) INTERPELLO N. 11/2016 del 25.10.2016 "L’art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008 prevede, per il datore di lavoro, l’obbligo di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari ed adottare, conseguentemente, le misure di prevenzione e protezione che reputi idonee allo scopo. Sulla base di quanto espresso in premessa, la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta". |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 27/03/2020 (16:27:44) |
Se non si riesce a capire che una cosa è essere mandato a lavorare in Tanzania dove c'è una epidemia di dengue e c'è solo lì (questo è il rischio generico aggravato) ………. e altra cosa è andare a lavorare in un'azienda (non sanitaria o che non usa agenti biologici deliberatamente) in Italia dove l'epidemia c'è in tutta Italia e pervade sia gli ambienti di lavoro che quelli di vita (questo è il rischio generico), non posso farci nulla. La colpa è del Grande Biologo che, evidentemente, ai tempi era distratto. In ogni caso aspetto sempre la risposta alla domanda fatta qualche post prima. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 28/03/2020 (02:14:13) |
Raffaele Guariniello fa chiarezza come sempre. Ubi maior minor cessat. COVID-19, IGIENE E SICUREZZA SUL LAVORO: OBBLIGO DEL DVR CORONAVIRUS (Guariniello) TUTTI SI STANNO chiedendo se il datore di lavoro debba valutare il rischio coronavirus e individuare le misure di prevenzione contro tale rischio nel documento di valutazione dei rischi. A dare la risposta è, a ben vedere, l’art. 28, comma 2, lett. a), TUSL, ove si usa l’espressione “tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa”. Un’espressione altamente volutamente significativa, in quanto fa intendere che debbono essere valutati tutti rischi che possono profilarsi, non necessariamente a causa dell’attività lavorativa, bensì durante l’attività lavorativa: come appunto il coronavirus. Proprio quel “durante” induce a condividere la linea interpretativa accolta dalla Commissione per gli Interpelli nell’attualissimo Interpello n. 11 del 25 ottobre 2016: “il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi, compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i rischi legati alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento”. Il Fatto Quotidiano 26/3/2020 |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 28/03/2020 (08:58:49) |
Si ricomincia con il copia-incolla ossessivo - compulsivo. Quando si cita qualcosa, bisogna farlo in modo completo e non funzionale a sostenete le proprie tesi. Purtroppo, di questo, Dubini ci ha ormai abituati. Allora, l'Interpello n° 11/2016 era stato proposto dalla UIL Trasporti: "La UILTRASPORTI ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione relativamente alla sussistenza dell’obbligo, in capo al datore di lavoro, di considerare, nell’ambito della valutazione dei rischi, anche i rischi legati alla situazione ambientale (soprattutto nei paesi esteri) per il personale navigante delle compagnie aeree. In particolare, l’istante chiede di sapere: “… se nell’obbligo giuridico in capo al datore di lavoro della valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza con la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi (DVR), così come disciplinato dagli artt. 15, 17 e 28 del D.Lgs. n. 81/2008 sia ricompresa anche la valutazione della situazione ambientale e di sicurezza intesa anche come security, in particolare in paesi esteri ma non solo, legata a titolo esemplificativo ma non esaustivo ad eventi di natura geo politica, atti criminali di terzi, belligeranza e più in generale di tutti quei fattori potenzialmente pericolosi per l’integrità psicofisica dagli equipaggi nei luoghi (tipicamente aeroporti, alberghi, percorso da e per gli stessi e loro immediate vicinanze) dove il personale navigante si trovi ad operare/alloggiare quando comandati in servizio”. La risposta era stata la seguente: "Sulla base di quanto espresso in premessa, la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta." Come si vede, appare evidente che l'aggravamento del rischio è dovuto ad una situazione specifica in un determinato contesto geografico in cui un lavoratore è inviato per svolgere l'attività. Per questo motivo il DVR lo devo aggiornare prevedendo le misure per tutelare l'integrità psicofisica di un equipaggio inviato in un Paese a rischio guerra, attentato, epidemia, ecc. (ma questo l'avevo già spiegato nei precedenti post). Una pandemia, invece, permea tutti gli ambienti di lavoro e di vita e, per questo, il rischio è considerato "rischio generico". In merito a ciò che afferma il mentore di Dubini (da lui così definito già ai tempi della diatriba sui near miss nel 2015), va ricordato che il "rischio Corona Virus" non si manifesta SOLO durante il lavoro ma è presente anche negli ambienti di vita proprio perché si è davanti ad una pandemia. Questa è la differenza sostanziale tra l'inviare i lavoratori in un particolare contesto ambientale dove c'è il virus e c'è SOLO lì e avere una pandemia diffusa a livello mondiale dove il rischio di contagio è diffuso ovunque e cioè sia negli ambienti di lavoro che in quelli di vita. Non è difficile da capire. Però se vivi in adorazione perpetua di un personaggio che si è sempre e solo occupato della Pubblica Accusa, diventa difficile comprenderlo. Pertanto, negli ambienti di lavoro delle aziende (aziende che NON fanno uso deliberato di agenti biologici e in allegato XLIV), senza toccare il DVR che riguarda i rischi professionali, si deve tassativamente contestualizzare il Protocollo alle specificità dell'azienda per garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Infine ripropongo a Dubini la domanda a cui continua a non rispondere ed il motivo è ormai chiaro: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure declinate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 28/03/2020 (11:47:38) |
De minimis non curat praetor. Il DVR va fatto sempre e comunque. E deve essere aggiornato alle mutevoli circostanze lavorative. Il virus ha sconvolto il lavoro e qualcuno sostiene che non si deve aggiornare il DVR! Invece il DVR deve includere anche il rischio generico aggravato dalle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa, come quello sanitario da agente biologico Covid-19. Rispettare la legge sanzionata penalmente sul DVR e sul suo aggiornamento non è un optional ma un obbligo non delegabile del datore di lavoro sanzionato penalmente. Datori di lavoro, se non aggiornate il DVR al rischio Coronavirus la prescrizione e la sanzione per violazione di legge contravvenzionale non viene fatta al consulente che ci ha detto di non aggiornare il DVR al Coronavirus ma a voi, ed eventualmente al medico competente, se è stato coinvolto. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 28/03/2020 (11:59:07) |
i continua con il copia-incolla ossessivo - compulsivo. Di meglio non riesce a fare. Ripropongo la domanda che ho fatto e sarà così in seguito: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure declinate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 28/03/2020 (13:24:20) |
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum. IL DATORE DI LAVORO DEVE NECESSARIAMENTE AGGIORNARE LA VALUTAZIONE DEI RISCHI IN SEGUITO ALLA DIFFUSIONE DEL COVID-19? Il Datore di Lavoro deve fornire informazioni ai lavoratori, anche mediante redazione di informative (o utilizzando opuscoli a disposizione, come quello redatto dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità, che indica i 10 comportamenti da adottare per prevenire la diffusione del virus) e adottare precauzioni utili a prevenire l’affollamento e/o situazioni di potenziale contagio, quali quelle già suggerite nelle “Buone pratiche” approvate da ATS. Il documento di valutazione dei rischi dovrà essere aggiornato solo per i rischi specifici connessi alla peculiarità dello svolgimento dell’attività lavorativa, ovvero laddove vi sia un pericolo di contagio da COVID-19 aggiuntivo e differente da quello della popolazione in generale. Diversamente risulta fondamentale adottare le precauzioni già note e diffuse dal ministero della Salute, declinandole alla specificità dei luoghi e delle attività lavorative. ATS Bergamo |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 28/03/2020 (17:26:31) |
Si continua con il copia incolla ossessivo-compulsivo. ATS Bergamo. "Il documento di valutazione dei rischi dovrà essere aggiornato solo per i rischi specifici connessi alla peculiarità dello svolgimento dell’attività lavorativa, ovvero laddove vi sia un pericolo di contagio da COVID-19 aggiuntivo e differente da quello della popolazione in generale. Diversamente risulta fondamentale adottare le precauzioni già note e diffuse dal ministero della Salute, declinandole alla specificità dei luoghi e delle attività lavorative" Questi sono i rischi professionali del personale sanitario, delle aziende in allegato XLIV e di quelle che fanno uso deliberato di agenti biologici. Per questi, che già trattavano il rischio biologico nel loro DVR, il documento va aggiornato integrandolo con le prescrizioni del Protocollo. Per le altre aziende, no. Il rischio da Corona Virus non è un rischio professionale. Leggiti l'incipit a pag. 3 del Protocollo. E' un rischio generico anche se vai a lavorare perché sei in una pandemia. Il rischio di contagio non c'è solo al lavoro ma anche nella vita sociale. Questo vuol dire pandemia. Per questa aziende, bisogna contestualizzare il Protocollo alle specificità delle imprese in funzione delle attività svolte e verificare che sia compiutamente applicato. Per queste aziende ripropongo la domanda a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 28/03/2020 (17:47:55) |
Repetita Iuvant Valutazione rischi da riscrivere dopo il Covid-19 di Daniele Cirioli Il contagio conclamato in Italia del nuovo virus, infatti, impone alle aziende l'aggiornamento del documento di valutazione dei rischi per la presenza del nuovo rischio biologico, nonché la fornitura dei dispositivi di protezione individuali (le mascherine). . La principale criticità che devono affrontare datori di lavoro e consulenti è la sicurezza lavoro, aspetto di particolare importanza atteso che, ai sensi del Tu sicurezza (dlgs n. 81/2008), la responsabilita ricade esclusivamente sul datore di lavoro. Il coronavirus rappresenta un nuovo rischio biologico che impone al datore di lavoro di tutelare i lavoratori. In collaborazione con il medico competente, quindi, deve procedere innanzitutto ad aggiornare il documento di valutazione rischi; quindi deve individuare le misure di prevenzione, tra cui la fornitura di Dpi (dispositivi protezione individuale); deve fornire adeguata formazione agli addetti al pronto soccorso e ai lavoratori; e così via. Tra le misure da adottare rientrano, certamente, quelle indicate dal ministero della salute nella nota n. 1141/2020, vale a dire: lavarsi frequentemente le mani; porre attenzione all'igiene delle superfici; evitare i contratti stretti e protratti con persone con sintomi simil influenzali; non recarsi al pronto soccorso, in ospedale o dal medico in caso di sospetto contagio, ma attendere i servizi sanitari di pronto soccorso. Italia Oggi 22.2.2020 |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 28/03/2020 (18:35:37) |
Daniele Cirioli, cattolico, è sposato e papà di tre figli. Vive ad Alife (CE). Dottore di ricerca in Diritto delle relazioni di lavoro, è collaboratore di riferimento del quotidiano ItaliaOggi per le tematiche del lavoro e della previdenza. Nessun dubbio sulla competenza nel suo settore. Qui, però, parliamo d'altro senza dimenticare che è un articolo di un mese fa. Faccio riferimento a quello che scrivono il prof. Pascucci, il prof. Lepore, l'avv. Fantini, il prof. Pelusi, ecc. che sono esperti del settore. Del resto se qualcuno avesse un problema di emorroidi, non penso che andrà dal ginecologo. E' vero che si tratta sempre di "cavità" ma è sempre meglio andare dal proctologo. A ciascuno il suo. Per queste aziende ripropongo la domanda a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 28/03/2020 (19:00:38) |
Gutta cavat lapidem. Secondo le disposizioni riguardanti l’Inail contenute nel Decreto Legge n°. 18 del 17 marzo 2020 “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19” (il cosiddetto “Cura Italia”), il contagio da Covid-19 avvenuto in occasione di lavoro è da considerare a tutti gli effetti un infortunio. Il punto 2 dell’articolo 42 del Decreto “Cura Italia”, infatti, chiarisce che “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS – CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”. La Nota Inail n°. 3675 del 17 marzo 2020 specifica che, ai fini del computo della decorrenza della tutela Inail, il termine iniziale è quello della data di attestazione positiva dell’avvenuto contagio tramite il test specifico di conferma (il cosiddetto “tampone”) da parte delle autorità sanitarie. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 28/03/2020 (21:08:59) |
Questa l'avevi già copia-incollata. ripropongo la domanda a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 29/03/2020 (01:15:57) |
Vulpem pilum mutare, non mores. Valutazione del rischio per la salute dei lavoratori derivante dall'esposizione, anche potenziale, agli agenti biologici deliberatamente o occasionalmente presenti nell'ambiente di lavoro (INAIL) Il datore di lavoro è tenuto a valutare il rischio per la salute dei lavoratori derivante dall'esposizione, anche potenziale, agli agenti biologici deliberatamente o occasionalmente presenti nell'ambiente di lavoro. Questa sezione fornisce indicazioni di tipo generale e, laddove disponibili, specifiche per particolari ambienti di lavoro che possono essere d'aiuto nella fase di valutazione del rischio biologico. Per stimare l'entità del rischio da esposizione ad agenti biologici, nel processo di valutazione è necessario: identificare i pericoli anche potenziali stimare la gravità delle conseguenze derivanti dall'esposizione a tali pericoli identificare e quantificare i soggetti esposti misurare l'entità di tale esposizione. La valutazione del rischio biologico presenta tuttavia aspetti di incertezza notevoli, legati principalmente alla grande varietà di agenti da valutare, molti dei quali caratterizzati da complesse interazioni interspecifiche e ambientali che possono favorirne o limitarne la proliferazione, e alla diversa risposta di ciascun individuo all'esposizione. Riguardo quest'ultimo punto, infatti, la valutazione del rischio deve tenere conto di tutti i lavoratori anche quelli temporanenamente o stabilmente più sensibili, quali ad esempio coloro che presentano una diminuzione delle difese immunitarie o le donne in gravidanza. Sarebbe molto utile, in fase di analisi dei rischi, conoscere: la modalità di interazione microrganismo-ospite il ciclo complessivo dell'infezione eventuali fattori favorenti l'infezione o in grado di aumentare la patogenicità la misura esatta della dose. Tali informazioni, però, non sempre sono disponibili; la stima dell'esposizione, per esempio, valutabile attraverso la misura della contaminazione ambientale, presenta notevoli aspetti di incertezza: mancano metodiche di monitoraggio standardizzate, i dati sono spesso dispersi e non esistono valori limite di esposizione affidabili e definiti. Inoltre, per la maggior parte degli agenti biologici non sono note le relazioni dose - effetto e dunque non si possono "definire" dosi utilizzabili come valori limite di esposizione. Ai fini preventivi, è comunemente adottato l'assunto conservativo secondo il quale non esiste una soglia di infettività, cioè è sufficiente anche un solo microrganismo a provocare l'infezione (Dose Minima Infettante, DI0 = 1) e, quando questa condizione è abbinata ad una elevata patogenicità (capacità di indurre una malattia in seguito ad infezione), trasmissibilità (capacità di essere trasmesso da un soggetto portatore ad un soggetto non infetto) e limitata neutralizzabilità (disponibilità di misure profilattiche o terapeutiche), l'unico intervento efficace per la prevenzione del rischio risulta l'eliminazione dell'esposizione. Al termine del processo di valutazione del rischio il datore di lavoro è tenuto a predisporre gli interventi necessari alla riduzione, o eliminazione laddove possibile, dell'esposizione agli agenti biologici pericolosi e ad adottare le misure di prevenzione e protezione più idonee, commisurate all'entità del rischio. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 29/03/2020 (10:27:48) |
Si continua con il copia-incolla ossessivo compulsivo. Dice Inail "Valutazione del rischio per la salute dei lavoratori derivante dall'esposizione, anche potenziale, agli agenti biologici deliberatamente o occasionalmente presenti nell'ambiente di lavoro" E quali sono queste aziende che cita l'INAIL? Quelle che fanno uso deliberato di agenti biologici e quelle che svolgono le attività di cui all'Allegato XLIV. Per queste nessuno ha mai negato la necessità di aggiornare il DVR da rischio biologico integrando in esso ed adattandolo alle specificità dell'azienda, le misure previste dal Protocollo. Qui parliamo di tutte le altre. Per queste aziende ripropongo la domanda a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" Poi visto che sta saccheggiando gli aforismi in latino di Publio Ovidio Nasone, ecc., chiudo anche io con il latino: "Vanum es ludere latrunculorum cum pullis columbae" |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 29/03/2020 (11:51:14) |
Par pari respondere dicto In caso di organizzazione di attività di lavoro in luoghi ad elevato rischio di esposizione al virus, deve ritenersi legittimo e non sanzionabile disciplinarmente l’eventuale rifiuto opposto dal dipendente, in forza del principio per cui la violazione dell’art. 2087 c.c. legittima i lavoratori a non eseguire la prestazione, conservando il diritto alla retribuzione (cfr. Cass., Sez. lavoro, Sent., 19/01/2016, n. 836; Cass., Sez. lavoro, Sent., 01/04/2015, n. 6631). |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 29/03/2020 (18:33:56) |
Queste sono quelle che fanno uso deliberato di agenti biologici e quelle che svolgono le attività di cui all'Allegato XLIV. Per queste nessuno ha mai negato la necessità di aggiornare il DVR da rischio biologico integrando in esso ed adattandolo alle specificità dell'azienda, le misure previste dal Protocollo. Qui parliamo di tutte le altre. Per queste aziende ripropongo la domanda a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" De praesumptione semper ad deteriora invitat. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 29/03/2020 (20:31:32) |
Parva volucris non ova magna parit A quando una direttiva CE che regoli il rischio Pandemia e gli obblighi del datore di lavoro, direttamente collegata alla direttiva quadro 89/391 e dunque da recepire dentro il D.Lgs. n. 81/2008? |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 30/03/2020 (10:25:50) |
Non la faranno mai perché la Pandemia o l'epidemia sono già rischi professionali per alcune categorie di lavoratori e sono coperti dai vari provvedimenti di recepimento nei vari Paesi membri UE. Per le altre categorie di lavoratori sono rischi generici. ripropongo la domanda a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" De praesumptione semper ad deteriora invitat. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 31/03/2020 (13:09:17) |
Certo che non capire che la valutazione del rischio biologico è obbligatoria non solo in caso di esposizione intenzionale, ma anche in caso di esposizione non deliberata, qualora emerga un rischio aggravato dalle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa, e perfino in caso di esposizione occasionale ma prevedibile dimostra una incomprensione totale del dettato normativo del Dlgs n. 81/2008, che alla lettera a) dell'articolo 28 fa un preciso riferimento all'obbligo di valutare TUTTI i rischi presenti DURANTE l'attività lavorativa. Perciò in presenza di rischio durante l'attività lavorativa o il datore di lavoro valuta questo rischio, e l'attività prosegue, o può decidere di non valutare nulla, ma deve immediatamente sospendere l'attività lavorativa. Per non dire del ricorso massiccio allo smart working, che come dice giustamente il documento di Assolombarda del 2015, implica un obbligo inderogabile di valutare il rischio di questa modalità particolare di lavoro, con aggiornamento del DVR. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 31/03/2020 (18:32:58) |
L'esposizione, anche non deliberata, deve avvenire durante l'espletamento della propria attività professionale e solo in quella. Qui, invece, siamo in una pandemia, dove il rischio di contagio è presente anche al di fuori dell'attività lavorativa. E' questa la differenza che fa sì che tale rischio, sempre per le aziende che NON fanno uso deliberato di agenti biologici e NON ricomprese tra quelle dell'allegato XLIV, venga definito dalle Autorità Pubbliche, come RISCHIO GENERICO. E' semprelice da comprendere ……. sempre se lo si vuole. Torno a rifare le due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 31/03/2020 (19:48:09) |
La Cassazione ha affermato con chiarezza il principio fondamentale del D.Lgs. n. 81/2008: la valutazione di TUTTI i rischi che si manifestano DURANTE il lavoro (art. 28 D.Lgs. n. 81/2008) deve essere effettuata col MASSIMO GRADO DI SPECIFICITÀ: "Il datore di lavoro ha dunque l'obbligo giuridico di analizzare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.lgs.n.81/2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Lo strumento della adeguata valutazione dei rischi è un documento che il datore di lavoro deve elaborare con il massimo grado di specificità, restandone egli garante: l'essenzialità di tale documento deriva con evidenza dal fatto che, senza la piena consapevolezza di tutti i rischi per la sicurezza, non è possibile una adeguata politica antinfortunistica (Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini e altri, Rv. 248943). E ciò perché in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo deve essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell'omissione all'evento che si è concretamente verificato [Sez.4, n. 8622 del 04/12/2009 (dep. 03/03/2010), Giovannini, Rv. 246498]". Così Cassazione Penale, Sez. 4, 03 maggio 2019, n. 18323. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 01/04/2020 (11:29:36) |
Ricominciamo con il copia-incolla …….. La sentenza citata (e ce ne sono altre) fa riferimento a "tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda". Quindi si riferisce a "tutti i rischi" ma a TUTTI I RISCHI PROFESSIONALI. Qui, invece, siamo in una pandemia, dove il rischio di contagio è presente anche al di fuori dell'attività lavorativa. E' questa la differenza che fa sì che tale rischio, sempre per le aziende che NON fanno uso deliberato di agenti biologici e NON ricomprese tra quelle dell'allegato XLIV, venga definito dalle Autorità Pubbliche, come RISCHIO GENERICO. E' semplice da comprendere ……. sempre se lo si vuole. Torno a rifare le due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Autore: Senza dubbio | 10/05/2020 (15:19:34) |
dove sta scritto "solo rischi professionali" |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 01/04/2020 (12:47:47) |
Datore di lavoro, obbligo di redigere ed aggiornare all'occorrenza, e comunque periodicamente, il documento di valutazione rischi Corte di Cassazione -III sez. pen. - sentenza n. 30173 del 5-07-2018 In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (per tutti, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 – dep. 18/09/2014, omissis, Rv. 261109) precisandosi altresì, nel solco tracciato dalle Sezioni Unite, che il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016 – dep. 16/05/2016, omissis, Rv. 267253). |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 01/04/2020 (21:14:33) |
Continua con il copia-incolla ossessivo compulsivo. La sentenza citata fa riferimento a "tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda". Quindi si riferisce a "tutti i rischi" ma a TUTTI I RISCHI PROFESSIONALI. Qui, invece, siamo in una pandemia, dove il rischio di contagio è presente anche al di fuori dell'attività lavorativa. E' questa la differenza che fa sì che tale rischio, sempre per le aziende che NON fanno uso deliberato di agenti biologici e NON ricomprese tra quelle dell'allegato XLIV, venga definito dalle Autorità Pubbliche, come RISCHIO GENERICO. E' semplice da comprendere ……. sempre se lo si vuole. Torno a rifare le due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 02/04/2020 (09:09:24) |
Il concetto di rischio occupazionale, questo sconosciuto. Tutti i rischi occupazionale durante il lavoro devono essere valutati (DVR) L’European Agency for Safety and Health at Work ha individuato i seguenti dodici rischi biologici di tipo emergente, intendendo per “rischio emergente” qualunque rischio lavorativo che sia “nuovo” e “in aumento”: «rischi occupazionali correlati alle epidemie globali, difficoltà di valutazione dei rischi biologici, esposizione dei lavoratori a microrganismi farmacoresistenti, mancanza di informazioni sui rischi biologici, scarsa manutenzione dei sistemi di condizionamento dell’aria e idrico, formazione non adeguata del personale delle autorità locali, pericoli biologici negli impianti di trattamento dei rifiuti, esposizione combinata a bioaerosol e sostanze chimiche, endotossine, muffe nei luoghi di lavoro chiusi» Questo afferma il documento European Agency for Safety and Health at Work. European Risk Observatory Report: Expert forecast on Emerging Biological Risks related to Occupational Safety and Health. Facilmente reperibile in rete e digitando il titolo su Google. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 02/04/2020 (12:09:06) |
E ridalli col copia incolla…... Lo studio che citi (iniziato nel 2004 ed i risultati pubblicati nel 2007) è ampiamente conosciuto da chi si occupa di SSL per determinate attività lavorative. Non a caso, nello studio, è citata N volte la direttiva 2000/54/CE che ha il seguente campo di applicazione: "Art. 3 - Campo di applicazione — Individuazione e valutazione dei rischi 1. La presente direttiva si applica alle attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti biologici a causa della loro attività professionale". Lo studio che citi, me l'ero letto già a tempi visto che lavoro anche con aziende farmaceutiche. Al par. 5.2 pag. 82 dello studio (Diagram 7) c'è un bel grafico con indicato: "Workplace and work-process specific biological risks identified in the survey". - Biohazards in waste treatment plants - Poorer control of microorganisms in nursing at home - Allergies due to biological pest control - Biohazards in water treatment plants - Use of enzymes under new conditions - Highly Dangerous pathogens in laboratories - Flavivirus - Infections with hepatitis B, CorHIV - Renovation of sewage systems and drain pipes - Research on aerosols transmitting biological agents - Research on vaccines against pandemic flu - Manufacture of viral constructs for gene therapy - Treatment of clinical waste - Biotechnologies involving new substances - Microorganisms in laboratories - Research on biosafety level 4 agents - Large-scale production of vaccines against pandemicflu - Laboratory acquired infections - Clostridium tetany Andando poi a pag. 98 e seguenti, si può vedere a quali organizzazioni è stato chiesto di rispondere al questionario (allegato 4): Laboratori, Università, aziende farmaceutiche, centri di ricerca, ecc.. Quindi, nello studio che citi questi rischi emergenti non si presentano indistintamente in qualunque ambiente di lavoro ma in quelli indicati ed a cui si riferiva la ricerca. E quelli indicati, guarda caso, sono tutti quegli ambienti che sono già coperti da noi dall'art. 271 del D. Lgs. n° 81/2008: - aziende che fanno uso deliberato di agenti biologici; - aziende che svolgono attività di cui all'allegato XLIV. Quindi, in caso di epidemie, chi lavora in certi ambienti di lavoro sarà esposto a questi rischi in maniera diretta nello svolgimento delle attività professionali espletate. Altri no. Questi altri avranno un rischio comune al resto della popolazione. Tutti dovranno applicare le misure imposte dalle Autorità Pubbliche. Quindi, la prossima volta, prima di fare i copia-incolla, andrebbe letto tutto che, nel caso del documento citato, sono 145 pagine. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 03/04/2020 (17:35:24) |
È di indubbio interesse il ragionamento sintetico sviluppato da due autori del mondo sindacale, ovvero del mondo più vicino a colori che rischiano il contagio ogni giorno nei luoghi di lavoro. Valutazione del rischio biologico ed emergenza Covid-19 L’articolo 271 del D.Lgs. 81/2008, prevede la valutazione del “rischio biologico”: pertanto le azioni di prevenzione dovevano già essere individuate a prescindere dal Covid19. Tuttavia, trattandosi di una situazione emergenziale, è utile ricordare come l’articolo 18 comma 1 lett. B dello stesso D.Lgs. 81/2008 preveda come obbligo del datore di lavoro la prevenzione e gestione delle emergenze (documentata e validata). Inoltre, trattandosi di rischi per la salute, diventa fondamentale la valutazione e la posizione del medico competente, così come imposto dall’articolo 25 comma 1 lett. A, in quanto collaboratore del datore di lavoro. Inoltre, ferme restando tutte le possibilità messe a disposizione da Governo e Regioni, come ad esempio quelle previste dalla Direttiva 1/2020 per la Pubblica Amministrazione, occorre monitorare le azioni che l’azienda intenda intraprendere, quali telelavoro, smart working, cassa integrazione e altre e, nel caso di lavoratore contagiato, ovviamente la malattia. Tutte condizioni che però non ricadono in termini economici su lavoratori e lavoratrici. Serve anche una maggiore attenzione nei confronti di eventuali iniziative estemporanee di alcune imprese che dispongano discrezionalmente a lavoratori e lavoratrici non contagiati l’adozione di misure quali messa in libertà, messa in ferie, permesso o richiesta di farsi mettere in malattia dal medico, omettendo di specificare che in questo caso la decisione organizzativa è dell’azienda e facendo ricadere – con colpa – tale decisione sul lavoratore, contravvenendo così il disposto dell’articolo 15 comma 2 del D.Lgs. 81/2008 (“Le misure relative alla sicurezza, all’igiene e alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori”). Federico Bellono Rocco Pellegrino Camera del Lavoro – Torino |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 03/04/2020 (19:01:05) |
E' il parere della Corte Costituzionale o di due sindacalisti? Ognuno può dire quello che gli pare. Il web è anche questo. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 04/04/2020 (10:44:03) |
l fatto che l'INAIL, ente notoriamente con le casse piene rispetto all'INPS, abbia deciso di coprire economicamente il costo delle assenze per contagio da COVID-19 anche categorie di lavoratori come quelli indicati, non vuol automaticamente dire che i loro datori di lavoro abbiamo l'obbligo di "aggiornare il DVR". I loro datori di lavoro, hanno sempre l'obbligo di applicare il protocollo contestualizzandolo alle specificità dell'azienda le cui misure di tutela forniscono le vere garanzie per la loro salute e non perdere tempo con gli aspetti formali. Inoltre, come scritto nella Circolare: "Nell’attuale situazione pandemica, l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico. Per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus. Lo stesso principio si applica anche ad altre categorie che operano in costante contatto con l’utenza, come i lavoratori impiegati in front-office e alla cassa, gli addetti alle vendite/banconisti, il personale non sanitario degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, e gli operatori del trasporto infermi. In base alle istruzioni per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, la tutela assicurativa si estende, infatti, anche alle ipotesi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti problematica. Ne discende che, ove l’episodio che ha determinato il contagio non sia noto o non possa essere provato dal lavoratore, né si può comunque presumere che il contagio si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro elemento che in tal senso deponga, l’accertamento medico-legale seguirà l’ordinaria procedura privilegiando essenzialmente i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale". Mi pare che quanto scrive l'INAIL sia chiaro. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 04/04/2020 (11:26:35) |
Il rischio Covid-19 sul luogo di lavorare deve essere valutato (DVR) in tutti i casi in cui il datore di lavoro decide di proseguire l'attività lavorativa (attività pericolosa consentita dallo Stato per superiore interesse nazionale per i settori essenziali) , anziché sospenderla (unica regola efficace di Prevenzione, protezione e tutela sanitaria per tutta la popolazione dal contagio). L'art. 28 D. Lgs. 81/08 precisa che il DVR deve contenere una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, con la conseguenza che, per garantire un'adeguata valutazione di ogni rischio, non è sufficiente una relazione del tutto generica, ma è invece necessaria una valutazione che, seppur sinteticamente, prenda in considerazione in maniera specifica ogni potenziale rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori (solo in questo modo, infatti, è possibile apprestare tutte le misure di prevenzione e protezione necessarie per garantire pienamente la sicurezza)" [Cassazione Penale, Sez. 4, 14 giugno 2017, n. 29731]. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 04/04/2020 (17:09:50) |
La valutazione del rischio da COVID-19 l'ha già fatta l'Autorità Sanitaria. Le misure sono quelle del Protocollo che ogni azienda dovrà contestualizzare in funzione della propria specificità. La contestualizzazione del Protocollo fornisce la vera tutela della salute dei lavoratori. Il resto è fuffa. Fattene una ragione. E' inutile continuare con il copia-incolla di pronunce della cassazione che non hanno nulla in comune con una emergenza sanitaria derivante da una epidemia. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 04/04/2020 (19:18:05) |
I rischi presenti durante l'attività lavorativa vanno tutti valutati senza eccezione alcuna. La Cassazione non ha mai distinto i rischi tra quelli da valutare e altri da non valutare. Viceversa ha sempre ribadito che tutti i rischi va no valutati. Se la eccezioni. Cassazione Penale, Sez. 4, 03 maggio 2019, n. 18323 Il datore di lavoro ha dunque l'obbligo giuridico di analizzare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.lgs.n.81/2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Lo strumento della adeguata valutazione dei rischi è un documento che il datore di lavoro deve elaborare con il massimo grado di specificità, restandone egli garante: l'essenzialità di tale documento deriva con evidenza dal fatto che, senza la piena consapevolezza di tutti i rischi per la sicurezza, non è possibile una adeguata politica antinfortunistica (Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini e altri, Rv. 248943). E ciò perché in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo deve essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell'omissione all'evento che si è concretamente verificato [Sez.4, n. 8622 del 04/12/2009 (dep. 03/03/2010), Giovannini, Rv. 246498] |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 05/04/2020 (11:01:49) |
Ricomincia con il copia-incolla di pronunce della Cassazione che non c'entrano nulla con quello che sta succedendo oggi. Invece di copia-incollare sentenze, perché non spieghi cosa era successo nel caso che presenti? Per chi legge, la storia è questa. L'azienda usava un prodotto infiammabile (diluente) senza aver valutato il rischio d'incendio ed esplosione e un operatore si era messo ad usare il cannello ossiacetilenico sul contenitore di questo prodotto. Si può mai usare una pronuncia del genere estendendola al caso del Covid-19? Il diluente era usato nel processo produttivo dell'azienda e l'operatore eseguiva una specifica attività vista la sua mansione di saldatore. Più rischio professionale di questo dove lo troviamo? Ritornando sull'oggetto del discorso, qui parliamo di "Rischi Professionali" e cioè a rischi per i lavoratori presenti nell’espletamento della loro normale attività lavorativa nella specifica mansione . Il rischio da COVID-19 è un "Rischio Professionale" per alcune categorie di lavoratori e per queste il DVR deve essere aggiornato integrando in esso le misure decise dalle Autorità Pubbliche. Per altre categorie di lavoratori è "Rischio generico", come ampiamente chiarito dai tanti provvedimenti legislativi emanati in questi ultimi 45 giorni. La valutazione del rischio da COVID-19, l'ha già fatta l'Autorità Pubblica indicandoci le misure da adottare nelle aziende. Si tratta di norme di Igiene Pubblica che sono sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale con la conseguenza che l'autonomia del datore di lavoro nella individuazione delle misure, viene meno e si deve attenere a queste. Quindi, dovrà applicarle contestualizzandole alle specificità. Non c'è alcun bisogno di aggiornare formalmente il DVR per le aziende per cui il rischio biologico non è un "Rischio Professionale". Se la tesi tua e di pochi altri fosse corretta, allora perché in passato non è stato mai valutato il rischio da influenza stagionale che, ogni anno, fa, per cause dirette, circa 400 morti/anno e per cause indirette, quasi 10.000 ? Non ve ne siete mai accorti? Questi erano morti di serie B? Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 05/04/2020 (11:05:04) |
ABC della Sicurezza sul lavoro Rischio generico: è rappresentato da un situazione di pericolo che grava in eguale misura sul lavoratore intento alla propria opera come su ogni altro individuo (ad esempio rischio che ci sia un terremoto). Rischio generico aggravato: è quello che incombe su ogni cittadino ma grava in misura maggiore, per frequenza o entità, su coloro che disimpegnano determinate attività lavorative (ad esempio, la cassiera del supermercato durante la pandemia Covid-19). Rischio specifico: è quello strettamente inerente alle condizioni fisiche di determinate attività lavorative e incombe in modo esclusivo o nettamente preponderante su coloro che esplicano mansioni peculiari. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 05/04/2020 (17:53:17) |
Continua con il copia - incolla di definizioni ampiamente conosciute da chi ha un minimo di competenza. La questione che continui a non capire è che in una pandemia, la valutazione anche per la cassiera, la farmacista, la portinaia, il muratore, l'autista di bus, il saldatore, ecc., l'ha già fatta l'Autorità Sanitaria e ci ha imposto quali misure adottare. Il datore di lavoro di questi lavoratori deve adattare il Protocollo contestualizzandolo alle proprie specificità. Il concetto è semplice, semplice……... Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 05/04/2020 (20:30:57) |
È obbligatorio vellutate i rischi generici aggravato di natura sanitaria (Commissione Interpelli) Con Interpello n.11/2016 il Ministero del Lavoro fornisce una precisazione in merito all’art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008 che prevede, per il datore di lavoro, l’obbligo di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari ed adottare, conseguentemente, le misure di prevenzione e protezione che reputi idonee allo scopo. In particolare, la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 05/04/2020 (20:48:22) |
Dubini, questo l'hai già scritto una settimana fa e ti è stato spiegato che quell'interpello riguarda il caso particolare di coloro che vengono inviati per lavoro in aree geografiche a rischio. Stavolta ti re-incollo quanto già scritto. Allora, l'Interpello n° 11/2016 era stato proposto dalla UIL Trasporti: "La UILTRASPORTI ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione relativamente alla sussistenza dell’obbligo, in capo al datore di lavoro, di considerare, nell’ambito della valutazione dei rischi, anche i rischi legati alla situazione ambientale (soprattutto nei paesi esteri) per il personale navigante delle compagnie aeree. In particolare, l’istante chiede di sapere: “… se nell’obbligo giuridico in capo al datore di lavoro della valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza con la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi (DVR), così come disciplinato dagli artt. 15, 17 e 28 del D.Lgs. n. 81/2008 sia ricompresa anche la valutazione della situazione ambientale e di sicurezza intesa anche come security, in particolare in paesi esteri ma non solo, legata a titolo esemplificativo ma non esaustivo ad eventi di natura geo politica, atti criminali di terzi, belligeranza e più in generale di tutti quei fattori potenzialmente pericolosi per l’integrità psicofisica dagli equipaggi nei luoghi (tipicamente aeroporti, alberghi, percorso da e per gli stessi e loro immediate vicinanze) dove il personale navigante si trovi ad operare/alloggiare quando comandati in servizio”. La risposta era stata la seguente: "Sulla base di quanto espresso in premessa, la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta." Come si vede, appare evidente che l'aggravamento del rischio è dovuto ad una situazione specifica in un determinato contesto geografico in cui un lavoratore è inviato per svolgere l'attività. Per questo motivo il DVR lo devo aggiornare prevedendo le misure per tutelare l'integrità psicofisica di un equipaggio inviato in un Paese a rischio guerra, attentato, epidemia, ecc. (ma questo l'avevo già spiegato nei precedenti post). Una pandemia, invece, permea tutti gli ambienti di lavoro e di vita e, per questo, il rischio è considerato "rischio generico". In merito a ciò che afferma colui a cui si ispira Dubini, va ricordato che il "rischio Corona Virus" non si manifesta SOLO durante il lavoro ma è presente anche negli ambienti di vita proprio perché si è davanti ad una pandemia. Questa è la differenza sostanziale tra l'inviare i lavoratori in un particolare contesto ambientale dove c'è il virus e c'è SOLO lì e avere una pandemia diffusa a livello mondiale dove il rischio di contagio è diffuso ovunque e cioè sia negli ambienti di lavoro che in quelli di vita. Non è difficile da capire. Pertanto, negli ambienti di lavoro delle aziende (aziende che NON fanno uso deliberato di agenti biologici e in allegato XLIV), senza toccare il DVR che riguarda i rischi professionali, si deve tassativamente contestualizzare il Protocollo alle specificità dell'azienda per garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Ricordo, infine, che l'Interpello era stato fatto a seguito di ciò che era successo ai dipendenti della Bonatti rapiti in Libia tra il luglio 2015 e il marzo 2016. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 06/04/2020 (09:57:52) |
Come scrive con acuta intelligenza giuridica su Giustizia Civile il professor Francesco Bacchini, "occorre sottolineare, per un verso, che il Protocollo d'intesa non ha rango di fonte di legge, nemmeno secondaria, rappresentando tutt'al più una regolamentazione cosiddetta di soft law e, per altro verso, che tali obblighi nemmeno discendono dalla suddetta già intervenuta decretazione (sulla quale molte parole potrebbero spendersi, ma non è questa la sede, in termini di rilevante distinzione tra raccomandazione e/o promozione e prescrizione, tra obbligo e relativa sanzione e persuasione e assenza di sanzione, tra norma e provvedimento). Pertanto, la natura di obbligo giuridico dei citati adempimenti in capo al datore di lavoro appare derivare dall'art. 2087 c.c., nonché dall'obbligo di valutare, a norma dell'art. 28, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008 (innanzi, TUSL), tutti i rischi che espongono i dipendenti a pericoli per la loro salute e sicurezza, eliminandoli o, comunque, riducendone per quanto possibile l'esposizione, incluso il rischio biologico da Covid-19 all'interno dei luoghi di lavoro (ex art. 266 TUSL) giacché, da un lato, il Covid-19 è definito “rischio biologico generico” nell'incipit del Protocollo d'intesa e, dall'altro, nell'allegato XLVI del TUSL è presente, fra gli altri, anche il Coronaviridae, ossia l'aggregazione (o famiglia) di virus i cui componenti sono noti come “coronavirus”. Infatti, sebbene il tenore letterale dell'art. 267 TUSL possa indurre a non ritenerlo applicabile alla fattispecie in discussione, la quale non riguarda aspetti ambientali connessi all'uso delle specifiche sostanze nelle lavorazioni proprie del processo produttivo, tuttavia, in virtù di un'interpretazione estensiva della norma in esame, non pare possibile escluderne l'applicabilità anche in relazione alla diffusione del coronavirus, soprattutto nel caso in cui sussista la probabilità di contagio all'interno dell'azienda". |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 06/04/2020 (17:58:22) |
Dice Bacchini: "Infatti, sebbene il tenore letterale dell'art. 267 TUSL possa indurre a non ritenerlo applicabile alla fattispecie in discussione, la quale non riguarda aspetti ambientali connessi all'uso delle specifiche sostanze nelle lavorazioni proprie del processo produttivo, tuttavia, in virtù di un'INTERPRETAZIONE ESTENSIVA della norma in esame, non pare possibile escluderne l'applicabilità anche in relazione alla diffusione del coronavirus, soprattutto nel caso in cui sussista la probabilità di contagio all'interno dell'azienda". Ci sono altre interpretazioni che dicono il contrario: Pascucci, Lepore, Fantini, Pelusi, Regione Veneto, Marche, Umbria, ecc., ecc. Quindi, la prendiamo per quella che è: una interpretazione estensiva …….. peraltro anche facilmente smontabile se il discriminante è inteso essere rappresentato dall'allegato XLVI dove vi è l'elenco degli agenti biologici suddivisi tra batteri e virus …….. visto che la famiglia dei Coronaviridae si presenta alla porta ogni autunno con un suo rappresentante. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 06/04/2020 (18:18:29) |
Mi preme sottolineare con forza che nell’individuazione e prevenzione dei potenziali pericoli per la salute (“rischi generici aggravati” come definiti nell’Interpello n. 11/2016 ai sensi art.12, D.Lgs. n. 81/08 e s.m.i.) si devono considerare molteplici fattori quali: località geografica, contesti macroclimatici complessi e relativa stagionalità, qualità delle infrastrutture, agenti fisici, agenti chimici, agenti biologici e agenti psicosociali. Per impostare le linee di azione e stabilire gli strumenti preventivi, il Datore di Lavoro, l’RSPP ed il Medico Competente devono effettuare un’attenta valutazione del rischio e conseguenti azioni di prevenzione e protezione come normato dal D.Lgs. n. 81/08 e s.m.i. attraverso il Titolo X, rischio biologico, art. 278 Informazione sulle malattie che possono essere contratte e art. 279 Prevenzione e controllo. Questo vale non solo per l'attuale pandemia da polmonite interstiziale Covid-19, ma anche per le influenze stagionali. D'ora in poi le larghissime omissioni della valutazione del rischio biologico non saranno mai più tollerabili. Mi sono capitate in cantiere aziende che sostengono la tesi balzana della necessità di non aggiornare il DVR al rischio Covid-19. Il Committente ha chiesto loro una dichiarazione scritta firmata da datore di lavoro ed RSPP nella quale dichiarino sotto la loro responsabilità che non aggiornano ip DVR al rischio Covid-19 ... |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 06/04/2020 (19:42:07) |
Dubini, non siamo in Uganda dove c'è una epidemia di dengue che c'è lì e solo lì. Quindi, se io per lavoro vengo mandato in Uganda, il mio datore di lavoro deve attuare tutto ciò che deve essere fatto per tutelarmi: valutare il rischio dell'epidemia, profilassi da seguire, informazione, misure organizzative, ecc.. A questo si riferisce l'Interpello che continui a copia-incollare senza comprenderne il contesto a cui si riferisce ed i contenuti. Se invece sono in Italia, e non lavoro in un ambiente sanitario o in una azienda di cui all'allegato XLIV, il rischio di contrarre il virus è lo stesso sia dentro che fuori casa che al lavoro. Questo ci hanno detto le Autorità Pubbliche. E' un concetto semplice da comprendere. Poi, il legislatore Dubini ha stabilito che d'ora in poi, anche le influenze non saranno tollerate e diverranno parte integrante del DVR. Ne prendiamo atto …. ma mi domando: - il morbillo? - la varicella? - la rosolia? - la gastroenterite? E ……. Tutte con un R ben più alto di 3,8 (Covid 19) come il morbillo che è 18. In merito alle aziende, quelle con cui ho a che fare io invece sono state apprezzate dal committente per la procedura che hanno scritto e messo in atto per l'applicazione contestualizzata del Protocollo. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 06/04/2020 (21:41:00) |
È interessante osservare che gli enti di certificazione dei sistemi di gestione della sicurezza (ISO 45001) non hanno alcun dubbio sull'obbligo inderogabile di aggiornare la valutazione dei rischi al rischio biologico Covid-19. Ovviamente gli escamotages per evitare gli obblighi di legge non hanno mai molte prospettive. "VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO Monitoraggio biologico per la tutela della salute dei lavoratori SCENARIO A seguito del propagarsi dell'epidemia di COVID-19, tutti i datori di lavoro e gli RSPP hanno dovuto aggiornare o effettuare una valutazione del rischio biologico o aggiornare le misure di prevenzione e protezione specifiche. In un ambiente di lavoro possono essere presenti differenti agenti biologici responsabili di infezioni o allergie. Le manifestazioni cliniche possono presentarsi con diversa intensità in relazione a diversi fattori, anche sinergici, tra i quali le condizioni ambientali e la suscettibilità individuale. Attualmente gli scenari espositivi sono divisi in due categorie: uso deliberato di agenti biologici ed esposizione potenziale. Il datore di lavoro deve tutelare la salute dei lavoratori valutando tutti i rischi, compreso quello biologico. Per far fronte a tale dovere, il D.lgs. 81/08 (All. XLVI) fornisce gli strumenti per l’identificazione, valutazione, gestione e controllo del rischio. Bureau Veritas Nexta" |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 07/04/2020 (12:17:44) |
La questione è di una semplicità sconcertante. La legge afferma chiaramente l'obbligo di valutare tutti i rischi presenti durante il lavoro. Alcuni invece dicono che i rischi sono tutti meno quelli che dicono loro. E quindi non sono tutti. Quando non si riesce a comprendere il significato dell'aggettivo "tutti" ogni ulteriore discussione dicendo inutile e perfino dannosa. Covid-19 e valutazione del rischio (Guariniello) TUTTI SI STANNO chiedendo se il datore di lavoro debba valutare il rischio coronavirus e individuare le misure di prevenzione contro tale rischio nel documento di valutazione dei rischi. A dare la risposta è, a ben vedere, l’art. 28, comma 2, lett. a), TUSL, ove si usa l’espressione “tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa”. Un’espressione altamente volutamente significativa, in quanto fa intendere che debbono essere valutati tutti rischi che possono profilarsi, non necessariamente a causa dell’attività lavorativa, bensì durante l’attività lavorativa: come appunto il coronavirus. Proprio quel “durante” induce a condividere la linea interpretativa accolta dalla Commissione per gli Interpelli nell’attualissimo Interpello n. 11 del 25 ottobre 2016: “il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi, compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i rischi legati alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento” (Il Fatto Quotidiano 26/3/2020). |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 07/04/2020 (13:15:10) |
Ricomincia con il loop. Per l'ennesima volta prova a capire con il tuo mentore che quel "durante" è sempre da inquadrare nell'alveo dei "RISCHI PROFESSIONALI" come previsto dalla direttiva 89/391/CEE come già spiegato giorni fa nei commenti ai tuoi copia-incolla. Fai uno piccolo sforzo e rispondi alle domande che ti propongo da un mese e che sono formulate in lingua italiana corretta invece di proporre delle pronunce della cassazione che non hanno nulla a che vedere con il caso specifico. "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 08/04/2020 (09:57:01) |
Omessa valutazione del rischio, mancata individuazione della zona sicura e responsabilità penale del datore di lavoro. Cassazione Penale, Sez. IV, 2 ottobre 2015 n. 39765 ha confermato la condanna per omicidio colposo dell’amministratore delegato di un S.r.l. e del responsabile di un deposito della stessa poiché “non aveva valutato, tra gli altri, il rischio particolare cui era esposto il lavoratore, ...nel documento di valutazione rischi della s.r.l. mancava ogni riferimento a tale specifico rischio, con conseguente omessa individuazione delle misure preordinate a fronteggiarlo (individuazione di una zona che consentisse di operare in sicurezza ed indicazione delle modalità operative).” |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 08/04/2020 (18:52:15) |
Continuiamo con il copia-incolla. Cassazione Penale, Sez. 4, 02 ottobre 2015, n. 39765 - Lavoratore rimane schiacciato tra la motrice ed il rimorchio. Omessa valutazione del rischio e mancata formazione. "In particolare, gli imputati non avevano valutato, tra gli altri, il rischio particolare cui era esposto il lavoratore P.T., il quale, addetto a mansioni di autotrasportatore, provvedeva al periodico prelievo di rottami in vetro presso lo stabilimento della It...; in detta occasione, il giorno 5\4\2006, si era venuto a trovarsi nella necessità di sganciare l'autocarro dal rimorchio per l'impossibilità di accedere al punto di prelievo con l'intero veicolo, data la ridotta dimensione del tratto di strada antistante; nel documento di valutazione rischi della E. s.r.l., mancava ogni riferimento a tale specifico rischio, con conseguente omessa individuazione delle misure preordinate a fronteggiarlo (individuazione di una zona che consentisse di operare in sicurezza ed indicazione delle modalità operative); inoltre il lavoratore non era stato adeguatamente informato sui rischi specifici a cui era esposto in relazione all'attività svolta, con particolare riferimento al rischio presente durante le operazioni di sganciamento e successivo riaggancio autotreno-rimorchio e, dunque, sulle misure di sicurezza del caso; non gli era stata assicurata una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza, avuto riguardo alle proprie mansioni, con particolare riferimento allo svolgimento delle operazioni di cui sopra. Qualcuno mi spiega quale attinenza ha questa pronuncia con ciò su cui stiamo discutendo? Il rischio non valutato era quello di schiacciamento durante l'aggancio/sgancio della motrice che, per un autista di un autocarro è palesemente un rischio professionale. Qui ci sono le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 08/04/2020 (19:29:44) |
Ma perché chi non lo sa, e non sa di non sapere, commenta le sentenze della Suprema Corte di Cassazione senza sapere che tale organo è un grado di giurisdizione di legittimità, non giudica le caratteristiche del fatto in quanto tali, già decise nei giudizi di merito, ma si limita a verificare la corretta applicazione della norma di legge generale, ed esprime principi giuridici generali espressi dalle massime della Cassazione, che sono elaborate dai magistrati di Cassazione dell'ufficio del massimario. Nelle massime non si cita mai il fatto dettagliato ma solo le regole generali di diritto, che si applicano a molti fatti diversi. Difatti che è giurista nota che in una stessa sentenza della Cassazione vengono citate molte altre sentenze della stessa corte che riguardano fatti diversissimi, proprio perché a livello di Cassazione contano i principi generali di diritto. Ma chi non è un professionista del diritto non lo sa. E ciò nonostante si ritiene autorizzato a dire cose prive di fondamento sulle leggi vigenti o sulle sentenze di Cassazione. Il metodo spannometrico all'attacco sempre e a prescindere |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 09/04/2020 (12:02:09) |
Suvvia, questo lo sanno tutti quelli che hanno anche un minimo di esperienza oppure pensi che il sottoscritto dopo quasi 30 anni di consulenze tecniche di parte solo per le difese (dove non ho mai avuto modo di incontrarti - peccato), non abbia chiari questi concetti. Nelle ultime due sentenze che hai citato la Cassazione Penale ha verificato la corretta applicazione della legge da parte dei giudici che avevano accertato, senza dubbio alcuno, che in entrambi casi la valutazione dei rischi era incompleta / inadeguata ma non in riferimento a rischi generici ma a quelli professionali come si può notare leggendo il testo delle pronunce. Quello che cerco di spiegarti è che è proprio il principio giuridico della valutazione dei rischi che tu estendi impropriamente a rischi che sono totalmente fuori dalla sfera di azione e di controllo del datore di lavoro e sono, quindi, gestibili, e neanche tutti, solo nell'ambito emergenziale. Questo è il caso del rischio da contagio da COVID-19 dove l'Autorità Pubblica è intervenuta definendo le misure da attuare ed alle quali tutti i datori di lavoro si devono adeguare. Per far questo, nelle aziende che non fanno uso deliberato di A.B. o non in allegato XLIV, bisogna applicare, contestualizzandolo, il Protocollo dello scorso 14 marzo. E' indubbio che si debbano valutare tutti i rischi ma sono tutti i rischi professionali e cioè quelli che sono intrinseci all'esecuzione della prestazione lavorativa. Ce lo dice da più di 30 anni la direttiva 89/391/CEE che fa riferimento ai soli RISCHI PROFESSIONALI. Ieri è crollato un ponte ad Aulla. Sul ponte transitava un furgone della BRT. Il conducente è rimasto ferito ed è stato ricoverato in codice giallo. Il suo datore di lavoro avrà sicuramente valutato il rischio di incidente stradale ed attuato le misure conseguenti (mezzo efficiente, sensibilizzazione del conducente, bilanciamento carichi di lavoro, ecc.). Però, non penso proprio che abbia valutato il rischio conseguente al crollo di un ponte mentre il proprio dipendente ci transitava sopra. Se passasse il concetto che i rischi da valutare sono "tutti i rischi" e cioè qualunque tipo di rischio che si può manifestare durante la prestazione lavorativa prescindendo dalla sua origine, allora anche nel caso del corriere caduto giù dal ponte ci troveremmo di fronte ad una inadeguata / incompleta valutazione dei rischi. E' seriamente sostenibile una cosa nel genere? Qui ci sono le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 09/04/2020 (12:39:38) |
E niente. Non ce la facciamo proprio. La lingua italiana questa sconosciuta. Il testo unico di sicurezza del lavoro dice chiaramente che tutti i rischi vanno valutati. Se vi fosse stato un limite lo avrebbe scritto. In effetti per l'ing. Catanoso i rischi da valutare sono tutti meno quelli che di volta in volta lui decide che non devono essere valutari. Io capisco che il suo imperativo categorico è ridurre al minimo possibile i costi per la sicurezza delle imprese, ma forse l'intenzione del legislatore che ha scritto io D.Lgs. n. 81/2008 era un'altra. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 09/04/2020 (19:27:03) |
Veramente sei tu quello che non vuole capire che vanno certamente valutati tutti i rischi ma tutti i RISCHI PROFESSIONALI e cioè quelli che nascono durante l'esecuzione della prestazione lavorativa e la cui origine è nei processi, nei materiali, nelle sostanze, ecc., ecc., impiegate durante il lavoro all'interno dell'azienda. Basta leggersi la fonte primaria della normativa prevenzionale e cioè la direttiva 89/391/CEE (e comprendere gli obiettivi ed il campo di applicazione). Visto che è un mese che ti si cerca di spiegare che nessuno sta dicendo che non si devono tutelare i lavoratori, ti chiedo in merito ai costi che hai citato, se l'applicazione del protocollo contestualizzato alle specificità delle aziende, non comporta gli stessi costi per le aziende di quelli derivanti dall'applicazione delle stesse misure ma etichettate con "Aggiornamento del DVR"? Qui ci sono le solite due domande . Te le ripropongo anche se ormai hanno capito tutti perché continui a non rispondere. "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 09/04/2020 (21:01:21) |
Le fonti legislative dell'obbligo datoriale della valutazione del rischio Covid-19 L'articolo 28 del decreto legislativo n. 81/2008 fa riferimento a tutti i rischi, e ne esemplifica molti che esulano dalla specifica mansione lavorativa, perché , la cosa ad alcuni non piace, i rischi da valutare sono proprio tutti, nessuno escluso. La legge usa un aggettivo inequivocabile, tutti, non tutti meno quelli che questo o quell'esperto decide a sua discrezione di non valutare. D. Lgs. n. 81/2008 SEZIONE II - VALUTAZIONE DEI RISCHI Articolo 28 - Oggetto della valutazione dei rischi 1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o delle miscele chimiche impiegate, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro e i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall’articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo. 1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata. ... 2. Il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione può essere tenuto, nel rispetto delle previsioni di cui all’articolo 53 del decreto, su supporto informatico e, deve essere munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all’articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato e contenere: a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione; b) l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri ... art. 2 Definizioni q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza;... TITOLO X - ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI CIRCOLARI Articolo 266 - Campo di applicazione 1. Le norme del presente Titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici. CAPO II - OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO Articolo 271 - Valutazione del rischio 1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare: a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’ALLEGATO XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all’articolo 268, commi 1 e 2; b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte; ... d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta [infortunio da contagio Covid-19 sul luogo di lavoro, art. 42 D.L. n. 18 del 17.3.2020]; e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio ... 3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro ... Nelle attività ... che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali misure non è necessaria. |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 10/04/2020 (03:12:00) |
Avvocato, tutti i rischi ma tutti i RISCHI PROFESSIONALI. Perchè non risponde semplicemente e brevemente alle domande di Carmelo Catanoso? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 10/04/2020 (12:22:33) |
Parziale valutazione dei rischi (ad esempio sanitario) e carente individuazione delle misure di prevenzione e protezione La totale omissione della valutazione dei rischi é cosa diversa dalla valutazione di solo alcuni dei rischi presenti nel processo produttivo ma la normativa prevenzionistica pone a carico del datore di lavoro l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, di redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D. Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori di talché l’incompleta valutazione determina una deviazione dal facere doveroso che vale ad integrare l’omissione giuridicamente rilevante. Pertanto, ha così proseguito la suprema Corte, “ove i rischi siano stati tutti valutati ma ne sia scaturita una carente individuazione delle misure, ancora può parlarsi di omissione della valutazione, perché essa non è costituita soltanto dal rilevamento, dall’analisi e dalla ponderazione dei rischi ma anche dalla concretizzazione del giudizio sul rischio nel modo di essere dell’organizzazione produttiva: quindi dall’individuazione delle misure di prevenzione necessarie”. [Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 19030 del 20 aprile 2017] |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 10/04/2020 (12:36:55) |
Niente da fare. Più che l'ennesimo copia incolla non va. Sempre e solo TUTTI I RISCHI PROFESSIONALI. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 10/04/2020 (14:20:54) |
Valutazione del rischio COVID-19 e polizia di Stato. Si segnala che una Circolare del 16 Marzo 2020 del Ministero dell’Interno - Direzione Centrale Sanità e avente come oggetto: “Infezione COVID-19. Dispositivi di protezione individuale. Utilizzo razionale ed omogeneo sul territorio”, afferma che “sono state diramate da tempo a tutte le articolazioni territoriali specifiche indicazioni (…) ha provveduto anche ad analizzare i contenuti di servizio onde individuare tutte quelle attività meritevoli di una peculiare valutazione del rischio”. E al penultimo capoverso recita che “tali valutazioni ed indicazioni possono e devono essere fatte proprie dai datori di lavoro e dai medici competenti senza necessità di una rivalutazione territoriale del rischio considerato pure l’impegno straordinario profuso da tutte le componenti dell’amministrazione (…)”.… La comunicazione sottoscritta dai Segretari generali provinciali di alcune organizzazioni sindacali (SILP, FSP, COISP-MOSAP, SAP, SIULP) alla Questura di Bari e ai datori di lavoro di vari reparti della Polizia di Stato della provincia di Bari indica che tali direttive non tengono in debita considerazione il fatto che la valutazione del rischio “è una prerogativa unica e solo del datore di lavoro il quale risponde personalmente del suo operato” e non menzionano, “escludendoli di fatto, gli R.L.S. in nessuna circolare emanata in merito al fenomeno coronavirus”. Ciò premesso e “considerata anche la mancata consultazione preventiva”, si chiede di conoscere se è stata effettuata la valutazione dei rischi prodotti dal fenomeno “Coronavirus” e quali siano i criteri metodologici impiegati”. Si ricorda poi che l’art. 28, comma 2, lett. a) del TUSL, prevede l’obbligo di valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa” specificando quelli indicati nei titoli successivi. Un’espressione altamente significativa, in quanto “fa intendere che debbono essere valutati tutti rischi che possono profilarsi, non necessariamente a causa dell’attività lavorativa, bensì durante l’attività lavorativa: come appunto il coronavirus”. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 10/04/2020 (19:28:22) |
Veramente le Forze dell'Ordine (PS, CC, GdF, ecc.) senza dimenticare i VVF, la valutazione del rischio biologico la dovevano aver fatta ben prima dell'emergenza COVID-19 e, soprattutto, dovevano aver messo in atto le misure conseguenti (organizzative e procedurali) per ridurre al minimo tale rischio , oppure ci si dimentica che gli operatori sono esposti, durante il loro servizio, a contrarre infezioni da HIV, Epatite, ecc., quando vengono a contatto, durante una colluttazione, un fermo, un intervento d'emergenza in seguito ad un incidente stradale, ecc., ecc., con soggetti già affetti da queste malattie? E' quello che avevo detto ad un rappresentante sindacale della PS che mi aveva telefonato circa un mese fa dopo aver letto l'articolo che avevo scritto il 27 febbraio scorso. In merito al "durante", vale quello che ho già detto prima: RISCHI PROFESSIONALI che si manifestano durante l'attività lavorativa ma che rientrano entro la sfera di controllo del datore di lavoro. Anche una epidemia, un crollo di un ponte, un aereo che cade sopra un capannone nelle vicinanze di Linate o Fiumicino, sono rischi che si possono manifestare durante l'attività lavorativa ma non sono RISCHI PROFESSIONALI (per l'epidemia, eccetto le categorie di lavoratori più volte citate). Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 11/04/2020 (10:52:22) |
Raccomando una lettura dell'art. 2 comma 10 del DPCM 10 aprile 2020. "Le imprese le cui attività non sono sospese RISPETTANO I CONTENUTI DEL PROTOCOLLO condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 14 marzo 2020 fra Governo e Parti Sociali". Le conclusioni, ammesso che non lo fossero anche prima, visto che le norme di Igiene Pubblica sono sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale, ora dovrebbero essere chiare a tutti. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 11/04/2020 (12:59:23) |
La valutazione, posta a carico del datore di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori “senza limitazione ad alcune specifiche fattispecie”. G. Porcellana e M. Montrano (ASL TO 3). Il precetto contenuto nell’art. 6 paragrafo 3 della Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, che impone al datore di lavoro l’obbligo di “valutare i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici e nella sistemazione dei luoghi di lavoro”, ha trovato dapprima recepimento nell’articolo 4, comma 1, del D.Lgs 626/94 e ora negli articoli 17, comma 1 lettera a) e nell’articolo 28, comma 1 del D.Lgs 81/08. Sul contenuto di quest’obbligo era già intervenuta la Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea n. 49/00 del 15/11/2001 che aveva sottolineato come la valutazione, posta a carico del datore di lavoro, dovesse riguardare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori “senza limitazione ad alcune specifiche fattispecie”. Punto Sicuro 15/01/2009 |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 11/04/2020 (13:05:15) |
Questa storia della Condanna della Corte di Giustizia UE l'hai già postata lo scorso 24 marzo. Stiamo finendo i copia incolla e si ricomincia? Puoi condividere tutte le opinioni che vuoi. Il discorso non cambia. Poi tu e gli autori andatevi a rileggere il punto 13 della Sentenza della Corte di Giustizia CE, Sez. 5, 15 novembre 2001 - C-49/00 dove potrete trovare scritto: 13. Inoltre, è importante precisare che i RISCHI PROFESSIONALI che devono essere oggetto di una valutazione da parte dei datori di lavoro non sono stabiliti una volta per tutte, ma si evolvono costantemente in funzione, in particolare, del progressivo sviluppo delle condizioni di lavoro e delle ricerche scientifiche in materia di RISCHI PROFESSIONALI. Il problema era che con il 626, recepimento della direttiva 89/391/CEE, avevano circoscritto solo ai rischi derivanti dalle attrezzature di lavoro e dalle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute. Palesemente lo Stato italiano non poteva circoscrivere a queste sole tipologie di rischi professionali la valutazione. Per questo l'Italia era stata giustamente condannata. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 11/04/2020 (16:12:27) |
La sentenza del 15.11.2001 della Corte di Giustizia Europea ha chiarito in modo definitivo il significato profondo dell'obbligo del datore di lavoro di valutare tutti i rischi presenti sul luogo di lavoro, obbligo già previsto dalla direttiva 89/391/CEE, non correttamente recepita con d.lgs. n. 626/1994 e s.m.i. A seguito di tale sentenza e per adeguarsi alla stessa, la l. n. 39/2002, ha modificato l'art. 4 del d.lgs. n. 626/1994, sostituendo il co. 1, aggiungendo l'aggettivo "tutti" con riferimento ai rischi da valutare e lasciando invariato l'elenco esemplificativo dei "rischi particolari". Il d.lgs. n. 81/2008 e s.m.i, all'art. 28, co. 1, riproduce l'art. 4, co. 1, d.lgs. n. 626/1994 e s.m.i. e ne completa la previsione indicando, a titolo esemplificativo e non esaustivo, alcune nuove tipologie di "rischi particolari", i criteri di individuazione/valutazione dei quali sono rimessi alla diligenza professionale del datore di lavoro e del suo servizio di prevenzione e protezione. È davvero triste constatare che a 19 anni di distanza da quella sentenza di condanna c'è chi sostiene ancora oggi che i lavoratori non vanno tutelati da tutti i rischi presenti sul luogo di lavoro, ma solo da alcuni (ovviamente quelli che dicono loro). |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 11/04/2020 (17:19:05) |
Continua con il copia-incolla ossessivo compulsivo. Quello che non comprendi dopo 19 anni dalla sentenza ed a 31 anni dalla direttiva 89/391/CEE è che la tutela dei lavoratori riguarda TUTTI I RISCHI PROFESSIONALI. Rileggiti il punto 13 della sentenza. Si parla di Rischi Professionali. Puoi continuare a copia incollare più volte quello che ti pare ma il discorso non cambia. Te lo riscrivo (repetita juvant). Punto 13 della Sentenza della Corte di Giustizia CE, Sez. 5, 15 novembre 2001 - C-49/00 dove potrete trovare scritto: 13. Inoltre, è importante precisare che i RISCHI PROFESSIONALI che devono essere oggetto di una valutazione da parte dei datori di lavoro non sono stabiliti una volta per tutte, ma si evolvono costantemente in funzione, in particolare, del progressivo sviluppo delle condizioni di lavoro e delle ricerche scientifiche in materia di RISCHI PROFESSIONALI. Il problema era che con il 626, recepimento della direttiva 89/391/CEE, avevano circoscritto solo ai rischi derivanti dalle attrezzature di lavoro e dalle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute. Palesemente lo Stato italiano non poteva circoscrivere a queste sole tipologie di rischi professionali la valutazione. Per questo l'Italia era stata giustamente condannata. Ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 12/04/2020 (00:09:05) |
Virus A/H1N1: le misure di prevenzione per i luoghi di lavoro [tuttora attuali, in epoca di Coronavirus]. Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali - Settore Salute - Raccomandazioni generali ad interim per la riduzione del rischio espositivo in corso di pandemia influenzale nei luoghi di lavoro”- aggiornato all'11 settembre 2009. Nel documento, che indica che “nella attuale situazione pandemica, si può presumere che un caso di sindrome simil influenzale (ILI) sia attribuibile al nuovo virus A(H1N1), anche in assenza di conferma di laboratorio”, si ricorda l’importanza in ogni luogo di lavoro del “rispetto di elementari norme igieniche quali l’igiene delle mani e l’adozione di comportamenti di buona educazione igienica”. ... Le azioni che i datori di lavoro e i dirigenti possono mettere in atto per la riduzione della diffusione del virus influenzale: ... rendere disponibili sul luogo di lavoro, in relazione alla valutazione di rischi legati a particolare affollamento o esposizione, un adeguato numero di mascherine respiratorie, fornendo le opportune indicazioni per il loro utilizzo da parte dei soggetti con sintomi di influenza, o anche da parte degli addetti al primo soccorso o di altre persone che potrebbero occasionalmente dover assistere temporaneamente il dipendente con sintomi di sospetta influenza”. ... Infine per una corretta risposta delle imprese all’impatto dell’influenza sulle loro attività e sui loro addetti i datori di lavoro dovranno: - “provvedere all’aggiornamento del documento di valutazione dei rischi in relazione al rischio espositivo ad agenti biologici in collaborazione con il medico competente, se presente, prevedendo protocolli per la gestione di dipendenti con sintomi di influenza manifestati sul posto di lavoro; - verificare che vi sia corretta informazione per l’uso di mascherine (in ambiti lavorativi non sanitari); - identificare in collaborazione con il medico competente i dipendenti essenziali al ciclo produttivo da sottoporre a vaccinazione , per garantire il mantenimento delle attività di servizi pubblici di primario interesse o in altre attività socialmente utili”; Punto Sicuro 14.10.2009 https://www.puntosicuro.it/sicurezza-sul-lavoro-C-1/tipologie-di-contenuto-C-6/informazione-formazione-addestramento-C-56/virus-a/h1n1-le-misure-di-prevenzione-per-i-luoghi-di-lavoro-AR-9322/ |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 12/04/2020 (10:24:58) |
Dubini, ti faccio una domanda: prima di scrivere i tuoi copia-incolla, leggi quello che riporti o no? In merito a quanto riportato in questo tuo ultimo post, le possibilità sono due: 1) non leggi quello che riporti; 2) riporti in modo parziale le informazioni per supportare le tue tesi. Comunque, nelle "Raccomandazioni generali ad interim per la riduzione del rischio espositivo in corso di pandemia influenzale nei luoghi di lavoro" del 1 dicembre 2009, pubblicato sul sito del Ministero della salute (per trovarlo basta digitare il titolo "Raccomandazioni generali ad interim per la riduzione del rischio espositivo in corso di pandemia influenzale nei luoghi di lavoro) a pag. 4, par. 2.1, secondo capoverso, c'è scritto quanto segue: "I datori di lavoro di aziende in cui il rischio biologico da virus è già contemplato nella valutazione dei rischi (come ad esempio per le aziende sanitarie che erogano servizi di diagnosi e cura), verificheranno che le misure di prevenzione previste, compreso l’uso dei DPI, sia adeguato a quanto previsto dalle indicazioni scientifiche e circolari ministeriali specifiche relative al virus A/H1N1 causa dell’attuale evento pandemico, adeguando se necessario, le azioni di prevenzione da porre in atto in particolare sul versante della informazione, formazione, procedure ed organizzazione del lavoro, utilizzo dei DPI." Per tutte le altre, sono previste le "Raccomandazioni" citate che altro non sono quelle ampiamente note. Non solo. All'inizio del par. 2.1 "Azioni dei datori di lavoro e dei dirigenti utili per la riduzione della diffusione del virus influenzale nei luoghi di lavoro", c'è scritto: "Le raccomandazioni che seguono tendono a favorire la corretta gestione degli eventi connessi con la pandemia influenzale in atto che va affrontata con misure di sanità pubblica anche nei luoghi di lavoro. Si raccomanda a tutti i datori di lavoro, anche attraverso il proprio responsabile del servizio prevenzione e protezione ed il medico competente, di aggiornarsi sulle corrette misure di prevenzione e profilassi che la comunità scientifica e le autorità internazionali, nazionali e regionali indicano ed indicheranno sulla base della evoluzione dell’evento pandemico in atto". In altre parole, già 11 anni fa ci dicevano le stesse cose che ci dicono oggi. Fattene una ragione. Pertanto, evita di copia-incollare senza prima leggere ciò che si invia in modo da evitare clamorosi autogol. Ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 12/04/2020 (11:04:37) |
Il buon senso e la corretta applicazione delle norme di legge nelle preziose indicazioni della Asl di Rieti. Covid-19: prime indicazioni per le Aziende non sanitarie attive sul territorio della ASL del SSR Rieti (14.3.2020) Indicazioni per il datore di lavoro: Come prima misura il datore di lavoro deve: - ridurre la presenza dei lavoratori sul luogo di lavoro ... - aggiornare, in collaborazione con il Medico Competente aziendale, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ed il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, il documento di valutazione dei rischi (DVR) per quanto riguarda la protezione dall’infezione da COVID.19 dei lavoratori che proseguono l’attività e solo per i rischi specifici connessi alla peculiarità dello svolgimento dell’attività lavorativa, ovvero laddove vi sia un pericolo di contagio da COVID-19 aggiuntivo e differente da quello della popolazione in generale - mettere in campo misure tese ad assicurare la salubrità degli ambienti di lavoro e alla fornitura al personale di DPI idonei secondo anche quanto riportato all’art. 7, lettera d) del DPCM 11/03/2020, e per quanto previsto dal titolo X-Esposizione ad agenti biologici- del D.Lgs 81/08, in seguito all’aggiornamento della valutazione del rischio - portare adeguatamente ed efficacemente a conoscenza dei lavoratori interessati dettagliate informazioni ... Si veda Punto Sicuro del 30.3.2020 |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 12/04/2020 (19:04:58) |
Ormai siamo ai copia-incolla con il "taglia e ricuci". Per sostenere le proprie tesi taglia di qua, aggiunge di là, copia di qua, incolla di là; il tutto per provare a convincere quelli che non hanno condiviso il Dubini-pensiero. Pubblica stralci di documenti che confutano le sue stesse tesi. La ASL di Rieti, a pag. 1 e 2 dice: L’epidemia di COVID-19 è un’emergenza di sanità pubblica verso la quale anche il mondo del lavoro deve adottare le misure di prevenzione e protezione dettate dalle Autorità sanitarie locali sulla base dei decreti del Ministero della Salute, della Regione Lazio e Presidenza del Consiglio dei Ministri. Poi prosegue dicendo: Indicazioni per il datore di lavoro: "aggiornare, in collaborazione con il Medico Competente aziendale, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ed il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, il documento di valutazione dei rischi (DVR) per quanto riguarda la protezione dall’infezione da COVID.19 dei lavoratori che proseguono l’attività e SOLO PER I RISCHI SPECIFICI CONNESSI ALLA PECULIARITA' DELLO SVOLGIMENTO DELL'ATTIVITA' LAVORATIVA, OVVERO LADDOVE VI SIA UN PERICOLO DI CONTAGIO DA COVID-19 AGGIUNTIVO E DIFFERENTE DA QUELLO DELLA POPOLAZIONE IN GENERALE" "nelle situazioni lavorative in cui non si ravvisa un pericolo di contagio aggiuntivo e differente rispetto alla popolazione generale risulta fondamentale adottare le precauzioni già note e diffuse dal ministero della Salute e dai DPCM, in particolare dal DPCM del 11/03/2020 (art. 1 commi 7 e 8) e dal protocollo condiviso del 14/03/2020, declinandole alla specificità dei luoghi e delle attività lavorative e in particolare qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza impersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è necessario l’utilizzo di DPI conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie." Prendiamola a ridere, è Pasqua. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 12/04/2020 (23:46:02) |
Suggerisco la massima cautela a RSPP e consulenti che sconsigliano di valutare questo o quel rischio. Cassazione Penale sentenza n. 2814 del 21/12/2010, Di Mascio della Sezione IV Il RSPP risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza di leggi o discipline, che abbiano indotto il datore di lavoro ad omettere l'adozione di misure prevenzionali doverose. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 13/04/2020 (10:43:37) |
Certamente il RSPP risponde della mancata segnalazione dei rischi ma dei RISCHI PROFESSIONALI come già ampiamente spiegato nei post precedenti. Dubini non si è accorto che nel nostro caso, invece, la segnalazione del rischio di contagio da COVID-19, l'ha già fatta a TUTTI, compresi i datori di lavoro, l'Autorità Pubblica che ha imposto l'adozione delle misure del Protocollo in forza dell'emanazione di norme di Igiene Pubblica che, come noto a tutti eccetto qualcuno, sono sovraordinate alle norme di Igiene Occupazionale. Misure che devono essere adottate in ogni azienda contestualizzandole in funzione delle specificità di ciascuna di esse come anche anche ribadito dall'art. 2 comma 10 del DPCM 10 aprile 2020 (altro argomento sfuggito a Dubini). I RSPP si dovranno preoccupare di supportare il datore di lavoro nella verifica della concreta e completa attuazione di quanto previsto nel Protocollo segnalandogli prontamente le eventuali difformità nell'applicazione affinché questi intervenga immediatamente per tutelare la salute dei propri lavoratori. Su questo si devono impegnare i RSPP e i consulenti per poter affermare di fare professionalmente il loro lavoro ai fini della tutela della salute dei lavoratori e non di altro. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 13/04/2020 (10:59:10) |
Il RSPP ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa (incluso quello sanitario) e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, Cassazione Penale Sezioni Unite sentenza n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri Il RSPP, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 13/04/2020 (18:16:37) |
Ormai siamo al cabaret con le esibizioni dei copia-incolla riproposte come in una tournée. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 13/04/2020 (18:30:42) |
La valutazione del rischio biologico di cui all'articolo 271 commi 1 e4 del D.Lgs. n. 81/2008 è obbligatoria in cinque casi: 1) esposizione intenzionale in caso di uso deliberato dell'agente virale (es. laboratorio biologico); 2) esposizione intenzionale in mancanza di uso deliberato dell'agente virale (es. reparti ospedalieri); 3) esposizione non intenzionale aggravata (c.f. rischio generico aggravato dalle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa) durante il lavoro in luoghi dove è impossibile rispettare la distanza di sicurezza interpersonale (es. supermercati, sanificazione, trasporto pubblico, reparti produttivi, open space, front office, sportellisti, farmacie); 4) esposizione non intenzionale non aggravata (c.d. rischio generico non aggravato dalle modalità di svolgimento dell'attività) perché è im possibile rispettare la distanza di sicurezza interpersonale (es. uffici non aperti al pubblico di dimensioni idonee); 5) rischio occasionale che impone una modifica dell'organizzazione del lavoro In tutti questi casi è indiscutibile l'obbligo di valutare il rischio per le lavoratrici e i lavoratori esposti, o di aggiornare il DVR alle nuove forme di rischio virale che di anno in anno si possono manifestare durante il lavoro, anche in relazione alle nuove modalità di organizzazione del lavoro necessarie per rispettare i vincoli igienici, incluso lo Smart working, che non implica rischi biologici, ma che autonomamente obbliga il datore di lavoro ad aggiornare la valutazione dei rischi . Una cosa è certa, sul rischio COVID valutare o aggiornare il DVR non ha alcuna conseguenza negativa, ne per il datore ne per i lavoratori e gli RLS, anzi dimostra una preziosa attenzione alla salute della comunità lavorativa e non. Non farlo è l'esatto contrario |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 14/04/2020 (11:15:50) |
Ormai è rimasto solo il copia-incolla ossessivo compulsivo delle N pronunce della Cassazione Penale sull'argomento ma tutte riguardanti situazioni che nulla hanno a che vedere con quella emergenziale attuale. Comprendere che l'applicazione del Protocollo contestualizzato in funzione delle specificità dell'impresa è il modo per tutelare i lavoratori delle aziende che non fanno uso deliberato di A.B. e non svolgono attività di cui all'allegato XLIV, così come più volte ribadito dalle Autorità Pubbliche, le uniche competenti in caso di emergenza sanitaria, è troppo difficile. E' più facile riproporre sempre le stesse cose. Comprendere che i "tutti i rischi" sono TUTTI I RISCHI PROFESSIONALI, come palesemente ribadito da tutta la normativa prevenzionale, è troppo difficile. E' più facile riproporre sempre le stesse cose. Quando un soggetto, di fronte all'evidenza ed alla posizione delle Autorità Pubbliche, non può o non vuole accettare che le sue interpretazioni non stanno né in cielo e né in terra, non si può che prenderla a ridere come quando si assiste ad una gag comica in TV. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 14/04/2020 (12:19:59) |
Il datore di lavoro è obbligato a valutare il rischio Covid-19 sul luogo di lavoro (Osha Agenzia Statunitense della sicurezza sul lavoro) Some OSHA-Related Issues Raised by COVID-19 Assessing New Hazards In fulfilling their obligation to provide a safe workplace for employees, employers need to assess potential hazards in the workplace. Given the current pandemic, OSHA emphasizes that this responsibility includes considering whether workers may encounter someone infected with COVID-19 in the course of their duties, and if they will be exposed to environments or materials contaminated with the virus. In its guidance on COVID-19, OSHA divided job tasks into four risk exposure levels: very high, high, medium, and lower risk. “The level of risk depends in part on the industry type, need for contact within 6 feet of people known to be, or suspected of being, infected with SARS-CoV-2, or requirement for repeated or extended contact with persons known to be, or suspected of being, infected with SARS-CoV-2.” (Guidance, at 18.) |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 14/04/2020 (19:57:15) |
Finiti i copia incolla in italiano, passiamo a quelli stranieri. Per adesso siamo in USA. Aspettiamo HSE (Gran Bretagna), Germania, Svizzera, ecc.. Per risparmiarti la fatica, posso darti io i riferimenti. Come al solito, Dubini riporta stralci di documenti per cercare di supportare le proprie tesi. Però i documenti vanno letti tutti. Per questo invito chi legge a digitare su un motore di ricerca "OSHA 3990" e leggersi la Guida e, in particolare, le pagine da 18 a 20. Peccato che in USA l'approccio "regolatorio" sia completamente diverso dal nostro e neanche lontanamente comparabile. Questo Dubini non lo sa, perché preferisce andare in Cina. La guida che ha scoperto oggi, è stata pubblicata ai primi di marzo. Questa guida (OSHA3990) definisce, a priori, le 4 tipologie di esposizioni al rischio e, si badi bene, è stata espressamente scritta per spiegare cosa deve fare il datore di lavoro in funzione della entità del rischio già definita dall'OSHA per varie tipologie di attività. Anche qui la valutazione sul rischio da COVID-19 è stata fatta da un ente pubblico (leggere pag. 18). "To help employers determine appropriate precautions, OSHA has divided job tasks into four risk exposure levels: very high, high, medium, and lower risk. The Occupational Risk Pyramid shows the four exposure risk levels in the shape of a pyramid to represent probable distribution of risk." L'OSHA ha definito a priori quali sono le attività che rientrano nei 4 livelli di rischio: Very high exposure risk jobs are those with high potential for exposure to known or suspected sources of COVID-19 during specific medical, postmortem, or laboratory procedures. Workers in this category include: - Healthcare workers (e.g., doctors, nurses, dentists, paramedics, emergency medical technicians) - Healthcare or laboratory personnel collecting or handling specimens from known or suspected COVID-19 patients - Morgue workers performing autopsies High exposure risk jobs are those with high potential for exposure to known or suspected sources of COVID-19. Workers in this category include: - Healthcare delivery and support staff (e.g., doctors, nurses, and other hospital staff who must enter patients’ rooms) exposed to known or suspected COVID-19 patients; - Medical transport workers (e.g., ambulance vehicle operators) ; - Mortuary workers involved in preparing (e.g., for burial or cremation); Medium Exposure Risk Medium exposure risk jobs include those that require frequent and/or close contact with (i.e., within 6 feet of) people who may be infected with SARS-CoV-2, but who are not known or suspected COVID-19 patients. Lower exposure risk (caution) jobs are those that do not require contact with people known to be, or suspected of being, infected with SARS-CoV-2 nor frequent close contact with (i.e., within 6 feet of) the general public. In funzione del livello di esposizione, l'OSHA indica le misure da applicare. Quindi, quale è la differenza che Dubini vuole evidenziare? Nei primi tre livelli di rischio valutati da OSHA ci sono, praticamente le stesse mansioni che qui in Italia e in EU, sono considerati esposti a RISCHI PROFESSIONALI. Quindi, in concreto nessuna differenza nell'approccio. Cosa ben diversa, invece, nella legislazione che, solo chi ci ha lavorato, conosce. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 14/04/2020 (20:30:16) |
Un'altro pezzo da novanta del diritto di è pronunciato con chiarezza cristallina. Aggiornamento della valutazione dei rischi ed effettività del Protocollo Marco Lai Docente a contratto di Diritto e sicurezza del lavoro presso l’Università di Firenze Diritto e Pratica del Lavoro n. 13/2020 pag. 811 Venendo a brevi spunti conclusivi su questioni controverse, non del tutto convincente pare innanzitutto la distinzione, accolta negli indirizzi operativi emanati da alcune Regioni (6), tra obblighi prevenzionistici, di cui al D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. e obbligo di attuazione delle misure anti contagio dettate dalla pubblica autorità. Per cui, secondo tale interpretazione, non si dovrebbe procedere, per i settori non sanitari, ad un’integrazione/aggiornamento del Dvr (documento di valutazione dei rischi) in presenza di coronavirus. Sul punto è da sottolineare che l’art. 28, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 (norma sanzionata a carico del datore di lavoro) stabilisce che il Dvr deve contenere “una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa”, e non necessariamente causati dall’attività lavorativa. Del resto le interazioni tra i due nuclei prevenzio- nistici sono evidenti. Si pensi, ad esempio, alle misure generali di tutela (art. 15), là dove si prevede “l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progressotecnico” (comma 1, lett. c ) o “la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio” (comma 1, lett. g ); all’obbligo a carico del datore di lavoro e dei dirigenti di “adottare le misure per il controllodelle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa” (art. 18, comma 1, lett. h); e soprattutto alle disposizioni in materia di gestione delle emergenze, con particolare riguardo al primo soccorso e alla evacuazione dei lavoratori (artt.43/45). È da ritenere pertanto che, fermo restando per le realtà aziendali già esposte a rischio biologico (titolo X, D.Lgs. n. 81/2008), a partire da quelle del settore socio-sanitario, l’obbligo di procedere ad una nuova valutazione dei rischi, dovendo il datore di lavoro elaborare specifiche procedure di prevenzione e protezione (7), anche in tutte le altre attività il Dvr non potrà non tener conto delle misure anti contagio da adottare nel particolare contesto lavorativo. Le indicazioni operative contenute nel Protocollo condiviso vengono a rappresentare, a nostro avvi- so, un utile riferimento per l’integrazione, se non per un vero e proprio aggiornamento del Dvr. Rispetto ai profili di effettività (e di sanzionabilità) del Protocollo in esame, è da ritenere che le misure cautelari ivi contenute, pur non avendo di per sé carattere cogente, tuttavia vengano ad integrare la portata “aperta” dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c., improntata, come noto, sui criteri della particolarità del lavoro, dell’esperienza e della tecnica. In particolare, una volta che il Protocollo sarà recepito nei contesti lavorativi, il criterio dell’esperienza potrà risultare funzionale al riguardo. Per cui se il datore (anche non aderente alle asso- ciazioni datoriali firmatarie) non dimostra di aver adottato misure proprie equivalenti a quelle indicate nel Protocollo contravviene al suo generale obbligo di sicurezza derivante dall’art. 2087, Codice civile. Nota 6 Cfr. Regione Veneto, COVID-19: indicazioni per la tutela della salute negli ambienti di lavoro non sanitari, 5 marzo 2020; Regione Marche, Nota informativa per le aziende del territorio marchigiano, nel periodo di epidemia da nuovo coronavirus, 10 marzo 2020. Per l’Ausl di Bologna, Prime indicazioni per le aziende ai fini dell’adozione di misure per il contenimento del contagiodaSARS-CoV-2neiluoghidilavoro,6marzo2020,il medico competente, quale collaboratore del datore di lavoro, deveprovvederealla“messa in atto delle misure igieniche universali all’interno dell’azienda e per l’aggiornamento del Dvr, ove ciò si renda necessario”. Nota 7 Ivi compresa la revisione del protocollo sanitario ad opera del medico competente. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 15/04/2020 (12:53:59) |
Una tutela per ogni datore di lavoro. Manleva dalle conseguenze della mancata valutazione del rischio Covid-19 Il sottoscritto ……………………………………. nato a ……………………………….………. il ………………………… Professione ……Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP)/Consulente………………………… Residente in via …………………………………………………………. n° ……….. Cap ………………. Città ………………………………………………………………………..……………. Provincia ……… Recapito telefonico ………………………………… Email ……………………………… Documento d’identità ………………………………. numero ………………………… Codice fiscale ....................................... ...... in relazione alla valutazione del rischio durante il lavoro da agente biologico Covid-19 durante il lavoro (articoli 17-28-29-266-271 commi 1e 4 del Decreto legislativo n. 81/2008) D I C H I A R A di sollevare il Datore di Lavoro Sig.…………………......………… da ogni responsabilità connessa alla mancata valutazione/aggiornamento del documento di valutazione del rischio da agente biologico Covid-19 durante il lavoro (artt. 17-28-29-266-271 commi 1e 4 del Decreto legislativo n. 81/2008) N O N C H É di manlevare nel modo più ampio il Datore di Lavoro Sig. ............da ogni e qualsiasi obbligazione di corrispondere somme, indennità, rimborsi, rivalse, compensi di alcun genere a titolo di risarcimento danni, indennizzi, rimborsi , ecc. nell’eventualità di infortunio sul lavoro causato da contagio Covid-19 riconosciuta dall'Inail e/o da un giudice civile o penale che comporti esborsi per il Datore di lavoro Sig. ………………….,.......... Luogo e data Firma del RSPP/Consulente |
Autore: Aurora Brancia | 15/04/2020 (17:08:15) |
io non sono un giurista, nemmeno sedicente, ma mi risulta che la "manleva" sia una forma di liberatoria da responsabilità patrimoniali, non penali. Ora, io non pretendo che lei ne capisca di rischi biologici, che invece sono di mia competenza professionale specifica essendo io biologa: ma da uno che pare sia iscritto all'ordine degli avvocati pretenderei conosca almeno il principio costituzionale che la responsabilità penale sia personale. Per sua opportuna memoria, è l'articolo 27 della costituzione a dirlo, non io. E l'art. 271 del D.Lgs. 81/08 è assistito da sanzioni penali, esattamente come quindi la sua "manleva" è giuridicamente inammissibile. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 15/04/2020 (13:08:44) |
Vediamo un po'. Chi scrive qualcosa che sembra sostenere le tue tesi è un pezzo da 90. Quando lo scrivono altri pezzi da 90 ma contrari alla tua tesi, divengono "Opinionisti" come li hai definiti. Ne prendo atto. Innanzi tutto, Lai dimentica che in allegato XLIV non ci sono solo aziende sanitarie ma anche le industrie alimentari, le imprese agricole, gli allevamenti, gli impianti di smaltimento rifiuti e gli impianti di depurazione. In queste aziende, ho sempre detto che l'aggiornamento del DVR doveva essere eseguito. In merito a quel che scrive Lai, io leggo: "È da ritenere pertanto che, fermo restando per le realtà aziendali già esposte a rischio biologico (titolo X, D.Lgs. n. 81/2008), a partire da quelle del settore socio-sanitario, l’obbligo di procedere ad una nuova valutazione dei rischi, dovendo il datore di lavoro elaborare specifiche procedure di prevenzione e protezione, anche in tutte le altre attività il Dvr non potrà non tener conto delle misure anti contagio da adottare nel particolare contesto lavorativo. Le indicazioni operative contenute nel Protocollo condiviso vengono a rappresentare, a nostro avviso, un utile riferimento per l’integrazione, se non per un vero e proprio aggiornamento del Dvr. " Non specifica a quali aziende si riferisca: - a quelle in allegato XLIV oppure - a tutte le aziende non sanitarie. Se fa riferimento al secondo caso, pezzo da '90 o meno, "fa di tutta l'erba un fascio" dimenticandosi che ci sono delle sostanziali differenze, in termini di tipologia di rischio, tra un'impresa agricola che alleva mucche o un laboratorio d'analisi e un'azienda metalmeccanica. Le prime sono esposte al rischio biologico quale rischio professionale e dovevano, già prima dell'emergenza, aver contemplato nel DVR, il rischio biologico. Con il Corona Virus, il loro DVR va aggiornato. Quindi, prova a scrivere a Lai chiedendogli di spiegargli il suo pensiero senza dimenticare che la Frascheri (entrambi riferimenti per lo stesso sindacato) ha ben precisato, proprio su Puntosicuro, il pensiero suo e del sindacato al riguardo. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 15/04/2020 (13:11:35) |
La manleva è stupenda. Con questa cambiamo l'art. 17 del D. Lgs. n° 81/2008 e le responsabilità del datore di lavoro. Posso farla vedere ad un po' di professori universitari di Diritto Penale e Procedura penale con cui collaboro come CTP, citandoti come autore? |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 15/04/2020 (14:37:02) |
No, ma davvero? La manleva da che? A parte che nessuno firmerebbe una roba del genere, ma ci rendiamo conto che stiamo totalmente superando l'art.17 del D.Lgs.81/08? Manleviamo un obbligo indelegabile? Ma per piacere... |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 15/04/2020 (14:48:17) |
Rischio da agente biologico Covid-19? Leggo bene? Lei che scrive tanto sul tema non ha ben chiara la differenza che esiste tra COVID19 e SARS-CoV-2. Il che equivale a confondere tra cosa sia il rischio e cosa sia invece il pericolo. Ne prendiamo atto. |
Rispondi Autore: Arch Riccardo Raviolo - likes: 0 | 15/04/2020 (15:02:11) |
Avv Dubini, nuovamente inserisco gli articoli di Legge e non opinioni personali dato che é avvezzo a bloccare chi non la pensi come Lei (io sono uno di quelli bloccato su ogni canale social...) Ah, la frase "tutti i rischi", come già più volte ho tentato di farLe capire (e numerosissimi altri colleghi prima di me, sicuramente in maggior numero rispetto ai suoi adepti che vogliono valutare TUTTI i rischi senza escluderne alcuno) si riferisce ai rischi professionali... Sulla Manleva: Art. 17. Obblighi del datore di lavoro non delegabili 1. Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività: a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28; b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi. Quindi con quella manleva Lei vuole bypassare l'art 17 del dlgs81?!? Nella Repubblica Dubiniana sará anche fattibile ma nella Repubblica Italiana ciò, mi spiace per Lei, non é possibile! E mi fa riflettere che un avvocato non conosca le basi e voglia tuttavia sostenere pervicacemente le proprie tesi. Chissà perché. (retorica) |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 15/04/2020 (15:27:50) |
C'è un'ampia discussione, a mio parere assurda, sull'obbligo o meno del datore di lavoro di aggiornare il DVR al rischio Covid-19. Alcuni RSPP e consulenti, spalleggiati da qualche ente incompetente, sostengono questa tesi balzana. La manleva è destinata a loro. Io fatore di lavoro, prima di mandarti via RSPP/consulente, ti metto alla prova e ti chiedo di firmare questa manleva. Se la firmi ti mando via perché non conosci i tuoi obblighi di valutare tutti i rischi durante il lavoro. Se non la firmi perchè obtorto collo decidi di valutare il rischio Covid-19 durante il lavoro amici come prima. |
Rispondi Autore: Giovanni Lo Bello - likes: 0 | 15/04/2020 (16:12:37) |
Si richiede urgentemente all'amministratore di Punto Sicuro, di provvedere ad eliminare il post dell'avvocato Rolando Dubini riferito alla manleva del RSPP nei confronti del DdL per la mancata valutazione del rischio biologico da COVID-19, perché strumentale ed ingannevole poiché la firma di una tale manleva comporterebbe gravi sanzioni penali sia per il RSPP che la dichiara che per il DdL che la richiede. Il post dell'avvocato Rolando Dubini è inaccettabile poiché darebbe l'ispirazione a qualche DdL spregiudicato di rifarsi su qualche RSPP facilmente ricattabile. Oltretutto va contro la categoria dei tecnici della sicurezza che questo gruppo dovrebbe difendere e salvaguardare da attacchi indiscriminati di certi professionisti che hanno il solo fine di aumentare le cause penali e civili. In caso di non accoglimento della mia richiesta si richiede la cancellazione del sottoscritto dal gruppo. RSPP Ing. Giovanni Lo Bello. |
Rispondi Autore: Redazione PS - likes: 0 | 15/04/2020 (17:07:06) |
La Relazione chiede cortesemente all'Avv,to Dubini di chiarire meglio il suo intervento circa la lettera di manleva. grazie |
Rispondi Autore: Avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 15/04/2020 (17:47:07) |
C'è un'ampia discussione, a mio parere assurda, sull'obbligo o meno del datore di lavoro di aggiornare il DVR al rischio Covid-19. Alcuni RSPP e consulenti, spalleggiati da qualche ente incompetente, sostengono questa tesi balzana. La manleva è destinata a loro. Io datore di lavoro, prima di mandarti via RSPP/consulente, ti metto alla prova e ti chiedo di firmare questa manleva la cui finalità è esclusivamente di risarcirmi i danni patrimoniali derivanti dalla tua scelta di RSPP consulente di NON valutare un rischio. Se la firmi ti mando via perché non conosci i tuoi obblighi di valutare tutti i rischi durante il lavoro. Se non la firmi perchè obtorto collo decidi di valutare il rischio Covid-19 durante il lavoro amici come prima. La manleva non riguarda in alcun modo la responsabilità penale individuale, e difatti fa riferimento solo alla scelta fatta di ritenere non valutabile il rischio Covid-19, e prevede una responsabilità risarcitoria. |
Autore: Aurora Brancia | 15/04/2020 (17:56:57) |
io glielo riscrivo di nuovo: io non sono un giurista, nemmeno sedicente, ma mi risulta che la "manleva" sia una forma di liberatoria da responsabilità patrimoniali, non penali. Ora, io non pretendo che lei ne capisca di rischi biologici, che invece sono di mia competenza professionale specifica essendo io biologa: ma da uno che pare sia iscritto all'ordine degli avvocati pretenderei conosca almeno il principio costituzionale che la responsabilità penale sia personale. Per sua opportuna memoria, è l'articolo 27 della costituzione a dirlo, non io. E l'art. 271 del D.Lgs. 81/08 è assistito da sanzioni penali, esattamente come quindi la sua "manleva" è giuridicamente inammissibile. e trovo risibile, oltre che ridicolo oltre la meschineria, che su richiesta della Redazione lei scriva che il documento da lei postato sia un test e che "La manleva non riguarda in alcun modo la responsabilità penale individuale, e difatti fa riferimento solo alla scelta fatta di ritenere non valutabile il rischio Covid-19, e prevede una responsabilità risarcitoria." Fosse solo perchè è sempre il DdL a dovere - ribadisco DOVERE - eseguire la Valutazione dei Rischi professionali aziendali, e non certo il RSPP o chiunque altro. E fino a prova contraria una pandemia non è un rischio professionale, perchè il suo agente può essere un pericolo per chiunque: altrimenti, perchè mai ci terrebbero tutti in casa, compresi i disoccupati e i pensionati inattivi ? |
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0 | 15/04/2020 (19:02:13) |
È molto istruttivo leggere questa recente circolare Inail che purtroppo troppi esperti ignorano completamente. Tutela infortunistica Inail nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS CoV-2) in occasione di lavoro INAIL Direzione centrale rapporto assicurativo Sovrintendenza sanitaria centrale - Circolare n. 13 Roma, 3 aprile 2020 Tutela infortunistica Inail nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS CoV-2) in occasione di lavoro. L’articolo 42, comma 2, del decreto in oggetto stabilisce che nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati. Ambito della tutela La norma di cui al citato articolo 42, secondo comma, chiarisce alcuni aspetti concernenti la tutela assicurativa nei casi accertati di infezione da nuovo coronavirus (SARS-CoV-2), avvenuti in occasione di lavoro. In via preliminare si precisa che, secondo l’indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie (Linee-guida per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie di cui alla Circolare Inail 23 novembre 1995, n. 74), l’Inail tutela tali affezioni morbose inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro: in questi casi, infatti, la causa virulenta è equiparata a quella violenta. In tale ambito delle affezioni morbose, inquadrate come infortuni sul lavoro, sono ricondotti anche i casi di infezione da nuovo coronavirus occorsi a qualsiasi soggetto assicurato dall’Istituto. La disposizione in esame, confermando tale indirizzo, chiarisce che la tutela assicurativa Inail, spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarie negli ambienti di lavoro e/o nell’esercizio delle attività lavorative, opera anche nei casi di infezione da nuovo coronavirus contratta in occasione di lavoro (nota 6) per tutti i lavoratori assicurati all’Inail. Sono destinatari di tale tutela, quindi, i lavoratori dipendenti e assimilati, in presenza dei requisiti soggettivi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, nonché gli altri soggetti previsti dal decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (lavoratori parasubordinati, sportivi professionisti dipendenti e lavoratori appartenenti all’area dirigenziale) e dalle altre norme speciali in tema di obbligo e tutela assicurativa Inail. Nell’attuale situazione pandemica, l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico. Per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus. A una condizione di elevato rischio di contagio possono essere ricondotte anche altre attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l’utenza. In via esemplificativa, ma non esaustiva, si indicano: lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, etc. Anche per tali figure vige il principio della presunzione semplice valido per gli operatori sanitari. Le predette situazioni non esauriscono, però, come sopra precisato, l’ambito di intervento in quanto residuano quei casi, anch’essi meritevoli di tutela, nei quali manca l’indicazione o la prova di specifici episodi contagianti o comunque di indizi “gravi precisi e concordanti” tali da far scattare ai fini dell’accertamento medico-legale la presunzione semplice. base alle istruzioni per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, la tutela assicurativa si estende, infatti, anche alle ipotesi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti problematica. Ne discende che, ove l’episodio che ha determinato il contagio non sia noto o non possa essere provato dal lavoratore, né si può comunque presumere che il contagio si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro elemento che in tal senso deponga, l’accertamento medico-legale seguirà l’ordinaria procedura privilegiando essenzialmente i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale |
Rispondi Autore: Giovanni Lo Bello - likes: 0 | 15/04/2020 (19:14:32) |
Gentile redazione di Punto Sicuro, vista la risposta data dall'avv.to Dubini nella quale afferma che la manleva da lui pubblicata è inutile perché: 1) se il RSPP la firma allora il DdL lo manda a casa perché solo un incompetente la poteva firmare (penalmente rilevabile perché ingannevole nei confronti dello sprovveduto RSPP; 2) se non la firma allora decide di valutare il rischio Covid-19 e quindi amici come prima (penalmente rilevabile perché l'obbligo di valutazione rimane sempre in capo al DdL, oltre a non sussistere l'obbligo della valutazione da rischio COVID-19); 3) che la manleva difatti fa riferimento solo alla scelta fatta di ritenere non valutabile il rischio Covid-19, e prevede una responsabilità risarcitoria (ma non si capisce come possa sussistere una responsabilità risarcitoria se il RSPP non ha firmato la manleva); allora essendo il suo post ingannevole, inesatto, inutile, ma soprattutto penalmente rilevante per chi la dovesse prendere in considerazione, si richiede la rimozione per il bene di tutto il comporto della salute e sicurezza suoi luoghi di lavoro. Grazie |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 15/04/2020 (19:26:56) |
Ricomincia con il copia incolla ossessivo compulsivo. Questa è la terza volta che la pubblichi e l'abbiamo già commentata. Inutile dire che una cosa è la copertura assicurativa ed altra cosa è l'eventuale responsabilità penale che deriva non dal mancato aggiornamento del DVR ma dalla mancata applicazione del Protocollo. Non vale la pena riscrivere di nuovo perché è inutile. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 15/04/2020 (19:58:39) |
È molto istruttivo leggere questa recente circolare Inail che purtroppo troppi esperti ignorano completamente. Tutela infortunistica Inail nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS CoV-2) in occasione di lavoro INAIL Direzione centrale rapporto assicurativo Sovrintendenza sanitaria centrale - Circolare n. 13 Roma, 3 aprile 2020 Tutela infortunistica Inail nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS CoV-2) in occasione di lavoro. L’articolo 42, comma 2, del decreto in oggetto stabilisce che nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati. Ambito della tutela La norma di cui al citato articolo 42, secondo comma, chiarisce alcuni aspetti concernenti la tutela assicurativa nei casi accertati di infezione da nuovo coronavirus (SARS-CoV-2), avvenuti in occasione di lavoro. In via preliminare si precisa che, secondo l’indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie (Linee-guida per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie di cui alla Circolare Inail 23 novembre 1995, n. 74), l’Inail tutela tali affezioni morbose inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro: in questi casi, infatti, la causa virulenta è equiparata a quella violenta. In tale ambito delle affezioni morbose, inquadrate come infortuni sul lavoro, sono ricondotti anche i casi di infezione da nuovo coronavirus occorsi a qualsiasi soggetto assicurato dall’Istituto. La disposizione in esame, confermando tale indirizzo, chiarisce che la tutela assicurativa Inail, spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarie negli ambienti di lavoro e/o nell’esercizio delle attività lavorative, opera anche nei casi di infezione da nuovo coronavirus contratta in occasione di lavoro (nota 6) per tutti i lavoratori assicurati all’Inail. Sono destinatari di tale tutela, quindi, i lavoratori dipendenti e assimilati, in presenza dei requisiti soggettivi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, nonché gli altri soggetti previsti dal decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (lavoratori parasubordinati, sportivi professionisti dipendenti e lavoratori appartenenti all’area dirigenziale) e dalle altre norme speciali in tema di obbligo e tutela assicurativa Inail. Nell’attuale situazione pandemica, l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico. Per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus. A una condizione di elevato rischio di contagio possono essere ricondotte anche altre attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l’utenza. In via esemplificativa, ma non esaustiva, si indicano: lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, etc. Anche per tali figure vige il principio della presunzione semplice valido per gli operatori sanitari. Le predette situazioni non esauriscono, però, come sopra precisato, l’ambito di intervento in quanto residuano quei casi, anch’essi meritevoli di tutela, nei quali manca l’indicazione o la prova di specifici episodi contagianti o comunque di indizi “gravi precisi e concordanti” tali da far scattare ai fini dell’accertamento medico-legale la presunzione semplice. base alle istruzioni per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, la tutela assicurativa si estende, infatti, anche alle ipotesi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti problematica. Ne discende che, ove l’episodio che ha determinato il contagio non sia noto o non possa essere provato dal lavoratore, né si può comunque presumere che il contagio si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro elemento che in tal senso deponga, l’accertamento medico-legale seguirà l’ordinaria procedura privilegiando essenzialmente i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 15/04/2020 (20:51:08) |
Gentile avvocato, per cortesia potrebbe rispondere alle due domande di Carmelo Catanoso? "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta?" Grazie |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 16/04/2020 (00:57:10) |
La Cassazione IV Pen., 8 febbraio 2018 n.6121ci ricorda che il Documento di Valutazione dei Rischi “è uno strumento duttile, che deve essere adeguato e attualizzato, in relazione ai mutamenti sopravvenuti nell’azienda che sono potenzialmente suscettibili di determinare nuove e diverse esposizioni a rischio dei lavoratori. Incombe sul datore di lavoro l’onere di provvedere, non solo ad individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, ai fini della redazione del suddetto documento, ma anche di provvedere al suo aggiornamento (così Sez. U., n.38343 del 24/04/2014, Rv.261109).” |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 16/04/2020 (09:37:47) |
Niente. Più di questo non riesce a fare. Copia incolla pronunce della cassazione che nulla hanno a che vedere con la situazione attuale. Prendiamola a ridere. E' troppo complicato comprendere che la valutazione dei rischi l'ha già fatta l'Autorità Pubblica, decidendo le misure che dobbiamo adottare negli ambienti di lavoro tramite la contestualizzazione del Protocollo, divenuto cogente con l'art. 2 comma 10 del DPCM 10 aprile 2020, in ogni azienda. Protocollo che rappresenta la sintesi delle migliori conoscenze scientifiche oggi disponibili per la lotta al Corona Virus. Misure a cui il datore di lavoro, con il RSPP e il MC, sentiti i RLS, deve dare concreta e completa attuazione. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 16/04/2020 (10:06:11) |
La responsabilità penale concorsuale o perfino esclusiva del RSPP per mancata individuazione dei rischi connessi con l'attività lavorativa Corte di Cassazione sez. 4 pen. 20 luglio 2018, n. 34311 Il Rspp «(… ) pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non operativo e gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente all’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri”. E ancora, “… pur in assenza di una previsione normativa di sanzioni penali a suo specifico carico, può essere ritenuto responsabile, in concorso con il datore di lavoro o anche a titolo esclusivo, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa, che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione». |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 16/04/2020 (12:43:18) |
Continua a copia-incollare pronunce della cassazione che nulla hanno a che vedere con la situazione attuale. Pensa che quello che mi riporti con questa sentenza, riguardo i compiti e le responsabilità del RSPP, l'avevo già scritto in un mio libro nel novembre 1995. La situazione pericolosa è nota. L'ha segnalata a tutti l'Autorità Pubblica. Sempre l'Autorità Pubblica, con le sue norme di Igiene Pubblica, ha detto cosa fare. Le norme di Igiene Pubblica sono sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale . Il RSPP supporterà il datore di lavoro per l'applicazione del Protocollo contestualizzandolo alle specificità dell'impresa. La salute dei lavoratori la garantisci con l'applicazione di queste misure e non con i formalismi. Semplice da capire. In merito alle domande che ti faccio ed a cui non vuoi rispondere ed alla ridicola sparata della "Manleva" di ieri (con giustificazioni ridicole fatte dopo richiesta della Redazione), chiunque legga si è fatto un'idea. Ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 16/04/2020 (14:29:04) |
La legge che obbliga a valutare tutti i rischi durante il lavoro, articolo 28 dlgs 81/2008, è inconfutabile. Non esistono due scuole di pensiero sul DVR Covid-19. C'è chi chiede di rispettare: 1) la legge, valutando anche il rischio n.1 sul lavoro oggi, 2) la sentenza della corte di giustizia europea del 2001 di condanna dell'Italia per aver violato l'obbligo di imporre la valutazione di i tutti i rischi. E chi incita a violare 1) la legge 2) la sentenza e a fare recapitare all'Italia un nuovo richiamo europeo. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 16/04/2020 (19:13:01) |
Oltre l'ennesimo copia incolla non riesce ad andare. Continua a proporre pronunce della cassazione che non hanno nulla a che vedere con l'attuale situazione. Capire che sono i rischi professionali, TUTTI I RISCHI PROFESSIONALI e non altri, oggetto della valutazione, è un concetto difficile da far proprio. Ormai siamo al ridicolo. Comprendere che un'azienda metalmeccanica che applica puntualmente il Protocollo sta adempiendo concretamente agli obblighi di tutela della salute dei propri lavoratori, è come provare a spiegare un'equazione differenziale alle derivate parziali o la Trasformata di Fourier ad un bimbo delle scuole elementari. Tanto per non perdere l'abitudine, ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere, aggiungendotene un'altra: - Quali devono essere i contenuti di un aggiornamento di un DVR per il COVID-19? "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 16/04/2020 (20:55:51) |
L’omissione di condotte doverose in relazione alla funzione di rspp/aspp realizza la violazione dell’intero sistema antinfortunistico né ha alcuna rilevanza la mancanza della previsione di una sanzione per la violazione del sistema stesso. Corte di Cassazione - Penale Sezione IV - Sentenza n. 37334 del 27 settembre 2012 (u. p. 26 giugno 2012) - Pres. Marzano – Est. D’Isa – P.M. Fodaroni - Ric. omissis. - “Se dunque”, ha sostenuto la Sez. IV. “la configurazione della mappazione dei rischi come strumento essenziale dell'intero sistema antinfortunistico, l'omissione di condotte doverose in relazione alla funzione di responsabile o di addetto al servizio di prevenzione e protezione ( Cass. Pen. Sez. 4A 15/2/2007 n. 15226) realizza la violazione dell'intero sistema antinfortunistico, senza che abbia alcuna rilevanza il mancato apprestamento di una specifica sanzione penale per la violazione di sistema” e “invero, ove da tale violazione discendano lesioni o morte non solo sarà configurabile un concorso in quei delitti ma sarà configurabile la specifica aggravante della loro commissione configurata all'articolo 590 c.p., comma 5 e articolo 589 c.p., comma 2”. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 17/04/2020 (11:38:57) |
Continua a copia-incollare pronunce della cassazione che nulla hanno a che vedere con la situazione attuale. Pensa che quello che mi riporti con questa sentenza, riguardo i compiti e le responsabilità del RSPP, l'avevo già scritto in un mio libro nel novembre 1995. La situazione pericolosa è nota. L'ha segnalata a tutti l'Autorità Pubblica. Sempre l'Autorità Pubblica, con le sue norme di Igiene Pubblica, ha detto cosa fare. Le norme di Igiene Pubblica sono sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale . Il RSPP ha "preso nota" del rischio da COVID-19 e supporterà il datore di lavoro per l'applicazione del Protocollo contestualizzandolo alle specificità dell'impresa. La salute dei lavoratori si garantisce con l'applicazione di queste misure e non con i formalismi. Semplice da capire. Le misure del Protocollo, essendo stato questo definito in base alle migliori conoscenze scientifiche sull'argomento, che non sono certo quelle del sottoscritto o di Dubini e del suo mentore ma quelle dell'ISS, dell'OMS, ecc., garantiscono, contestualizzandole, la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro per i lavoratori. Non solo. Essendo il "top" delle misure oggi applicabili in base alle conoscenze scientifiche disponibili e definite dalle Autorità Pubbliche , ad un'azienda che le applica correttamente e completamente , nessuna censura può esserle mossa. Tanto per non perdere l'abitudine, ripropongo le solite tre domande a cui Dubini continua a non rispondere: - Quali devono essere i contenuti di un aggiornamento di un DVR per il COVID-19? "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 17/04/2020 (12:00:12) |
L'omessa valutazione di tutti i rischi durante il lavoro (artt. 17, 28, 29, 266 e 271 commi 2 e 4 del D.Lgs. n. 81/2008) comporta presenti responsabilità penali per il RSPP in caso di infortunio sul lavoro conseguente ad omessa o insufficiente individuazione del rischio e delle conseguenti misure di prevenzione e protezione. SICUREZZA DEL LAVORO - Responsabilità prevenzionali e responsabilità per reati colposi di evento - Corresponsabilità del RSPP con il datore di lavoro - Presupposti e limiti - D. L.vo n. 81/2008. Anche il RSPP, che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione. Il RSPP, quindi, non può essere chiamato a rispondere per il solo fatto di non avere svolto adeguatamente le proprie funzioni di verifica delle condizioni di sicurezza, proprio perché, difetta una espressa sanzione nel sistema normativo. Il fatto, che la normativa di settore escluda la sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti dei componenti del servizio di prevenzione e protezione, non significa che questi componenti possano e debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell'ambito dell'incarico ricevuto. Infatti, occorre distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando, cioè, si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie. Ne consegue che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l'adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà insieme a questi dell'evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo. (conferma sentenza n. 11004 del 09/11/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI) Pres. Marzano, Est. Piccialli - Ric. Di. Ma. Al.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 27/01/2011 Sentenza n. 2814 |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 18/04/2020 (09:55:14) |
Guarda che queste pronunce che non c'entrano nulla con l'attuale scenario. Inoltre, le conosciamo perché ognuno di noi se le va a leggere sul sito, piuttosto noto, che le pubblica. Quindi, questo tuo copia-incolla è inutile e forse può fare presa su quei pochi che non sono "strutturati" in termini di competenze per comprendere la differenza tra queste pronunce e l'attuale situazione. Prova a fare uno sforzo e rispondere alle domande che ti faccio da due mesi: - Quali devono essere i contenuti di un aggiornamento di un DVR per il COVID-19? "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 18/04/2020 (12:35:05) |
Il solito parere aureo di Raffaele Guariniello è di conforto per chi mette al primo posto la tutela dei lavoratori da tutti i rischi presenti durante il lavoro, ai sensi degli articoli 17, 28, 29, 266 e 171 commi 1 e 4 del D. Lgs. n. 81/2008. Proprio l’eccezionalità di questi giorni potrebbe indurre a un appannamento magari velato delle garanzie previste a tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Non sembra questa la scelta operata dal nostro legislatore, attento a coinvolgere le stesse imprese nelladelicata opera di contenimento del virus, a tutela dei lavoratori e per conseguenza delle stesse popolazioni, anche attraverso le misure di sostegno stabilite nel D.L. n. 18/2020. TUTTI SI STANNO chiedendo se il datore di lavoro debba valutare il rischio coronavirus e individuare le misure di prevenzione contro tale rischio nel documento di valutazione dei rischi. A dare la risposta è, a ben vedere, l’art. 28, comma 2, lett. a), TUSL, ove si usa l’espressione “tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa”. Un’espressione altamente volutamente significativa, in quanto fa intendere che debbono essere valutati tutti rischi che possono profilarsi, non necessariamente a causa dell’attività lavorativa, bensì durante l’attività lavorativa: come appunto il coronavirus. Proprio quel “durante” induce a condividere la linea interpretativa accolta dalla Commissione per gli Interpelli nell’attualissimo Interpello n. 11 del 25 ottobre 2016: “il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi, compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i rischi legati alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento”. Tra le misure anti-coronavirus a tutela della salute nei luoghi di lavoro, ha assunto un particolare rilievo il lavoro agile, anche in deroga agli accordi individuali e agli obblighi informativi. È tutt’altro che agevole coglierne le implicazioni sul terreno della sicurezza sul lavoro. Anzitutto, perché sono rimasti irrisolti i dubbi interpretativi e applicativi sollevati dalla Legge n. 81/2017 sul lavoro agile. E inoltre perché il D.P.C.M. 8 marzo 2020 impone comunque il rispetto dei principi dettati dagli articoli da 18 a 23 di questa legge. E non si pensi che gli obblighi del datore di lavoro siano circoscritti a una mera individuazione dei rischi connessi alla prestazione del lavoro agile, quasi che la predisposizione e l’attuazione delle misure di prevenzione fossero esclusivamente rimesse alla discrezione e alla sapienza del lavoratore agile destinatario dell’informativa sui rischi. P.s. Questo è uno spazio libero al commento. Non rispondo agli anonimi. A chi ripete sempre gli stessi inutili commenti copia e incolla che non conosce il significato dell'obbligo di valutare tutti i rischi durante il lavoro E a chi personalizza la discussione per mancanza di argomenti giuridicamente fondati. E chi invita reiteratamente a violare la legge sanzionata penalmente a carico del datore di lavoro. I consulenti che espongono a rischio penale e giudiziario i datori di lavoro vanno evitati accuratamente perché non sanno quello che fanno |
Rispondi Autore: GIACOMO PORCELLANA - likes: 0 | 18/04/2020 (15:49:41) |
Ma secondo Voi tra mia mamma che sta chiusa in casa da mattina a sera e alla quale lascio la spesa sul pianerottolo, la cassiera di un supermercato, e un impiegato in smart working chi è maggiormente a rischio di contagio? E per quale motivo ? |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 19/04/2020 (02:17:08) |
Gentile avvocato, per cortesia potrebbe rispondere alle due domande di Carmelo Catanoso? "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta?" Grazie |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 19/04/2020 (10:12:34) |
Porcellana, da funzionario ASL, immagino sappia che in questo momento le norme di Igiene Pubblica sono sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale e che il rischio da contagio da COVID-19 sia stato formalmente qualificato come "rischio generico" e non come "rischio specifico" o "rischio generico aggravato" Nessuno sta dicendo che lei non debba essere tutelato come lavoratore, come vuol far credere Dubini, ma semplicemente che le misure che la devono tutelare non discendono dall'autonoma valutazione del rischio fatta dal suo datore di lavoro, a cui queste norme emergenziali hanno sottratto l'autonomia della scelta, ma dalla valutazione e dalle conseguenti misure che ha imposto l'Autorità Pubblica. Queste misure sono state consolidate nel Protocollo che è divenuto cogente dallo scorso 10/04/2020 (art. 2 comma 10 del DPCM 10/04/2020. Compito del suo datore di lavoro, supportato dagli altri attori (RSPP, MC e RLS), sarà quello di contestualizzare queste misure in funzione delle specificità della sua azienda e delle mansioni da lei espletate. Per fare questo, una qualunque azienda che non fa uso deliberato di A.B. e non svolge attività di cui all'Allegato XLIV, non ha bisogno di aggiornare il DVR proprio perché il rischio da contagio è lo stesso di quello che ha la popolazione in quanto nessuno è confinato in casa per le restanti 16 ore della giornata con la conseguenza che il contagio può avvenire anche in ambienti di vita e non solo in quelli di lavoro. Non aggiornare il DVR non vuol dire non applicare misure di tutela nei confronti dei lavoratori. Infatti, se un datore di lavoro applicherà le misure anticontagio nella propria azienda , previste dal Protocollo contestualizzato, tutelerà i propri dipendenti. Ammesso, comunque, che io decidessi oggi aggiornare il DVR introducendo in esso il rischio biologico da COVID-19 e indicando come esso va affrontato in azienda, a quali misure dovrei far comunque riferimento se non a quelle emergenziali definite dai vari DPCM e dal citato Protocollo? Dirò di più. Se io come datore di lavoro decidessi di fare qualcosa di diverso rispetto alle misure del Protocollo contestualizzate, in caso di un contagio, mi potrei trovare con una Procura e poi con un Giudice che mi contestano l'applicazione di misure non riconosciute/accettate dalla comunità scientifica e dalle Autorità Pubbliche. Infine, merito alla questione "art. 2087 cc", altro argomento sbandierato da Dubini, il Protocollo rappresenta le massime conoscenze scientifiche oggi disponibili per contenere il contagio, visto che è stato elaborato da ISS, MinSalute e OMS. Come datore di lavoro, applicando il Protocollo, in funzione delle specificità della mia impresa, sto adempiendo agli obblighi di tutela nei confronti dei lavoratori con misure derivanti dalle migliori conoscenze scientifiche oggi disponibili e nulla hanno a che vedere le circolari Inail, che evidenziano solo la "copertura assicurativa" del contagio ma non modificano i meccanismi di accertamento delle eventuali responsabilità, che rimangono sempre gli stessi. Personalmente, sto qui a "duellare" con Dubini e con quei pochissimi che condividono la sua visione per un semplice motivo: non possiamo estendere l'obbligo di valutazione dei rischi anche ai rischi che non sono generati dai processi aziendali perché, altrimenti, come datori di lavoro, dirigenti, RSPP e CSP/CSE, MC, ecc., ci troveremmo ad essere sistematicamente coinvolti in procedimenti penali per non aver segnalato rischi la cui genesi è esterna all'organizzazione e la cui gestione deve rimanere nell'alveo emergenziale. Detto questo, visto che Dubini, da due mesi, continua a non rispondere, provo a chiederle la sua opinione: - Quali devono essere i contenuti di un aggiornamento di un DVR per il COVID-19? - Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" - Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: GIACOMO PORCELLANA - likes: 0 | 19/04/2020 (10:20:07) |
Alla seconda Le rispondo io, essendo del mestiere. Nei controlli, che non riguardano solo covid, che sto facendo verifico quali misure siano state adottate (ad es. Distanziamento, pulizia e disinfezione, DPI, ecc.) E laddove la verifica riscontri eventuali carenze acquisisco la documentazione aziendale (chiedo anche il DVR e devo dire che tutti hanno fatto l'aggiornamento o comunque una appendice covid magari chiamandola come gli pare ma l'hanno fatta) per capire da dove nasca il problema. Ad es. Da una mancata pianificazione, o da una cattiva gestione, o da una carenza di controlli, da una inadeguata formazione, o da comportamenti errati del lavoratore, ecc. ecc.,ecc. Insomma nulla di nuovo. Per favore potrebbe rispondere alla mia domanda precedente? |
Rispondi Autore: GIACOMO PORCELLANA - likes: 0 | 19/04/2020 (10:23:46) |
Buongiorno ing. Catanoso, Ho letto le sua interessante interpretazione, ma Lei non ha risposto alla mia semplice domanda. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 19/04/2020 (12:49:21) |
Buongiorno Porcellana. Va bene anche "Catanoso" senza "ing" L'esibizione dei titoli li lasciamo a Dubini. In merito alla domanda, è certamente la cassiera più esposta rispetto a chi sta a casa in smartworking, mi pare ovvio. Le misure da adottare per proteggerla, però, non le può scegliere il suo datore di lavoro facendo un'autonoma valutazione ma deve contestualizzare quelle che hanno già fissato le Autorità Pubbliche in funzioni delle particolarità del suo lavoro. Mi pare chiaro cosa voglia dire "contestualizzare le misure del Protocollo alle specificità dell'impresa". Proprio perché misure di Igiene Pubblica e non di Igiene Occupazionale, vanno applicate non come formale integrazione del DVR ma come specifico Protocollo aziendale che viaggerà, ad un livello più alto ma in parallelo al DVR (questo, ovviamente, per le aziende in cui il rischio non è quello delle aziende che già fanno uso deliberato di A.B. e in allegato IV). Come penso di aver spiegato prima, il "tenere botta" a Dubini sull'obbligo indiscriminato di aggiornamento del DVR che sta propinando, ha solo l'obiettivo di evitare di allargare ai rischi non professionali, l'obbligo di valutazione con le conseguenze citate per datori di lavoro, RSPP, CSP/CSE, ecc. La ringrazio per aver risposto alla terza ma non alla seconda domanda che le ripropongo: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" |
Rispondi Autore: GIACOMO PORCELLANA - likes: 0 | 19/04/2020 (13:35:28) |
Bene Catanoso, allora la cassiera è più esposta. Non mi dice per quale motivo, ma è facilmente intuibile: perchè fa un lavoro, e sottolineo un lavoro, che ne aumenta il rischio. Allora accanto al rischio professionale forse dovremmo iniziare a confrontarci con il rischio occupazionale. Pavese diceva che Lavorare stanca, oggi sappiamo anche che può aumentare le occasioni di contagio (non per nulla siamo in Lock down). Lei mi domanda se vi sia differenza tra l'aggiornamento del DVR e l'applicazione del protocollo. E' come domandare se è zuppa o pan bagnato. Mi spiego meglio, il protocollo fa una valutazione di carattere generale e fissa dei principi. Ovvio che il datore di lavoro non possa derogare da quei principi, ma deve analizzare e valutare il proprio contesto e definire le procedure per l'attuazione di quelle misure nella propria azienda. Ora questa operazione credo l'abbiate fatta tutti compreso Lei Catanoso per le aziende che segue. Dunque la discussione che va avanti da settimane mi pare sterile. Nessuno metterebbe in dubbio che nel DVR ci stia anche la valutazione dei rischi connessi all'uso delle macchine nella specifica azienda, nonostante il datore di lavoro non possa derogare da quella mezza tonnellata di norme che regolano l'immissione sul mercato di una macchina. Dunque questi documenti per la gestione del Covid che avete scritto, perchè li avete scritti, per me sono aggiornamenti del DVR, ma se la cosa vi fa venire l'orticaria chiamateli come vi pare, purché siano coerenti, efficaci, attuati, e dunque tutelino seriamente i lavoratori . Se fosse così ne io ne, spero, nessun mio collega vi contesteremmo alcunchè. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 19/04/2020 (14:26:38) |
Porcellana, Lei mi dice che "E' come parlare di zuppa o pan bagnato". Perfetto, sono d'accordo e la ringrazio. L'importante è la concreta applicazione delle misure di tutela decise dalle autorità pubbliche. Però la contestualizzazione del Protocollo, che ho ripetuto N volte come inderogabile per tutti i datori di lavoro per garantire la tutela della salute dei lavoratori, è proprio quella che fa declinare i principi e le misure generali del Protocollo per la specifica azienda. Ciò, però, non equivale a fare la "valutazione del rischio da COVID-19" essendo questa già stata fatta dalle Autorità Pubbliche. In merito all'orticaria, pensavo di aver spiegato che il motivo è che se il Protocollo contestualizzato lo considerassimo aggiornamento del DVR, come conseguenza di un rischio esogeno, allora dovremmo preoccuparci di tutti i rischi esogeni che potenzialmente possono presentarsi, per N ragioni, durante l'effettuazione della prestazione lavorativa, alcuni dei quali già gestiti nell'alveo delle procedure emergenziali. Mi pare che questa non sia una strada percorribile. Grazie per il confronto. |
Autore: Michele Guerra | 14/05/2020 (10:53:45) |
Bungiorno ing. Catanoso, una semplice domanda. Il "rischio sismico" è a suo parere paragonabile al "rischio covid"? Sono entrambe rischi "esogeni", giusto? Anche il rischio sismico non è un rischio professionale. |
Rispondi Autore: Raffaele - likes: 0 | 19/04/2020 (16:59:08) |
Intervengo in questa lunga discussione per inserire sul tavolo alcune considerazioni che mi avvicinano alle conclusione di Porcellana. La definizione di rischio generico, generico aggravato e specifico credo possa rinvenirsi in LG INAIL del 1999 che riconducevano le predette definizioni alla tutelabilità di taluni sinistri occorsi durante il lavoro. Al riguardo, ritengo evidente una differenza con la definizione più volte citata e presente nel Protocollo del rischio COVID come generico. Ritengo, infatti, che sarebbe stato più corretto definirlo generico aggravato ( dal lavoro) come si dice dal 1999. Tale osservazione non è di poco momento sia in quanto sottrarrebbe alla tutela assicurativa contro gli infortuni i contagi riscontrati come originati in azienda.E' sicuramente vero che le misure indicate dalle Autorità dovrebbero ridurre sensibilmente tale evenienza, ma come sarebbe considerato un evento da causa virulenta occorso in uno stabilimento se si è detto che in tale ambito vi è un rischio contagio analogo al resto della popolazione ? Le disposizioni di settore, infatti, richiedono un rischio generico aggravato o specifico. Ultima considerazione, generico e specifico sono lessicalmente espressione di qualità del rischio. Il rischio secondo la definizione è una probabilità, più incline, quindi, a essere definita con un aggettivo quantitativo (alta, bassa, media, trascurabile, rilevante) e, pertanto, ritengo che nella valutazione dei rischi (non entro sul tema che è più centrale nel dibattito) si debbano considerare sia il tipo del rischio che la sua entità, ben potendo in una stessa categoria ( es. rischio generico aggravato) aversi gradazioni differenti della probabilità di danno. Grazie per l'attenzione, chiedo pareri sulla correttezza lessicale del Protocollo nella parte in cui definisce il rischio generico e non generico aggravato. Grazie |
Autore: Lino Emilio Ceruti | 19/04/2020 (17:30:01) |
Raffaele, se nel protocollo il rischio sarebbe divenuto aggravato e non generico e indicato come "professionale" non ci sarebbero stati tutti questi interventi. Personalmente non sono in grado di rispondere sul perché l'Autorità Sanitaria lo abbia definito in tal modo anziché nell'altro. Presumo sia la conclusione di analisi eseguite da esperti della materia... pronti a rispettare tutte quelle eventuali modifiche alla tipologia di rischio che potrebbero emettere in seguito. |
Rispondi Autore: Lino Emilio Ceruti - likes: 0 | 19/04/2020 (17:18:15) |
Io ho invitato tutti i Datori di Lavoro delle imprese a cui faccio consulenza a leggere l'articolo di Carmelo Catanoso su PS e i successivi interventi. M'intrigava l'idea di sottoscrivere la malleva proposta: l'ho fatto. Sentito i pareri dei loro legali, nessuno mi ha esonerato. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 19/04/2020 (17:55:38) |
Buon pomeriggio Raffaele. Personalmente penso che il Governo e le Autorità Sanitarie non abbiano voluto individuare il rischio da COVID-19 come rischio generico aggravato perché il rischio di contagio non è presente solo nell'ambiente di lavoro dove il lavoratore presta la sua attività lavorativa ma anche negli ambienti di vita in cui il lavoratore passa il resto della sua giornata. Se mi si cita l'Interpello n° 11/2016, ricordo che questo rispondeva ad una ben precisa domanda che riguardava l'invio di personale navigante in aree a rischio igienico-sanitario, politico, ecc.. In altre parole, il personale partiva dall'Italia dove non vi era nessuno dei rischi citati e si recava, invece, in un Paese dove il rischio d'epidemia, ad esempio, c'era lì e solo lì. Qui, in Italia, con il COVID-19 la situazione è ben diversa perché il virus è diffuso sia negli ambienti di lavoro che in quelli di vita. Certamente possiamo parlare di probabilità di contagio dandone un valore ma ciò non è stato fatto dalle Autorità Pubbliche all'interno delle norme di Igiene Pubblica attualmente vigenti. La recente circolare dell'INAIL non ha, tout court, esteso a chiunque abbia un rapporto di lavoro e contratto l'infezione, la copertura assicurativa ma solo ad alcune ben precise categorie di lavoratori (rischio specifico per lavoratori). Per tutti gli altri, come ad esempio per un metalmeccanico o per un edile, il riconoscimento dovrà seguire il solito normale iter e cioè dovrà essere il lavoratore a dover provare di aver contratto il contagio sul posto di lavoro. Questo perché, il contagio dentro uno stabilimento o un cantiere, a differenza di un ospedale o di un laboratorio sanitario dove le probabilità di contagio sono altissime sul posto di lavoro, può verificarsi i N modi e le migliori misure per evitarlo, sono quelle elaborate dalle Autorità Pubbliche e non certo dal sig. Rossi Datore di Lavoro. Comunque, un dipendente, nel caso in cui si verificasse un contagio e l'INAIL non glielo riconoscesse come infortunio, non è che venga abbandonato a se stesso ma ha sempre la copertura INPS (malattia) né più e né meno come nei casi in cui l'INAIL non riconosce l'infortunio. Adesso sembra che con la fase 2, verranno individuate delle entità del rischio in funzione delle peculiarità delle varie attività produttive. Dalle bozze che girano, sembra che ci saranno quattro "classi di rischio di contagio" (Alta, Media-Alta, Medio-Bassa e Bassa). In tal caso rimoduleranno le misure da attuare, in funzione della classe di rischio, che andranno sempre contestualizzate in funzione delle specificità delle singole imprese e cantieri. Staremo a vedere. |
Rispondi Autore: avv. Dubini Rolando - likes: 0 | 21/04/2020 (00:11:36) |
. Il DVR è il documento fondamentale di salute e sicurezza e chi di fronte al rischio biologico COVID-19 che trasforma radicalmente l'organizzazione del lavoro aziendale non aggiorna il documento aziendale di valutazione dei rischi sta violando il D.Lgs. n. 81/2008 articoli 17, 28, 29, 266, 271 commi 1 e 4 del D. Lgs. n. 81/2008. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 21/04/2020 (09:30:36) |
Mi stavo preoccupando perché per ben un giorno e mezzo non era prevenuto l'ennesimo copia incolla di Dubini riguardante, ovviamente, le solite pronunce della Cassazione che nulla hanno a che vedere con l'odierno scenario. A proposito dell'articolo della Frascher a cui fa riferimento, ricordo che la task forze sta già suddividendo in 4 classi di rischio le attività, facendo lei la ri-valutazione del rischio per le varie tipologie di attività. Come datore di lavoro, a fronte dell'entità del rischio in cui la mia azienda verrà collocata', dovrò attuare le misure conseguenti che saranno indicate dalla Task Force. Quindi, sia la valutazione dei rischi che le misure da adottare saranno, così sembra, definite dalla Task Force. Se invece la Task Force lascerà, come hanno fatto alcuni altri Stati (pochissimi, in verità), l'onere della valutazione dei rischi al singolo datore di lavoro, chiedendogli di classificare la propria azienda in base all'attività eseguita, allora dovrà essere questi a definire cosa fare, come farlo, ecc., per tutelare i propri lavoratori e formalizzare il tutto in un nuovo DVR. Cosa che non credo avverrà in Italia in quanto verrebbe smentito tutto quanto deciso ed attuato fino ad oggi dalle Autorità Pubbliche. Personalmente penso che si manterrà la stessa linea seguita fino ad oggi e cioè quella in cui la valutazione del rischio da COVID-19 e le conseguenti misure da attuare sono state definite dal Protocollo delle Autorità Pubbliche lasciando ai singoli datori di lavoro con RSPP, RLS e MC, il compito di contestualizzarle in funzione delle specificità dell'azienda. Leggendo alcuni interventi , mi continuo a domandare quando si capirà che, essendo le norme di Igiene Pubblica sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale in una situazione emergenziale , non vi è alcun bisogno di rimettere mano al DVR , riguardante la gestione della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro non certo nelle condizioni di epidemia, ma gestire le attività con le nuove procedure emergenziali imposte dalle Autorità Pubbliche e contestualizzate per la specifica azienda. Tutto quello indicato dalla Frascheri nell'articolo può esser tranquillamente trattato nella citata Procedura Aziendale per il contenimento del contagio da COVID-19. In altre parole, con una Procedura specifica in cui sono contestualizzate tutte le misure tecniche ed organizzative per la concreta applicazione delle cautele anticontagio definite dal Protocollo e dalla Task Force, si è tranquillamente in grado di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. Questa procedura, rispetto, al DVR, viaggerà ad un livello superiore ma parallelo per il contenimento di questo specifico rischio e terrà conto di tutti gli aspetti ad essa correlati. Se non terremo distinta la gestione del rischio da contagio da COVID-19 dalla gestione dei rischi professionali, la conseguenza, come continuo a ripetere, è che come Datori di lavoro, dirigenti, Preposti, MC, RSPP, appaltatori, Fornitori vari, CSP /CSE, ecc., saremo sistematicamente coinvolti nei procedimenti penali per non aver segnalato / gestito qualunque tipo di rischio esogeno. Ovviamente, tutto questo farà comodo e fornirà un nuovo business (in termini economici, di immagine, ecc.) a chi strumentalmente continua a sostenere la necessità di aggiornare il DVR anche per le aziende in cui questo rischio biologico non è presente, neanche a livello potenziale, durante le normali attività. |
Rispondi Autore: avv. Dubini Rolando - likes: 0 | 21/04/2020 (10:18:32) |
La Valutazione dei rischi (DVR) precede e determina i contenuti di tutte le procedure e i protocolli di sicurezza vigenti in azienda e nell'ente. di Rolando Dubini, avvocato penalista del Foro di Milano, cassazionista. La valutazione dei rischi è primo e fondamentale obbligo legale sanzionato penalmente (in generale) ai sensi degli articoli 17, 28, 29 del D.Lgs. n. 81/2008 del datore di lavoro per proteggere la propria forza lavoro dagli infortuni lievi, gravi o mortali o malattie professionali che siano. Consiste nell’analisi scrupolosa, specifica e dettagliata di tutto ciò che all’interno dell’unità lavorativa, o comunque durante il lavoro ovunque esso si svolga, può rappresentare un potenziale danno per le persone che lavorano (o che sono comunque, anche occasionalmente presenti), includendovi anche i materiali, le apparecchiature, i metodi e le normali prassi, gli agenti fisici, le sostanze pericolose, gli agenti biologici presenti anche occasionalmente. Conclusa la fase dell’”Individuazione dei pericoli“, il datore di lavoro dovrà procedere con la fase vera e propria relativa alla valutazione del rischio, quantificando con una valutazione sintetica di ogni rischio il grado alto-medio-basso di ognuno di essi, e quindi alla individuazione di tutte le opportune misure procedurali e di tutti i protocolli di prevenzione e protezione per tutelare i lavoratori. Le procedure e i protocolli di sicurezza concretamente adottati in azienda sono il risultato finale di una specifica valutazione delle modalità con le quali il singolo pericolo si manifesta potenzialmente come rischio rilevante in azienda. Prima la valutazione del rischio, DOPO la singola procedura, o protocollo, AZIENDALE di salute e sicurezza La valutazione “di tutti i rischi” per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività lavorativa, costituisce uno degli aspetti più rilevanti nell’impostazione del decreto legislativo 81/08, assumendo il valore di criterio metodologico della prevenzione. Essa, come recita il decreto, deve essere “globale e documentata” e con ciò vengono a seguire specificati i più importanti rischi. Tra questi quelli fisici, chimico, biologico, movimentazione manuale dei carichi, videoterminali, stress lavoro-correlato, etc. Da valutare sono anche quelli non esplicitamente nominati dal legislatore, perché, recita l'articolo 28 del D.Ogs. n. 81/2008, sono tutti i rischi che si manifesta restano durante il lavoro,nessuno escluso. Nessun tipo di classificazione adottata per classificare i rischi può essere opportunisticamente strumentalizzata per evitare di proteggere i lavoratori da rischi che comunque non nacciano l'integrità fisica del lavoratore durante il lavoro. Non è ammesso l'utilizzo di una nozione intenzionalmente ristretta di rischio professionale, che poi è banalmente il rischio che si manifesta durante il lavoro in ragione della professione svolta che costringe il lavoratore a stare a contattarmi con tutta una lunga serie di rischi, al fine di consentire al datore di lavoro di violare il proprio obbligo incondizionato di proteggere lavoratrici e lavoratori da tutti i rischi che si manifestano durante il lavoro. Non proteggere i lavoratori da tutti o rischi che si manifestano durante il lavoro è un comportamento illecito finalizzato a ridurre in modo illegale i costi di sicurezza aziendale per la prevenzione e protezione della salute e sicurezza durante il lavoro. In tal senso " in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (per tutti, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 – dep. 18/09/2014, omissis, Rv. 261109) precisandosi altresì, nel solco tracciato dalle Sezioni Unite, che il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016 – dep. 16/05/2016, omissis, Rv. 267253)" [Corte di Cassazione -III sez. pen. - sentenza n. 30173 del 5-07-2018]. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 22/04/2020 (09:16:57) |
Ecco l'ennesimo copia incolla di Dubini riguardante, ovviamente, le solite pronunce della Cassazione che nulla hanno a che vedere con l'odierno scenario. Questo che ci ha copia incollato sarà l'estratto di qualche altro suo contributo per la concreta attività di tutela della salute dei lavoratori. A proposito dell'articolo della Frascheri, ricordo che la task forze sta già suddividendo in 4 classi di rischio le attività, facendo lei la ri-valutazione del rischio per le varie tipologie di attività. Come datore di lavoro, a fronte dell'entità del rischio in cui la mia azienda verrà collocata', dovrò attuare le misure conseguenti che saranno indicate dalla Task Force. Quindi, sia la valutazione dei rischi che le misure da adottare saranno, così sembra, definite dalla Task Force. Se invece la Task Force lascerà, come hanno fatto alcuni altri Stati (pochissimi, in verità), l'onere della valutazione dei rischi al singolo datore di lavoro, chiedendogli di classificare la propria azienda in base all'attività eseguita, allora dovrà essere questi a definire cosa fare, come farlo, ecc., per tutelare i propri lavoratori e formalizzare il tutto in un nuovo DVR. Cosa che non credo avverrà in Italia in quanto verrebbe smentito tutto quanto deciso ed attuato fino ad oggi dalle Autorità Pubbliche. Personalmente penso che si manterrà la stessa linea seguita fino ad oggi e cioè quella in cui la valutazione del rischio da COVID-19 e le conseguenti misure da attuare sono state definite dal Protocollo delle Autorità Pubbliche lasciando ai singoli datori di lavoro con RSPP, RLS e MC, il compito di contestualizzarle in funzione delle specificità dell'azienda. Leggendo alcuni interventi , mi continuo a domandare quando si capirà che, essendo le norme di Igiene Pubblica sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale in una situazione emergenziale , non vi è alcun bisogno di rimettere mano al DVR , riguardante la gestione della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro non certo nelle condizioni di epidemia, ma gestire le attività con le nuove procedure emergenziali imposte dalle Autorità Pubbliche e contestualizzate per la specifica azienda. Tutto quello indicato dalla Frascheri nell'articolo può esser tranquillamente trattato nella citata Procedura Aziendale per il contenimento del contagio da COVID-19. In altre parole, con una Procedura specifica in cui sono contestualizzate tutte le misure tecniche ed organizzative per la concreta applicazione delle cautele anticontagio definite dal Protocollo e dalla Task Force, si è tranquillamente in grado di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. Questa procedura, rispetto, al DVR, viaggerà ad un livello superiore ma parallelo per il contenimento di questo specifico rischio e terrà conto di tutti gli aspetti ad essa correlati. Se non terremo distinta la gestione del rischio da contagio da COVID-19 dalla gestione dei rischi professionali, la conseguenza, come continuo a ripetere, è che come Datori di lavoro, dirigenti, Preposti, MC, RSPP, appaltatori, Fornitori vari, CSP /CSE, ecc., saremo sistematicamente coinvolti nei procedimenti penali per non aver segnalato / gestito qualunque tipo di rischio esogeno. Ovviamente, tutto questo farà comodo e fornirà un nuovo business (in termini economici, di immagine, ecc.) a chi strumentalmente continua a sostenere la necessità di aggiornare il DVR anche per le aziende in cui questo rischio biologico non è presente, neanche a livello potenziale, durante le normali attività. |
Rispondi Autore: Avv. Dubini Rolando - likes: 0 | 22/04/2020 (13:13:15) |
L'eccellente documento Inail del 21.4.2020, frutto del lavoro della parte ex Ispesl dell'Istituto, che finalmente fa chiarezza facendo piazza pulita di fallaci note e indicazioni amministrative di questo o quel funzionario totalmente fuorvianti, fallaci e in violazione di legge, che invitavano incredibilmente a non valutare tutti i rischi durante il lavoro conseguenti al COVID-19. Come già in passato, per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'Inail individua anche questa volta un eccellente metodo di valutazione di una tipologia di rischio fondamentale nell'ambito dell'aggiornamento obbligatorio del DVR in relazione al rischio biologico da COVID-19. Rischio che, a cascata, obbliga a valutare il rischio di prossimità in relazione alle distanze di sicurezza interpersonale, il rischio legato alla riorganizzazione del lavoro produttivo e alla massiccia adozione del lavoro agile, a distanza, ecc. ecc. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 23/04/2020 (11:08:52) |
Qualcuno può spiegare a Dubini che questo documento è destinato come suggerimento alla Task Force e non alle aziende. Sarà la Task Force a dire cosa e come fare con i contenuti che saranno formalizzati in un DPCM o in un DL da convertire successivamente. |
Rispondi Autore: avv. Dubini Rolando - likes: 0 | 23/04/2020 (11:59:42) |
Qualcuno può spiegare a Catanoso che la nota INL è destinata unicamente ai funzionari INL e non ai datori di lavoro? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 23/04/2020 (12:01:32) |
La Valutazione del rischio da contagio COVID-19 in TUTTI i luoghi di lavoro secondo l'INAIL Documento tecnico INAIL, 21 Aprile 2020 sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione Il rischio da contagio da SARS-CoV-2 in occasione di lavoro può essere classificato secondo tre variabili: - Esposizione : la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.); - Prossimità : le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità; - Aggregazione : la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, ecc.). Tali profili di rischio possono assumere una diversa entità ma allo stesso tempo modularità in considerazione delle aree in cui operano gli insediamenti produttivi, delle modalità di organizzazione del lavoro e delle specifiche misure preventive adottate. Il rischio da contagio da SARS-CoV-2 in occasione di lavoro può essere classificato secondo tre variabili: - Esposizione : la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.); - Prossimità : le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità; - Aggregazione : la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, ecc.). Tali profili di rischio possono assumere una diversa entità ma allo stesso tempo modularità in considerazione delle aree in cui operano gli insediamenti produttivi, delle modalità di organizzazione del lavoro e delle specifiche misure preventive adottate. In una analisi di prioritizzazione della modulazione delle misure contenitive, va tenuto conto anche dell’impatto che la riattivazione di uno o più settori comporta nell’aumento di occasioni di aggregazioni sociali per la popolazione. È evidente, infatti, che nell’ambito della tipologia di lavoro che prevede contatti con soggetti “terzi”, ve ne sono alcuni che determinano necessariamente la riattivazione di mobilità di popolazione e in alcuni casi grandi aggregazioni. Al fine di sintetizzare in maniera integrata gli ambiti di rischio suddetti, è stata messa a punto una metodologia basata sul modello sviluppato sulla base dati O’NET del Bureau of Labor of Statistics statunitense (fonte O*NET 24.2 Database, U.S. Department of Labor, Employment and Training Administration) adattato al contesto lavorativo nazionale integrando i dati delle indagini INAIL e ISTAT (fonti Indagine INSuLa 2 e dati ISTAT degli occupati al 2019) e gli aspetti connessi all’impatto sull’aggregazione sociale. Metodologia di valutazione integrata Viene di seguito illustrata una matrice di rischio elaborata sulla base del confronto di scoring attribuibili per ciascun settore produttivo per le prime due variabili con le relative scale: - esposizione - 0 = probabilità bassa (es. lavoratore agricolo); - 1 = probabilità medio-bassa; - 2 = probabilità media; - 3 = probabilità medio-alta; - 4 = probabilità alta (es. operatore sanitario). - prossimità - 0 = lavoro effettuato da solo per la quasi totalità del tempo; - 1 = lavoro con altri ma non in prossimità (es. ufficio privato); - 2 = lavoro con altri in spazi condivisi ma con adeguato distanziamento (es. ufficio condiviso); - 3 = lavoro che prevede compiti condivisi in prossimità con altri per parte non predominante del tempo (es. catena di montaggio); - 4 = lavoro effettuato in stretta prossimità con altri per la maggior parte del tempo (es. studio dentistico). Il punteggio risultante da tale combinazione viene corretto con un fattore che tiene conto della terza scala: - aggregazione - 1.00 = presenza di terzi limitata o nulla (es. settori manifatturiero, industria, uffici non aperti al pubblico); - 1.15 (+15%) = presenza intrinseca di terzi ma controllabile organizzativamente (es. commercio al dettaglio, servizi alla persona, uffici aperti al pubblico, bar, ristoranti); - 1.30 (+30%) = aggregazioni controllabili con procedure (es. sanità, scuole, carceri, forze armate, trasporti pubblici); - 1.50 (+50%) = aggregazioni intrinseche controllabili con procedure in maniera molto limitata (es. spettacoli, manifestazioni di massa). Il risultato finale determina l’attribuzione del livello di rischio con relativo codice colore per ciascun settore produttivo all’interno della matrice seguente. Continua nel Testo integrale del Documento Tecnico Inail 21.4.2020 |
Rispondi Autore: avv. Dubini Rolando - likes: 0 | 24/04/2020 (12:40:43) |
Qui un estratto fondamentale dal Documento Inail Strategie di Prevenzione COVID-19 Sulla base di tale approccio di matrice di rischio si possono adottare una serie di misure atte a prevenire/mitigare il rischio di contagio per i lavoratori. La gestione della prima fase emergenziale ha permesso di acquisire esperienze prevenzionali che possono essere utilmente sviluppate nella seconda fase. Nella prima fase si sono attuate, infatti, una serie di misure organizzative di prevenzione e protezione resesi necessarie nel contesto emergenziale per garantire il lavoro in sicurezza per i settori produttivi che hanno continuato ad operare, misure peraltro già richiamate dal “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”. Per il settore sanitario, inoltre, sono stati emanati numerosi documenti guida da OMS, ECDC, Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro – EU-OSHA, Ministero della Salute, ISS e INAIL. Il sistema di prevenzione nazionale ed aziendale realizzatosi nel tempo, con il consolidamento dell’assetto normativo operato dal D.Lgs 81/08 e s.m.i., offre la naturale infrastruttura per l’adozione di un approccio integrato alla valutazione e gestione del rischio connesso all’attuale emergenza pandemica. Nell’ottica di un approccio partecipato ed integrato all’attuazione delle procedure individuate, è imprescindibile il coinvolgimento di tutte le figure della prevenzione aziendale, medico competente, RSPP, RLS/RLST, nel coadiuvare il datore di lavoro in un puntuale monitoraggio dell’attuazione attenta e responsabile delle suddette misure, rilevando che solo la partecipazione consapevole ed attiva dei lavoratori potrà esitare in risultati efficaci con importanti ripercussioni positive anche all’esterno del setting lavorativo. C’è la necessità di adottare una serie di azioni che vanno ad integrare il documento di valutazione dei rischi (DVR) atte a prevenire il rischio di infezione SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro contribuendo, altresì, alla prevenzione della diffusione dell’epidemia. Tali misure posso essere cosi classificate: - Misure organizzative - Misure di prevenzione e protezione - Misure specifiche per la prevenzione dell’attivazione di focolai epidemici Tratto dal Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/news-ed-eventi/news/news-coronavirus-fase-2-documento-tecnico-lavoro-2020.html |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0 | 24/04/2020 (13:21:16) |
Gentile Dubini se lei avesse letto bene il documento, si sarebbe accorto che in PREMESSA c'è scritto "Al fine di contribuire a fornire elementi tecnici di valutazione al DECISORE POLITICO per la determinazione di livelli di priorità progressiva di interventi, è necessario tenere in considerazione le specificità dei processi produttivi e delle modalità di organizzazione del lavoro che nell'insieme possono contribuire alla caratterizzazione del rischio." Questo documento non è per nulla destinato ai DDL ed è incredibile che lei abbia perso questo passaggio. Altresì, quando si scrive "C’è la necessità di adottare una serie di azioni che vanno ad integrare il documento di valutazione dei rischi (DVR)" non significa aggiornare il documento o la valutazione, ma INTEGRARE CON AZIONI, le quali sono le contestualizzazioni dei protocolli nella realtà lavorativa. Intanto, le copioincollo quanto hanno spiegato ai corsi di formazione agli ispettori INL preso da una slide tratta dal materiale didattico inerente i prossimi controlli nelle aziende per la verifica dei protocolli anticontagio "Programmazione IL RISCHIO, NON E' RICONDUCIBILE al titolo X del D.Lgs. 9 aprile 2008, n.81, non attenendo ordinariamente il ciclo produttivo aziendale. La valutazione della classe di rischio, ai fini di cui alla procedura ispettiva, è effettuata in base alle eventuali classificazioni formali EMESSE DALLE AUTORITA' COMPETENTI. In assenza di classificazioni formali, si considerano appartenenti a fasce di rischio superiore a quello medio basso tutte le attività caratterizzate da elevata numerosità e densità di presenza di personale o da frequentazione di pubblico. Sempre in assenza di classificazioni formali si considerano altresì appartenenti a fasce di rischio superiore a quello medio basso le attività sanitarie, assistenziali nonché quelle che possono comportare la presenza di agenti biologici di cui, esemplificativamente, all’allegato XLIV del D.Lgs. n.81/2008. Si considerano appartenenti a fasce di rischio superiore a quello medio basso le attività rispetto alle quali siano pervenute segnalazioni di criticità." Infine, le loro check list di controllo non prevedono alcuna richiesta di DVR o ulteriori elementi da D.Lgs.81/08. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 24/04/2020 (14:21:17) |
"Utilizzo di mascherine e dispositivi di protezione individuali (DPI) per le vie respiratorie (documento INAIL 21.4.2020 su SarS-CoV 2) Vanno mappate tutte le attività, prevedendo di norma, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l’utilizzo di una mascherina chirurgica, come del resto normato dal DL n. 9 (art. 34) in combinato con il DL n. 18 (art 16 c. 1). La valutazione dei rischi nelle singole realtà aziendali è lo strumento adeguato per la determinazione di specifici DPI anche in relazione al complesso dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori. Indicazioni più specifiche sono state definite per gli operatori della sanità con il documento pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità in materia" (pag. 14). Tratto dal Documento tecnico INAIL aprile 2020 sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 26/04/2020 (20:16:02) |
Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 del 24 aprile 2020 pagina 14 "e. Il medico competente, in considerazione del suo ruolo nella valutazione dei rischi e nella sorveglianza sanitaria, potrà suggerire l’adozione di eventuali mezzi diagnostici qualora ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori". |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubni - likes: 0 | 28/04/2020 (14:05:58) |
SCELTA DELLE PROTEZIONI Nella declinazione delle misure di salute e sicurezza del lavoro che implicano l’utilizzo di mascherine all’interno dei luoghi di lavoro sulla base del complesso dei rischi valutati e, a partire dalla mappatura delle diverse attività dell’azienda, si adotteranno i DPI idonei (Protocollo Condiviso 24.4.2020 in allegato 6 al DPCM 26.4.2020). E’ previsto, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l’utilizzo di una mascherina chirurgica, come del resto normato dal Decreto Legge n. 9 (art. 34) in combinato con il Decreto Legge n. 18 (art 16 c. 1) Vanno mappate tutte le attività, prevedendo di norma, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l’utilizzo di una mascherina chirurgica, come del resto normato dal DL n. 9 (art. 34) in combinato con il DL n. 18 (art 16 c. 1). La valutazione dei rischi nelle singole realtà aziendali è lo strumento adeguato per la determinazione di specifici DPI anche in relazione al complesso dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori. Indicazioni più specifiche sono state definite per gli operatori della sanità con il documento pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità in materia. (Documento Tecnico INAIL aprile 2020 fase 2 - Utilizzo di mascherine e dispositivi di protezione individuali (DPI) per le vie respiratorie - Pagina 14) |
Rispondi Autore: FRANCO FURIATI - likes: 0 | 02/05/2020 (17:06:59) |
Buonasera bellissimo articolo, molto completo. Mi mandereste cortesemente il link di chi ha chiesto 50€ + iva. Grazie |
Rispondi Autore: Alessandro Taddia - likes: 0 | 12/05/2020 (17:09:50) |
Buona sera, è stato interessante leggere tutti i commenti da marzo in avanti e mi sembra chiaro che ci sia stata confusione nel concetto di "valutazione dei rischi" che rimane la parte dinamica di ogni Sistema/Modello che la richiede (DVR, HACCP, 231, ecc.). Comunque il "famoso" Protocollo citato, al punto 6 dice CHIARAMENTE " Nella declinazione delle misure del Protocollo all’interno dei luoghi di lavoro sulla base del complesso dei rischi valutati e, a partire dalla mappatura delle diverse attività dell’azienda, si adotteranno i DPI idonei". Non mi sembra ci sia molto da aggiungere o chiarire. Buon Lavoro |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 14/05/2020 (21:20:13) |
Dipende che cosa uno intenda quando parla di "rischi valutati". Se io lavorassi in una segheria e dovessi operare con un collega in alcune fasi dell'attività ad una piallatrice ed una distanza interpersonale inferiore al metro, quale dovrebbero essere i DPI respiratori da utilizzare nell'attuale situazione? Sono quelli che discendono dalla valutazione dei rischi già effettuata dal datore di lavoro pre epidemia, da cui deriva, visto il rischio da polveri di legno duro, non l'uso delle mascherine chirurgiche per far fronte del COVID-19 ma le FFP2 o le FFP3 per prevenire, in primis, il rischio cancerogeno citato. Questo s'intende quando il legislatore ha scritto " a partire dalle mappatura delle diverse attività delle azienda". Nella stessa segheria, l'impiegata amministrativa che, nella valutazione dei rischi ante COVID-19, non doveva utilizzare alcun DPI, adesso dovrà usare almeno la mascherina chirurgica. Poi, se volessimo trovare appigli per incentivare, chi ha contratto l'infezione e lavorava in un'azienda che aveva applicato puntualmente il Protocollo, a chiedere un risarcimento al proprio datore di lavoro, ci sono anche altre opportunità come ha avuto modo di elencare chi è intervenuto nei commenti sposando la necessità di aggiornamento del DVR anche per le aziende che non fanno uso deliberato di A.B. o non svolgono attività di cui all'allegato XLIV. |
Rispondi Autore: Memestessa - likes: 0 | 19/05/2020 (13:03:30) |
Abbia pazienza, non vedo nelle attività con incremento di rischio biologico chi lavora nello 0/6 (Nidi e Scuole dell’Infanzia). Le assicuro che tutti i giorni al lavoro siamo a contatto con saliva, muco, cambio di pannolini, mani ciucciate e poi spalmate in faccia. I bambini non sono in grado di calcolare e mantenere le distanze e nemmeno di tenere su le mascherine. Fuori dall’ambiente di lavoro non vado a cercare contatti con tutte queste sostanze. Me ne sono sempre guardata bene in tempi precovid, si figuri adesso. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 09/06/2020 (19:35:33) |
La Valutazione Rischio Contagio Covid-19 sul lavoro col metodo Inail avv. Rolando Dubini, Foro di Milano, cassazionista. L’INAIL ha prodotto un “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione”. L'Inail offre un metodo di valutazione del rischio di contagio molto intuitivo, semplice, rapido, e perfettamente coordinato con il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” stipulato tra Governo e Parti sociali il 24 aprile 2020, e oggi allegato 12 del DPCM del 17 maggio 2020. Il Rapporto dell’INAIL identifica le seguenti tre variabili sulle quali “costruire” la classificazione del rischio contagio: a) Esposizione, intesa come la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio durante lo svolgimento delle specifiche attività lavorative (ad esempio come il settore sanitario, la gestione dei rifiuti speciali, i laboratori di ricerca, etc.) b) Prossimità, ovvero, le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non consentono una sufficiente distanza sociale (particolari compiti eseguiti nelle catene di montaggio, ad esempio) per parte del tempo lavorativo o per la quasi totalità c) Aggregazione, che interessa la tipologia di lavoro quando prevede il contatto con altre persone oltre ai lavoratori dell’impresa (ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, ecc.) Le prime due variabili (esposizione e prossimità) presentano entrambe delle scale di misurazione, da zero a quattro. L’incrocio delle misurazioni singole, determina una prima classe di rischio. Il tutto, mediante la nota ed oramai diffusa matrice di valutazione del rischio. La terza variabile, invece, altro non è che un correttivo da apportare al risultato della matrice. Trattasi della variabile aggregativa legata alla presenza di persone diverse dal gruppo lavorativo aziendale (clienti, fornitori, ad esempio). Una volta determinata la classe di rischio, come di consueto, si passa alla definizione delle misure da adottare. In modo molto pratico l’INAIL definisce alcune misure al fine di evitare il contagio. Queste misure, a loro volta, si suddividono in: 1. Misure organizzative 2. Misure di prevenzione e protezione 3. Misure di attivazione e nel caso di focolai epidemici Gran parte di quanto proposto è pienamente in linea col citato Protocollo Condiviso del 24/04/2020. Un metodo semplice, di immediata applicazione, coerente con la cornice del D. Lgs. n. 81/2008. Come afferma il DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 17 maggio 2020 … misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, Allegato 17 - Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome del 16 maggio 2020 - SCOPO E PRINCIPI GENERALI : " il sistema aziendale della prevenzione consolidatosi nel tempo secondo l’architettura prevista dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 costituisce la cornice naturale per supportare la gestione integrata del rischio connesso all’attuale pandemia". Va pure ricordata la DIRETTIVA (UE) 2020/739 DELLA COMMISSIONE del 3 giugno 2020 recante "inserimento del SARS-CoV-2 nell’elenco degli agenti biologici di cui è noto che possono causare malattie infettive nell’uomo e che modifica la direttiva (UE) 2019/1833 della Commissione", che porta all'inserimento dell'agente biologico SARS-CoV-2 come agente biologico del 3° gruppo nel D.Lgs. n. 81/2008 e che afferma con chiarezza che la direttiva " stabilisce, per qualsiasi attività che possa comportare un rischio di esposizione ad agenti biologici, le misure da adottare al fine di determinare la natura, il grado e la durata dell’esposizione dei lavoratori a tali agenti". Per qualsiasi attività. La direttiva afferma la necessità di "mantenere i suoi standard elevati al fine di garantire un’adeguata protezione della salute dei lavoratori, particolarmente importante nel contesto di una crisi sanitaria mondiale. La pandemia di Covid‐19, una nuova malattia da coronavirus, ha colpito tutti gli Stati membri dall’inizio del 2020 e sta causando gravi perturbazioni in tutti i settori e servizi, con ripercussioni dirette sulla salute e la sicurezza di tutti i lavoratori ovunque nell’Unione". Perciò, " in considerazione dei dati clinici ed epidemiologici attualmente disponibili concernenti le caratteristiche del virus, come le modalità di trasmissione, le caratteristiche cliniche e i fattori di rischio per l’infezione, è opportuno aggiungere con urgenza il SARS-CoV‐2 all’allegato III della direttiva 2000/54/CE al fine di continuare a garantire un’adeguata protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro. Il SARS-CoV-2 può causare gravi malattie umane nella popolazione infetta, presentando un serio rischio in particolare per i lavoratori anziani e quelli con una patologia soggiacente o una malattia cronica. Attualmente non sono disponibili vaccini o cure efficaci, ma si stanno compiendo sforzi significativi a livello internazionale e finora è stato individuato un numero considerevole di vaccini candidati. Tenuto conto delle prove scientifiche più recenti e dei dati clinici disponibili nonché dei pareri forniti da esperti che rappresentano tutti gli Stati membri, il SARS-CoV‐2 dovrebbe quindi essere classificato come patogeno per l’uomo del gruppo di rischio 3". |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 26/05/2021 (18:22:20) |
Arrivano le prime pronunce della Cassazione riguardo quanto discusso. Cassazione Penale, Sez. 4, 24 maggio 2021, n. 20416 - Reato di epidemia colposa da Covid 19 nella casa di riposo. Non sussiste nesso di causalità tra l'omessa integrazione del DVR con il rischio biologico e la diffusione del virus |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 30/05/2021 (15:40:58) |
Tanto per intenderci. In un passaggio la Cassazione dice: "Ed invero, alla stregua del giudizio controfattuale, ipotizzando come realizzata la condotta doverosa ed omessa dall'indagato, non è possibile desumere "con alto grado di credibilità logica o credibilità razionale" che la diffusione/contrazione del virus Covid-19 nei pazienti e nei dipendenti della casa di riposo sarebbe venuta meno. Non è da escludere, infatti, che qualora l'indagato avesse integrato il documento di valutazione dei rischi e valutato il rischio biologico, ex art. 271 D. lgs. 81/2008, la propagazione del virus sarebbe comunque avvenuta per fattori causali alternativi (come ad esempio per la mancata osservanza delle prescrizioni impartite nel DPCM per le case di riposo quali di indossare le mascherine protettive, del distanziamento o dell'isolamento dei pazienti già affetti da covid, ovvero a causa del ritardo negli esiti del tampone)". Quindi, come vedi, la Cassazione ribadisce la completa assenza del messo eziologico tra l'integrazione formale del DVR e la propagazione del contagio, rafforzando ulteriormente il concetto che le misure da applicare per prevenire il contagio erano quelle imposte dalle autorità pubbliche senza bisogno di aggiornare i DVR di qualunque azienda se non quelle che fanno uso deliberato di A.B. e quelle che svolgono attività di cui all'allegato XLIV del D. Lgs. n° 81/2008. |