Valutazione dei rischi: come identificare i pericoli?
Tuttavia dai dati che emergono dagli incidenti lavorativi, che sono tornati ad aumentare insieme alle malattie professionali, si rileva come in molti luoghi di lavoro i rischi non siano ancora adeguatamente valutati o lo siano in modo superficiale, senza attenzione ai rischi effettivi e con uno scarso coinvolgimento di coloro che meglio conoscono le realtà lavorative.
Per trovare informazioni che permettano alle aziende di migliorare i processi di valutazione dei pericoli sono presenti in rete diversi documenti realizzati anche dai dipartimenti di prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro che sono presenti nelle aziende sanitarie regionali.
Ci soffermiamo oggi, ad esempio, sul documento “La valutazione del rischio”, a cura di Maria Rosaria Libone (Azienda USL 12 Viareggio, ora Azienda USL Toscana Nord Ovest) che fornisce varie informazioni introduttive al processo di identificazione e valutazione dei rischi.
Ci soffermiamo, in particolare, su:
- I pericoli e i livelli di rischio
- Come identificare i pericoli?
- I rischi da valutare nei luoghi di lavoro
I pericoli e i livelli di rischio
Nel documento viene ricordata la distinzione tra pericolo e rischio.
- Pericolo: “situazione da cui può derivare un danno a persone o cose (caduta, scivolamento, schiacciamento, urto, ustione, elettrocuzione ecc..)” - “Proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore (es. materiali o attrezzature di lavoro, metodi o pratiche, etc.) aventi il potenziale di causare danno;
- Rischio: “combinazione della entità del danno (indipendentemente dalla tipologia) e di probabilità che il danno si manifesti” - “Probabilità che sia raggiunto il potenziale di danno nelle condizioni di utilizzo, ovvero di esposizione, di un determinato fattore”.
E in questo senso il rischio relativo al fenomeno pericoloso considerato è “una funzione di:
- gravità del danno possibile per il fenomeno pericoloso considerato;
- probabilità di accadimento del danno considerato:
- frequenza e durata di esposizione
- probabilità di accadimento di un evento pericoloso
- possibilità di evitare o limitare il danno”.
Il documento indica poi che si possono identificare “tre livelli di rischio:
- accettabile: “un rischio talmente ridotto da potere essere considerato praticamente nullo”. Un rischio accettabile (livello medio-basso o basso) “comporta danni fisici di lieve entità o soltanto danni economici”;
- tollerabile: “un rischio non nullo ma tollerabile se non è possibile ridurlo ulteriormente con interventi tecnici o organizzativi”. Un rischio tollerabile (livello medio) comporta “danni fisici di entità grave, anche potenzialmente mortale”;
- inaccettabile: “la condizione di rischio deve comunque essere rimossa dall’ambiente di lavoro prima di continuare a lavorare”. Un rischio inaccettabile (livello alto o medio-alto) riguarda la “probabilità non trascurabile di eventi pluri-mortali o danni all’ambiente”.
In questo senso la valutazione del rischio è il “processo decisionale mediante il quale si stabilisce che un rischio è ‘accettabile’, ‘tollerabile’ o ‘inaccettabile’”.
Ovvero è il “procedimento di valutazione della possibile entità del danno, quale conseguenza del rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori nell’espletamento delle mansioni, derivante dal verificarsi di un pericolo sul luogo di lavoro”.
Il documento, che vi invitiamo a visionare, ricorda poi che la percezione del rischio è il modo “con cui le persone percepiscono il pericolo”. E un approccio equilibrato alla sicurezza “è sviluppato soltanto se il rischio reale coincide (o quasi) con quello percepito. Occorre approfondire le modalità di percezione del rischio e correggere le distorsioni con opera di Informazione/formazione”.
Come identificare i pericoli?
Il documento ricorda innanzitutto come la normativa vigente non richieda “la quantificazione della probabilità degli eventi incidentali o nocivi che sarebbe praticamente impossibile” (l’approccio quantitativo “è usato nella valutazione dei grandi rischi ed in tutte le aree produttive in cui è necessaria una trattazione più rigorosa in termini di affidabilità di macchine ed impianti”, ad es. il settore nucleare, le raffinerie, …).
Si segnala poi che l’identificazione dei potenziali pericoli generalmente è sviluppata attraverso alcuni strumenti-indagini, “quali per esempio:
- liste di controllo (check-list);
- verifica di conformità alle norme;
- verifica di conformità ai criteri di buona tecnica;
- rispetto delle norme generali di cautela (art.15 D.Lgs. 81/08);
- tecniche e metodologie sistematiche”.
I rischi da valutare nei luoghi di lavoro
Dopo aver fornito alcune indicazioni su come decidere i livelli di rischio, il documento indica che bisogna valutare:
- i rischi per la sicurezza o di infortunio
- i rischi per la salute
- i rischi “trasversali”.
A questo proposito segnala che i rischi di infortunio possono riguardare:
- carenze delle macchine e impianti: ad esempio “cesoiamento, stritolamento, tagli, abrasioni, ustioni, contatto con superfici acuminate, superfici abrasive, superfici bagnate o scivolose”, …
- condizioni particolari dell’ambiente di lavoro: ad esempio “investimento, cadute, seppellimento, sprofondamento, elettrocuzione”,…
- assenza di direttive specifiche aziendali: ad esempio con riferimento a “investimento da parte di macchine semoventi, urti contro macchine in funzione”,…
- comportamenti imprudenti dei lavoratori
- mancanza dei mezzi individuali di protezione
- accidentalità
- …”
I rischi per la salute sono relativi ad agenti fisici, agenti chimici, agenti biologici e agenti cancerogeni o mutageni (nel documento sono riportati vari esempi di agenti fisici e chimici).
Mentre i rischi trasversali possono “essere causa sia di infortunio che di danni alla salute”.
Ad esempio possono essere attribuiti a:
- assenza di direttive aziendali
- fatica fisica dovuta a:
- spostamento di pesi
- effettuazione di movimenti incongrui e/o ripetuti
- mantenimento prolungato di posture fisse (es. stazione eretta)
- necessità di assumere posizioni viziate
- fatica nervosa è strettamente collegata all’organizzazione del lavoro vera e propria
- tempi, ritmi e carichi di lavoro
- rapporti gerarchici, autoritarismo
- mancanza di autonomia professionale
- monotonia, ripetitività
- eccesso di responsabilità o deresponsabilizzazione
- mancata gratificazione, frustrazione, dequalificazione
- inadeguatezza delle mansioni
- paura di perdere il posto di lavoro
- difficoltà di inserimento nel gruppo, ecc”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento che si sofferma anche sulle misure di prevenzione, sugli aspetti normativi della valutazione dei rischi e sulle metodologie di analisi e valutazione.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
“ La valutazione del rischio”, a cura di Maria Rosaria Libone - Azienda USL 12 Viareggio (formato PDF, 386 kB).
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Rispondi Autore: Carlo Timillero - likes: 0 | 28/03/2019 (11:34:58) |
E' curioso che a 25 anni dal 626, e dall'introduzione dell'obbligo della valutazione dei rischi applicato a tutti i rischi aziendali, ancora ci siano discussioni aperte sulla metodologia da seguire. Sul metodo proposto mi limito a un'osservazione. Nel nostro sistema normativo, che ancora è regolato dal principio della massima fattibilità tecnologia e della prevalenza del diritto costituzionale alla salute su quello di fare impresa, parlare di rischio accettabile/non accettabile è, a mio avviso, improprio e pericoloso. Meglio affidarsi a valutazioni di tipo quantitativo ( molto basso, basso,medio, alto , molto alto) che rendano percepibile il livello di rischio e le necessarie misure di prevenzione. In generale credo che dovrebbe essere data maggiore attenzione al problema della forma del DVR: l'81 lascia la scelta al datore di lavoro, nel rispetto di criteri di semplicità, brevità e comprensibilità. Come sono i documenti che si trovano oggi all'interno delle aziende? in fase ispettiva gli organi di vigilanza non dovrebbero prestare maggiore attenzione a questo aspetto? Uno stimolo, solo uno stimolo..... |
Rispondi Autore: Corrado Perrone - likes: 0 | 29/03/2019 (09:36:18) |
Il documento allegato porta riferimenti impropri (autocertificazione, DPR 626 !). Per il resto concordo con il commento di Carlo Timillero. |